Soul Hackers 2 - Recensione
Il nuovo RPG Atlus è un mix di tradizione e sperimentazione
di TWINKLE
Uscito per la prima volta nel 1997 per il Sega Saturn, a cui segue due anni dopo una versione PlayStation, Soul Hackers è il secondo RPG di Atlus con la denominazione Devil Summoner, dopo l’originale del 1995. Concepita quindi più o meno in contemporanea con i primi Persona, la sotto-saga dei Devil Summoner, rispetto alla serie madre, tende ad esplorare, con scenari più urbani e meno apocalittici, generi quali l’investigativo e l’occulto, per poi spostarsi, in occasione di Soul Hackers, verso una declinazione cyberpunk, in perfetta linea con il periodo di fine secolo che vedeva nella prima diffusione del web e i relativi sviluppi immaginati da autori di opere quali Ghost in the Shell (1995) e Serial Experiment Lain (1998), uno stimolo di indubbia attrattiva. L’annuncio di un sequel di Soul Hackers a così tanti anni di distanza ha stupito la stessa fanbase Atlus, che di certo non si aspettava un nuovo capitolo della serie Devil Summoner, oltretutto a meno di un anno di distanza dal lancio di Shin Megami Tensei V, quando ormai siamo abituati a ritmi di pubblicazione molto più dilatati rispetto al passato.
Con il rischio di apparire come un progetto minore rispetto sia ai capitoli principali della serie Shin Megami Tensei, sia ai Persona (o meglio, all’unico Persona uscito da oltre un decennio), alla prova dei fatti Soul Hackers 2 (PS4, PS5, Xbox One, Xbox Series, PC) si è dimostrato comunque più valevole dell’ennesima e ormai stantia riproposta dei Phantom Thieves, ormai totalmente prosciugati da quella iniziale propulsione rivoluzionaria e sempre più simili a degli Yatterman, con tanto di pose e frasi ad effetto, con la differenza che si prendono pure sul serio nel loro moralismo da cartone americano del sabato mattina. Soul Hackers 2, oltre a sancire il ritorno di un gioco Atlus su Xbox da Persona 4 Arena Ultimax, e addirittura di uno SMT dal Nine del 2002, ha il merito di risultare meno pretenzioso di Persona 5 Royal e meno autoreferenziale di Shin Megami Tensei V, che deve se non tutto ma comunque buona parte della sua iconografia a Nocturne. Atlus mette in scena una vicenda magari non originalissima, ma che riesce comunque a catturare l’attenzione fin da subito, epurando la storia da quell’annacquamento che sempre più spesso rende i JRPG più lunghi del necessario; l’impressione trasmessa è che l’intreccio principale non voglia perdere tempo, il che è un bene, forse anche dalle parti di Atlus iniziano a capire che non tutti hanno tempo o voglia di passare cento ore su un singolo gioco.
Soul Hackers 2 non si risparmia tuttavia nel proporre storie di contorno, presenti sottoforma di side quest che a loro volta sbloccano eventi “social” con i personaggi del party, un improvvisato quanto pittoresco gruppo di outsiders formato da Ringo, questa sorta di IA che dovrebbe essere quasi onnisciente ma che in realtà ben poco sa sulla natura umana, e dai tre Devil Summoner da lei resuscitati tramite l’hacking dell’anima, tre perdenti trattati dalle rispettive organizzazioni come pedine da sacrificare. Adulti che parlano da adulti del loro passato e dei loro rimpianti dinnanzi ad un boccale di birra, il cast di Soul Hackers 2 sembra effettivamente cucito su misura per chi ormai mal sopporta i mondi adolescenziali di Persona e derivati, mantenendo tuttavia un certo equilibrio tra dosi umoristiche e drammatiche come da tradizione per il genere.
Non mancano chiaramente determinati cliché nelle varie situazioni, ma i dialoghi tra Ringo e i suoi compagni, mai leziosi o troppo prolissi, rafforzano ancora una volta il pensiero che i protagonisti muti debbano sparire dai JRPG, checché ne dicano i conservatori (ammesso che esistano o che abbiano una qualche rilevanza); avere una protagonista come Ringo con una sua personalità, da plasmare e al contempo ben distinta, fa una differenza enorme anche in un apparato ruolistico rigido e poco incline a pesanti cambiamenti come quello Atlus, a meno che non si voglia rimanere aggrappati a concetti ormai anacronistici, catapultando il giocatore in uno scenario harem da Tokimeki Memorial e pretendendo che il giocatore, magari non più giovanissimo, abbia sempre la medesima pazienza e le facoltà immersive di un tempo, o che accetti il fatto che mangiando hamburger faccia aumentare il fascino.
Ben venga quindi una durata più contenuta, mentre alcuni, in particolare i fan di lunga data, potrebbero obiettare sulla semplificazione di certe meccaniche care alla serie, come ad esempio il reclutamento dei demoni, qui affidato alla ricognizione demoniaca, ossia lascia che siano i tuoi demoni a trovarne degli altri all’interno del dungeon, che si uniranno in cambio di ricompense in oggetti o parte dei tuoi HP/MP. Poco è cambiato invece nel processo di fusione dei demoni, al Goumaden, qui presente sottoforma di circo, sarà possibile registrare demoni per poterli eventualmente ricomprare, mentre le fusioni, normali e speciali, con i rispettivi risultati sono ben descritti preventivamente evitando possibili salti nel buio o errori indesiderati. Il potenziamento dei personaggi passa invece attraverso la personalizzazione del COMP, ossia l’arma che i Summoner utilizzano per evocare i demoni e sfruttarne le rispettive abilità, con il denaro sufficiente e i materiali raccolti nei dungeon, è possibile aggiungere effetti alle armi come danni bonus da determinati tipi di attacchi o difesa migliorata.
Soul Hackers 2 propone il classico sistema di combattimento a turni, sorretto su regole di debolezze e resistenze dei nemici abbastanza note ai conoscitori della serie. Alle familiari magie elementali si aggiungono, in sostituzione degli elementi luce e ombra, le due tipologie di attacco a distanza e ravvicinato, ciò permette eventualmente anche agli attacchi fisici di aumentare la combo e con essa la potenza dell’Attacco Tregenda, novità di questo capitolo, che consiste in una tecnica collettiva lanciata da Ringo alla fine del nostro turno, coinvolgendo un numero di demoni pari all’ammontare della combo, riserve incluse. L’Attacco Tregenda, le tecniche specifiche del comandante (che permettono tra le altre cose di cambiare demoni equipaggiati) e altri accorgimenti rendono i combattimenti di Soul Hackers 2 abbastanza dinamici e divertenti, anche se di contro da parte loro i nemici, al di fuori dei boss che possono aumentare il numero delle azioni, non sembrano avere contromisure altrettanto efficaci, abbassando notevolmente la difficoltà e la tensione degli scontri comuni, rispetto al passato. I dungeon stessi non sono mai particolarmente impegnativi, teletrasporti presenti nei punti giusti, demoni sparsi che possono curare e un’abilità sbloccabile che permette di uscire in qualsiasi momento fanno parte di quel processo di ammorbidimento che rende l’incubo esplorativo del Labirinto di Amala di Nocturne un lontanissimo ricordo. Che questo sia un difetto o meno dell’offerta di Atlus starà alla tipologia di giocatore e a ciò che cerca da un JRPG a basso-medio budget deciderlo, basta che non vengano a parlare di monotonia del Matrix dell’Anima se poi vanno a chiudere un occhio sul Tartaros di Persona 3 o simili.
Graficamente Soul Hackers 2 sopperisce al suo apparato tecnico non proprio all’avanguardia con lo stile e la direzione artistica, decidendo saggiamente di non strafare, al netto di alcune sbavature tecniche (aliasing, frame rate ballerino in base al sistema). Per questa rinnovata visione estetica del cyberpunk Atlus sceglie una guisa fluo, dove colori inusuali per la serie come verde e viola (delle due protagoniste) dominano la scena, con questi quartieri di Tokyo rinominati (Shinsando è Shibuya, Karakucho è Kabuki-cho, Mansei è Chiyoda/Akihabara..) e illuminati al neon sparati a tuono come in un videoclip synthwave; la trascinante soundtrack di MONACA, lo studio di Keiichi Okabe, non può che seguire a ruota. Buona la traduzione in italiano.
Catapultato fin dal incipit in una cornice cyberpunk, Soul Hackers 2 riprende un classico del 1997 ispirandosi ad alcuni punti fermi del genere, da Shin Megami Tensei (con l’inevitabile Apocalisse) al Valkyrie Profile (Ringo e Figue come le due Valkyrie mandate da Odino) in chiave fantascientifica, operando una volta tanto per sottrazione piuttosto che aggiungere il superfluo. Protagonisti muti e gruppetti di adolescenti antisistema sono altrove, il cast di Soul Hackers 2 è sconfitto, solitario, fallibile, con una rinnovata alternativa di toni e di estetica rispetto all’usuale di Atlus, dimostrandosi abile nel calare i personaggi in una malinconia antieroica.