Final Fantasy XVI - Recensione
Il ritorno in pompa magna di una delle serie più celebri di sempre.
di Revil-Rosa
Final Fantasy VII ha fatto la storia più di ogni altro capitolo della serie, puntando più che mai sullo steampunk blandamente introdotto su Final Fantasy V e che ha poi fortemente caratterizzato Final Fantasy VI, la verità però è che già nel '97 o nel '99 non mancavano le voci infuriate dei fan che "Final Fantasy è 2D", "ora è tutta grafica, dove sono le belle storie di una volta", "Final Fantasy deve essere fantasy, basta con questa tecnologia" e via così. Quindici capitoli sono tanti da analizzare e ridurli ad una frase è poco rispettoso per ciò che hanno rappresentato, ma la realtà dei fatti è che sono state quindici avventure che in un modo nell'altro sono arrivate al cuore dei giocatori, smuovendoli nel profondo con mondi affascinanti e personaggi memorabili, gameplay innovativi e storie dai risvolti unici. La natura mutevole della serie ha spaccato il pubblico in più occasioni e una serie dalle fondamenta così labili al giorno d'oggi non potrebbe esistere perché contro a tutte le leggi di marketing... e forse quelle leggi non sono neanche sbagliate considerato che ad ogni capitolo non sono mancate aspre critiche da parte di veterani infuriati e delusi. Cos'è Final Fantasy? Ogni giocatore ha una sua risposta, una sua idea sui punti chiave che definiscono in maniera imprescindibile quello che la storica serie dovrebbe avere. A conti fatti non esiste una risposta, ogni capitolo si scontra con i suoi illustri predecessori, trovandosi costretto a fare i conti con una schiera di fan sempre più eterogenea per età, desideri, esperienze e aspettative, ma se dopo 36 anni siamo ancora qui ad aspettare con ansia un nuovo capitolo, forse quella magia non si è totalmente persa. Come reagirà Final Fantasy XVI sotto il peso di 36 anni di storia e la pressione di quindici capitoli?
La magia dei Cristalli è una benedizione o una maledizione?
Il continente di Valisthea è benedetto dai Cristalli, pietre magiche amministrate dai vari paesi come preziose risorse. I cristalli vengono usati per gli scopi più disparati e da semplici comodità sono nel tempo diventate risorse indispensabili per la vita: un cristallo dell'acqua può essere usato per riempire i pozzi, uno piccolo del fuoco può essere un valido accendino tascabile mentre un cristallo del ghiaccio è indispensabile ai pescatori per congelare il pesce dopo averlo pescato. La società si è evoluta intorno ai cristalli e il commercio degli stessi è diventato un aspetto cruciale nell'economia del continente, portando addirittura a guerre e dissapori pur di ottenerne il controllo. In questo mondo a stretto contatto con la magia, alcune persone nascono con un potere speciale, un dono che permette loro di evocare gli elementi senza la necessità di un cristallo che funga da catalizzatore.
Queste persone sono dette Portatori e sono generalmente mal visti dalla popolazione, molti paesi infatti li considerano al pari dei cristalli e per questo sono trattati come mere risorse, schiavi da usare e sfruttare. Alcune persone, per motivi sconosciuti, vengono scelte dagli Eikon e, per questo, vengono trattate con grande rispetto. Questi Dominanti non solo sono in grado di controllare la magia, ma possono disporre dell'immenso potere conferitogli dagli Eikon, proprietà che li porta generalmente ad occupare posizioni importanti nei loro paesi, se non addirittura esserne i Re. In questo contesto di magia, una piaga ha iniziato ad affliggere alcuni territori, rendendoli inspiegabilmente sterili e minando la stabilità e il benessere di diversi paesi, i quali si vedono costretti ad intraprendere diverse soluzioni, comprese campagne militari.
La storia di Final Fantasy XVI segue le vicende del primo principe di Rosaria, Clive Rosfield, un portatore che non è stato benedetto dall'Eikon e che per tale motivo non potrà occupare il trono, onore che spetterà invece al fratellino Joshua, Dominante della Fenice. Motivato dal desiderio di difendere il fratello e aiutarlo a portare il peso della monarchia che lo attende, Clive si dedica anima e corpo ai sui doveri di soldato fino a diventare Primo Scudo di Rosaria in giovane età, in parte anche grazie alla parziale benedizione ricevuta dalla Fenice che gli permette di usare potenti abilità di fuoco. In qualità di Primo Scudo, Clive viene incaricato di accompagnare padre e fratello a Porta Fenice, luogo sacro dove Joshua effetturà il rituale tradizionale prima che Rosaria inizi la propria campagna militare, ma il fato ha in mente un percorso molto diverso per i due fratelli e gli eventi porteranno Clive ad una vita che non si sarebbe mai immaginato.
Si parla di vita e non di viaggio perché la storia di Final Fantasy XVI coinvolge i suoi protagonisti in maniera completa e duratura, plasmandoli e definendoli con essa ponendo l'attenzione sia su di loro che sugli eventi, il tutto per un lasso temporale così lungo da ricordare le impostazioni degli Assassin's Creed più che le avventure dei classici giochi di ruolo. Certo, la serie non è nuova a salti temporali o a nemici ancestrali e per averne prova basta andare indietro di un solo capitolo, ma l'eleganza e l'interconnessione che le vicende hanno con i protagonisti nella sedicesima fantasia è tale da rendere gli eventi estremamente sentiti e coinvolgenti, pur arrivando a coinvolgere e toccare molte figure chiave di tutta Valisthea.
A rendere ancora più intriganti le vicende di Clive non ci pensa solo un contesto politico coerente e chiaro, animato da personalità forti e incredibilmente caratterizzate che si muovono in una storia avvincente e ricca di colpi di scena – difficile non pensare alle "montagne russe di emozioni" citate da Naoki Yoshida – ciò che davvero porta Final Fantasy XVI su un nuovo livello sono le atmosfere veicolate da scene e dialoghi maturi e realistici. I protagonisti sono adulti in un mondo di adulti, non mancano ideali e romanticismo, ma per la prima volta nella serie entrano in gioco anche la sensualità e diversi volti dell'amore. Non è l'amore adolescenziale tra Tidus e Yuna che, per quanto cardine del decimo capitolo, di fatto nasce e muore nel corso di un viaggio, su Final Fantasy XVI ci sono più sfaccettature del sentimento più sentito dell'uomo: amore carnale, passionale, non corrisposto o addirittura usato come strumento di manipolazione. Tutto questo approfondisce i personaggi dando loro molto più spessore e complessità, nonché rivelando la loro natura adulta e matura senza scadere nella figura di "guida affidabile" come Auron, per rimandere in tema Final Fantasy X, o molti altri personaggi nelle serie di intrattenimento che, una volta passata l'adolescenza, si riscoprono uomini vissuti.
Le presentazioni con grafica in-game sono il veicolo principale della narrazione e stupiscono per fotografia e regia degne di un film d'animazione. Mettendo da parte grafica e design che, come sempre, si rivelano a dir poco magistrali, è proprio la direzione delle scene ad essere coinvolgente: efficaci cambi di inquadratura e funzionali primi piani si alternano per enfatizzare l'ottima espressività dei personaggi, espressività rimarcata anche da movenze uniche e perfettamente in linea con i protagonisti e i loro stati d'animo. La pacata Jill mantiene una sua eleganza e moderazione anche nei momenti di rabbia o imbarazzo grazie ad una certa compostezza di pose e movenze. Al contrario Benedikta si rivela sensuale e spavalda, ma anche fragile e insicura fino a guadagnarsi un posto di diritto tra i meglio riusciti personaggi dei vari Final Fantasy.
Come non citare poi l'ottimo doppiaggio italiano, perfetto e azzeccato per ogni personaggio importante, compresi NPC non poi così degni di nota, e generalmente ottimo anche per i personaggi secondari di sfondo. E' piacevole riconoscere le voci di doppiatori noti, un po' meno constatare che alcune siano ripetute nei personaggi minori, ma la varietà è tale da non risultare mai fastidiosa e la scelta di condividere le voci solo per gli NPC di sfondo è stata vincente. Noi italiani siamo abituati a giocare con un doppiaggio non nella nostra lingua, ma le recenti produzioni doppiate rendono i mondi virtuali infinitamente più coinvolgenti e non possiamo che augurarci che tale pratica si diffonda sempre di più.
L'efficacia dei protagonisti non è merito solo del loro forte carattere, è soprattutto la storia che da loro il giusto spazio e dignità, dando vita ad interazioni e legami che permettono ai singoli di brillare. A questo proposito, il Cid di Final Fantasy XVI – che appare inspiegabilmente affine ad un certo Nathan Drake – è senza dubbio il più carismatico di sempre e il suo ruolo da "ingegnere della serie" è forse la più originale, risultando allo stesso tempo distante dalla classica figura di "costruttore delle aereonavi" ma perfetto nell'essere una "mente scientifica in un mondo magico". Cid si dimostra l'unico capace di ragionamenti, diciamo, scientifici in un mondo che non è abituato a ragionare in tali termini e per questo viene visto con la stessa perplessità con cui si guarderebbe un appassionato di tecnologia in un mondo governato da leggi magiche. Detto questo, oltre all'immancabile presenza di Cid, Chocobo e Moguri non mancano tante altre chicche e citazioni più o meno velate che faranno di certo la gioia dei fan più attenti ed esperti.
Final Fantasy XVI mette in piedi una storia ricca, piena e completa, una storia così densa di eventi ed emozioni e dai tempi così ben scanditi che le 35 ore dichiarate necessarie per il suo completamente appaiono più lunghe di quelle richieste dagli illustri predecessori perché, davvero, ogni evento rimane ben impresso nella mente del giocatore, limitando al minimo gli eventi secondari ma sfruttando in modo ottimo le missioni opzionali, sempre pronte ad arricchire e approfondire la lore di Valisthea e dei suoi abitanti... e a portare la durata del titolo sopra le 70 ore, sempre secondo i tempi dichiarati dagli sviluppatori. Tale impresa è stata possibile anche grazie ad un "ritorno" all'impostazione ad aree chiuse, scartando l'open world vanto-cruccio di Final Fantasy XV, in favore di una gestione della mappa del mondo che ricorda molto da vicino quella di Final Fantasy XII, ma in un certo senso anche Final Fantasy X e Final Fantasy XIV perché Valisthea è esplorabile a piedi così come lo erano Ivalice, Spira e Eorzia, ovvero avanzando area per area verso uno dei vari sbocchi presenti. L'unica differenza è che a bloccare il percorso non troveremo mostri troppo forti, bensì portoni chiusi o altri escamotage familiari anche in altri capitoli.
A dire il vero generalmente non si è particolarmente spronati ad esplorare sicché oggetti e materiali reperibili per la mappa non sono poi così fondamentali, inoltre considerato il ritmo serrato delle vicende e l'impatto dei risvolti sul mondo e sui personaggi si è virtualmente spinti a proseguire verso l'obiettivo più che a girovagare. Detto questo, nulla impedisce ai giocatori di scoprire gli angoli più remoti di Valisthea e, a dirla tutta, tra missioni secondarie e missioni di caccia si finisce davvero per esplorare tutte le aree e, bisogna ammetterlo, è un vero piacere per gli occhi. Ogni zona è bellissima e caratterizzata da panorami unici poiché rappresenta una regione diversa all'interno della quale si trovano villaggi e città, oltre ovviamente a zone ricche di mostri da sconfiggere o tesori da scovare. Ogni area ha diversi punti chiave sparsi in giro, luoghi in cui teletrasportarsi per agevolare il completamento delle quest principali e secondarie, ma è davvero piacevole constatare come il mondo sia a misura di Clive – o al più del suo Chocobo. A seconda del momento della storia alcune aree potrebbero non essere accessibili, ma i fan dell'esplorazione avranno molte occasioni per saziare la propria sete di scoperta.
Come ribadito all'inizio della recensione, Final Fantasy è una serie che ha cambiato molti volti e che non si è mai fatta problemi a "tornare indietro" pur di realizzare il meglio secondo il director di turno. Scartare l'impostazione open world su cui tanto ha puntato Final Fantasy XV è stata una scelta ardita ma il risultato finale è stato ottimo perché, sebbene faccia strano al giorno d'oggi vedere un lago e avere un muro invisibile che impedisce di saltarci dentro, il mondo appare alla portata di Clive. Muoversi tra le location rimane un'esperienza fantastica e di scorci e panorami mozzafiato se ne hanno moltissimi; non poter raggiungere quella montagna all'orizzonte o non poter esplorare liberamente una delle tante città citate è un po' un dispiacere, ma non intacca in alcun modo l'esperienza di gioco, anzi, aiuta il giocatore a rimanere concentrato sulla storia, senza perdersi elementi o passaggi importanti, e questo è ciò su cui Final Fantasy XVI punta di più. Detto questo, la presenza di qualche minigioco non avrebbe intaccato l'epicità dell'avventura di Clive e la loro assenza è una macchia, seppur piccola, sulla splendida esperienza offerta.
A proposito di scelte ardite, se la recente bruciatura avuta con Eos può avere aiutato i fan ad accettare un mondo a zone al posto di uno aperto, l'introduzione di un gameplay puramente action difficilmente verrà accolto dai puristi in modo altrettanto positivo. Questa scelta è stata ponderata e spiegata in più occasioni, compresa la nostra intervista, ma ciò non toglie che il binomio Final Fantasy e turni sia così saldo nella mente di fan e addetti ai lavori che persino il primo Dissidia Final Fantasy su PSP – un picchiaduro 3D con arene esplorabili – aveva una sorta di modalità a turni. Superato dunque il trauma di potersi muovere liberamente durante le battaglie e di poter attaccare senza l'impedimento di alcuna action time bar, Final Fantasy XVI stupisce con gli effetti speciali, anche se alla lunga il sistema rivela alcune antipatiche limitazioni.
Le opzioni offensive di Clive comprendono l'attacco con la spada, sparare una sfera magica dell'elemento associato all'Eikon in uso, usare una delle due abilità speciali legate all'Eikon oppure chiedere al fido cagnolone Torgal di attaccare. La combo base eseguibile con la spada è una sola e a questa si può legare il colpo magico come finisher. Premesso che nuove opzioni offensive si sbloccano mediante i Punti Tecnica, permettendo di variare e personalizzare il proprio stile di gioco, concatenare tra loro gli attacchi è tutt'altro che semplice e spesso e volentieri richiedono l'aiuto di Torgal e un ottimo tempismo, cosa che da un lato è molto stimolante ma dall'altro rischia di fare passare tale opzione in secondo piano, in favore della più funzionale combo base a cui si lega appunto la magia alla fine. Le abilità speciali degli Eikon cancellano sempre l'ultima azione eseguita e questo le rende facili da concatenare nonché opzioni offensive fondamentali per combattere in modo efficace.
Il battle system risulta un po' ripetitivo contro i nemici generici, complice il fatto che la difficoltà in quei frangenti non è mai particolarmente alta, fortunatamente però queste battaglie sono veloci perciò non rischiano di annoiare, anzi grazie ad una certa spettacolarità di esecuzione risultano piacevoli da vedere. E' fastidioso constatare che delle varie abilità sbloccabili degli Eikon se ne possano equipaggiare solo due per evocazione, portando il giocatore a cristallizzarsi sulle prime abilità che usa. Detto questo, è sempre possibile recuperare i punti tecnica spesi perciò sperimentare è semplice e trovare il proprio stile – così come adattarlo al nemico di turno – è sempre un'opzione valida.
Tra schivate, combo e contrattacchi, i combattimenti tengono ben impegnati, stupendo nelle battaglie boss con un livello di difficoltà ottimamente bilanciato e generalmente più pendente verso il difficile, in controtendenza con altri tripla A. La penuria di pozioni trasportabili farà sudare freddo contro diversi boss, ma chi si reputa un hardcore player degli action farebbe bene a non salire troppo di livello contro i nemici generici mentre chi non è avvezzo al genere potrà trovare grande conforto nei cinque accessori speciali che semplificano alcune meccaniche, rendendo il gioco più semplice e, soprattutto, meno frenetico. A proposito di boss, le battaglie con gli Eikon sono una scarica di adrenalina unica, un piacere per gli occhi e sono riuscite a generare un hype nel sottoscritto che in tanti anni di gioco non avevo mai provato, complice anche una colonna sonora estremamente varia e azzeccata, perfetta per trasportare il giocatore all'interno dell'azione e adattarsi alla atmosfera del potente avversario di turno. Notare che le battaglie con gli Eikon sono piuttosto varie, sfociando anche in altri generi, per un'esperienza di gioco incredibilmente entusiasmante.
Sarebbe stato possibile ricreare tale livello di presa con un sistema a turni? Personalmente, da umile giocatore, non sono d'accordo con Naoki Yoshida riguardo la mancanza di pathos dei combattimenti a turni perché rimanere immobili mentre Sephiroth lancia Super Nova non lascia propriamente indifferenti, ma dopo aver giocato Final Fantasy XVI sono veramente contento della decisione presa perché il sedicesimo capitolo è stato capace di conquistarmi come non accadeva da davvero troppi esponenti della serie, spin-off inclusi.
GIUDIZIO FINALE
Da amante dei Final Fantasy ci sono solo due modi per giocare il sedicesimo capitolo: ci si può lamentare di tutte le scelte ardite, disprezzare il focus posto sulla storia invece che sulla libertà di esplorazione, non condividendo magari l'impostazione ad aree invece che open world. Ci si può soffermare sulla scelta di aver preferito l'epicità invece della strategia, optando per un gameplay action invece di un più classico gioco di ruolo, lamentandosi magari della scelta di avere un numero ridotto di compagni che accompagnano il giocatore e senza nemmeno avere la possibilità di modificarli o personalizzarli. Ci si può lamentare della mancanza di minigiochi o magari dell'assenza della tecnologia nel mondo. Ci si può fermare a tutto questo e smontare il titolo asserendo che non è un vero Final Fantasy oppure si può decidere di dargli una chance, accettare il fatto che Final Fantasy è una serie mutevole e godersi quello che, di fatto, è uno dei migliori giochi mai prodotti da Square-Enix.
Final Fantasy XVI non è solo uno dei più sentiti capitoli della serie, ma è senza dubbio uno di quelli con le idee più chiare sul genere di esperienza che vuole proporre e, forte di tale sicurezza, immerge il giocatore in una delle più emozionanti avventure di sempre.
Final Fantasy XVI non è solo uno dei più sentiti capitoli della serie, ma è senza dubbio uno di quelli con le idee più chiare sul genere di esperienza che vuole proporre e, forte di tale sicurezza, immerge il giocatore in una delle più emozionanti avventure di sempre.
Gioco testato su Playstation 5.