Recensione
Katanagatari
9.0/10
Katanagatari è un anime che definire particolare è poco; diversi sono gli elementi che mi spingono a chiamarlo così, eppure non posso che essere contento di averlo guardato.
Andando per ordine, ecco la trama: in un Giappone feudale, siamo nell'era dello shogunato, una “donna in carriera” ante litteram, la stratega (un titolo da lei inventato) Togame sbarca sull'isola dove si dice che risieda in esilio l'eroe che sedò una rivoluzione molti anni prima, un guerriero invincibile maestro della scuola Kyotoryuu, “senza spada”. Tuttavia l'eroe è morto, e maestro della scuola è rimasto il figlio, Shichika, che con la sorella vive alla giornata sull'isola. Togame svela allora il suo scopo: durante l'era Sengoku un fabbro (o no?) straordinario creò 1000 spade, e le distribuì fra molti paesi; ma le prime 988 erano meri tentativi necessari alla creazione delle ultime 12 spade, potenziate con l'alchimia. Esse donano un grande potere al possessore ma, ovviamente c'è un “ma”, hanno anche l'effetto di avvelenarlo, distorcendone la mente.
Le 12 spade fanno gola a molti, e Togame è decisa a recuperarle, presentarle allo Shogunato, e guadagnare grazie e fama. Shichika sarà la sua guardia del corpo, la sua spada, nel difficilissimo viaggio. La ricerca è “arricchita” dalla presenza di altre fazioni, altrettanto interessate alle spade, quali i corpi ninja Maniwa e la principessa Hitei.
Il rapporto tra spada e possessore è sempre ben trattato: ogni possessore ha la sua ragion d'essere, ha un carattere ben delineato e un background interessante; gli episodi sono 12 - usciti a cadenza mensile, una scansione inusuale! -, come le spade, e infatti tutti i personaggi dell'anime sono spada e possessore (compresi Togame/Shichika, nonché i comprimari Hitei/Emonzaemon), con l'eccezione dei Maniwa. Gli episodi trattano tematiche importanti, quali la fedeltà, la famiglia, il peccato, eppure lo stile di disegno “pastoso” e le scene d'intermezzo più leggere fanno sì che la visione scorra veloce e piacevole.
Si può parlare d'introspezione psicologica in una certa misura, e c'è anche un minimo di crescita personale di Shichika, che dal contatto con Togame prenderà astuzia e, chiaramente, conoscerà l'amore. Ma non solo loro, come già detto, tutti o quasi i personaggi sono presentati, se non con larghezza, almeno con giustizia. Inoltre ho apprezzato il tentativo degli autori di diversificare l'azione di un viaggio che potenzialmente poteva risultare piatto (lo scopo di ogni tappa è sempre la raccolta della spada): sia nella raccolta stessa, nel senso che ogni possessore reagisce diversamente al viaggio di Togame, sia in visione più ampia nel gioco di potere alla corte dello Shogun.
Una cosa che apprezzato di quest'anime è la fine: non solo esiste davvero, niente finale aperto, che non scrive nessuna parola “fine”, ma è anche di altissimo livello, patetico - con pathos -, commovente e non scontato. Insomma, uno di quelli che, indipendentemente dal contenuto, lascia soddisfatti.
Passando al lato tecnico, Katanagatari ha uno stile a mio parere meraviglioso: i fondali sono disegnati a mano, colorati a pastello e ricalcati in cell-shading. E così anche i personaggi, anche se personalmente avrei apprezzato una maggior precisione nei volti, ma penso che sia proprio lo stile del disegnatore, e non stona con l'ambiente.
Nota di merito per la splendida colonna sonora: “Gettouka” soprattutto mi è piaciuta molto, evocativa e d'atmosfera.
In conclusione Katanagatari è un'anime come pochi, che ha avuto coraggio in diversi ambiti, dalle soluzioni narrative al rilascio mensile allo stile di disegno così insolito, trionfando in tutti e regalandoci una storia che consiglierei a chiunque di seguire. Anzi, lo consiglio: seguitela!
Nota: gli episodi sono sì solo 12, ma durano 40 min, quindi valgono quasi il doppio.
Andando per ordine, ecco la trama: in un Giappone feudale, siamo nell'era dello shogunato, una “donna in carriera” ante litteram, la stratega (un titolo da lei inventato) Togame sbarca sull'isola dove si dice che risieda in esilio l'eroe che sedò una rivoluzione molti anni prima, un guerriero invincibile maestro della scuola Kyotoryuu, “senza spada”. Tuttavia l'eroe è morto, e maestro della scuola è rimasto il figlio, Shichika, che con la sorella vive alla giornata sull'isola. Togame svela allora il suo scopo: durante l'era Sengoku un fabbro (o no?) straordinario creò 1000 spade, e le distribuì fra molti paesi; ma le prime 988 erano meri tentativi necessari alla creazione delle ultime 12 spade, potenziate con l'alchimia. Esse donano un grande potere al possessore ma, ovviamente c'è un “ma”, hanno anche l'effetto di avvelenarlo, distorcendone la mente.
Le 12 spade fanno gola a molti, e Togame è decisa a recuperarle, presentarle allo Shogunato, e guadagnare grazie e fama. Shichika sarà la sua guardia del corpo, la sua spada, nel difficilissimo viaggio. La ricerca è “arricchita” dalla presenza di altre fazioni, altrettanto interessate alle spade, quali i corpi ninja Maniwa e la principessa Hitei.
Il rapporto tra spada e possessore è sempre ben trattato: ogni possessore ha la sua ragion d'essere, ha un carattere ben delineato e un background interessante; gli episodi sono 12 - usciti a cadenza mensile, una scansione inusuale! -, come le spade, e infatti tutti i personaggi dell'anime sono spada e possessore (compresi Togame/Shichika, nonché i comprimari Hitei/Emonzaemon), con l'eccezione dei Maniwa. Gli episodi trattano tematiche importanti, quali la fedeltà, la famiglia, il peccato, eppure lo stile di disegno “pastoso” e le scene d'intermezzo più leggere fanno sì che la visione scorra veloce e piacevole.
Si può parlare d'introspezione psicologica in una certa misura, e c'è anche un minimo di crescita personale di Shichika, che dal contatto con Togame prenderà astuzia e, chiaramente, conoscerà l'amore. Ma non solo loro, come già detto, tutti o quasi i personaggi sono presentati, se non con larghezza, almeno con giustizia. Inoltre ho apprezzato il tentativo degli autori di diversificare l'azione di un viaggio che potenzialmente poteva risultare piatto (lo scopo di ogni tappa è sempre la raccolta della spada): sia nella raccolta stessa, nel senso che ogni possessore reagisce diversamente al viaggio di Togame, sia in visione più ampia nel gioco di potere alla corte dello Shogun.
Una cosa che apprezzato di quest'anime è la fine: non solo esiste davvero, niente finale aperto, che non scrive nessuna parola “fine”, ma è anche di altissimo livello, patetico - con pathos -, commovente e non scontato. Insomma, uno di quelli che, indipendentemente dal contenuto, lascia soddisfatti.
Passando al lato tecnico, Katanagatari ha uno stile a mio parere meraviglioso: i fondali sono disegnati a mano, colorati a pastello e ricalcati in cell-shading. E così anche i personaggi, anche se personalmente avrei apprezzato una maggior precisione nei volti, ma penso che sia proprio lo stile del disegnatore, e non stona con l'ambiente.
Nota di merito per la splendida colonna sonora: “Gettouka” soprattutto mi è piaciuta molto, evocativa e d'atmosfera.
In conclusione Katanagatari è un'anime come pochi, che ha avuto coraggio in diversi ambiti, dalle soluzioni narrative al rilascio mensile allo stile di disegno così insolito, trionfando in tutti e regalandoci una storia che consiglierei a chiunque di seguire. Anzi, lo consiglio: seguitela!
Nota: gli episodi sono sì solo 12, ma durano 40 min, quindi valgono quasi il doppio.