Recensione
House of Five Leaves
8.0/10
La velocità con cui siamo abituati a consumare qualsiasi cosa è, ai giorni nostri, diventata una prospettiva, che ci induce a giudicare ogni cosa in sua funzione. Quindi, lento è male, è noioso, pretenzioso. Tuttavia, ci sono alcune opere, e mi riferisco ovviamente a House of Five Leaves, per le quali il ritmo lento è necessario e sembra l'unico adatto allo stile adottato.
La trama, semplice e funzionale, si risolve in poche parole: nel periodo Edo un ronin di nome Akitsu ("Masa"), il cui carattere mite poco adatto a un Samurai l'ha reso povero, cerca lavoro e lo trova in una banda di rapitori. Questo innesca una lotta morale in Masa, resa ancora più complessa da aspetto e carattere poco banditesco degli altri componenti della banda. Qui si nota già il punto forte dell'intero anime, un'eccellente caratterizzazione: dall'enigmatico Yaichi (capobanda), al taverniere-padre Umezou, all'ex prostituta Otake, al taciturno ed efficiente artigiano-ladro Matsukichi ("Matsu"); tutti hanno corposi retroscena, tutti una psicologia definita.
Si può dire che la storia in effetti, andando oltre le due righe di presentazione sopra, non esista. Non succede praticamente niente nei dodici episodi, e quando succede passa sempre in sordina. Perché il focus è tutto sui personaggi, sulla comprensione, e anche qui, non sull'evoluzione, dei loro pensieri e delle loro storie. L'assenza di azione si colloca in un quadro più generale di quiete, di stasi: tutto, dallo stile di disegno alle musiche ai dialoghi, sembra una specie di quadro che si osserva con distacco, il coinvolgimento è evitato. Intendiamoci, ci sono occasionalmente scene d'azione, ma sono brevi e presto dimenticate. Più presenti sono tuttalpiù scene di alta tensione, ma che si riferiscono sempre ai rapporti tra i personaggi, non ad eventi esterni: esempio lampante è la scena del tè con Masa Yaichi e Matsu.
Invece aleggiano sempre domande inevase, in genere poste da Masa; basti vedere l'apertura dell'anime, un flashback che non viene spiegato apertamente fino all'ultima puntata. Prima era intuibile da vari elementi, ma nessuno qui ci sbatterà in faccia una chiara spiegazione degli eventi, al contrario saranno parcellizzati. Questa è, comprensibilmente, la lentezza che dicevo prima; se da una parte può risultare pesante, dall'altra crea un'atmosfera che non ho trovato in molti anime.
I dialoghi sono sempre interessanti, spesso enigmatici, e aiutano a caratterizzare i personaggi secondari, che raramente rimangono volti anonimi. Così facendo ci viene presentato un affresco di "uomini di strada" del medioevo giapponese, in un modo che, a mio parere, ad esempio Samurai Champloo (sempre dello stesso studio d'animazione, Manglobe) non è riuscito o non ha voluto fare.
Ho già detto che lo stile grafico è particolare e aiuta a creare l'atmosfera; infatti si è scelto di curare moltissimo gli sfondi, arrivando a livelli di dettagli notevoli, come le venature del tavolo di legno o i fiocchi di neve sugli alberi. Impressionanti poi i giochi di luce, resi benissimo, che mostrano come fosse davvero l'oscurità quando la luce elettrica non era ogni dove, e a quanto poco servissero i lumini. I personaggi invece sono disegnati in modo strano: le proporzioni sono ottime, ma i volti sembrano mostrare un'apatia perenne, non hanno espressività se non minima. Ritengo comunque possibile che ciò sia voluto, proprio per tenersi lontano dai canoni di bellezza attuali e avvicinarsi di più a quelli del periodo.
Quindi, è consigliato questo House of five leaves? Sì e no. Personalmente trovo sia un lavoro interessante, studiato nei minimi particolari e originale. Ma ammetto di avere fatto fatica a finirlo. Perciò se riuscite a tenere duro e a guardare con attenzione, vi assicuro che varrà la pena, ma se cercate qualcosa di poco impegnativo è meglio guardare altrove.
La trama, semplice e funzionale, si risolve in poche parole: nel periodo Edo un ronin di nome Akitsu ("Masa"), il cui carattere mite poco adatto a un Samurai l'ha reso povero, cerca lavoro e lo trova in una banda di rapitori. Questo innesca una lotta morale in Masa, resa ancora più complessa da aspetto e carattere poco banditesco degli altri componenti della banda. Qui si nota già il punto forte dell'intero anime, un'eccellente caratterizzazione: dall'enigmatico Yaichi (capobanda), al taverniere-padre Umezou, all'ex prostituta Otake, al taciturno ed efficiente artigiano-ladro Matsukichi ("Matsu"); tutti hanno corposi retroscena, tutti una psicologia definita.
Si può dire che la storia in effetti, andando oltre le due righe di presentazione sopra, non esista. Non succede praticamente niente nei dodici episodi, e quando succede passa sempre in sordina. Perché il focus è tutto sui personaggi, sulla comprensione, e anche qui, non sull'evoluzione, dei loro pensieri e delle loro storie. L'assenza di azione si colloca in un quadro più generale di quiete, di stasi: tutto, dallo stile di disegno alle musiche ai dialoghi, sembra una specie di quadro che si osserva con distacco, il coinvolgimento è evitato. Intendiamoci, ci sono occasionalmente scene d'azione, ma sono brevi e presto dimenticate. Più presenti sono tuttalpiù scene di alta tensione, ma che si riferiscono sempre ai rapporti tra i personaggi, non ad eventi esterni: esempio lampante è la scena del tè con Masa Yaichi e Matsu.
Invece aleggiano sempre domande inevase, in genere poste da Masa; basti vedere l'apertura dell'anime, un flashback che non viene spiegato apertamente fino all'ultima puntata. Prima era intuibile da vari elementi, ma nessuno qui ci sbatterà in faccia una chiara spiegazione degli eventi, al contrario saranno parcellizzati. Questa è, comprensibilmente, la lentezza che dicevo prima; se da una parte può risultare pesante, dall'altra crea un'atmosfera che non ho trovato in molti anime.
I dialoghi sono sempre interessanti, spesso enigmatici, e aiutano a caratterizzare i personaggi secondari, che raramente rimangono volti anonimi. Così facendo ci viene presentato un affresco di "uomini di strada" del medioevo giapponese, in un modo che, a mio parere, ad esempio Samurai Champloo (sempre dello stesso studio d'animazione, Manglobe) non è riuscito o non ha voluto fare.
Ho già detto che lo stile grafico è particolare e aiuta a creare l'atmosfera; infatti si è scelto di curare moltissimo gli sfondi, arrivando a livelli di dettagli notevoli, come le venature del tavolo di legno o i fiocchi di neve sugli alberi. Impressionanti poi i giochi di luce, resi benissimo, che mostrano come fosse davvero l'oscurità quando la luce elettrica non era ogni dove, e a quanto poco servissero i lumini. I personaggi invece sono disegnati in modo strano: le proporzioni sono ottime, ma i volti sembrano mostrare un'apatia perenne, non hanno espressività se non minima. Ritengo comunque possibile che ciò sia voluto, proprio per tenersi lontano dai canoni di bellezza attuali e avvicinarsi di più a quelli del periodo.
Quindi, è consigliato questo House of five leaves? Sì e no. Personalmente trovo sia un lavoro interessante, studiato nei minimi particolari e originale. Ma ammetto di avere fatto fatica a finirlo. Perciò se riuscite a tenere duro e a guardare con attenzione, vi assicuro che varrà la pena, ma se cercate qualcosa di poco impegnativo è meglio guardare altrove.