Recensione
Koi Kaze
7.0/10
Sono stato a lungo indeciso sul recensire o meno quest'anime (l’ho visto più di due anni fa e non è tra i miei preferiti); oltre al fatto che parlarne può essere un consiglio più o meno diretto di guardarlo, devo dire che certe cose mi sono piaciute mentre altre non sono riuscito ad assimilarle: più volte durante l'anime, guardando il protagonista, mi sono ritrovato a dire a voce alta "ma che caxxo fai?". E' difficile mantenere un punto di vista oggettivo perché il problema morale è forte.
Chiariamo subito, anche se l'affermazione è superficiale Koi Kaze parla di incesto (lo so, è uno spoilerone, ma non dirlo avrebbe evirato la recensione rendendola un giro di parole). Io ho deciso di guardarlo perché avevo letto molte buone recensioni e mi ero incuriosito: come può un anime trattare un argomento così scottante e delicato? Un lavoro coraggioso, di nicchia, poco commerciale. Poi ho anche pensato che valesse la «pena» di vedere qualcosa di diverso. Il mio approccio mi ha ricordato (purtroppo) un po' l'opinione generale che si ha in certe situazioni. Mi spiego con un esempio: un malato di cancro fa pena o compassione ai più, un malato di AIDS, invece, viene additato o disprezzato; è più "sporco", anche se le situazioni sono o possono essere molto diverse o varie rispetto all'opinione comunemente diffusa.
Se «accettiamo» l'animazione giapponese per intero, dobbiamo considerare quest'anime come uno dei punti estremi del vasto ventaglio di offerte che arrivano dal sol levante.
Guardare Koi kaze è, più che mai, come guardare un film, pertanto niente mentalità italiana «i cartoni animati sono robe per bambini», anche se so che la maggior parte degli utenti di questo forum già lo sa.
Dopo questa lunga intro, che vuole solo dare un'idea e fare decidere se continuare o meno a leggere, passo alla recensione vera e propria.
Tradotto “Vento di Passione”, Koi Kaze è un'anime di Motoi Yoshida del 2004 di 13 puntate tratte dall'omonimo manga e subbato dai ragazzi del PTP. Lo stesso gruppo ha scanlato anche parte del manga. Io non l'ho letto, ma i commenti che ho trovato ritengono l'opera cartacea più chiara e introspettiva della versione animata.
Comincio con il dire, ma si era già capito, che Koi Kaze non è un'opera per tutti, bisogna avere del pelo sullo stomaco per guardarlo e per “digerire” la storia che viene raccontata. A mio avviso l'anime necessita di una certa esperienza e di maturità sentimentale per essere visto; in conclusione penso che un adolescente non riesca a comprenderlo appieno. Per comprendere e discernere su determinate problematiche è necessaria un'esperienza umana e personale (se volete, maturità) che viene naturalmente acquisita con il passare degli anni.
La storia comincia con l'incontro casuale di due sconosciuti, Koshiro, un uomo di 27 anni inserito nel mondo del lavoro, e Nanoka, una ragazzina di 15 anni, studentessa delle scuole medie. L`incontro è emotivamente forte e importante, ma avrà conseguenze notevoli sulla vita dei due perché, senza saperlo, loro sono ... fratello e sorella! Pertanto abbiamo l'incontro tra due persone che vengono da due "mondi", da due situazioni derivanti dal notevole divario d’età, molto diversi: lui è un uomo, lei è una ragazzina (sentimentalmente poco più di una bambina).
La trama, la sceneggiatura e la storia in generale sono belli e molto curati. L’introspezione dei personaggi, attenta e approfondita, è delicata e toccante. I protagonisti soffrono della loro condizione, anche reciprocamente, ma "elaborano" e comprendono i propri sentimenti in modo molto diverso. Se Koshiro ne fa un vero e proprio tormento, una malattia che lo divora e lo consuma, Nanoka, ingenuamente, vive la sua (prima) storia d’amore con il suo onichan in un modo talmente fanciullesco e illuso da fare tenerezza.
Il disegno è atipico ma gradevole. Koshiro non è il solito "jappo" efebico o belloccio, con grandi occhi luccicanti; è massiccio, villoso, e squadrato. Nanoka ha un’espressione molto dolce, ma non è particolarmente bella, il suo aspetto e il suo volto sono volutamente disegnati in modo da mostrarci una bambina e non una giovane donna.
Le animazioni sono gradevoli, mentre gli sfondi, molto belli, hanno tinte pastello/acquerello, tenui o quasi ovattati, che "sbiadiscono" consentendo un’ottimale messa a fuoco dei sentimenti e delle emozioni dei protagonisti. Piacevoli sono anche le musiche, che accompagnano bene e in modo discreto gli avvenimenti e l’evolversi della storia.
Come ho detto, guardando Koi Kaze in modo superficiale si potrebbe dire che il tema principale sia l'incesto. In realtà non è così, al centro della storia c'è il dramma emotivo. Sottolineo la parola dramma, che consuma Koshiro, il quale cerca continuamente di fuggire dai sentimenti che prova per Nanoka, cercando di nasconderli e di reprimerli.
L’incesto è quindi solo una figura retorica di contorno che serve all’autore per affrontare un tema delicato e sensibile come l’amore impossibile che può abbagliare e fare perdere la ragione. Un amore impossibile che provato per un parente, ma potrebbe essere anche l'uomo o la donna di un caro amico/a, o semplicemente una persona troppo distante da noi - come appunto può essere distante il mondo di una ragazzina da quello di un uomo adulto -, può causare un tormento interiore talmente profondo e drammatico da condurre anche all'autodistruzione. Koshiro tornerà spesso a rimuginare sullo sbaglio che i suoi sentimenti lo spingerebbero a compiere e arriverà a prendere quella che giudica essere l’unica decisione possibile e plausibile.
Il finale può deludere o meno, dipende dai gusti: se preferite vedere sempre la parola fine chiara e marcata, oppure se non disprezzate - o addirittura gradite - una conclusione aperta ma che, pensandoci, non lo è poi tanto. Considerato che con una metafora viene detto come finirà, basta prestare la giusta attenzione.
Vorrei esprimere un'ultima considerazione personale. Devo ammettere di avere disprezzato più volte Koshiro per il suo comportamento e per non essere riuscito a controllarsi, è lui il debole nella storia. Ma questo fa apprezzare Koi Kaze. Una così dura e impietosa rappresentazione delle debolezze umane eleva l'opera a un contesto di realtà cruda e disillusa che rappresenta, nella sua semplicità, le contraddizioni dell'essere umano, capace sia di cose meravigliose sia di cose volgari. Non parlo d'indecenza, ma di un'incapacità di trattenere determinati istinti. Tranquilli, niente di psicologicamente pericoloso, sappiate però che un episodio in Giappone è stato censurato e non è andato in onda in tv.
A voi l'ardua sentenza su un anime che, devo ammetterlo, mi ha messo a disagio, ma mi ha anche catturato per com'è riuscito a trattare un simile argomento. Ancora una volta i Giapponesi mi hanno sorpreso: sicuramente questa è un'opera che in Italia non arriverà mai, sono troppi i tabù della nostra società a riguardo di un simile argomento. Per questo ho deciso di recensire Koi Kaze. Alcuni lo reputeranno immorale. In sostanza bisogna decidere se si vuole o meno aprire questo genere di porta, e vedere una rappresentazione del sentimento supremo che viene «sporcato» da una situazione che risulta essere molto drammatica.
Chiariamo subito, anche se l'affermazione è superficiale Koi Kaze parla di incesto (lo so, è uno spoilerone, ma non dirlo avrebbe evirato la recensione rendendola un giro di parole). Io ho deciso di guardarlo perché avevo letto molte buone recensioni e mi ero incuriosito: come può un anime trattare un argomento così scottante e delicato? Un lavoro coraggioso, di nicchia, poco commerciale. Poi ho anche pensato che valesse la «pena» di vedere qualcosa di diverso. Il mio approccio mi ha ricordato (purtroppo) un po' l'opinione generale che si ha in certe situazioni. Mi spiego con un esempio: un malato di cancro fa pena o compassione ai più, un malato di AIDS, invece, viene additato o disprezzato; è più "sporco", anche se le situazioni sono o possono essere molto diverse o varie rispetto all'opinione comunemente diffusa.
Se «accettiamo» l'animazione giapponese per intero, dobbiamo considerare quest'anime come uno dei punti estremi del vasto ventaglio di offerte che arrivano dal sol levante.
Guardare Koi kaze è, più che mai, come guardare un film, pertanto niente mentalità italiana «i cartoni animati sono robe per bambini», anche se so che la maggior parte degli utenti di questo forum già lo sa.
Dopo questa lunga intro, che vuole solo dare un'idea e fare decidere se continuare o meno a leggere, passo alla recensione vera e propria.
Tradotto “Vento di Passione”, Koi Kaze è un'anime di Motoi Yoshida del 2004 di 13 puntate tratte dall'omonimo manga e subbato dai ragazzi del PTP. Lo stesso gruppo ha scanlato anche parte del manga. Io non l'ho letto, ma i commenti che ho trovato ritengono l'opera cartacea più chiara e introspettiva della versione animata.
Comincio con il dire, ma si era già capito, che Koi Kaze non è un'opera per tutti, bisogna avere del pelo sullo stomaco per guardarlo e per “digerire” la storia che viene raccontata. A mio avviso l'anime necessita di una certa esperienza e di maturità sentimentale per essere visto; in conclusione penso che un adolescente non riesca a comprenderlo appieno. Per comprendere e discernere su determinate problematiche è necessaria un'esperienza umana e personale (se volete, maturità) che viene naturalmente acquisita con il passare degli anni.
La storia comincia con l'incontro casuale di due sconosciuti, Koshiro, un uomo di 27 anni inserito nel mondo del lavoro, e Nanoka, una ragazzina di 15 anni, studentessa delle scuole medie. L`incontro è emotivamente forte e importante, ma avrà conseguenze notevoli sulla vita dei due perché, senza saperlo, loro sono ... fratello e sorella! Pertanto abbiamo l'incontro tra due persone che vengono da due "mondi", da due situazioni derivanti dal notevole divario d’età, molto diversi: lui è un uomo, lei è una ragazzina (sentimentalmente poco più di una bambina).
La trama, la sceneggiatura e la storia in generale sono belli e molto curati. L’introspezione dei personaggi, attenta e approfondita, è delicata e toccante. I protagonisti soffrono della loro condizione, anche reciprocamente, ma "elaborano" e comprendono i propri sentimenti in modo molto diverso. Se Koshiro ne fa un vero e proprio tormento, una malattia che lo divora e lo consuma, Nanoka, ingenuamente, vive la sua (prima) storia d’amore con il suo onichan in un modo talmente fanciullesco e illuso da fare tenerezza.
Il disegno è atipico ma gradevole. Koshiro non è il solito "jappo" efebico o belloccio, con grandi occhi luccicanti; è massiccio, villoso, e squadrato. Nanoka ha un’espressione molto dolce, ma non è particolarmente bella, il suo aspetto e il suo volto sono volutamente disegnati in modo da mostrarci una bambina e non una giovane donna.
Le animazioni sono gradevoli, mentre gli sfondi, molto belli, hanno tinte pastello/acquerello, tenui o quasi ovattati, che "sbiadiscono" consentendo un’ottimale messa a fuoco dei sentimenti e delle emozioni dei protagonisti. Piacevoli sono anche le musiche, che accompagnano bene e in modo discreto gli avvenimenti e l’evolversi della storia.
Come ho detto, guardando Koi Kaze in modo superficiale si potrebbe dire che il tema principale sia l'incesto. In realtà non è così, al centro della storia c'è il dramma emotivo. Sottolineo la parola dramma, che consuma Koshiro, il quale cerca continuamente di fuggire dai sentimenti che prova per Nanoka, cercando di nasconderli e di reprimerli.
L’incesto è quindi solo una figura retorica di contorno che serve all’autore per affrontare un tema delicato e sensibile come l’amore impossibile che può abbagliare e fare perdere la ragione. Un amore impossibile che provato per un parente, ma potrebbe essere anche l'uomo o la donna di un caro amico/a, o semplicemente una persona troppo distante da noi - come appunto può essere distante il mondo di una ragazzina da quello di un uomo adulto -, può causare un tormento interiore talmente profondo e drammatico da condurre anche all'autodistruzione. Koshiro tornerà spesso a rimuginare sullo sbaglio che i suoi sentimenti lo spingerebbero a compiere e arriverà a prendere quella che giudica essere l’unica decisione possibile e plausibile.
Il finale può deludere o meno, dipende dai gusti: se preferite vedere sempre la parola fine chiara e marcata, oppure se non disprezzate - o addirittura gradite - una conclusione aperta ma che, pensandoci, non lo è poi tanto. Considerato che con una metafora viene detto come finirà, basta prestare la giusta attenzione.
Vorrei esprimere un'ultima considerazione personale. Devo ammettere di avere disprezzato più volte Koshiro per il suo comportamento e per non essere riuscito a controllarsi, è lui il debole nella storia. Ma questo fa apprezzare Koi Kaze. Una così dura e impietosa rappresentazione delle debolezze umane eleva l'opera a un contesto di realtà cruda e disillusa che rappresenta, nella sua semplicità, le contraddizioni dell'essere umano, capace sia di cose meravigliose sia di cose volgari. Non parlo d'indecenza, ma di un'incapacità di trattenere determinati istinti. Tranquilli, niente di psicologicamente pericoloso, sappiate però che un episodio in Giappone è stato censurato e non è andato in onda in tv.
A voi l'ardua sentenza su un anime che, devo ammetterlo, mi ha messo a disagio, ma mi ha anche catturato per com'è riuscito a trattare un simile argomento. Ancora una volta i Giapponesi mi hanno sorpreso: sicuramente questa è un'opera che in Italia non arriverà mai, sono troppi i tabù della nostra società a riguardo di un simile argomento. Per questo ho deciso di recensire Koi Kaze. Alcuni lo reputeranno immorale. In sostanza bisogna decidere se si vuole o meno aprire questo genere di porta, e vedere una rappresentazione del sentimento supremo che viene «sporcato» da una situazione che risulta essere molto drammatica.