Recensione
Time of Eve
7.0/10
Time of Eve si può vedere in due modi, in formato ONA (puntate singole) o in formato OAV (film intero con qualche scena aggiuntiva), ma entrambi ripercorrono la medesima storia: in un futuro non troppo lontano l'umanità si serve comunemente di androidi senzienti considerati alla stregua di servi se non schiavi, tale pensiero è fomentato da un'organizzazione che si oppone invece al naturale comportamento umano che tende alla convivenza e allo scambio reciproco anziché porre barriere e "muri".
In questo quadro generale si inseriscono personaggi comuni senza essere troppo cliché, che iniziano a frequentare un insolito bar nel quale è formalmente proibito fare distinzione tra esseri umani e androidi. Vicende tra il quotidiano e il banale si susseguono placide e senza troppi intoppi impregnando l'ambiente di un piacevole aroma utopico/distopico e restituendo qualche emozione senza troppo entusiasmo (un po' come il caffè che viene puntualmente servito al protagonista).
Una storia semplice che porta con sé tematiche importanti come "il diverso" e "il pensiero di chi consideriamo diverso", nonché le "leggi della robotica" (riferimento sublime ad Asimov e al suo "Io Robot", capolavoro indiscusso) tutte ben affrontate. Un onestissimo 7 che, se confrontato con molti altri come il pluri-acclamato "Chobit" (che, a parte l'iniziale entusiasmo e l'innovativa qualità grafica, ineguagliabile per gli standard dell'epoca, mi deluse profondamente), il finto-distopico polpettone dai toni altisonanti "Ergo Proxy" e lo psichedelico "Lain" (anche lui con un finale deludentissimo), meriterebbe 8 e forse una seconda serie. Consigliatissimo per passare un paio d'ore di perfetta armonia.
In questo quadro generale si inseriscono personaggi comuni senza essere troppo cliché, che iniziano a frequentare un insolito bar nel quale è formalmente proibito fare distinzione tra esseri umani e androidi. Vicende tra il quotidiano e il banale si susseguono placide e senza troppi intoppi impregnando l'ambiente di un piacevole aroma utopico/distopico e restituendo qualche emozione senza troppo entusiasmo (un po' come il caffè che viene puntualmente servito al protagonista).
Una storia semplice che porta con sé tematiche importanti come "il diverso" e "il pensiero di chi consideriamo diverso", nonché le "leggi della robotica" (riferimento sublime ad Asimov e al suo "Io Robot", capolavoro indiscusso) tutte ben affrontate. Un onestissimo 7 che, se confrontato con molti altri come il pluri-acclamato "Chobit" (che, a parte l'iniziale entusiasmo e l'innovativa qualità grafica, ineguagliabile per gli standard dell'epoca, mi deluse profondamente), il finto-distopico polpettone dai toni altisonanti "Ergo Proxy" e lo psichedelico "Lain" (anche lui con un finale deludentissimo), meriterebbe 8 e forse una seconda serie. Consigliatissimo per passare un paio d'ore di perfetta armonia.