Recensione
Lady Oscar
10.0/10
"Grande festa alla corte di Francia, c'è nel regno una bimba in più...". Bastano queste poche parole per evocare una delle serie più amate di tutti i tempi, specialmente da chi, come me, è nato negli anni '70. Come non dare 10 a "Lady Oscar"? Tratto dal manga di Ryoko Ikeda, che aveva già ispirato uno spettacolo di enorme successo di Takarazuka (il teatro giapponese il cui cast è composto da sole donne, molto amato dalla stessa Ikeda), in realtà al primo passaggio televisivo in Giappone "Lady Oscar" fu un clamoroso insuccesso, tanto da essere interrotto a metà in quasi tutto il paese e chiuso frettolosamente. Solo in un secondo passaggio tv, alla fine degli anni '80, l'anime ebbe il successo che ci si aspettava. Invece qui in Italia e nel resto d'Europa l'anime fu da subito non solo un enorme successo di pubblico, ma anche un vero e proprio fenomeno di costume. "Lady Oscar" rivoluzionò la concezione di anime per il pubblico femminile, così come le precedenti serie robotiche avevano fatto per quello maschile, rivoluzionando anche il loro immaginario collettivo, scardinando i generi, ribaltando i ruoli. Fu un vero e proprio shock culturale per quella generazione vedere figure femminili così forti e anche così pronte al sacrificio.
Devo dire che avevo un certo timore a rivedere a distanza di così tanti anni una delle mie serie preferite di bambina, per la paura che il bel ricordo fosse dovuto solo a nostalgia. Invece "Lady Oscar" ha retto benissimo alla distanza, sia dal punto di vista narrativo, con pochissimi tempi morti (considerando soprattutto il ritmo di certe produzioni odierne), sia dal punto di vista grafico. Ovvio che il tratto possa risultare ora povero, ma considerando anche le traversie subite durante la lavorazione con cambi in corso d'opera di direttori artistici e i tanti anni passati, la serie si difende ancora bene.
Menzione d'onore per la OST: non me ne voglia Cristina D'Avena, ma la voce della cantante dei Cavalieri del Re resta insuperabile, uscita come sembra dal passato, con quelle sue vocali un po' strascicate.
Insomma "Lady Oscar" è una serie da vedere assolutamente, o per ritornare bambini o per aggiungere un pezzo di storia alla propria cultura sull'animazione giapponese.
Devo dire che avevo un certo timore a rivedere a distanza di così tanti anni una delle mie serie preferite di bambina, per la paura che il bel ricordo fosse dovuto solo a nostalgia. Invece "Lady Oscar" ha retto benissimo alla distanza, sia dal punto di vista narrativo, con pochissimi tempi morti (considerando soprattutto il ritmo di certe produzioni odierne), sia dal punto di vista grafico. Ovvio che il tratto possa risultare ora povero, ma considerando anche le traversie subite durante la lavorazione con cambi in corso d'opera di direttori artistici e i tanti anni passati, la serie si difende ancora bene.
Menzione d'onore per la OST: non me ne voglia Cristina D'Avena, ma la voce della cantante dei Cavalieri del Re resta insuperabile, uscita come sembra dal passato, con quelle sue vocali un po' strascicate.
Insomma "Lady Oscar" è una serie da vedere assolutamente, o per ritornare bambini o per aggiungere un pezzo di storia alla propria cultura sull'animazione giapponese.