Recensione
Recensione di Turboo Stefo
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Ancora reduce dal successo travolgente di "Lamù", in versione sia cartacea e sia animata, Rumiko Takahashi serializza contemporaneamente anche "Maison Ikkoku". Lo studio "Kitty Film", autore in futuro anche dell'adattamento di "Ranma ½", non si lascia sfuggire l'onda del successo che ha travolto l'autrice e, a ridosso della conclusione della serie, darà vita all'anime formato da 96 episodi, che sarà conosciuto anche in Italia con il nome di "Cara Dolce Kyoko".
La Maison Ikkoku ospita inquilini piuttosto invadenti ed eccentrici: un ragazzo di nome Godai vede entrare nella sua stanza - attraverso un buco nella parete - il misterioso e criptico Yotsuya, raggiunto in breve dalla mezza svestita e disinibita Akemi, in attesa della madre pettegola che adora bere e festeggiare, ovvero la signora Ichinose. Questi tre si divertono a brindare, ubriacarsi, cantare e ballare per qualsiasi futile motivo e sempre nella stanza di Godai che, in questo modo, non riesce a studiare a dovere.
Un giorno però arriva la nuova amministratrice, la bella e giovane Kyoko, per la quale Godai perde la testa e decide di sopportare gli strambi vicini, mentre cercherà di insinuarsi nel cuore della ragazza, protetto da uno misterioso velo malinconico nato da un doloroso segreto.
I primi episodi, puramente introduttivi, servono a mostrare le divertenti chimiche degli inquilini e le loro reazioni per la nuova arrivata, andando a creare una struttura episodica molto semplice con qualche sfumatura triste e malinconica che precede la rivelazione sulla protagonista. Da qui l'evoluzione inizia a farsi decisamente più interessante, andando ad approfondire con leggerezza i comprimari mentre le diverse situazioni diventano sempre più lunghe e portano importanti cambiamenti.
Senza snaturare l'atmosfera leggera e la spontanea commedia scaturita dai personaggi, l'intera serie propone un leggero ma continuo evolversi, andando a concludersi con un finale prevedibile ma non per questo deludente, anzi, riuscirà a soddisfare appieno lo spettatore che non attendeva altro, passando da momenti dolci ad altri tristi, mentre regala qualche piccola sorpresa anche agli altri personaggi del cast.
Come facilmente intuibile anche questa commedia sentimentale è basata fortemente sui fraintendimenti, sulle sfortunate coincidenze che spaccano il secondo e alcune leggere forzature nella cecità dei personaggi sui sentimenti altrui. A fare la differenza quindi sono i personaggi, perché il cast offerto dalla Takahashi non è solo funzionale nel suo complesso, ma è anche sfruttato perfettamente a livello dei comprimari che non fanno solo comparsate utili a fini comici, ma spesso sono le chiavi principali che danno il via alle diverse situazioni che spesso portano anche a importanti evoluzioni sul piano sentimentale.
La serie si sviluppa nel corso di circa cinque anni, frammentati a dovere senza fare risultare lo scorrere del tempo eccessivamente dilungato o affrettato. Questo permette ai due protagonisti di crescere e maturare, ponendo davanti a Kyoko diversi problemi di natura sociale, mentre Godai affronta la fine degli studi e la ricerca del lavoro. Inaspettatamente vengono cosi insinuate nella commedia delle leggere critiche alla situazione giapponese degli anni '80, dalla difficoltà del trovare lavoro senza i giusti appoggi all'occhio cinico della società sulle filosofie matrimoniali. Anche se con il tempo alcune di queste sfumature sono andate diradandosi risulta comunque un profilo del Giappone contemporaneo, strettamente legato e orgoglioso delle proprie origini, ma con le generazioni moderne che spesso si distaccano da tali scelte.
Lo stile dell'autrice è riconoscibile nei disegni e nel character design, anche se nel cast dell'anime compare il nome di Akemi Takada, che tra i suoi lavori annovera anche opere come "Lamù" e "Orange Road". Si crea così una leggera affinità nello stile estetico delle opere.
Purtroppo a risultare scarse sono le animazioni, ridotte al minimo e che talvolta raggirano le situazioni movimentate con discutibili effetti registici, dando sequenze frammentate o andando a mostrare dei fuori campo.
L'unico miglioramento degno di nota è visibile nell'ultima manciata di episodi che, come per sottolineare l'importanza che rivestono, propone disegni più curati e animazioni fluide e accurate.
Una particolarità degna di nota sono le sigle di apertura e di chiusura che, con il loro stile originale e inconfondibile, ben ricordano quelle di "Lamù" e "Ranma 1/2".
Ottima la colonna sonora firmata dal famoso Kenji Kawai (autore delle OST di "Ranma 1/2 ", "Patlabor", "Sky Crawlers" e di molti altri anime, spesso in collaborazione con il regista Mamoru Oshii), sia per le sigle sia per i brani, che vivacizzano la visione sottolineando con leggerezza le varie situazioni divertenti. Molto più riusciti invece gli accompagnamenti più delicati che esaltano perfettamente i momenti più importanti, aumentando l'impatto emotivo degli stessi.
L'adattamento italiano è condizionato dall'atipico arrivo in patria. Propone un doppiaggio riuscito per circa 52 episodi per poi cambiare completamente il cast che risulta incredibilmente piatto e inespressivo.
In apparenza l'adattamento pare ben fatto, cambiano solo alcuni nomi di cibi e Otello in Dama. Questi cambiamenti sono ben poca cosa quando si scopre il grosso cambiamento che ha radicalmente trasformato l'opera.
In Giappone i rapporti sono ben definiti dai suffissi e dall'uso diversificato di nomi e cognomi, e in questo caso rappresentano fondamentalmente il modo in cui Godai e Kyoko parlano, dandosi del "Lei" e tenendosi apparentemente distaccati. Questa particolarità, molto importante nella società giapponese, è stupidamente persa nella versione italiana e inoltre ci sono numerosi errori in cui nomi e cognomi vengono scambiati.
Sorvolando sull'adattamento lacunoso, che rovina la versione italiana solamente se ne si viene a conoscenza, "Cara dolce Kyoko - Maison ikkou" risulta una commedia sentimentale divertente, che va a intessere una storia in leggera e continua evoluzione che non annoia a dispetto della lunga durata, appassionando lo spettatore che si può rispecchiare facilmente nello sfortunato protagonista di poco polso e di buon cuore, non dimenticando di portare nutriti carichi di sentimenti che non mancano di emozionare nei momenti più dolci e nelle rivelazioni più malinconiche.
Una pietra miliare non solo del genere, ma anche dell'animazione nipponica, "Maison Ikkoku" conferma ancora una volta come il soprannome di Rumiko "la principessa dei manga" Takahashi non sia stato utilizzato con leggerezza.
La Maison Ikkoku ospita inquilini piuttosto invadenti ed eccentrici: un ragazzo di nome Godai vede entrare nella sua stanza - attraverso un buco nella parete - il misterioso e criptico Yotsuya, raggiunto in breve dalla mezza svestita e disinibita Akemi, in attesa della madre pettegola che adora bere e festeggiare, ovvero la signora Ichinose. Questi tre si divertono a brindare, ubriacarsi, cantare e ballare per qualsiasi futile motivo e sempre nella stanza di Godai che, in questo modo, non riesce a studiare a dovere.
Un giorno però arriva la nuova amministratrice, la bella e giovane Kyoko, per la quale Godai perde la testa e decide di sopportare gli strambi vicini, mentre cercherà di insinuarsi nel cuore della ragazza, protetto da uno misterioso velo malinconico nato da un doloroso segreto.
I primi episodi, puramente introduttivi, servono a mostrare le divertenti chimiche degli inquilini e le loro reazioni per la nuova arrivata, andando a creare una struttura episodica molto semplice con qualche sfumatura triste e malinconica che precede la rivelazione sulla protagonista. Da qui l'evoluzione inizia a farsi decisamente più interessante, andando ad approfondire con leggerezza i comprimari mentre le diverse situazioni diventano sempre più lunghe e portano importanti cambiamenti.
Senza snaturare l'atmosfera leggera e la spontanea commedia scaturita dai personaggi, l'intera serie propone un leggero ma continuo evolversi, andando a concludersi con un finale prevedibile ma non per questo deludente, anzi, riuscirà a soddisfare appieno lo spettatore che non attendeva altro, passando da momenti dolci ad altri tristi, mentre regala qualche piccola sorpresa anche agli altri personaggi del cast.
Come facilmente intuibile anche questa commedia sentimentale è basata fortemente sui fraintendimenti, sulle sfortunate coincidenze che spaccano il secondo e alcune leggere forzature nella cecità dei personaggi sui sentimenti altrui. A fare la differenza quindi sono i personaggi, perché il cast offerto dalla Takahashi non è solo funzionale nel suo complesso, ma è anche sfruttato perfettamente a livello dei comprimari che non fanno solo comparsate utili a fini comici, ma spesso sono le chiavi principali che danno il via alle diverse situazioni che spesso portano anche a importanti evoluzioni sul piano sentimentale.
La serie si sviluppa nel corso di circa cinque anni, frammentati a dovere senza fare risultare lo scorrere del tempo eccessivamente dilungato o affrettato. Questo permette ai due protagonisti di crescere e maturare, ponendo davanti a Kyoko diversi problemi di natura sociale, mentre Godai affronta la fine degli studi e la ricerca del lavoro. Inaspettatamente vengono cosi insinuate nella commedia delle leggere critiche alla situazione giapponese degli anni '80, dalla difficoltà del trovare lavoro senza i giusti appoggi all'occhio cinico della società sulle filosofie matrimoniali. Anche se con il tempo alcune di queste sfumature sono andate diradandosi risulta comunque un profilo del Giappone contemporaneo, strettamente legato e orgoglioso delle proprie origini, ma con le generazioni moderne che spesso si distaccano da tali scelte.
Lo stile dell'autrice è riconoscibile nei disegni e nel character design, anche se nel cast dell'anime compare il nome di Akemi Takada, che tra i suoi lavori annovera anche opere come "Lamù" e "Orange Road". Si crea così una leggera affinità nello stile estetico delle opere.
Purtroppo a risultare scarse sono le animazioni, ridotte al minimo e che talvolta raggirano le situazioni movimentate con discutibili effetti registici, dando sequenze frammentate o andando a mostrare dei fuori campo.
L'unico miglioramento degno di nota è visibile nell'ultima manciata di episodi che, come per sottolineare l'importanza che rivestono, propone disegni più curati e animazioni fluide e accurate.
Una particolarità degna di nota sono le sigle di apertura e di chiusura che, con il loro stile originale e inconfondibile, ben ricordano quelle di "Lamù" e "Ranma 1/2".
Ottima la colonna sonora firmata dal famoso Kenji Kawai (autore delle OST di "Ranma 1/2 ", "Patlabor", "Sky Crawlers" e di molti altri anime, spesso in collaborazione con il regista Mamoru Oshii), sia per le sigle sia per i brani, che vivacizzano la visione sottolineando con leggerezza le varie situazioni divertenti. Molto più riusciti invece gli accompagnamenti più delicati che esaltano perfettamente i momenti più importanti, aumentando l'impatto emotivo degli stessi.
L'adattamento italiano è condizionato dall'atipico arrivo in patria. Propone un doppiaggio riuscito per circa 52 episodi per poi cambiare completamente il cast che risulta incredibilmente piatto e inespressivo.
In apparenza l'adattamento pare ben fatto, cambiano solo alcuni nomi di cibi e Otello in Dama. Questi cambiamenti sono ben poca cosa quando si scopre il grosso cambiamento che ha radicalmente trasformato l'opera.
In Giappone i rapporti sono ben definiti dai suffissi e dall'uso diversificato di nomi e cognomi, e in questo caso rappresentano fondamentalmente il modo in cui Godai e Kyoko parlano, dandosi del "Lei" e tenendosi apparentemente distaccati. Questa particolarità, molto importante nella società giapponese, è stupidamente persa nella versione italiana e inoltre ci sono numerosi errori in cui nomi e cognomi vengono scambiati.
Sorvolando sull'adattamento lacunoso, che rovina la versione italiana solamente se ne si viene a conoscenza, "Cara dolce Kyoko - Maison ikkou" risulta una commedia sentimentale divertente, che va a intessere una storia in leggera e continua evoluzione che non annoia a dispetto della lunga durata, appassionando lo spettatore che si può rispecchiare facilmente nello sfortunato protagonista di poco polso e di buon cuore, non dimenticando di portare nutriti carichi di sentimenti che non mancano di emozionare nei momenti più dolci e nelle rivelazioni più malinconiche.
Una pietra miliare non solo del genere, ma anche dell'animazione nipponica, "Maison Ikkoku" conferma ancora una volta come il soprannome di Rumiko "la principessa dei manga" Takahashi non sia stato utilizzato con leggerezza.