Recensione
The Legend of Mahjong: Akagi
10.0/10
Le recensioni precedenti hanno già a sufficenza illustrato il valore artistico di quest'anime, veramente bello e intenso come solo i classici sanno essere. Mi limito a qualche nota supplementare basata su un raffronto fra questa serie e la successiva "Kaiji - ultimate survivors". L'unico tratto comune fra le due serie è l'essere ambientate nel sotto-mondo del gioco d'azzardo clandestino. Per il resto Akagi e Kaiji sono personaggi agli antipodi. Akagi è il vero giocatore d'azzardo, che gioca per la scarica di adrenalina, per il brivido che si corre nel mettere in gioco la vita. I soldi non lo interessano, il successo sociale nemmeno. La sua personalità è fortissima, senza esitazioni, senza autocompatimenti. Per questo ha un totale sangue freddo, una completa concentrazione nel gioco: il suo solo piacere è quello di imporre le sue strategie di gioco all'avversario, annientandolo.
Akagi è il classico eroe superuomo, tipo Conte di Montecristo o Sherlock Holmes, un genio che non deve dimostrare niente a nessuno, nemmeno a se stesso.
Kaiji, invece, è un balordo di mezza tacca, pieno di frustrazioni e aspirazioni irrisolte. Lui gioca per i soldi, non per il gioco in sé. Ma il suo gioco non ha motivazioni propriamente economiche: i soldi gli servono sopratutto come mezzo di affermazione personale e sociale. Questo gli impedisce di essere un giocatore freddo e lucido: non riesce a dominare le sue emozioni nei momenti veramente decisivi e questo gli fa perdere di vista molte possibilità di vittoria. Kaiji è il classico giocatore che si fa trascinare in un gioco al continuo rialzo fino a quando perde tutto, non sa uscire quando è vincente perché vuole fare il grande colpo con cui dimostrerà a tutti e a se stesso di essere un vero uomo, creatore del suo destino. Rispetto ad Agaki, tuttavia, Kaiji è moralmente buono: nelle sue avventure si rifiuta più volte di vincere a costo di uccidere o rovinare i suoi compagni di sventura, anzi ne salverà uno dalla rovina. Akagi, invece, è un a-morale e un solitario: non fa del male a nessuno ma nemmeno aiuta gli altri.
Personalmente mi sono identificato maggiormente in Kaiji e questo mi ha dato un'emozione molto forte, quasi insopportabile: alcune puntate ho dovuto saltarle, mi turbavano troppo. Ma dal punto di vista narrativo trovo Akagi superiore: non a caso lo definisco un classico. In parte la maggiore distanza emotiva rispetto al protagonista mi ha permesso di seguire meglio la narrazione. In parte la narrazione in sé è stata meglio strutturata, il racconto è più serrato e logico. In sintesi: Akagi mi ha dato più soddisfazione, Kaiji mi ha dato più emozione.
Una nota di merito va alla sigla di apertura di Akagi, forse la più bella di sempre per un anime.
Buona visione a tutti - per entrambe le serie, ovviamente.
Akagi è il classico eroe superuomo, tipo Conte di Montecristo o Sherlock Holmes, un genio che non deve dimostrare niente a nessuno, nemmeno a se stesso.
Kaiji, invece, è un balordo di mezza tacca, pieno di frustrazioni e aspirazioni irrisolte. Lui gioca per i soldi, non per il gioco in sé. Ma il suo gioco non ha motivazioni propriamente economiche: i soldi gli servono sopratutto come mezzo di affermazione personale e sociale. Questo gli impedisce di essere un giocatore freddo e lucido: non riesce a dominare le sue emozioni nei momenti veramente decisivi e questo gli fa perdere di vista molte possibilità di vittoria. Kaiji è il classico giocatore che si fa trascinare in un gioco al continuo rialzo fino a quando perde tutto, non sa uscire quando è vincente perché vuole fare il grande colpo con cui dimostrerà a tutti e a se stesso di essere un vero uomo, creatore del suo destino. Rispetto ad Agaki, tuttavia, Kaiji è moralmente buono: nelle sue avventure si rifiuta più volte di vincere a costo di uccidere o rovinare i suoi compagni di sventura, anzi ne salverà uno dalla rovina. Akagi, invece, è un a-morale e un solitario: non fa del male a nessuno ma nemmeno aiuta gli altri.
Personalmente mi sono identificato maggiormente in Kaiji e questo mi ha dato un'emozione molto forte, quasi insopportabile: alcune puntate ho dovuto saltarle, mi turbavano troppo. Ma dal punto di vista narrativo trovo Akagi superiore: non a caso lo definisco un classico. In parte la maggiore distanza emotiva rispetto al protagonista mi ha permesso di seguire meglio la narrazione. In parte la narrazione in sé è stata meglio strutturata, il racconto è più serrato e logico. In sintesi: Akagi mi ha dato più soddisfazione, Kaiji mi ha dato più emozione.
Una nota di merito va alla sigla di apertura di Akagi, forse la più bella di sempre per un anime.
Buona visione a tutti - per entrambe le serie, ovviamente.