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In principio a suscitare scalpore fu il romanzo di Koushun Takami, seguito alla breve distanza di appena un anno da un manga e da questo film che fecero da vera e proprio cassa di risonanza a una storia che definire di "rottura" e politicamente scorretta risulta quanto meno riduttiva. In un futuro neanche troppo lontano la violenza giovanile è diventata ormai una piaga cui l'autorità designata non riesce più a tenere sotto controllo e non trovano niente di meglio che promulgare la "Millenium Educational Reform Act" che non è altro che l'estrazione a sorte di una classe delle superiori (nel manga addirittura delle medie) in modo da fare partecipare gli studenti a un'efferata lotta all'ultimo sangue da cui solo uno potrà uscirne vincitore. L'assurda essenza di questo incipit trasuda dai folli occhi della ragazza che appare all'inizio del film, prima sopravvissuta di questo delirio chiamato con il nome altisonante di Battle Royale.

Non era facile riprendere la cruda idea rivoluzionaria del romanzo e riproporla in maniera da fare recepire lo stesso messaggio anche allo spettatore in sala eppure il regista Kinji Fukasaku riuscì nell'impresa realizzando questa piccola chicca di celluloide che verrà infatti considerato con merito il suo miglior lavoro; perché "Battle Royale" è sì un rutilante susseguirsi di violenza e sangue senza i falsi perbenismi cui la cinematografia americana ci ha abituato, ma è soprattutto una critica per niente velata alla società nipponica, avida e competitiva dove ogni sentimento viene messo da parte in visione dell'obiettivo e in cui i giovani vengono immessi e irreggimentati attraverso un sistema scolastico che ne seleziona il futuro già in tenera età. Il grottesco dipinto che si vede nel finale, l'uno che vince sui tanti con ogni mezzo a sua disposizione, è la tragica allegoria di un Giappone (ma anche del capitalismo più selvaggio) che sta perdendo la sua stessa anima e che proprio dai giovani e dai loro 'innocenti' sentimenti deve ripartire.

Il film risente purtroppo di una non eccelsa recitazione da parte di parecchi giovani attori, rendendo ancora più evidente la bravura di Takeshi Kitano, nel ruolo del burattinaio sadico dello show, davvero più di una spanna su tutti; una menzione va però fatta anche per l'attrice Kou Shibasaki che, grazie alla sua arte della bella e sanguinaria Mitsuko Soma e per Chiaki Kuriyama, dopo essersi messa in mostra in questo film sarà chiamata da Quentin Tarantino per la parte della guardia del corpo in uniforme da marinaretta in Kill Bill 1.

La scure della censura, data la gran presenza di scene violente, ha ovviamente colpito con dovizia questo film dovunque sia riuscito ad arrivare (in Germania il caso più famoso), mentre in USA non è mai arrivato, troppo forte il perbenismo anglosassone ma anche troppo recente il massacro di Columbine per aprirgli il mercato a stelle e strisce; in Italia i diritti del film furono presi dalla defunta Shin Vision che ne diffuse una copia per il noleggio con un doppiaggio davvero imbarazzante ma che comunque servì a fare conoscere maggiormente questo film anche a seguito del gran successo raccolto dal manga anche nel nostro Paese.