Recensione
Bakumatsu Gijinden Roman
6.0/10
Prendete la faccia di Lupin e mettetela addosso a un personaggio inserito nel contesto di un'epoca terminale del medioevo giapponese, personaggio che, purtroppo, a parte il viso, non ha assolutamente nulla del carisma e della genialità di Lupin; aggiungete le solite stramberie "giappo", tipo una tuta che trasforma Manjiro (il protagonista di quest'anime) in un super-eroe alla Hurricane Polimar, un dottore inglese che si diverte a creare zombie, il solito vecchiaccio pervertito e l'immancabile dose di donne fatali, ed ecco che avrete ottenuto questo calderone di roba che davvero non si capisce dove voglia andare a parare.
La trama, poi, al momento è inesistente. Il protagonista è un tutto-fare che di tanto in tanto veste i panni del super-eroe per ripulire qualche forziere di nobili ricconi e distribuire il ricavato alla povera gente. A differenza del già citato Lupin, però, Manjiro è un imbecille: è imbranato, poco furbo, si fa abindolare facilmente da chiunque, e quei pochi soldi che riesce a guadagnare finisce quasi sempre per perderli al gioco - ed è anche un incallito e pessimo giocatore -, facendo giustamente andare su tutte le furie la povera sorellina a cui dovrebbe dare sostentamento.
La struttura delle puntate è quella di episodi autoconclusivi, quasi sempre slegati l'uno dall'altro, in ognuno dei quali il "nostro" dovrà compiere qualche stupida impresa. Lo stile grafico è quello di Lupin, che personalmente trovo molto bello, poiché sembra quasi fondere il realismo dello stile occidentale con la fantasia, l'espressività e la ricchezza di forme e colori di quello orientale. L'aspetto sonoro... Beh, anche quello, se si presta attenzione, sembra voler prendere qualcosa in prestito da Lupin: quei jingle, quelle trombe, quei sax. Certo, non è niente di memorabile, anzi, ma il richiamo è evidente.
In definitiva, dopo sole sei puntate, già mi sento di affermare che quest'anime arriva a stento alla sufficienza. Si lascia guardare, ma a tratti annoia e pare voler andare avanti soltanto sfruttando la faccia (ma non la sostanza) del mitico Lupin. La trovata della tuta super-tecnologica, poi, è del tutto estranea al contesto storico dell'anime, rendendolo a tutti gli effetti, un titolo "trash".
La trama, poi, al momento è inesistente. Il protagonista è un tutto-fare che di tanto in tanto veste i panni del super-eroe per ripulire qualche forziere di nobili ricconi e distribuire il ricavato alla povera gente. A differenza del già citato Lupin, però, Manjiro è un imbecille: è imbranato, poco furbo, si fa abindolare facilmente da chiunque, e quei pochi soldi che riesce a guadagnare finisce quasi sempre per perderli al gioco - ed è anche un incallito e pessimo giocatore -, facendo giustamente andare su tutte le furie la povera sorellina a cui dovrebbe dare sostentamento.
La struttura delle puntate è quella di episodi autoconclusivi, quasi sempre slegati l'uno dall'altro, in ognuno dei quali il "nostro" dovrà compiere qualche stupida impresa. Lo stile grafico è quello di Lupin, che personalmente trovo molto bello, poiché sembra quasi fondere il realismo dello stile occidentale con la fantasia, l'espressività e la ricchezza di forme e colori di quello orientale. L'aspetto sonoro... Beh, anche quello, se si presta attenzione, sembra voler prendere qualcosa in prestito da Lupin: quei jingle, quelle trombe, quei sax. Certo, non è niente di memorabile, anzi, ma il richiamo è evidente.
In definitiva, dopo sole sei puntate, già mi sento di affermare che quest'anime arriva a stento alla sufficienza. Si lascia guardare, ma a tratti annoia e pare voler andare avanti soltanto sfruttando la faccia (ma non la sostanza) del mitico Lupin. La trovata della tuta super-tecnologica, poi, è del tutto estranea al contesto storico dell'anime, rendendolo a tutti gli effetti, un titolo "trash".