Recensione
009 Re:Cyborg
4.0/10
Assolutamente bocciato quest'ultimo film sulla mitica serie "Cyborg 009". Se l'anime ci aveva deliziato con tematiche "umane" di alto livello, sviscerando in cinquanta episodi (la seconda serie, quella che ho visto) l'essenza dell'esistenza umana, dove Dio, uomo e macchina si incontrano in un triangolo creazionistico di altissimo livello (Dio creò l'uomo e l'uomo la macchina; è ora il compito della macchina ricreare Dio?), questo film invece ne scopiazza alcuni elementi risultando inconcludente, frastagliato, confuso e qualunquista. Riferimenti religiosi (biblici, che tanto ossessionano la ben lontana cultura giapponese) proposti in sproloqui senza capo né coda (ulteriore riprova di quanto gli sceneggiatori giapponesi non riescano a capire la nostra teologia), intrighi internazionali che oltre al sentito dire non vanno, personaggi piatti e inutili, un re-design molto ricercato nel trasformare il tratto originale dei protagonisti in qualcosa di più antropomorfo, ma che fallisce miseramente (009 orrendo e 002... lasciamo perdere; io avrei mantenuto i chara originali, che facevano vintage e davano molto più spessore. Certo che facendo così lo spettatore si sarebbe concentrato di più sulla trama, ma, visto che quest'ultima fa acqua da tutte le parti, far parlare del change del chara è stata forse una bella furbata), un continuo senso di "non detto né spiegato" di cosa o perché succede, scene action noiose e prevedibili e una trama frastagliata e lacunosa, fanno di questo obbrobrio qualcosa di assolutamente immeritevole alla visione.
Unica nota positiva è la CGI, superbamente realizzata, invisibile e godibile. Non bastano due riferimenti religiosi, che ad orecchie nipponiche suonano esotiche, e un finale onirico e tirato per i capelli in una laguna veneziana stupendamente realizzata in chiave post-apocalittica per risollevare l'assoluta inconcludenza della trama. Una bella scatola vuota.
Unica nota positiva è la CGI, superbamente realizzata, invisibile e godibile. Non bastano due riferimenti religiosi, che ad orecchie nipponiche suonano esotiche, e un finale onirico e tirato per i capelli in una laguna veneziana stupendamente realizzata in chiave post-apocalittica per risollevare l'assoluta inconcludenza della trama. Una bella scatola vuota.