Recensione
Recensione di Pipebomb Teller
-
A distanza di circa cinque anni, ci viene proposta una nuova vicenda riguardante le principali opere di Monkey Punch e Gosho Aoyama; dopo lo straordinario successo avvenuto in termini di ascolto nel 2009 su Nippon Television e Yomiuri TV, questo sequel (sono presenti un sacco di riferimenti) approda nelle sale cinematografiche del Sol Levante. Confesso di essere restato deluso la scorsa volta, poiché mi aspettavo qualcosa di maggiormente elaborato sul piano della trama. Le mie aspettative erano molte alte.
Esperimento riuscito, dunque? Per capire appieno il mio pensiero bisogna partire da una provocazione lanciata dal fandom del ladro gentiluomo: era meglio selezionare qualcosa di differente? Probabilmente no. Nel discorso non rientra solo quello che ho potuto ammirare nel crossover, poiché "Detective Conan" può ancora offrire molto sul piano commerciale. Stiamo parlando di un'opera logora, ma che resta fra le più viste in terra nipponica, grazie a un anime particolarmente remunerativo. E nonostante i vent'anni di serializzazione, è uno dei prodotti di punta dello Shonen Sunday. I dati di acquisto del manga, pur non essendo nemmeno l'ombra di quelli degli esordi, sono stabili da tempo.
Innumerevoli segmenti testimoniano come non si discostino molto, giacché la realtà è ben definita in entrambe le opere e i personaggi sono in grado di intersecarsi bene senza risultare banali, visto che i mondi presentano analogie. Se nel primo film le interazioni fra i personaggi si rivelarono una delle poche note positive, qua possiamo senza dubbio affermare che sono state rese al massimo anche sul piano dei dialoghi. Per una volta è presente dell'equilibrio e, seppure nessuno sia stato approfondito a dovere, i personaggi vengono trattati per ordine di importanza, adattandosi in modo naturale al contesto grazie alla delineazione delle proprie aspirazioni, che emergono in svariate occasioni e sempre diversamente. Insomma, la maggior parte è funzionale e occupa un ruolo specifico.
Anche se superficialmente, viene esposto il tema della libertà, che traspare grazie alle figure di Fujiko (fastidioso il fatto che conosca senza alcuna spiegazione tutto ciò che concerne Haibara), Alan e Emilio (poteva essere analizzato di più sul piano psicologico, ma di fatto resta in grado di suscitare interesse in quanto tormentato). Molti potrebbero storcere il naso, visto che ha certamente radicazioni profonde ed è stata ostacolata molto nel corso del tempo, tuttavia ho apprezzato il messaggio inviato: è valida fino a quando non va a intaccare la libertà di un altro.
La struttura narrativa, semplice e banale, vede la riproposizione di scelte già viste in passato per entrambi i franchise, divenuti sempre più commerciali. Generalmente, uno dei veri problemi della narrativa contemporanea è rappresentato dal modo in cui viene manifestata la concezione della realtà, che si riflette su tutto il resto. Anche questa volta non mancano forzature, le quali purtroppo risultano fondamentali affinché la storia evolva. Questo surrealismo passa mediante l'eccessiva esaltazione dei personaggi e qualche scena d'azione. In tutto ciò, la trama, sviluppata in maniera costante, non spicca per originalità, ma risulta efficace, con la componente comica immessa sapientemente per permettere allo spettatore di rilassarsi. Non diffidate, la serietà non si perde mai.
Animazioni buone e disegni validi danno vita a un comparto tecnico di assoluto livello.
Complessivamente, reputo questo film riuscito; vive di momenti coinvolgenti ed è godibile sotto ogni aspetto. Consigliato.
Esperimento riuscito, dunque? Per capire appieno il mio pensiero bisogna partire da una provocazione lanciata dal fandom del ladro gentiluomo: era meglio selezionare qualcosa di differente? Probabilmente no. Nel discorso non rientra solo quello che ho potuto ammirare nel crossover, poiché "Detective Conan" può ancora offrire molto sul piano commerciale. Stiamo parlando di un'opera logora, ma che resta fra le più viste in terra nipponica, grazie a un anime particolarmente remunerativo. E nonostante i vent'anni di serializzazione, è uno dei prodotti di punta dello Shonen Sunday. I dati di acquisto del manga, pur non essendo nemmeno l'ombra di quelli degli esordi, sono stabili da tempo.
Innumerevoli segmenti testimoniano come non si discostino molto, giacché la realtà è ben definita in entrambe le opere e i personaggi sono in grado di intersecarsi bene senza risultare banali, visto che i mondi presentano analogie. Se nel primo film le interazioni fra i personaggi si rivelarono una delle poche note positive, qua possiamo senza dubbio affermare che sono state rese al massimo anche sul piano dei dialoghi. Per una volta è presente dell'equilibrio e, seppure nessuno sia stato approfondito a dovere, i personaggi vengono trattati per ordine di importanza, adattandosi in modo naturale al contesto grazie alla delineazione delle proprie aspirazioni, che emergono in svariate occasioni e sempre diversamente. Insomma, la maggior parte è funzionale e occupa un ruolo specifico.
Anche se superficialmente, viene esposto il tema della libertà, che traspare grazie alle figure di Fujiko (fastidioso il fatto che conosca senza alcuna spiegazione tutto ciò che concerne Haibara), Alan e Emilio (poteva essere analizzato di più sul piano psicologico, ma di fatto resta in grado di suscitare interesse in quanto tormentato). Molti potrebbero storcere il naso, visto che ha certamente radicazioni profonde ed è stata ostacolata molto nel corso del tempo, tuttavia ho apprezzato il messaggio inviato: è valida fino a quando non va a intaccare la libertà di un altro.
La struttura narrativa, semplice e banale, vede la riproposizione di scelte già viste in passato per entrambi i franchise, divenuti sempre più commerciali. Generalmente, uno dei veri problemi della narrativa contemporanea è rappresentato dal modo in cui viene manifestata la concezione della realtà, che si riflette su tutto il resto. Anche questa volta non mancano forzature, le quali purtroppo risultano fondamentali affinché la storia evolva. Questo surrealismo passa mediante l'eccessiva esaltazione dei personaggi e qualche scena d'azione. In tutto ciò, la trama, sviluppata in maniera costante, non spicca per originalità, ma risulta efficace, con la componente comica immessa sapientemente per permettere allo spettatore di rilassarsi. Non diffidate, la serietà non si perde mai.
Animazioni buone e disegni validi danno vita a un comparto tecnico di assoluto livello.
Complessivamente, reputo questo film riuscito; vive di momenti coinvolgenti ed è godibile sotto ogni aspetto. Consigliato.