Recensione
Ping Pong The Animation
10.0/10
Non sappiamo con certezza se furono sette i giorni impiegati per la creazione dell'universo, ma all'inizio tutto era comunque grigio e amorfo. Poi nacquero le tenebre e così la luce, nacque il sole e così la luna, nacque il giorno e così la notte. Nacquero il freddo e il caldo, il cielo e la terra, il male e il bene, la morte e la vita. Crebbe allora la percezione del Black White, la dottrina dello Yin Yang e infine l'arte del Ping Pong.
In "Ping Pong The Animation" non sono narrate storie di angeli e supereroi, non ci sono robottoni e navicelle spaziali, ma viene comunque insegnato a volare. Sembrerà un po' una contraddizione, ma la storia parla di eroi e di robot che si affrontano a colpi di racchetta disegnando traiettorie costellate da inanimate perle di vita.
Così Peco e Smile, due facce della stessa medaglia - nonché i due protagonisti dell'anime, si scambiano di continuo le redini delle puntate mostrando chi sono, cosa fanno, come evolvono e cosa diventano. All'interno di una realtà sportiva spietata, l'opera è in grado di comunicare allo spettatore reali sensazioni che vanno al di là del tema stesso dell'anime, e lo fa anche grazie al contributo di tutti gli altri personaggi. Che essi appaiano come nemici o aiutanti, principali o meno, non avrà alcuna importanza, perché alla fine ciò che conterà davvero sarà l'universo che ognuno di loro si ritaglierà nella storia.
Lasciando dunque spazio al lato critico, approfondisco quanto scritto poco sopra riguardo a queste fantomatiche perle di vita "inanimate". Tali sono perché, di fatto, non c'è una vera e propria animazione dietro, ma una serie di esperimenti che sembrano andare avanti per l'intero corso della serie. Si tratta di tecniche particolari che possono, giustamente, non piacere. Così come la grafica nel suo stile "raw", che appare ridotta a semplici tratti di matita ed essenziali pennellate di colore.
In ogni arte la semplicità è comunque essenziale... ed è per questo che "Ping Pong" funziona. È vero, ci sono periodi artistici come il Barocco e il suo Marinismo, nei quali l'arte era considerata tale se complicata e perfetta in ogni aspetto. Poi ci sono quei periodi artistici in cui dipinti come la celebre "Notte stellata" del Van Gogh venivano (per dire poco) idolatrati. Lo stesso che ora, se non avessimo alle spalle un corredo storico messo lì come ammonizione per noi razza animale in terra, riconosceremmo soltanto come disegno su tessuto fatto da un fanciullo dalla fantasia particolarmente spiccata.
Tutto questo per dire che "Ping Pong", nel 2014, colpisce. Magari colpisce con uno sparapalle sugli occhi di coloro che non ne apprezzano e si sentono presi in giro dalle scelte grafiche e di animazione, indubbiamente atecniche se confrontate con gli standard dell'epoca... e ci mancherebbe! Basta guardarci intorno, con tutte queste direzioni artistiche in grado di creare per le proprie serie dei reali spettacoli visivi, servendosi di complicatissimi effetti di design. Non si può paragonare il lavoro di questa gente a quello che viene fatto in "Ping Pong", perché sarebbe ridicolo... ma non è forse più ridicolo venire costantemente illusi dalla trasparenza di grandissimi bicchieri vuoti? L'alternativa è pur sempre quella di morire disidratati.
In "Ping Pong The Animation" non sono narrate storie di angeli e supereroi, non ci sono robottoni e navicelle spaziali, ma viene comunque insegnato a volare. Sembrerà un po' una contraddizione, ma la storia parla di eroi e di robot che si affrontano a colpi di racchetta disegnando traiettorie costellate da inanimate perle di vita.
Così Peco e Smile, due facce della stessa medaglia - nonché i due protagonisti dell'anime, si scambiano di continuo le redini delle puntate mostrando chi sono, cosa fanno, come evolvono e cosa diventano. All'interno di una realtà sportiva spietata, l'opera è in grado di comunicare allo spettatore reali sensazioni che vanno al di là del tema stesso dell'anime, e lo fa anche grazie al contributo di tutti gli altri personaggi. Che essi appaiano come nemici o aiutanti, principali o meno, non avrà alcuna importanza, perché alla fine ciò che conterà davvero sarà l'universo che ognuno di loro si ritaglierà nella storia.
Lasciando dunque spazio al lato critico, approfondisco quanto scritto poco sopra riguardo a queste fantomatiche perle di vita "inanimate". Tali sono perché, di fatto, non c'è una vera e propria animazione dietro, ma una serie di esperimenti che sembrano andare avanti per l'intero corso della serie. Si tratta di tecniche particolari che possono, giustamente, non piacere. Così come la grafica nel suo stile "raw", che appare ridotta a semplici tratti di matita ed essenziali pennellate di colore.
In ogni arte la semplicità è comunque essenziale... ed è per questo che "Ping Pong" funziona. È vero, ci sono periodi artistici come il Barocco e il suo Marinismo, nei quali l'arte era considerata tale se complicata e perfetta in ogni aspetto. Poi ci sono quei periodi artistici in cui dipinti come la celebre "Notte stellata" del Van Gogh venivano (per dire poco) idolatrati. Lo stesso che ora, se non avessimo alle spalle un corredo storico messo lì come ammonizione per noi razza animale in terra, riconosceremmo soltanto come disegno su tessuto fatto da un fanciullo dalla fantasia particolarmente spiccata.
Tutto questo per dire che "Ping Pong", nel 2014, colpisce. Magari colpisce con uno sparapalle sugli occhi di coloro che non ne apprezzano e si sentono presi in giro dalle scelte grafiche e di animazione, indubbiamente atecniche se confrontate con gli standard dell'epoca... e ci mancherebbe! Basta guardarci intorno, con tutte queste direzioni artistiche in grado di creare per le proprie serie dei reali spettacoli visivi, servendosi di complicatissimi effetti di design. Non si può paragonare il lavoro di questa gente a quello che viene fatto in "Ping Pong", perché sarebbe ridicolo... ma non è forse più ridicolo venire costantemente illusi dalla trasparenza di grandissimi bicchieri vuoti? L'alternativa è pur sempre quella di morire disidratati.