Recensione
Recensione di StefanoHab
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Premessa importante ma necessaria, anche per chi non ha visto l'anime. Avrei voluto lasciare questa recensione con un "senza voto", perché mi sembrava la cosa più logica da fare vista la quasi impossibilità di valutarla oggettivamente, ma, dal momento che non è possibile, le assegno il voto che ritengo più corretto come media dei vari elementi che la caratterizzano: 6. Per quanto "Oreimo" sia una serie carina e divertente da vedere, essa non può nemmeno essere presa alla leggera, considerando che dopo averla vista si rimarrà turbati e profondamente scossi. Se avete intenzione di vederla fino alla fine, fino al fatidico sedicesimo episodio e terzo OAV, fatevi il favore di non prenderla come una semplice commedia romantica, ma di accettare le conseguenze di dover digerire scelte narrative che non tutti hanno condiviso, cosa che probabilmente metteranno in discussione l'intera visione della serie, come è giusto che sia. Un punto che analizzerò con calma e nel dettaglio, ma per questo dovrete arrivare alla fine della recensione...
Proprio a causa di ciò, questa recensione sarà divisa in due parti: la prima "senza spoiler" per chi non ha ancora visto la serie, la seconda "con spoiler" per chi è arrivato a vederla fino al suo ultimissimo episodio. Ma lasciatemi spiegare il perché. Per quanto anche io sia convinto che in una recensione gli spoiler risultino fastidiosi a chi non ha ancora visto l'opera, se non odiosi nel caso in cui rivelino i punti chiave della vicenda, occorre anche tenere a mente che una recensione, in quanto tale, non può essere considerata solo come un "consiglio per la visione/ascolto/lettura ecc." rivolta a chi deve decidere se usufruirne o meno, ma anche come un'analisi dell'opera stessa nel suo complesso. A volte ci sono recensioni di anime che non possono essere fatte senza scavare a fondo nella vicenda, senza contare altre che analizzano l'opera proprio nel suo contesto narrativo piuttosto che su valutazioni di contorno (personaggi, trama, sonoro, grafica, ecc.).
Tutto dipende dal fatto che l'anime necessiti o meno questa analisi. Questo qui è uno di quelli: non si può valutare seriamente "Oreimo" prescindendo dalla sua conclusione, perché le tre puntate finali sono quelle che condizionano tutto il senso dell'intera serie, sia la prima che la seconda stagione.
Darò quindi innanzitutto qualche appunto iniziale, che potrà giovare a chi ancora non ha visto l'anime. Questa seconda serie riprende esattamente da dove era finita la prima, salvo il fatto che il genere cambia: se la prima serie era una semplice e divertente commedia sul mondo otaku, che riusciva a strappare qualche risata nonostante le vicende venissero rappresentate nel modo meno realistico possibile, qui entriamo invece nel campo del sentimentale e del genere harem, forse persino troppo forzato. La serie cerca ancora di mantenere i suoi tratti leggeri da commedia, ma la verità è che più si va avanti nella storia e più il tutto inizia ad apparire irreale e ad assumere dei connotati che, più che a un drama giapponese o una sit-com americana, fanno piuttosto pensare a una tragedia greca. Attenzione, non parlo di "tragedia" nel vero senso della parola, non aspettatevi roba alla "School Days" dove uno dei protagonisti finisce decapitato per la gelosia di qualche fanciulla. Niente del genere, diciamo che l'aspetto della commedia finisce schiacciato da un intreccio che a lungo andare si dirige sempre più verso un abisso oscuro. Ma mi trattengo dall'essere più specifico, approfondendo questo aspetto nella sezione "con spoiler".
La colonna sonora, che condivide molti brani con la prima serie, è sicuramente un punto a favore dell'anime, tralasciando le terribili sigle finali e la sigla iniziale che resta comunque abbastanza anonima. Per il resto, ciò che ho apprezzato dalla musica dell'anime è stato il suo essere così squisitamente eclettica: passiamo da accelerate quasi ska con tanto di tromba a un vero e proprio tango, passando per delicati accenni di pianoforte che intensificano a dismisura la drammaticità e l'intensità emotiva di alcune scene. E rimane poi "Surechigai", quella tanto semplice quanto splendida melodia di chitarra che sa come far stringere il cuore dalla malinconia.
La caratterizzazione dei personaggi è una sorta di continuazione ed evoluzione di quanto si era già visto nella prima serie, con una accentuazione, forse fin troppo marcata, dello stereotipo di ogni singolo personaggio tipico degli anime. Per quanto io detesti l'inquadramento in stereotipi e preferisca far finta che non esista, come ogni persona che almeno ogni tanto si interessi a manga e company sono venuto a conoscenza dei termini utilizzati in queste occasioni; il loro uso è abbastanza recente, ma (purtroppo) non si può prescindere da esso per valutare un prodotto come questo.
Tutti i personaggi sono ben caratterizzati, ma sempre a partire da una fortissimo humus stereotipato alla perfezione, che sembra fatto apposta per provocare un determinato effetto agli occhi dello spettatore. Non è infatti un caso che sia nato un fan club quasi per ogni singolo personaggio e che non ve ne siano due che possano assomigliarsi anche solo leggermente, nemmeno andando a cercare le affinità con un microscopio. E del resto, se davvero un trentaduenne disoccupato di Kojimachi, tale Noboru Aoi, si è trasformato in un pericoloso stalker e ha minacciato l'autore Tsukasa Fushimi tanto da venir arrestato dalla polizia, semplicemente "perché odiava uno dei personaggi della storia" (nella fattispecie Kuroneko), non si può certo dire che la caratterizzazione dei personaggi non sia ben riuscita.
Così non credo di sbagliare troppo nell'affermare che la protagonista Kirino è la classica tsundere "troppo tsun e poco dere" che vorresti prendere a testate sulle gengive fin dal primo episodio, salvo poi apprezzare quei suoi rari spiragli di umanità; Ayase è la classica yandere instabile mentalmente e con pericolose pulsioni psicotiche, che per fortuna rimangono limitate al suo subconscio; Kuroneko è la classica kuudere "adorabile", quella che si crede più figa e matura di chiunque altro e che non mostrerebbe mai una sua emozione nemmeno se la si pregasse in portogrechese (reminiscenze di "Waterworld", non fateci caso), salvo poi mostrarsi timida e sensibile, fino a un'esplosione di emozioni più dirompente di tutti i personaggi di "Oreimo" messi assieme (evviva la coerenza, ragazzi); Saori è la classica dojikko goffa e apparentemente stupida che poi si rivela essere la più saggia di tutti, anche solo per il tenersi alla larga dalle beghe amorose dei protagonisti; Manami è la classica meganekko dalla vocina irritante e dai modi di fare timidi e impacciati che finiscono con il suscitare più un insano istinto omicida che non semplice tenerezza; Kanako è la peste spigliata, l'odioso personaggio di contorno con cui nessuno di noi vorrebbe avere a che fare, ma che, alla fine, si dimostra paradossalmente simpatico proprio per il suo essere così fuori dagli schemi; Sena è il perfetto esempio di come la perversione si possa nascondere dietro la maschera di brava ragazza; Kyousuke, protagonista nonché unico personaggio maschile degno di nota della serie, sarebbe il candidato ideale se esistesse il Premio Nobel per il masochismo.
Sotto l'aspetto narrativo, e questo è l'unico appunto che posso fare senza cadere nello spoiler, ci sono due aspetti negativi da tenere presenti: da una parte, la fastidiosissima sensazione di voler premere fin troppo il pulsante dell'harem; dall'altra, l'altrettanto sgradevole percezione della "forzatura" dei sentimenti in favore della trama. Alcune cose che i personaggi fanno o dicono sono talmente irreali che risulta evidente come siano state plasmate dagli autori per dare una determinata svolta alle vicende. I comportamenti sono poco credibili, non tanto per la loro irrealtà quanto per il fatto che esasperano all'estremo quelle reazioni e quegli atteggiamenti che in una situazione reale potrebbero anche essere comprensibili. Potremmo forse dare una parziale giustificazione se consideriamo le probabili differenze tra l'anime e la light novel, ma nel complesso la credibilità dei personaggi ne rimane comunque danneggiata.
Ultima cosa: "Oreimo" non è un anime che si possa consigliare o meno. Dipende da quello che vi sentite di fare. Molte persone l'hanno adorato e altri l'hanno odiato. Non c'è un modo giusto o sbagliato di vederlo. Dipende da tante, troppe cose: c'è chi riesce a considerare la serie nei suoi singoli episodi e chi invece non riesce a prescindere dal finale, chi si è sentito deluso e preso in giro e chi invece ha dato una sua interpretazione quasi antropologica/letteraria agli avvenimenti (tanto da paragonarlo all'Amleto, pensa te), chi lo ha considerato fin dall'inizio un anime idiota e chi lo ha guardato senza aspettarsi troppo, rimanendone poi piacevolmente colpito. Gusti personali, modo di valutare e di inquadrare, approccio che si ha con le singole puntate e con l'opera in generale, aspettative varie e altro, tutti fattori che rendono troppo difficile una valutazione oggettiva. Difficilmente, in ogni caso, si rimarrà indifferenti dopo la sua visione.
Termina qui la mia recensione "senza spoiler"; passiamo adesso alla parte "con spoiler", all'analisi recensoria che tratta l'opera nel suo complesso, rivedendo quindi il tutto alla luce del finale. Chi ha già visto "Oreimo 2" può continuare a leggere, per tutti gli altri si prega di fermarsi qui e tornare successivamente. Questo ovviamente a meno che non siate masochisti almeno quanto il protagonista Kyosuke e decidiate di buttare all'aria un'intera serie e i suoi colpi di scena per il capriccio di terminare la lettura della recensione; a voi la scelta.
Sulle scelte narrative di "Oreimo" sono stati versati fiumi di inchiostro, e non solo: basta farsi un giro su Youtube per vedere quanti siano i video postati, in Italia come negli USA o altrove, dal pubblico della serie (compresi fan ed ex-fan) che hanno odiato il finale e ne sono rimasti scioccati, turbati, quasi sconvolti. Tra questi ci sono specialmente quelli che lo hanno seguito fin dall'inizio per ben tre anni di fila, in trepidante attesa tra una puntata e l'altra, e che alla fine hanno lanciato il loro urlo di dolore, non molto dissimile da quello di Kuroneko nell'episodio 14 (letteralmente: c'è gente che ha registrato e pubblicato le sue urla come reazione alla visione del finale di "Oreimo") per essersi sentita presa in giro dai tre OAV conclusivi, che a detta di molti distruggono quanto di buono era stato fatto in precedenza. Non voglio entrare nel merito se questa visione delle cose sia giusta o meno, cercherò solo di farne una riflessione ragionata con il senno di poi e non dettata dall'amarezza di chi si aspettava una fine romantica di ben altro stampo e che si è dovuto sciacquare la bocca per il disgusto.
Ecco cosa è sembrato il finale a chi, fino a quel momento, aveva seguito la serie con entusiasmo: una folle corsa verso la distruzione totale, una caduta a picco nell'abisso, una sequela di situazioni che via via diventano sempre più surreali, quasi come vedere un quadro di Dalì prendere forma davanti ai propri occhi. Tutto questo già a partire dall'episodio 12 in cui una forzatissima dichiarazione d'amore di Ayase, che detto sinceramente è quanto di più innaturale la mente degli autori abbia potuto concepire, viene spezzata da un Kyosuke sempre più alienato da sé stesso, fino a sfociare in un bacio sulla guancia consolatorio che non ha nessuna ragion d'essere. Dal finale dell'episodio 12, tralasciando il flashback dell'episodio 13 che spiega tutti i retroscena storici che hanno portato a quelle assurde condizioni psicologiche dei due protagonisti, fertile humus per la follia degli ultimi tre OAV, inizia così un vero e proprio incubo, uno smembramento del cervello dello spettatore che si ritrova sempre più trascinato nell'oscurità, nell'illogica sequenza di azioni che porta il protagonista della serie a distruggere la propria vita spinto da sentimenti che sono nati dall'insano contesto della sua infanzia. Non c'è parola migliore per descrivere l'impatto che subisce lo spettatore se non quella di "tortura", quella del vedere il protagonista Kyosuke che distrugge la propria felicità e manda al vento ogni possibile relazione in cambio della persona che meno di chiunque altra possa meritare questo sacrificio. La vicenda assume dei connotati sempre più surreali e grotteschi, soprattutto in base al forte contrasto messo in atto tra una dirompente drammaticità, amplificata da scelte registiche magari banali ma sempre efficaci, spezzate da scene che mandano al vento la tensione creata fino a quel momento. Nella fattispecie, parliamo qui della scena in cui Kyosuke respinge Kuroneko e della successiva scena in cui propone alla sorella di andare a comprare eroge la notte di Natale. Una scena d'amor perduto talmente intensa ed emotiva da risultare patetica e quasi parodistica, dove ogni elemento è calibrato alla perfezione (il quaderno strappato, i sospiri, l'ansimare, le lacrime, le urla, le inquadrature degli occhi, la maledizione, la luce del lampione), viene seguita da una scena diametralmente opposta, in cui il protagonista, che fino a pochi secondi prima aveva le lacrime agli occhi (forse perché si rendeva conto della pazzia che stava facendo?) sorseggia tranquillo il suo tè e inizia tutto contento una conversazione con la sorella tra le più stupide che si potessero immaginare. Questo è il momento topico, l'apice della distruzione dell'anime, quell'interruzione fatale dalla quale l'intera vicenda assumerà sempre più i contorni di un immenso troll atto a prendersi gioco degli spettatori. Ma vediamo di analizzare il tutto con calma.
Il finale di "Oreimo", come già accennato, lascia in chi lo guarda una sensazione profonda di vuoto, di amarezza, di delusione, di tristezza, di rabbia e di sconforto. Si ha l'impressione che l'intera serie sia sprofondata nell'abisso, che si sia perso tempo per nulla. E tutto questo perché, al contrario di quello che succede normalmente in una storia, questa volta, dopo tanti intrecci e avvenimenti, non cambia assolutamente niente e non vince nessuno. Bugie, lacrime, rimpianti, tutto gettato al vento. Non vince l'amore "puro", che in realtà non è mai esistito tra nessuno dei personaggi; non vince nessun personaggio, nemmeno Kirino, che in effetti è l'unica a non aver perso nulla, ma che, a conti fatti, non ha nemmeno guadagnato granché; non vince nemmeno l'incesto, che alla fine sarà obbligato letteralmente a fare i conti con le leggi morali (e biologiche) su cui si basa la società, tanto che non solo il finale proclamerà l'unione carnale tra fratelli salvo poi smentirsi poco dopo, ma gli stessi editori si sono rifiutati di far terminare l'opera con un finale incestuoso, cosa che in realtà l'autore aveva previsto inizialmente come naturale conclusione per i suoi avvenimenti. Ma chi è il vero colpevole? L'autore, che ha ingannato con le sue premesse rassicuranti che in realtà celavano un terribile shock, o lo spettatore, che si era illuso di far prendere alla trama la piega che voleva lui e che si era fatto delle aspettative totalmente sballate?
Personalmente direi entrambi, e cercherò di spiegare questa interpretazione della vicenda.
"Oreimo" non è certo la prima storia con un finale assurdo, grottesco e moralmente inaccettabile. Ricordo ancora tutto il disgusto che provai quando a scuola fui costretto a studiare un'opera teatrale come "L'Edipo Re" di Sofocle e a leggerne la conclusione: il protagonista scopre che quella donna con cui aveva fatto l'amore era in realtà la sua cara mamma, mentre l'uomo che aveva ucciso era il suo caro papà, e per la disperazione si cava gli occhi con degli spilli. Una storia che farebbe rizzare il pelo a uno yorkshire nano, ma che tutt'oggi è considerato uno dei massimi capolavori teatrali dell'Antica Grecia, nonché un perfetto esempio dei meccanismi della tragedia, tanto da aver ispirato Sigmund Freud che lo ha usato per ricavarne un'interpretazione psicanalitica da cui ha preso il nome il suo famoso "complesso di Edipo".
Prendiamo poi in considerazione la delicatezza della tematica. Spesso a suscitare scandalo risulta essere il tema in sé, quando poi, a ben guardare, non esiste un tema che non possa passare sotto la lente di ingrandimento dell'arte. Anzi, gli autori che lo fanno sono spesso considerati i più coraggiosi e le loro opere vengono spesso guardate con ammirazione. Facciamo un altro esempio e pensiamo alla celebre "Lolita" di Nabokov: a dispetto della stigmatizzazione che ha dovuto subire il suo autore, un tema assolutamente spinoso e scabroso come quello della pedofilia viene trattato con una tale gentilezza dei toni e una profondità letteraria di livello superiore, da far considerare quel romanzo, agli occhi sia della critica che del pubblico, come uno dei più grandi capolavori letterari del Novecento.
Ma opere scabrose come "Lolita" e "L'Edipo Re" non possono certo paragonarsi ad "Oreimo". Perché il finale di "Oreimo" non solo appare come "tragico" e assurdo, ma anche assolutamente inconcludente, dal momento che tutta la storia si risolve nel nulla più assoluto. L'intera serie, alla luce del sedicesimo episodio, sembra trasformarsi nella fiera del cattivo gusto, nella celebrazione della superficialità e della pochezza di contenuti. E una tematica scabrosa come l'incesto, che andrebbe trattata davvero con le pinze, sembra essere buttata lì nel modo meno delicato e più stupido possibile. Ma quante volte nella vita reale assistiamo a situazioni così assurde che non sappiamo come giustificare e che ci turbano profondamente? Un'infinità. E analizzando i personaggi con il senno di poi, non vi erano già forse tutte le premesse per far sì che questa follia si portasse a compimento?
I personaggi principali di questa vicenda sono talmente grotteschi, deboli, stupidi, ottusi, ciechi, inconsapevoli e inconcludenti da risultare, proprio per questo, incredibilmente umani. Meglio: rappresentano gli aspetti più negativi della personalità umana portati all'eccesso in un modo che potremmo definire parodistico, come se il loro carattere e la loro intera esistenza fossero stati segnati fin dall'inizio in modo indelebile e immutabile. Degli archetipi insomma, delle macchiette. Kirino è sempre vissuta nel culto del fratello maggiore, un fratello che adorava sopra ogni cosa, che stimava più di ogni altra persona al mondo e che probabilmente aveva sostituito, nel suo subconscio, l'immagine del padre: potremmo parlare di "complesso di Kyosuke"? L'esagerazione di questa ammirazione porta alla conseguente esasperazione del trauma che la bambina subisce, nel momento in cui il fratello si allontana da lei, finendo per diventare un vero e proprio "traditore". E chi è il responsabile di tutto ciò? Manami. L'odiosa Manami, l'infima e insidiosa amichetta d'infanzia che con quella sua vocina da Micky Mouse si è messa in mezzo e ha rovinato quello che per Kirino era un rapporto idilliaco destinato a durare per sempre, nei secoli dei secoli. Questione di prospettive: Manami sembra pensarla in modo opposto, vedendo in Kirino l'ostacolo da abbattere per appropriarsi della mente (e del corpo) del suo amato amichetto d'infanzia, la strega, l'arpia che si è sempre servita del suo influsso e dei suoi ricatti emotivi per soggiogare il fratello. Non stupisce che la resa dei conti tra le due termini in una bella scazzottata, con una Kirino che finalmente ha le basi per vendicarsi e prendere in giro la sua rivale, una Manami che si volterà schifata e non tornerà mai più indietro.
Se comunque i due fratelli protagonisti appaiono tanto indifendibili, non meno arduo risulta parteggiare per un personaggio come Manami, che per l'intera serie sembra metterci tutto il trasporto possibile nel grattugiare gli zebedei dello spettatore, con la sua vocina tanto flebile quanto irritante, la sua finta timidezza da faccia di bronzo e il suo carisma pari a quello di un topo da laboratorio con qualche elettrodo nel cervello. Detto questo, il ruolo di Manami non si limita alle semplici apparenze. Non so se qualcuno di voi ha mai letto il cosiddetto "Manami Evil Plan: The Full Story", fatto sta che, secondo l'interpretazione di questo spettatore che si è preso la briga di analizzare il comportamento della meganekko, l'intero modo di comportarsi risponderebbe a un piano "predeterminato": Manami si accorge fin da bambina che c'è qualcosa di "sbagliato" nella vicinanza dei due fratelli, ed essendo lei stessa attratta da Kyosuke, cerca così di allontanarli l'uno dall'altra, portando avanti questo piano diabolico da "seminatrice di zizzania" anche quando ormai i personaggi saranno arrivati al liceo. Un esempio lampante di ciò, ancor più di quando gli chiede di parlargli dei suoi fatti personali (quindi di Kuroneko), è il fatto che sarà proprio Manami a insegnare a Kanako come preparare il bento, in modo tale che la ragazzina possa portarlo tutti i giorni al senpai. Manami sa bene di avere poche speranze, ma farebbe qualsiasi cosa per evitare che il suo Kyosuke si avvicini troppo e pericolosamente alla sorella: così facendo, cerca di farlo avvicinare a qualsiasi ragazza, fosse anche con Kanako, pur di far sì che non sia Kirino a vincere la partita. E invece, come avremo modo di vedere nell'episodio 16, tutto questo si rivelerà controproducente, perché sarà proprio Kirino a vincere. E qui Manami non potrà far altro che sfogare tutta la sua rabbia per aver perso, un po' come aveva fatto anche Kuroneko strappando il suo quaderno e urlando in modo disperato: un bel pugno ben assestato, dritto dritto nello stomaco della sua rivale.
E Kyosuke? Ben lungi dall'essere quell'uomo tutto d'un pezzo pronto a difendere a spada tratta le sue convinzioni, come qualcuno lo dipingerà per le sue azioni nel finale, il nostro protagonista è forse uno dei personaggi più deboli e senza spina dorsale nell'intera storia degli anime. Kyosuke rappresenta l'archetipo più completo dell'uomo senza personalità, quello che si fa completamente sottomettere dal volere degli altri, in primis da sua sorella (ovvero la persona più vicina a lui), in secundis dalla sua amica d'infanzia (ovvero la seconda persona più vicina a lui dopo la sorella), poi dai suoi genitori, e infine dai suoi amici e da tutte le persone che incontrerà nell'arco della sua vita, fino a subire il fascino della tenebrosa Kuroneko, evidente consolazione mentre la sua amata sorellina vive la sua vita nei lontani USA.
Dopo aver analizzato con il senno di poi quella che è l'infanzia dei protagonisti, è d'uopo analizzare uno degli aspetti principali di tutto l'anime: il rapporto dei protagonisti con gli eroge. Ritorniamo così a Kirino, la cui psicologia è fondamentale per dare un senso all'intera storia, almeno alla luce della sua conclusione. Vedendosi negato tutto l'affetto e l'amore che provava nei confronti della sua principale figura di riferimento, in maniera che non ho trovato molto dissimile dalla storia di Gaara in "Naruto", Kirino non solo ha sviluppato un odio totalizzante verso la ragazzina con gli occhiali, ma ha anche dovuto trovare il modo per sfogare questo suo amore da qualche parte: ecco perché gli "eroge con le sorelline". Kirino adora i protagonisti degli eroge perché si rispecchia in loro, e adora quelle trame perché rappresentano metaforicamente la direzione che lei, o almeno la sua parte infantile, avrebbe voluto che prendesse la sua vita. Purtroppo, sostituendo gli eroge con la vita reale, cade in quell'abisso di distorsione della realtà che la porta così a confondere i due mondi e a sviluppare un'insana attrazione fisica per il fratello, che inizialmente era solo un disperato bisogno di essere presa in considerazione dal suo antico "eroe".
Lo scoprire la passione di Kirino rappresenta per Kyosuke quella svolta che finisce per inglobare anche lui nell'insano e distorto mondo della sorella; questo perché, dal momento in cui inizierà anche lui a giocare a quei giochi, troverà anche lui un surrogato per risolvere, almeno in superficie, quel conflitto psicologico che si era creato nella sua infanzia a causa del doppio rapporto con sua sorella e con Manami, un conflitto del tutto e per tutto speculare a quello di Kirino. E badate bene, questo avvenimento accade nella prima puntata della prima stagione. Quindi era già tutto predeterminato; si sapeva già che sarebbe dovuta finire così, con quell'orrendo quanto assurdo sedicesimo episodio della seconda stagione. Kyosuke, a partire dal momento in cui Kirino lo marchia a fuoco come "traditore", sarà per sempre ossessionato dal senso di colpa verso la sorella. Almeno fintanto che i due sono ancora bambini e quindi suscettibili di subire traumi e di avere una personalità plasmata dagli eventi e dalle emozioni; ma, come ben sappiamo, sono proprio i traumi infantili che determinano la base su cui si costruisce la nostra personalità adulta. Un senso di colpa che, amplificandosi a dismisura, e stuzzicato anche dal suo continuare imperterrito a frequentarsi con la "rivale" Manami, finirà per sfociare anche per lui in un'irresistibile attrazione carnale verso quella donna che prima era "la sua protetta" e che adesso lo rifiuta. Kirino lo tiene così prigioniero in una vera e propria gabbia emotiva, e lui paradossalmente sviluppa un attaccamento morboso alla sorella proprio in virtù di questo suo imprigionamento, in maniera non dissimile da chi cade vittima della Sindrome di Stoccolma, innamorandosi della persona che l'ha sequestrato. Ma questo oscuro sentimento rimane lì, timidamente nascosto nei meandri della sua coscienza, fino a quando non sarà la stessa Kirino a tirarlo fuori per mezzo della sua ossessione per gli eroge. Eroge che, tra l'altro, avranno un impatto ancora maggiore su un individuo come Kyosuke, dalla personalità debole e totalmente influenzata dagli eventi esterni a causa del suo "trauma" infantile, l'allontanamento da sua sorella. Era inevitabile fin dall'inizio che questo sentimento, sempre tenuto ingabbiato dalla morale e lontano dalla coscienza, finisse per sfociare in uno sfogo, il più violento e folle che si potesse immaginare: l'elogio dell'incesto e la dichiarazione di matrimonio alla sorella. Non un amore vero, in realtà, ma bensì l'esasperazione di un inesauribile bisogno di affetto, come conseguenza di un doppio trauma infantile mai superato da nessuno dei due protagonisti.
Questo è il punto chiave per capire la direzione presa da quell'assurdo percorso che ha condotto all'abominio dei tre episodi conclusivi: non sono quei tre episodi a rappresentare la follia, l'intera serie era sempre stata una follia, fin dal suo primo episodio. Un troll, se volete definirlo così. Certo, anche "L'Edipo Re" e "Lolita" sono storie che mettono in mostra l'assurdità e la follia umana fin dall'inizio; ma il problema è che, mentre opere letterarie come quelle sono marchiate subito come tragiche e trattano le loro tematiche in modo poetico e con tutta l'intensità possibile, "Oreimo" era stato presentato agli spettatori come una banale commedia romantica, che non avrebbe dovuto far altro che intrattenere per qualche ora e presentare solo velati riferimenti a tematiche scomode, in nome della risata e del divertimento fine a sé stesso. Così non è stato: "Oreimo" era ben lungi dall'essere una commedia, era una trappola, un anime che diverte tra alti e bassi per tutta la sua durata, fino a far esplodere definitivamente nella tragedia quei piccoli semi di follia che erano stati disseminati lungo la strada e che lo spettatore aveva scambiato per semplici trovate atte a mantenere in piedi una trama improbabile e simpatica.
Anche un personaggio come Ayase è stato considerato come una sorta di "vittima" che è finita schiacciata dagli eventi e dalla follia dei protagonisti. Ma se consideriamo per bene tutto quello che è successo, appare evidente tutta la fragilità della sua personalità, in cerca di una figura di riferimento che non ha mai avuto in vita sua (al contrario di Kirino): proprio questa fame di avere un punto di riferimento a cui affidarsi totalmente l'ha portata ad attaccarsi a Kirino in modo morboso, ai limiti dell'instabilità mentale, e a desiderare persino di sposarsi con suo fratello per poterle rimanere accanto e apparire come una "vincitrice ai suoi occhi". Ayase cade vittima di questa follia perché anche lei, in realtà, vi è dentro fino al collo e non è meno folle dei personaggi che la accompagnano. Il suo amore per il Kyosuke è insano e non è mai stato puro, come non lo è mai stato quello di Kirino, di Kuroneko o di Manami.
E veniamo infine a un personaggio chiave di tutta la serie, uno di quelli meglio costruiti e che meritano di essere analizzati in modo a sé stante: Kuroneko, alias Ruri Gokou. Il perché sia uno dei personaggi in assoluto più amati da una folla di gente e quasi da tutti quelli che hanno visto la serie è presto detto: il fascino della contraddizione. Se nella prima serie era una otaku fredda e distaccata, tanto rilassata quanto concentrata sui suoi deliri sul mondo dell'oscurità e menate varie, nella seconda esce fuori il suo lato più umano. Ora, sfido chiunque a non trovare affascinante una ragazza che mostra le seguenti caratteristiche: "finta sfigata", ovvero molto carina ma lontana dallo stereotipo della "figa" e con quella dolcezza che però si mostra poco a poco; saggia e matura, almeno all'apparenza, ma capace di farsi bambina quando le circostanze lo richiedono; distaccata dal mondo e dagli altri ma al contempo capace di provare sentimenti intensi come pochi altri; tutto questo, mantenendo al contempo quella "finta innocenza sexy" che hanno tutte quelle ragazze che, sbattendo gli occhioni languidamente, si mostrano fragili in attesa dell'uomo che venga a salvarle, salvo poi far trasparire una dirompente sensualità che promettono di mostrare solo a chi sarà in grado di scalfire il guscio di pietra dietro al quale si nascondono. Molti potrebbero definirle "gatte morte" (termine che calza a pennello per Kuroneko, il cui significato del nome è appunto "gatta nera") e c'è un motivo se questo esemplare femminile è quello che più di ogni altro sa come far girare la testa agli uomini e come farsi odiare dalle altre donne. Ma se nella realtà, almeno la maggior parte delle volte, la gatta morta rappresenta la "donna da evitare" per eccellenza, falsa e meschina, qui con la fantasia si è cercato di creare una "gatta morta al contrario": fuori mescola sensualità e freddezza, dentro prova sentimenti sinceri. Esemplare femminile decisamente difficile da trovare nella vita reale (se conoscete davvero una ragazza così, fatemelo sapere per favore). Kuroneko, insomma, è quella (improbabile) ragazza che riesce a unire in sé stessa il fascino proibito e sensuale delle gatte morte con l'innocenza e la purezza d'animo della ragazza della porta accanto. Decisamente arduo non innamorarsi perdutamente di una ragazza del genere, e infatti è proprio lei il personaggio preferito della stragrande maggioranza di persone, maschi e femmine, che hanno visto "Oreimo".
Eppure, questa "trappola femminile" così straordinariamente congegnata, riesce a commettere un errore: tende lei stessa una trappola ai sentimenti di Kyosuke, seducendolo fino a farlo innamorare per poi mollarlo, sotto l'apparente eroica/altruista speranza che questi possa così riallacciare il rapporto con sua sorella; peccato che però lei sia realmente innamorata del protagonista, e che speri (o meglio, sia convinta) di poterci tornare insieme non appena le cose con la sorella si siano sistemate. L'anime vorrebbe mostrarci la cosa come frutto del suo altruismo, dal momento che Kuroneko sacrifica sé stessa pur di permettere a Kyosuke e Kirino di riavvicinarsi. E ci sarebbe anche da dire che, secondo l'interpretazione di alcuni spettatori, uno degli intenti finali di Kuroneko era proprio quello di far notare ai due fratelli quanto fosse pericoloso quel loro avvicinarsi così tanto; in base a questa visione, il piano di Kuroneko non sarebbe altro che un modo per far aprire gli occhi ai protagonisti, mettendo Kyosuke di fronte a una scelta: o me o tua sorella. Eppure, con occhio più attento, non si può non notare un egoismo di fondo che ha mosso le fila dell'intera faccenda.
Secondo un'interpretazione più pragmatica, agli occhi di Kuroneko la piega che ha preso la sua situazione è la seguente: se mollo Kyosuke, lo perderò per sempre, ma conservo la mia amicizia con la mia migliore amica; se non lo mollo, posso coronare il mio sogno d'amore, ma perderò per sempre la mia migliore amica. Che fare dunque, pensa la furbacchiona? Un piano semplice quanto diabolico: mollo il senpai ferendolo profondamente, faccio in modo che sia la sua stessa sorella a tentare di farci rimettere insieme e così faccio anche la parte di quella che ha salvato la baracca, salvando così sia il mio rapporto con la mia amica sia quello con il senpai che, una volta risolte le cose con la sorella, tornerà da me. Ma i sentimenti non possono piegarsi a simili calcoli e difatti la gattina non regge l'impatto emotivo di Kyosuke che vuole rifiutarla, anche se solo temporaneamente, finendo per zittirlo prima che lui finisca la frase, adducendo la scusa che era tutto uno scherzo (si, come no) e svenendo in pubblico all'apice del suo crollo emotivo.
Ma bisogna anche dare a Cesare quel che è di Cesare, specificando come il piano non fosse solo a vantaggio di Kuroneko. La goth loli teneva davvero al suo senpai ed era anche il suo obiettivo quello di rinsaldare il rapporto tra i due fratelli, in modo che tutti vivessero felici e contenti in una bella famigliola felice; peccato che avesse considerato la situazione solo dal suo punto di vista e non anche da quello del suo senpai. I sentimenti di Kyosuke sono stati completamente ignorati da Kuroneko, e tutta l'assurdità del "Destiny Record" con le "cose da fare" ne è la prova tangibile. Kuroneko ha trattato Kyosuke come un oggetto, non come una persona. Intendiamoci, se Kuroneko fosse stata realmente disposta a perdere Kyosuke, la storia dell'altruismo e della gatta dal cuore puro ci poteva anche stare. Ma così non è, perché Kuroneko non ha mai pensato di doversi seriamente mollare con Kyosuke, e per non perdere di vista il suo obiettivo continua a inquietarlo con questa storia della "maledizione scagliata su di lui" e del fatto che "non vede l'ora che arrivi il giorno in cui lui sistemi le cose con la sorella (...ma sistemare cosa, di grazia?) e rimettersi con lui". Ora, questo non è un comportamento tanto infantile quanto egoista? "La sua anima è mia", dice lei; ma dove sta scritta una cosa del genere? Te l'ha predetto Nostradamus? Un ragazzo non è una "tua proprietà" e tantomeno puoi permetterti il lusso di credere di sapere cosa sia meglio per lui. E infatti la trama con lei è stata crudele, ma perché lei stessa ha architettato un piano che ha finito con il mettere sotto scacco la sua creatrice, negandole per sempre la felicità (almeno fino a quando nella vita non incontrerà qualcun altro per cui praticare meno onanismo mentale, ma questo non ci è dato saperlo). Kuroneko si è riempita la bocca di belle parole, ha dichiarato di essere la migliore amica di Kirino perché sarebbe disposta a sacrificare sé stessa per la sua felicità, accusando Ayase di non saper fare altrettanto. Ma, onestamente, nel profondo, Kuroneko è sempre stata convinta che avrebbe vinto di nuovo la partita, così come l'aveva vinta in passato. Tanto convinta che la sera dell'ultimo incontro con Kyosuke, sotto l'opprimente luce di quel maledetto lampione, lei gli sorride come se si aspettasse che lui le dichiarasse il suo amore eterno. Peccato che Kyosuke abbia qualcos'altro in mente: darle il due di picche. Ops!
L'urlo straziante di Ruri per essere stata respinta dal suo primo amore, il suo pianto disperato e la sua maledizione alla felicità di tutti gli altri esseri umani non sono altro che la dimostrazione del lacerante dolore che prova quella persona che è sicura al 100% di aver vinto, di meritarsi quella vittoria, e che poi scopre invece non solo di aver perso, ma anche di essersi messa sotto scacco da sola. Ed ecco il pubblico difendere a spada tratta la povera cocchina e riempire di insulti il traditore Kyosuke, che sicuramente si sarà comportato in maniera discutibile (per non dire da... idiota), ma perlomeno non può essere ritenuto l'unico responsabile per aver mollato una donna che amava e da cui è stato ferito. In due parole: epic fail.
E in mezzo a tutta questa follia, la figura di Saori è l'emblema di quel saggio che si tiene alla larga dalle passioni umane, sapendo come queste possano condurre alla distruzione: lei, infatti, è l'unica ragazza che non si innamora del protagonista e che quindi riesce a salvarsi senza nemmeno combattere, allontanandosi da quell'abisso prima che sia troppo tardi. Ma la saggezza ha un prezzo: l'essere considerata un personaggio di contorno della trama. Perché astenersi dalle passioni può anche apparire come la via giusta per allontanare la sofferenza, se non fosse che è anche la sofferenza che ci rende protagonisti della nostra vita. La sua punizione sarà così quella di essere relegata per sempre ai margini della storia, come semplice osservatrice dei fatti narrati: è questo il destino che spetta alle persone che non rischiano e che non si buttano mai nella melma dei sentimenti. Kuroneko ha sofferto come soffre solo chi vede il suo primo amore tradito per sempre, versando più lacrime di una mocciosa a cui hanno rubato lo zucchero filato. Ma almeno Kuroneko adesso non è più un'otaku isolata dal mondo, porterà per sempre con sé un'esperienza importante nel suo bagaglio e potrà dire di aver vissuto davvero. Saori potrà dire altrettanto?
Arrivati a questo punto, non resta che concludere questa recensione con una domanda. Il finale di "Oreimo" potrà anche sembrare come assolutamente "brutto", per non dire abominevole, assurdo, vomitevole e (apparentemente) senza senso: ma siamo davvero sicuri che non fosse l'unico finale possibile a cui ha condotto quella follia che era già presente e tangibile fin dal primo episodio della prima serie?
Personalmente non riesco ancora a capire se l'autore sia un genio incompreso (soprattutto dalla cultura occidentale), un semplice troll anticonformista che abbia voluto giocare con la trasgressione, oppure se si sia semplicemente piegato alle regole del mercato giapponese, del tutto ignaro dell'assurdità che intanto prendeva forma nella sua mente. Forse è tutte e tre le cose messe insieme. Analizzando l'anime da un punto di vista solo superficiale, come se si fosse vista una semplice storiella sentimentale, è molto facile che si possa terminare la visione con una sensazione di amaro in bocca o addirittura di disgusto (a meno che non si sia parteggiato fin dall'inizio per Kirino, ma anche in questo caso l'amaro in bocca rimarrebbe comunque); solo attraverso un'attenta critica della psicologia dei personaggi è possibile ritrovare un senso all'intera vicenda, per quanto questo sia fondato sull'irrazionalità, quell'irrazionalità che però è anche la stessa dei sentimenti umani. Molti diranno che si tratta semplicemente del classico espediente degli autori di storie harem: far terminare la storia con un bel nulla di fatto, in modo da non scontentare nessuna "fazione" di nessuna ragazza. Ma qui la situazione è diversa: non si tratta di valutare il finale in sé, che visto da una logica strettamente "tecnica" e funzionale a una chiusura "impari" della stagione, ci potrebbe anche stare; qui si tratta di capire se il modo in cui si è arrivati a quel benedetto finale rende l'intera serie una semplice sceneggiata di cattivo gusto e scritta con i piedi, oppure se non vi sia un senso che era sottinteso fin dalle prime puntate e che fin dall'inizio aveva guidato la storia in questa direzione. Questa recensione propende per la seconda ipotesi, ma una cosa è sicura: il finale può rimettere in discussione l'intera visione della serie.
Diciamo quindi che, con premesse come quelle messe in campo da quest'anime, non era oggettivamente possibile aspettarsi un finale "normale", magari quello più sperato dalla maggior parte dei fan, con Kyosuke felicemente accasato con Kuroneko (o al massimo Ayase) e Kirino che dà la sua benedizione alla loro unione. Ebbene, non sarebbe stato un finale corretto per questo tipo di anime. Anzi, la verità è che nessuna storia d'amore con nessuna protagonista sarebbe stata corretta. Non c'è mai stato alcun vero amore tra i personaggi, ma solo la storia della naturale evoluzione di una follia portata avanti dalle menti alienate di adolescenti in una società anch'essa alienata dal mondo. Kuroneko aveva una visione distorta non solo di Kyosuke, ma proprio dei rapporti tra le persone in generale, e tutti gli orpelli che hanno caratterizzato il suo arco narrativo, dall'inquietante Destiny Record fino alla sua maledizione finale, sono la rappresentazione di questa sua alienazione dalla realtà; Ayase non è da meno, ed è difficile trovare un amore più inquietante di quello di una ragazza yandere (quindi con tendenze psicotiche), ossessivo e morboso che nasce da un attaccamento non tanto alla persona a cui dichiara il suo amore ma piuttosto a sua sorella. Non meno deviato l'amore che sarebbe potuto nascere con altri personaggi, come Manami o Kanako. Ma tra tutte, Kyosuke ha scelto proprio la ragazza peggiore e l'amore più inquietante di ogni altro: Kirino. Ecco perché non riesco ad arrabbiarmi fino in fondo con la conclusione dell'anime: perché, vista con il senno di poi, non sembra altro che la naturale conclusione di questo processo di alienazione e follia collettiva che alla fine si è portato a compimento, senza possibilità di essere riscattato in qualche modo.
Ciò che rende davvero il finale con Kirino il peggiore possibile, visto da tutti come il finale "sbagliato", badate bene, non è semplicemente il fatto che i due amanti siano fratello e sorella. Anzi: questo fatto, di per sé, poteva rendere il finale, se ben trattato, come baluardo di una concezione dell'amore romantico capace di andare contro qualsiasi ostacolo sociale o avversità morale. Certo non si può dubitare che una cosa del genere possa far rabbrividire quando si guarda al sentimento amoroso da una prospettiva razionale e distaccata, soprattutto secondo i valori della cultura occidentale; perché, se davvero vogliamo parlare di incesto, a questo punto verrebbe da pensare "ma se invece della sorella si fosse innamorato di sua madre? E se avesse voluto sposare sua figlia? Quale spettatore al mondo avrebbe mai potuto accettare una storia d'amore del genere?". Difficile valutare dei sentimenti che pretendono di essere puri quando in realtà, da qualsiasi punto li si guardi, appaiono aberranti. Ma come detto prima, non è tanto la consanguineità il problema di fondo di un finale come questo, che pretende di essere romantico e finisce con il risultare assurdo, per non dire disturbante: è il "come" si è arrivati a questo. Lo spettatore, anche se magari non ci ha ragionato consapevolmente, avverte bene come il sentimento di amore romantico che lega i due fratelli sia del tutto sballato rispetto alla realtà dei fatti e scaturisca da traumi infantili mai superati e sviluppati in una direzione malsana e distaccata dalla realtà. E questo, proprio a causa del surrogato che si è voluto utilizzare per colmare quel vuoto da essi creato, ovvero gli eroge, punto focale dell'intera trama fin dal primo episodio della prima stagione. Quei pochi fan a cui è piaciuto il finale sostengono la causa di Kyosuke, dicendo che ha avuto il coraggio di tagliare ogni legame con le ragazze che lo amavano per far trionfare i suoi veri sentimenti e l'amore verso l'unica donna che era veramente giusta per lui. Ehm... Come, prego? Ma quali sentimenti? Quale amore?
L'amore tra i due protagonisti non deve scandalizzarci perché sono fratello e sorella, ma semplicemente perché in realtà non è vero amore: è un sentimento deviato che nasce da contrasti psicologici che i protagonisti non hanno mai risolto, preferendo ricorrere al sogno amoroso dei videogiochi per rattoppare quella voragine emotiva che si era creata dentro di loro. Non riuscendo in nessun modo ad andare oltre quei traumi emotivi subiti durante l'infanzia, ai due protagonisti non resta altro che arrivare fino in fondo alla loro follia, fino al distaccamento finale, che in un'interpretazione freudiana potremmo considerare come il desiderio inconscio di rivivere il proprio trauma pur di affrontarlo e superarlo una volta per tutte. Piccoli dettagli, come la risatina stupida di Kirino prima di baciare il fratello o il fatto stesso che prendesse in giro Manami ora che finalmente aveva vinto nella lotta per la conquista di Kyosuke, sono esempi lampanti di come questo tanto decantato amore fosse per Kirino nient'altro che una rivincita del proprio ego.
Ora, un anime che celebra questo tipo di amore e l'allontanamento dalla realtà, favoriti da surrogati della vita reale quali gli eroge (ma la Vigilia di Natale passata a giocare agli eroge, ne vogliamo parlare?) piuttosto che l'affrontare i propri conflitti nel modo che sarebbe più appropriato, non può essere definito in altro modo se non "diseducativo". Ma "Oreimo", infatti, non vuole celebrare proprio nulla: vuole solo mostrare a quali conclusioni assurde possano portare i sentimenti, che non possono essere dominati dalla ragione perché provengono sempre dal profondo di noi stessi. E in fondo, se davvero non è possibile risolvere quel conflitto infantile in altro modo, tanto vale illudersi di amare in modo puro la propria sorella: perlomeno si vivrà felici e non si mentirà a sé stessi, o almeno alla parte "consapevole" di noi stessi. Ecco perché in fondo non si può biasimare troppo la scelta finale di Kyosuke: la verità è che qualsiasi rapporto con qualsiasi ragazza della storia sarebbe stato "sbagliato", ma tra la varie possibilità lui ha scelto proprio la ragazza più sbagliata di tutte, perché le premesse narrative dell'intero anime, fin dal primo episodio della prima stagione, erano anch'esse "sbagliate".
Riassumendo, personaggi "deviati" non possono far altro che condurre a un finale anch'esso "deviato". E chiunque si approcci ad "Oreimo" deve tenere ben presente in mente che non sta guardando una stupida storiella di amore romantico sotto forma di commedia, ma l'assurdo labirinto delle passioni umane analizzato dalle menti più emblematiche di questa assurdità. Se dal punto di vista artistico questo sia un bene o un male, lo può stabilire solo il personale gusto dello spettatore.
Semmai, se c'è qualcosa che si potrebbe rimproverare ad "Oreimo", è proprio quella di aver fatto passare per una semplice commedia/harem sentimentale quella che in realtà era la rappresentazione degli effetti a cui può portare l'alienazione di una persona, che non riesce più a superare i suoi traumi infantili e finisce per sottomettere al suo inconscio le sue azioni, anche autodistruttive, pur di superare il trauma stesso; nella fattispecie, innamorarsi della persona palesemente sbagliata, fino a una proposta di matrimonio, pur di superare una volta per tutte quel blocco che si era creato nel profondo di sé stessi. Il fatto di comportarsi come coppia fino al diploma può avere varie chiavi di lettura, e ogni spettatore ha inteso quella scena a modo suo; alcuni pensano che in realtà la relazione sarebbe continuata in segreto, altri che la nuova iscritta di cui parla Kirino sia implicitamente il futuro amore del fratello. Tutto questo non ha importanza; superato il periodo di "fidanzamento a tempo", i due fratelli hanno superato i loro traumi. Lo hanno fatto nel modo che potremmo definire il più irrazionale possibile; ma era proprio su questa irrazionalità che la trama aveva tessuto la sua tela fin dall'inizio.
Da qui si capisce come non basti il finale a bocciare l'intero anime, sia perché l'opera rimane buona nella sua parte narrativa più superficiale, sia perché le vere intenzioni dell'autore erano rintracciabili sin dalla prima puntata della prima stagione; semmai, è il modo in cui ci si è arrivati che ha suscitato questo scandalo. Sarebbe stato meglio scegliere una delle due vie, ovvero quella della commedia romantica senza pensieri oppure della storia seria di un'alienazione sociale e di una follia amorosa come superamento di un trauma infantile, piuttosto che unire le due prospettive in una storia che finisce per risultare monca, inquietante e sbagliata agli occhi dello spettatore. Così non è stato, per cui si merita come voto un semplice 6, e che ognuno la guardi come preferisce.
Morto un papa se ne fa un altro, e vissero tutti felici e contenti. Ma anche no.
Proprio a causa di ciò, questa recensione sarà divisa in due parti: la prima "senza spoiler" per chi non ha ancora visto la serie, la seconda "con spoiler" per chi è arrivato a vederla fino al suo ultimissimo episodio. Ma lasciatemi spiegare il perché. Per quanto anche io sia convinto che in una recensione gli spoiler risultino fastidiosi a chi non ha ancora visto l'opera, se non odiosi nel caso in cui rivelino i punti chiave della vicenda, occorre anche tenere a mente che una recensione, in quanto tale, non può essere considerata solo come un "consiglio per la visione/ascolto/lettura ecc." rivolta a chi deve decidere se usufruirne o meno, ma anche come un'analisi dell'opera stessa nel suo complesso. A volte ci sono recensioni di anime che non possono essere fatte senza scavare a fondo nella vicenda, senza contare altre che analizzano l'opera proprio nel suo contesto narrativo piuttosto che su valutazioni di contorno (personaggi, trama, sonoro, grafica, ecc.).
Tutto dipende dal fatto che l'anime necessiti o meno questa analisi. Questo qui è uno di quelli: non si può valutare seriamente "Oreimo" prescindendo dalla sua conclusione, perché le tre puntate finali sono quelle che condizionano tutto il senso dell'intera serie, sia la prima che la seconda stagione.
Darò quindi innanzitutto qualche appunto iniziale, che potrà giovare a chi ancora non ha visto l'anime. Questa seconda serie riprende esattamente da dove era finita la prima, salvo il fatto che il genere cambia: se la prima serie era una semplice e divertente commedia sul mondo otaku, che riusciva a strappare qualche risata nonostante le vicende venissero rappresentate nel modo meno realistico possibile, qui entriamo invece nel campo del sentimentale e del genere harem, forse persino troppo forzato. La serie cerca ancora di mantenere i suoi tratti leggeri da commedia, ma la verità è che più si va avanti nella storia e più il tutto inizia ad apparire irreale e ad assumere dei connotati che, più che a un drama giapponese o una sit-com americana, fanno piuttosto pensare a una tragedia greca. Attenzione, non parlo di "tragedia" nel vero senso della parola, non aspettatevi roba alla "School Days" dove uno dei protagonisti finisce decapitato per la gelosia di qualche fanciulla. Niente del genere, diciamo che l'aspetto della commedia finisce schiacciato da un intreccio che a lungo andare si dirige sempre più verso un abisso oscuro. Ma mi trattengo dall'essere più specifico, approfondendo questo aspetto nella sezione "con spoiler".
La colonna sonora, che condivide molti brani con la prima serie, è sicuramente un punto a favore dell'anime, tralasciando le terribili sigle finali e la sigla iniziale che resta comunque abbastanza anonima. Per il resto, ciò che ho apprezzato dalla musica dell'anime è stato il suo essere così squisitamente eclettica: passiamo da accelerate quasi ska con tanto di tromba a un vero e proprio tango, passando per delicati accenni di pianoforte che intensificano a dismisura la drammaticità e l'intensità emotiva di alcune scene. E rimane poi "Surechigai", quella tanto semplice quanto splendida melodia di chitarra che sa come far stringere il cuore dalla malinconia.
La caratterizzazione dei personaggi è una sorta di continuazione ed evoluzione di quanto si era già visto nella prima serie, con una accentuazione, forse fin troppo marcata, dello stereotipo di ogni singolo personaggio tipico degli anime. Per quanto io detesti l'inquadramento in stereotipi e preferisca far finta che non esista, come ogni persona che almeno ogni tanto si interessi a manga e company sono venuto a conoscenza dei termini utilizzati in queste occasioni; il loro uso è abbastanza recente, ma (purtroppo) non si può prescindere da esso per valutare un prodotto come questo.
Tutti i personaggi sono ben caratterizzati, ma sempre a partire da una fortissimo humus stereotipato alla perfezione, che sembra fatto apposta per provocare un determinato effetto agli occhi dello spettatore. Non è infatti un caso che sia nato un fan club quasi per ogni singolo personaggio e che non ve ne siano due che possano assomigliarsi anche solo leggermente, nemmeno andando a cercare le affinità con un microscopio. E del resto, se davvero un trentaduenne disoccupato di Kojimachi, tale Noboru Aoi, si è trasformato in un pericoloso stalker e ha minacciato l'autore Tsukasa Fushimi tanto da venir arrestato dalla polizia, semplicemente "perché odiava uno dei personaggi della storia" (nella fattispecie Kuroneko), non si può certo dire che la caratterizzazione dei personaggi non sia ben riuscita.
Così non credo di sbagliare troppo nell'affermare che la protagonista Kirino è la classica tsundere "troppo tsun e poco dere" che vorresti prendere a testate sulle gengive fin dal primo episodio, salvo poi apprezzare quei suoi rari spiragli di umanità; Ayase è la classica yandere instabile mentalmente e con pericolose pulsioni psicotiche, che per fortuna rimangono limitate al suo subconscio; Kuroneko è la classica kuudere "adorabile", quella che si crede più figa e matura di chiunque altro e che non mostrerebbe mai una sua emozione nemmeno se la si pregasse in portogrechese (reminiscenze di "Waterworld", non fateci caso), salvo poi mostrarsi timida e sensibile, fino a un'esplosione di emozioni più dirompente di tutti i personaggi di "Oreimo" messi assieme (evviva la coerenza, ragazzi); Saori è la classica dojikko goffa e apparentemente stupida che poi si rivela essere la più saggia di tutti, anche solo per il tenersi alla larga dalle beghe amorose dei protagonisti; Manami è la classica meganekko dalla vocina irritante e dai modi di fare timidi e impacciati che finiscono con il suscitare più un insano istinto omicida che non semplice tenerezza; Kanako è la peste spigliata, l'odioso personaggio di contorno con cui nessuno di noi vorrebbe avere a che fare, ma che, alla fine, si dimostra paradossalmente simpatico proprio per il suo essere così fuori dagli schemi; Sena è il perfetto esempio di come la perversione si possa nascondere dietro la maschera di brava ragazza; Kyousuke, protagonista nonché unico personaggio maschile degno di nota della serie, sarebbe il candidato ideale se esistesse il Premio Nobel per il masochismo.
Sotto l'aspetto narrativo, e questo è l'unico appunto che posso fare senza cadere nello spoiler, ci sono due aspetti negativi da tenere presenti: da una parte, la fastidiosissima sensazione di voler premere fin troppo il pulsante dell'harem; dall'altra, l'altrettanto sgradevole percezione della "forzatura" dei sentimenti in favore della trama. Alcune cose che i personaggi fanno o dicono sono talmente irreali che risulta evidente come siano state plasmate dagli autori per dare una determinata svolta alle vicende. I comportamenti sono poco credibili, non tanto per la loro irrealtà quanto per il fatto che esasperano all'estremo quelle reazioni e quegli atteggiamenti che in una situazione reale potrebbero anche essere comprensibili. Potremmo forse dare una parziale giustificazione se consideriamo le probabili differenze tra l'anime e la light novel, ma nel complesso la credibilità dei personaggi ne rimane comunque danneggiata.
Ultima cosa: "Oreimo" non è un anime che si possa consigliare o meno. Dipende da quello che vi sentite di fare. Molte persone l'hanno adorato e altri l'hanno odiato. Non c'è un modo giusto o sbagliato di vederlo. Dipende da tante, troppe cose: c'è chi riesce a considerare la serie nei suoi singoli episodi e chi invece non riesce a prescindere dal finale, chi si è sentito deluso e preso in giro e chi invece ha dato una sua interpretazione quasi antropologica/letteraria agli avvenimenti (tanto da paragonarlo all'Amleto, pensa te), chi lo ha considerato fin dall'inizio un anime idiota e chi lo ha guardato senza aspettarsi troppo, rimanendone poi piacevolmente colpito. Gusti personali, modo di valutare e di inquadrare, approccio che si ha con le singole puntate e con l'opera in generale, aspettative varie e altro, tutti fattori che rendono troppo difficile una valutazione oggettiva. Difficilmente, in ogni caso, si rimarrà indifferenti dopo la sua visione.
Termina qui la mia recensione "senza spoiler"; passiamo adesso alla parte "con spoiler", all'analisi recensoria che tratta l'opera nel suo complesso, rivedendo quindi il tutto alla luce del finale. Chi ha già visto "Oreimo 2" può continuare a leggere, per tutti gli altri si prega di fermarsi qui e tornare successivamente. Questo ovviamente a meno che non siate masochisti almeno quanto il protagonista Kyosuke e decidiate di buttare all'aria un'intera serie e i suoi colpi di scena per il capriccio di terminare la lettura della recensione; a voi la scelta.
Sulle scelte narrative di "Oreimo" sono stati versati fiumi di inchiostro, e non solo: basta farsi un giro su Youtube per vedere quanti siano i video postati, in Italia come negli USA o altrove, dal pubblico della serie (compresi fan ed ex-fan) che hanno odiato il finale e ne sono rimasti scioccati, turbati, quasi sconvolti. Tra questi ci sono specialmente quelli che lo hanno seguito fin dall'inizio per ben tre anni di fila, in trepidante attesa tra una puntata e l'altra, e che alla fine hanno lanciato il loro urlo di dolore, non molto dissimile da quello di Kuroneko nell'episodio 14 (letteralmente: c'è gente che ha registrato e pubblicato le sue urla come reazione alla visione del finale di "Oreimo") per essersi sentita presa in giro dai tre OAV conclusivi, che a detta di molti distruggono quanto di buono era stato fatto in precedenza. Non voglio entrare nel merito se questa visione delle cose sia giusta o meno, cercherò solo di farne una riflessione ragionata con il senno di poi e non dettata dall'amarezza di chi si aspettava una fine romantica di ben altro stampo e che si è dovuto sciacquare la bocca per il disgusto.
Ecco cosa è sembrato il finale a chi, fino a quel momento, aveva seguito la serie con entusiasmo: una folle corsa verso la distruzione totale, una caduta a picco nell'abisso, una sequela di situazioni che via via diventano sempre più surreali, quasi come vedere un quadro di Dalì prendere forma davanti ai propri occhi. Tutto questo già a partire dall'episodio 12 in cui una forzatissima dichiarazione d'amore di Ayase, che detto sinceramente è quanto di più innaturale la mente degli autori abbia potuto concepire, viene spezzata da un Kyosuke sempre più alienato da sé stesso, fino a sfociare in un bacio sulla guancia consolatorio che non ha nessuna ragion d'essere. Dal finale dell'episodio 12, tralasciando il flashback dell'episodio 13 che spiega tutti i retroscena storici che hanno portato a quelle assurde condizioni psicologiche dei due protagonisti, fertile humus per la follia degli ultimi tre OAV, inizia così un vero e proprio incubo, uno smembramento del cervello dello spettatore che si ritrova sempre più trascinato nell'oscurità, nell'illogica sequenza di azioni che porta il protagonista della serie a distruggere la propria vita spinto da sentimenti che sono nati dall'insano contesto della sua infanzia. Non c'è parola migliore per descrivere l'impatto che subisce lo spettatore se non quella di "tortura", quella del vedere il protagonista Kyosuke che distrugge la propria felicità e manda al vento ogni possibile relazione in cambio della persona che meno di chiunque altra possa meritare questo sacrificio. La vicenda assume dei connotati sempre più surreali e grotteschi, soprattutto in base al forte contrasto messo in atto tra una dirompente drammaticità, amplificata da scelte registiche magari banali ma sempre efficaci, spezzate da scene che mandano al vento la tensione creata fino a quel momento. Nella fattispecie, parliamo qui della scena in cui Kyosuke respinge Kuroneko e della successiva scena in cui propone alla sorella di andare a comprare eroge la notte di Natale. Una scena d'amor perduto talmente intensa ed emotiva da risultare patetica e quasi parodistica, dove ogni elemento è calibrato alla perfezione (il quaderno strappato, i sospiri, l'ansimare, le lacrime, le urla, le inquadrature degli occhi, la maledizione, la luce del lampione), viene seguita da una scena diametralmente opposta, in cui il protagonista, che fino a pochi secondi prima aveva le lacrime agli occhi (forse perché si rendeva conto della pazzia che stava facendo?) sorseggia tranquillo il suo tè e inizia tutto contento una conversazione con la sorella tra le più stupide che si potessero immaginare. Questo è il momento topico, l'apice della distruzione dell'anime, quell'interruzione fatale dalla quale l'intera vicenda assumerà sempre più i contorni di un immenso troll atto a prendersi gioco degli spettatori. Ma vediamo di analizzare il tutto con calma.
Il finale di "Oreimo", come già accennato, lascia in chi lo guarda una sensazione profonda di vuoto, di amarezza, di delusione, di tristezza, di rabbia e di sconforto. Si ha l'impressione che l'intera serie sia sprofondata nell'abisso, che si sia perso tempo per nulla. E tutto questo perché, al contrario di quello che succede normalmente in una storia, questa volta, dopo tanti intrecci e avvenimenti, non cambia assolutamente niente e non vince nessuno. Bugie, lacrime, rimpianti, tutto gettato al vento. Non vince l'amore "puro", che in realtà non è mai esistito tra nessuno dei personaggi; non vince nessun personaggio, nemmeno Kirino, che in effetti è l'unica a non aver perso nulla, ma che, a conti fatti, non ha nemmeno guadagnato granché; non vince nemmeno l'incesto, che alla fine sarà obbligato letteralmente a fare i conti con le leggi morali (e biologiche) su cui si basa la società, tanto che non solo il finale proclamerà l'unione carnale tra fratelli salvo poi smentirsi poco dopo, ma gli stessi editori si sono rifiutati di far terminare l'opera con un finale incestuoso, cosa che in realtà l'autore aveva previsto inizialmente come naturale conclusione per i suoi avvenimenti. Ma chi è il vero colpevole? L'autore, che ha ingannato con le sue premesse rassicuranti che in realtà celavano un terribile shock, o lo spettatore, che si era illuso di far prendere alla trama la piega che voleva lui e che si era fatto delle aspettative totalmente sballate?
Personalmente direi entrambi, e cercherò di spiegare questa interpretazione della vicenda.
"Oreimo" non è certo la prima storia con un finale assurdo, grottesco e moralmente inaccettabile. Ricordo ancora tutto il disgusto che provai quando a scuola fui costretto a studiare un'opera teatrale come "L'Edipo Re" di Sofocle e a leggerne la conclusione: il protagonista scopre che quella donna con cui aveva fatto l'amore era in realtà la sua cara mamma, mentre l'uomo che aveva ucciso era il suo caro papà, e per la disperazione si cava gli occhi con degli spilli. Una storia che farebbe rizzare il pelo a uno yorkshire nano, ma che tutt'oggi è considerato uno dei massimi capolavori teatrali dell'Antica Grecia, nonché un perfetto esempio dei meccanismi della tragedia, tanto da aver ispirato Sigmund Freud che lo ha usato per ricavarne un'interpretazione psicanalitica da cui ha preso il nome il suo famoso "complesso di Edipo".
Prendiamo poi in considerazione la delicatezza della tematica. Spesso a suscitare scandalo risulta essere il tema in sé, quando poi, a ben guardare, non esiste un tema che non possa passare sotto la lente di ingrandimento dell'arte. Anzi, gli autori che lo fanno sono spesso considerati i più coraggiosi e le loro opere vengono spesso guardate con ammirazione. Facciamo un altro esempio e pensiamo alla celebre "Lolita" di Nabokov: a dispetto della stigmatizzazione che ha dovuto subire il suo autore, un tema assolutamente spinoso e scabroso come quello della pedofilia viene trattato con una tale gentilezza dei toni e una profondità letteraria di livello superiore, da far considerare quel romanzo, agli occhi sia della critica che del pubblico, come uno dei più grandi capolavori letterari del Novecento.
Ma opere scabrose come "Lolita" e "L'Edipo Re" non possono certo paragonarsi ad "Oreimo". Perché il finale di "Oreimo" non solo appare come "tragico" e assurdo, ma anche assolutamente inconcludente, dal momento che tutta la storia si risolve nel nulla più assoluto. L'intera serie, alla luce del sedicesimo episodio, sembra trasformarsi nella fiera del cattivo gusto, nella celebrazione della superficialità e della pochezza di contenuti. E una tematica scabrosa come l'incesto, che andrebbe trattata davvero con le pinze, sembra essere buttata lì nel modo meno delicato e più stupido possibile. Ma quante volte nella vita reale assistiamo a situazioni così assurde che non sappiamo come giustificare e che ci turbano profondamente? Un'infinità. E analizzando i personaggi con il senno di poi, non vi erano già forse tutte le premesse per far sì che questa follia si portasse a compimento?
I personaggi principali di questa vicenda sono talmente grotteschi, deboli, stupidi, ottusi, ciechi, inconsapevoli e inconcludenti da risultare, proprio per questo, incredibilmente umani. Meglio: rappresentano gli aspetti più negativi della personalità umana portati all'eccesso in un modo che potremmo definire parodistico, come se il loro carattere e la loro intera esistenza fossero stati segnati fin dall'inizio in modo indelebile e immutabile. Degli archetipi insomma, delle macchiette. Kirino è sempre vissuta nel culto del fratello maggiore, un fratello che adorava sopra ogni cosa, che stimava più di ogni altra persona al mondo e che probabilmente aveva sostituito, nel suo subconscio, l'immagine del padre: potremmo parlare di "complesso di Kyosuke"? L'esagerazione di questa ammirazione porta alla conseguente esasperazione del trauma che la bambina subisce, nel momento in cui il fratello si allontana da lei, finendo per diventare un vero e proprio "traditore". E chi è il responsabile di tutto ciò? Manami. L'odiosa Manami, l'infima e insidiosa amichetta d'infanzia che con quella sua vocina da Micky Mouse si è messa in mezzo e ha rovinato quello che per Kirino era un rapporto idilliaco destinato a durare per sempre, nei secoli dei secoli. Questione di prospettive: Manami sembra pensarla in modo opposto, vedendo in Kirino l'ostacolo da abbattere per appropriarsi della mente (e del corpo) del suo amato amichetto d'infanzia, la strega, l'arpia che si è sempre servita del suo influsso e dei suoi ricatti emotivi per soggiogare il fratello. Non stupisce che la resa dei conti tra le due termini in una bella scazzottata, con una Kirino che finalmente ha le basi per vendicarsi e prendere in giro la sua rivale, una Manami che si volterà schifata e non tornerà mai più indietro.
Se comunque i due fratelli protagonisti appaiono tanto indifendibili, non meno arduo risulta parteggiare per un personaggio come Manami, che per l'intera serie sembra metterci tutto il trasporto possibile nel grattugiare gli zebedei dello spettatore, con la sua vocina tanto flebile quanto irritante, la sua finta timidezza da faccia di bronzo e il suo carisma pari a quello di un topo da laboratorio con qualche elettrodo nel cervello. Detto questo, il ruolo di Manami non si limita alle semplici apparenze. Non so se qualcuno di voi ha mai letto il cosiddetto "Manami Evil Plan: The Full Story", fatto sta che, secondo l'interpretazione di questo spettatore che si è preso la briga di analizzare il comportamento della meganekko, l'intero modo di comportarsi risponderebbe a un piano "predeterminato": Manami si accorge fin da bambina che c'è qualcosa di "sbagliato" nella vicinanza dei due fratelli, ed essendo lei stessa attratta da Kyosuke, cerca così di allontanarli l'uno dall'altra, portando avanti questo piano diabolico da "seminatrice di zizzania" anche quando ormai i personaggi saranno arrivati al liceo. Un esempio lampante di ciò, ancor più di quando gli chiede di parlargli dei suoi fatti personali (quindi di Kuroneko), è il fatto che sarà proprio Manami a insegnare a Kanako come preparare il bento, in modo tale che la ragazzina possa portarlo tutti i giorni al senpai. Manami sa bene di avere poche speranze, ma farebbe qualsiasi cosa per evitare che il suo Kyosuke si avvicini troppo e pericolosamente alla sorella: così facendo, cerca di farlo avvicinare a qualsiasi ragazza, fosse anche con Kanako, pur di far sì che non sia Kirino a vincere la partita. E invece, come avremo modo di vedere nell'episodio 16, tutto questo si rivelerà controproducente, perché sarà proprio Kirino a vincere. E qui Manami non potrà far altro che sfogare tutta la sua rabbia per aver perso, un po' come aveva fatto anche Kuroneko strappando il suo quaderno e urlando in modo disperato: un bel pugno ben assestato, dritto dritto nello stomaco della sua rivale.
E Kyosuke? Ben lungi dall'essere quell'uomo tutto d'un pezzo pronto a difendere a spada tratta le sue convinzioni, come qualcuno lo dipingerà per le sue azioni nel finale, il nostro protagonista è forse uno dei personaggi più deboli e senza spina dorsale nell'intera storia degli anime. Kyosuke rappresenta l'archetipo più completo dell'uomo senza personalità, quello che si fa completamente sottomettere dal volere degli altri, in primis da sua sorella (ovvero la persona più vicina a lui), in secundis dalla sua amica d'infanzia (ovvero la seconda persona più vicina a lui dopo la sorella), poi dai suoi genitori, e infine dai suoi amici e da tutte le persone che incontrerà nell'arco della sua vita, fino a subire il fascino della tenebrosa Kuroneko, evidente consolazione mentre la sua amata sorellina vive la sua vita nei lontani USA.
Dopo aver analizzato con il senno di poi quella che è l'infanzia dei protagonisti, è d'uopo analizzare uno degli aspetti principali di tutto l'anime: il rapporto dei protagonisti con gli eroge. Ritorniamo così a Kirino, la cui psicologia è fondamentale per dare un senso all'intera storia, almeno alla luce della sua conclusione. Vedendosi negato tutto l'affetto e l'amore che provava nei confronti della sua principale figura di riferimento, in maniera che non ho trovato molto dissimile dalla storia di Gaara in "Naruto", Kirino non solo ha sviluppato un odio totalizzante verso la ragazzina con gli occhiali, ma ha anche dovuto trovare il modo per sfogare questo suo amore da qualche parte: ecco perché gli "eroge con le sorelline". Kirino adora i protagonisti degli eroge perché si rispecchia in loro, e adora quelle trame perché rappresentano metaforicamente la direzione che lei, o almeno la sua parte infantile, avrebbe voluto che prendesse la sua vita. Purtroppo, sostituendo gli eroge con la vita reale, cade in quell'abisso di distorsione della realtà che la porta così a confondere i due mondi e a sviluppare un'insana attrazione fisica per il fratello, che inizialmente era solo un disperato bisogno di essere presa in considerazione dal suo antico "eroe".
Lo scoprire la passione di Kirino rappresenta per Kyosuke quella svolta che finisce per inglobare anche lui nell'insano e distorto mondo della sorella; questo perché, dal momento in cui inizierà anche lui a giocare a quei giochi, troverà anche lui un surrogato per risolvere, almeno in superficie, quel conflitto psicologico che si era creato nella sua infanzia a causa del doppio rapporto con sua sorella e con Manami, un conflitto del tutto e per tutto speculare a quello di Kirino. E badate bene, questo avvenimento accade nella prima puntata della prima stagione. Quindi era già tutto predeterminato; si sapeva già che sarebbe dovuta finire così, con quell'orrendo quanto assurdo sedicesimo episodio della seconda stagione. Kyosuke, a partire dal momento in cui Kirino lo marchia a fuoco come "traditore", sarà per sempre ossessionato dal senso di colpa verso la sorella. Almeno fintanto che i due sono ancora bambini e quindi suscettibili di subire traumi e di avere una personalità plasmata dagli eventi e dalle emozioni; ma, come ben sappiamo, sono proprio i traumi infantili che determinano la base su cui si costruisce la nostra personalità adulta. Un senso di colpa che, amplificandosi a dismisura, e stuzzicato anche dal suo continuare imperterrito a frequentarsi con la "rivale" Manami, finirà per sfociare anche per lui in un'irresistibile attrazione carnale verso quella donna che prima era "la sua protetta" e che adesso lo rifiuta. Kirino lo tiene così prigioniero in una vera e propria gabbia emotiva, e lui paradossalmente sviluppa un attaccamento morboso alla sorella proprio in virtù di questo suo imprigionamento, in maniera non dissimile da chi cade vittima della Sindrome di Stoccolma, innamorandosi della persona che l'ha sequestrato. Ma questo oscuro sentimento rimane lì, timidamente nascosto nei meandri della sua coscienza, fino a quando non sarà la stessa Kirino a tirarlo fuori per mezzo della sua ossessione per gli eroge. Eroge che, tra l'altro, avranno un impatto ancora maggiore su un individuo come Kyosuke, dalla personalità debole e totalmente influenzata dagli eventi esterni a causa del suo "trauma" infantile, l'allontanamento da sua sorella. Era inevitabile fin dall'inizio che questo sentimento, sempre tenuto ingabbiato dalla morale e lontano dalla coscienza, finisse per sfociare in uno sfogo, il più violento e folle che si potesse immaginare: l'elogio dell'incesto e la dichiarazione di matrimonio alla sorella. Non un amore vero, in realtà, ma bensì l'esasperazione di un inesauribile bisogno di affetto, come conseguenza di un doppio trauma infantile mai superato da nessuno dei due protagonisti.
Questo è il punto chiave per capire la direzione presa da quell'assurdo percorso che ha condotto all'abominio dei tre episodi conclusivi: non sono quei tre episodi a rappresentare la follia, l'intera serie era sempre stata una follia, fin dal suo primo episodio. Un troll, se volete definirlo così. Certo, anche "L'Edipo Re" e "Lolita" sono storie che mettono in mostra l'assurdità e la follia umana fin dall'inizio; ma il problema è che, mentre opere letterarie come quelle sono marchiate subito come tragiche e trattano le loro tematiche in modo poetico e con tutta l'intensità possibile, "Oreimo" era stato presentato agli spettatori come una banale commedia romantica, che non avrebbe dovuto far altro che intrattenere per qualche ora e presentare solo velati riferimenti a tematiche scomode, in nome della risata e del divertimento fine a sé stesso. Così non è stato: "Oreimo" era ben lungi dall'essere una commedia, era una trappola, un anime che diverte tra alti e bassi per tutta la sua durata, fino a far esplodere definitivamente nella tragedia quei piccoli semi di follia che erano stati disseminati lungo la strada e che lo spettatore aveva scambiato per semplici trovate atte a mantenere in piedi una trama improbabile e simpatica.
Anche un personaggio come Ayase è stato considerato come una sorta di "vittima" che è finita schiacciata dagli eventi e dalla follia dei protagonisti. Ma se consideriamo per bene tutto quello che è successo, appare evidente tutta la fragilità della sua personalità, in cerca di una figura di riferimento che non ha mai avuto in vita sua (al contrario di Kirino): proprio questa fame di avere un punto di riferimento a cui affidarsi totalmente l'ha portata ad attaccarsi a Kirino in modo morboso, ai limiti dell'instabilità mentale, e a desiderare persino di sposarsi con suo fratello per poterle rimanere accanto e apparire come una "vincitrice ai suoi occhi". Ayase cade vittima di questa follia perché anche lei, in realtà, vi è dentro fino al collo e non è meno folle dei personaggi che la accompagnano. Il suo amore per il Kyosuke è insano e non è mai stato puro, come non lo è mai stato quello di Kirino, di Kuroneko o di Manami.
E veniamo infine a un personaggio chiave di tutta la serie, uno di quelli meglio costruiti e che meritano di essere analizzati in modo a sé stante: Kuroneko, alias Ruri Gokou. Il perché sia uno dei personaggi in assoluto più amati da una folla di gente e quasi da tutti quelli che hanno visto la serie è presto detto: il fascino della contraddizione. Se nella prima serie era una otaku fredda e distaccata, tanto rilassata quanto concentrata sui suoi deliri sul mondo dell'oscurità e menate varie, nella seconda esce fuori il suo lato più umano. Ora, sfido chiunque a non trovare affascinante una ragazza che mostra le seguenti caratteristiche: "finta sfigata", ovvero molto carina ma lontana dallo stereotipo della "figa" e con quella dolcezza che però si mostra poco a poco; saggia e matura, almeno all'apparenza, ma capace di farsi bambina quando le circostanze lo richiedono; distaccata dal mondo e dagli altri ma al contempo capace di provare sentimenti intensi come pochi altri; tutto questo, mantenendo al contempo quella "finta innocenza sexy" che hanno tutte quelle ragazze che, sbattendo gli occhioni languidamente, si mostrano fragili in attesa dell'uomo che venga a salvarle, salvo poi far trasparire una dirompente sensualità che promettono di mostrare solo a chi sarà in grado di scalfire il guscio di pietra dietro al quale si nascondono. Molti potrebbero definirle "gatte morte" (termine che calza a pennello per Kuroneko, il cui significato del nome è appunto "gatta nera") e c'è un motivo se questo esemplare femminile è quello che più di ogni altro sa come far girare la testa agli uomini e come farsi odiare dalle altre donne. Ma se nella realtà, almeno la maggior parte delle volte, la gatta morta rappresenta la "donna da evitare" per eccellenza, falsa e meschina, qui con la fantasia si è cercato di creare una "gatta morta al contrario": fuori mescola sensualità e freddezza, dentro prova sentimenti sinceri. Esemplare femminile decisamente difficile da trovare nella vita reale (se conoscete davvero una ragazza così, fatemelo sapere per favore). Kuroneko, insomma, è quella (improbabile) ragazza che riesce a unire in sé stessa il fascino proibito e sensuale delle gatte morte con l'innocenza e la purezza d'animo della ragazza della porta accanto. Decisamente arduo non innamorarsi perdutamente di una ragazza del genere, e infatti è proprio lei il personaggio preferito della stragrande maggioranza di persone, maschi e femmine, che hanno visto "Oreimo".
Eppure, questa "trappola femminile" così straordinariamente congegnata, riesce a commettere un errore: tende lei stessa una trappola ai sentimenti di Kyosuke, seducendolo fino a farlo innamorare per poi mollarlo, sotto l'apparente eroica/altruista speranza che questi possa così riallacciare il rapporto con sua sorella; peccato che però lei sia realmente innamorata del protagonista, e che speri (o meglio, sia convinta) di poterci tornare insieme non appena le cose con la sorella si siano sistemate. L'anime vorrebbe mostrarci la cosa come frutto del suo altruismo, dal momento che Kuroneko sacrifica sé stessa pur di permettere a Kyosuke e Kirino di riavvicinarsi. E ci sarebbe anche da dire che, secondo l'interpretazione di alcuni spettatori, uno degli intenti finali di Kuroneko era proprio quello di far notare ai due fratelli quanto fosse pericoloso quel loro avvicinarsi così tanto; in base a questa visione, il piano di Kuroneko non sarebbe altro che un modo per far aprire gli occhi ai protagonisti, mettendo Kyosuke di fronte a una scelta: o me o tua sorella. Eppure, con occhio più attento, non si può non notare un egoismo di fondo che ha mosso le fila dell'intera faccenda.
Secondo un'interpretazione più pragmatica, agli occhi di Kuroneko la piega che ha preso la sua situazione è la seguente: se mollo Kyosuke, lo perderò per sempre, ma conservo la mia amicizia con la mia migliore amica; se non lo mollo, posso coronare il mio sogno d'amore, ma perderò per sempre la mia migliore amica. Che fare dunque, pensa la furbacchiona? Un piano semplice quanto diabolico: mollo il senpai ferendolo profondamente, faccio in modo che sia la sua stessa sorella a tentare di farci rimettere insieme e così faccio anche la parte di quella che ha salvato la baracca, salvando così sia il mio rapporto con la mia amica sia quello con il senpai che, una volta risolte le cose con la sorella, tornerà da me. Ma i sentimenti non possono piegarsi a simili calcoli e difatti la gattina non regge l'impatto emotivo di Kyosuke che vuole rifiutarla, anche se solo temporaneamente, finendo per zittirlo prima che lui finisca la frase, adducendo la scusa che era tutto uno scherzo (si, come no) e svenendo in pubblico all'apice del suo crollo emotivo.
Ma bisogna anche dare a Cesare quel che è di Cesare, specificando come il piano non fosse solo a vantaggio di Kuroneko. La goth loli teneva davvero al suo senpai ed era anche il suo obiettivo quello di rinsaldare il rapporto tra i due fratelli, in modo che tutti vivessero felici e contenti in una bella famigliola felice; peccato che avesse considerato la situazione solo dal suo punto di vista e non anche da quello del suo senpai. I sentimenti di Kyosuke sono stati completamente ignorati da Kuroneko, e tutta l'assurdità del "Destiny Record" con le "cose da fare" ne è la prova tangibile. Kuroneko ha trattato Kyosuke come un oggetto, non come una persona. Intendiamoci, se Kuroneko fosse stata realmente disposta a perdere Kyosuke, la storia dell'altruismo e della gatta dal cuore puro ci poteva anche stare. Ma così non è, perché Kuroneko non ha mai pensato di doversi seriamente mollare con Kyosuke, e per non perdere di vista il suo obiettivo continua a inquietarlo con questa storia della "maledizione scagliata su di lui" e del fatto che "non vede l'ora che arrivi il giorno in cui lui sistemi le cose con la sorella (...ma sistemare cosa, di grazia?) e rimettersi con lui". Ora, questo non è un comportamento tanto infantile quanto egoista? "La sua anima è mia", dice lei; ma dove sta scritta una cosa del genere? Te l'ha predetto Nostradamus? Un ragazzo non è una "tua proprietà" e tantomeno puoi permetterti il lusso di credere di sapere cosa sia meglio per lui. E infatti la trama con lei è stata crudele, ma perché lei stessa ha architettato un piano che ha finito con il mettere sotto scacco la sua creatrice, negandole per sempre la felicità (almeno fino a quando nella vita non incontrerà qualcun altro per cui praticare meno onanismo mentale, ma questo non ci è dato saperlo). Kuroneko si è riempita la bocca di belle parole, ha dichiarato di essere la migliore amica di Kirino perché sarebbe disposta a sacrificare sé stessa per la sua felicità, accusando Ayase di non saper fare altrettanto. Ma, onestamente, nel profondo, Kuroneko è sempre stata convinta che avrebbe vinto di nuovo la partita, così come l'aveva vinta in passato. Tanto convinta che la sera dell'ultimo incontro con Kyosuke, sotto l'opprimente luce di quel maledetto lampione, lei gli sorride come se si aspettasse che lui le dichiarasse il suo amore eterno. Peccato che Kyosuke abbia qualcos'altro in mente: darle il due di picche. Ops!
L'urlo straziante di Ruri per essere stata respinta dal suo primo amore, il suo pianto disperato e la sua maledizione alla felicità di tutti gli altri esseri umani non sono altro che la dimostrazione del lacerante dolore che prova quella persona che è sicura al 100% di aver vinto, di meritarsi quella vittoria, e che poi scopre invece non solo di aver perso, ma anche di essersi messa sotto scacco da sola. Ed ecco il pubblico difendere a spada tratta la povera cocchina e riempire di insulti il traditore Kyosuke, che sicuramente si sarà comportato in maniera discutibile (per non dire da... idiota), ma perlomeno non può essere ritenuto l'unico responsabile per aver mollato una donna che amava e da cui è stato ferito. In due parole: epic fail.
E in mezzo a tutta questa follia, la figura di Saori è l'emblema di quel saggio che si tiene alla larga dalle passioni umane, sapendo come queste possano condurre alla distruzione: lei, infatti, è l'unica ragazza che non si innamora del protagonista e che quindi riesce a salvarsi senza nemmeno combattere, allontanandosi da quell'abisso prima che sia troppo tardi. Ma la saggezza ha un prezzo: l'essere considerata un personaggio di contorno della trama. Perché astenersi dalle passioni può anche apparire come la via giusta per allontanare la sofferenza, se non fosse che è anche la sofferenza che ci rende protagonisti della nostra vita. La sua punizione sarà così quella di essere relegata per sempre ai margini della storia, come semplice osservatrice dei fatti narrati: è questo il destino che spetta alle persone che non rischiano e che non si buttano mai nella melma dei sentimenti. Kuroneko ha sofferto come soffre solo chi vede il suo primo amore tradito per sempre, versando più lacrime di una mocciosa a cui hanno rubato lo zucchero filato. Ma almeno Kuroneko adesso non è più un'otaku isolata dal mondo, porterà per sempre con sé un'esperienza importante nel suo bagaglio e potrà dire di aver vissuto davvero. Saori potrà dire altrettanto?
Arrivati a questo punto, non resta che concludere questa recensione con una domanda. Il finale di "Oreimo" potrà anche sembrare come assolutamente "brutto", per non dire abominevole, assurdo, vomitevole e (apparentemente) senza senso: ma siamo davvero sicuri che non fosse l'unico finale possibile a cui ha condotto quella follia che era già presente e tangibile fin dal primo episodio della prima serie?
Personalmente non riesco ancora a capire se l'autore sia un genio incompreso (soprattutto dalla cultura occidentale), un semplice troll anticonformista che abbia voluto giocare con la trasgressione, oppure se si sia semplicemente piegato alle regole del mercato giapponese, del tutto ignaro dell'assurdità che intanto prendeva forma nella sua mente. Forse è tutte e tre le cose messe insieme. Analizzando l'anime da un punto di vista solo superficiale, come se si fosse vista una semplice storiella sentimentale, è molto facile che si possa terminare la visione con una sensazione di amaro in bocca o addirittura di disgusto (a meno che non si sia parteggiato fin dall'inizio per Kirino, ma anche in questo caso l'amaro in bocca rimarrebbe comunque); solo attraverso un'attenta critica della psicologia dei personaggi è possibile ritrovare un senso all'intera vicenda, per quanto questo sia fondato sull'irrazionalità, quell'irrazionalità che però è anche la stessa dei sentimenti umani. Molti diranno che si tratta semplicemente del classico espediente degli autori di storie harem: far terminare la storia con un bel nulla di fatto, in modo da non scontentare nessuna "fazione" di nessuna ragazza. Ma qui la situazione è diversa: non si tratta di valutare il finale in sé, che visto da una logica strettamente "tecnica" e funzionale a una chiusura "impari" della stagione, ci potrebbe anche stare; qui si tratta di capire se il modo in cui si è arrivati a quel benedetto finale rende l'intera serie una semplice sceneggiata di cattivo gusto e scritta con i piedi, oppure se non vi sia un senso che era sottinteso fin dalle prime puntate e che fin dall'inizio aveva guidato la storia in questa direzione. Questa recensione propende per la seconda ipotesi, ma una cosa è sicura: il finale può rimettere in discussione l'intera visione della serie.
Diciamo quindi che, con premesse come quelle messe in campo da quest'anime, non era oggettivamente possibile aspettarsi un finale "normale", magari quello più sperato dalla maggior parte dei fan, con Kyosuke felicemente accasato con Kuroneko (o al massimo Ayase) e Kirino che dà la sua benedizione alla loro unione. Ebbene, non sarebbe stato un finale corretto per questo tipo di anime. Anzi, la verità è che nessuna storia d'amore con nessuna protagonista sarebbe stata corretta. Non c'è mai stato alcun vero amore tra i personaggi, ma solo la storia della naturale evoluzione di una follia portata avanti dalle menti alienate di adolescenti in una società anch'essa alienata dal mondo. Kuroneko aveva una visione distorta non solo di Kyosuke, ma proprio dei rapporti tra le persone in generale, e tutti gli orpelli che hanno caratterizzato il suo arco narrativo, dall'inquietante Destiny Record fino alla sua maledizione finale, sono la rappresentazione di questa sua alienazione dalla realtà; Ayase non è da meno, ed è difficile trovare un amore più inquietante di quello di una ragazza yandere (quindi con tendenze psicotiche), ossessivo e morboso che nasce da un attaccamento non tanto alla persona a cui dichiara il suo amore ma piuttosto a sua sorella. Non meno deviato l'amore che sarebbe potuto nascere con altri personaggi, come Manami o Kanako. Ma tra tutte, Kyosuke ha scelto proprio la ragazza peggiore e l'amore più inquietante di ogni altro: Kirino. Ecco perché non riesco ad arrabbiarmi fino in fondo con la conclusione dell'anime: perché, vista con il senno di poi, non sembra altro che la naturale conclusione di questo processo di alienazione e follia collettiva che alla fine si è portato a compimento, senza possibilità di essere riscattato in qualche modo.
Ciò che rende davvero il finale con Kirino il peggiore possibile, visto da tutti come il finale "sbagliato", badate bene, non è semplicemente il fatto che i due amanti siano fratello e sorella. Anzi: questo fatto, di per sé, poteva rendere il finale, se ben trattato, come baluardo di una concezione dell'amore romantico capace di andare contro qualsiasi ostacolo sociale o avversità morale. Certo non si può dubitare che una cosa del genere possa far rabbrividire quando si guarda al sentimento amoroso da una prospettiva razionale e distaccata, soprattutto secondo i valori della cultura occidentale; perché, se davvero vogliamo parlare di incesto, a questo punto verrebbe da pensare "ma se invece della sorella si fosse innamorato di sua madre? E se avesse voluto sposare sua figlia? Quale spettatore al mondo avrebbe mai potuto accettare una storia d'amore del genere?". Difficile valutare dei sentimenti che pretendono di essere puri quando in realtà, da qualsiasi punto li si guardi, appaiono aberranti. Ma come detto prima, non è tanto la consanguineità il problema di fondo di un finale come questo, che pretende di essere romantico e finisce con il risultare assurdo, per non dire disturbante: è il "come" si è arrivati a questo. Lo spettatore, anche se magari non ci ha ragionato consapevolmente, avverte bene come il sentimento di amore romantico che lega i due fratelli sia del tutto sballato rispetto alla realtà dei fatti e scaturisca da traumi infantili mai superati e sviluppati in una direzione malsana e distaccata dalla realtà. E questo, proprio a causa del surrogato che si è voluto utilizzare per colmare quel vuoto da essi creato, ovvero gli eroge, punto focale dell'intera trama fin dal primo episodio della prima stagione. Quei pochi fan a cui è piaciuto il finale sostengono la causa di Kyosuke, dicendo che ha avuto il coraggio di tagliare ogni legame con le ragazze che lo amavano per far trionfare i suoi veri sentimenti e l'amore verso l'unica donna che era veramente giusta per lui. Ehm... Come, prego? Ma quali sentimenti? Quale amore?
L'amore tra i due protagonisti non deve scandalizzarci perché sono fratello e sorella, ma semplicemente perché in realtà non è vero amore: è un sentimento deviato che nasce da contrasti psicologici che i protagonisti non hanno mai risolto, preferendo ricorrere al sogno amoroso dei videogiochi per rattoppare quella voragine emotiva che si era creata dentro di loro. Non riuscendo in nessun modo ad andare oltre quei traumi emotivi subiti durante l'infanzia, ai due protagonisti non resta altro che arrivare fino in fondo alla loro follia, fino al distaccamento finale, che in un'interpretazione freudiana potremmo considerare come il desiderio inconscio di rivivere il proprio trauma pur di affrontarlo e superarlo una volta per tutte. Piccoli dettagli, come la risatina stupida di Kirino prima di baciare il fratello o il fatto stesso che prendesse in giro Manami ora che finalmente aveva vinto nella lotta per la conquista di Kyosuke, sono esempi lampanti di come questo tanto decantato amore fosse per Kirino nient'altro che una rivincita del proprio ego.
Ora, un anime che celebra questo tipo di amore e l'allontanamento dalla realtà, favoriti da surrogati della vita reale quali gli eroge (ma la Vigilia di Natale passata a giocare agli eroge, ne vogliamo parlare?) piuttosto che l'affrontare i propri conflitti nel modo che sarebbe più appropriato, non può essere definito in altro modo se non "diseducativo". Ma "Oreimo", infatti, non vuole celebrare proprio nulla: vuole solo mostrare a quali conclusioni assurde possano portare i sentimenti, che non possono essere dominati dalla ragione perché provengono sempre dal profondo di noi stessi. E in fondo, se davvero non è possibile risolvere quel conflitto infantile in altro modo, tanto vale illudersi di amare in modo puro la propria sorella: perlomeno si vivrà felici e non si mentirà a sé stessi, o almeno alla parte "consapevole" di noi stessi. Ecco perché in fondo non si può biasimare troppo la scelta finale di Kyosuke: la verità è che qualsiasi rapporto con qualsiasi ragazza della storia sarebbe stato "sbagliato", ma tra la varie possibilità lui ha scelto proprio la ragazza più sbagliata di tutte, perché le premesse narrative dell'intero anime, fin dal primo episodio della prima stagione, erano anch'esse "sbagliate".
Riassumendo, personaggi "deviati" non possono far altro che condurre a un finale anch'esso "deviato". E chiunque si approcci ad "Oreimo" deve tenere ben presente in mente che non sta guardando una stupida storiella di amore romantico sotto forma di commedia, ma l'assurdo labirinto delle passioni umane analizzato dalle menti più emblematiche di questa assurdità. Se dal punto di vista artistico questo sia un bene o un male, lo può stabilire solo il personale gusto dello spettatore.
Semmai, se c'è qualcosa che si potrebbe rimproverare ad "Oreimo", è proprio quella di aver fatto passare per una semplice commedia/harem sentimentale quella che in realtà era la rappresentazione degli effetti a cui può portare l'alienazione di una persona, che non riesce più a superare i suoi traumi infantili e finisce per sottomettere al suo inconscio le sue azioni, anche autodistruttive, pur di superare il trauma stesso; nella fattispecie, innamorarsi della persona palesemente sbagliata, fino a una proposta di matrimonio, pur di superare una volta per tutte quel blocco che si era creato nel profondo di sé stessi. Il fatto di comportarsi come coppia fino al diploma può avere varie chiavi di lettura, e ogni spettatore ha inteso quella scena a modo suo; alcuni pensano che in realtà la relazione sarebbe continuata in segreto, altri che la nuova iscritta di cui parla Kirino sia implicitamente il futuro amore del fratello. Tutto questo non ha importanza; superato il periodo di "fidanzamento a tempo", i due fratelli hanno superato i loro traumi. Lo hanno fatto nel modo che potremmo definire il più irrazionale possibile; ma era proprio su questa irrazionalità che la trama aveva tessuto la sua tela fin dall'inizio.
Da qui si capisce come non basti il finale a bocciare l'intero anime, sia perché l'opera rimane buona nella sua parte narrativa più superficiale, sia perché le vere intenzioni dell'autore erano rintracciabili sin dalla prima puntata della prima stagione; semmai, è il modo in cui ci si è arrivati che ha suscitato questo scandalo. Sarebbe stato meglio scegliere una delle due vie, ovvero quella della commedia romantica senza pensieri oppure della storia seria di un'alienazione sociale e di una follia amorosa come superamento di un trauma infantile, piuttosto che unire le due prospettive in una storia che finisce per risultare monca, inquietante e sbagliata agli occhi dello spettatore. Così non è stato, per cui si merita come voto un semplice 6, e che ognuno la guardi come preferisce.
Morto un papa se ne fa un altro, e vissero tutti felici e contenti. Ma anche no.