Recensione
Usagi Drop - The Movie
8.0/10
Alla morte di suo nonno, il trentenne Kawachi Daikichi raccoglie un'eredità inaspettata: la figlia illegittima nata dalla relazione che il vecchio ha avuto con una cameriera. La bambina si chiama Kaga Rin e ha sei anni. Rifiutata dai suoi parenti perché motivo di vergogna, abbandonata da sua madre di cui nessuno conosce l'identità, il futuro della piccola sembra essere senza speranza. La tristezza compita che la bambina prova dinanzi alla bara del suo padre biologico, mentre cerca di aprirgli le mani con l'intento di porvi dei fiori cari al defunto, commuove Daikichi e lo spinge a prenderla con sé per darle un posto da chiamare casa. Ormai sola e senza nessuno con cui condividere la quotidianità, Rin subito stringe con le manine il tessuto del pantalone di colui che diverrà la persona più importante della sua vita. Tratto dall'omonimo manga di Yumi Unita, pubblicato in Italia da GP Publishing e recentemente conclusosi con il volume 10, Usagi Drop (うさぎドロップ "Le lacrime del coniglio") è la storia di come un giovane uomo e una bambina si incontrano, si conoscono, imparano ad amarsi... Crescere un bambino non è un'impresa semplice, e Daikichi si trova a dover fare i conti con le nuove responsabilità che l'essere genitore comporta. È costretto a rinunciare al suo lavoro, alle sue frequentazioni, alla libertà di chi a trent'anni ancora non si è accasato e si dedica alla carriera. Per stare dietro a una bambina che necessita di attenzioni e cure infinite, proprio perché viene da una condizione d'abbandono, Daikichi si impegna in modo da non farle mancare niente. Ogni situazione è nuova, come per Rin così per lui. E spesso il ragazzo si ritrova a dover dar fondo a tutta la sensibilità che possiede, per cercare di trovare risposte adeguate agli interrogativi che la piccola gli pone di volta in volta. I sacrifici che compie vengono ampiamente ripagati dal sorriso di Rin, che, nonostante faccia una netta distinzione tra Daikichi e la figura di un padre, si affida a lui completamente.
Usagi Drop inizia con il funerale del nonno del protagonista. Quasi a voler introdurre fin da subito uno dei temi portanti della storia: la morte intesa come perdita di una persona cara, come vuoto che alberga nel cuore di chi resta, come mancanza di un punto di riferimento... La morte è anche al centro di una delle chiacchierate più pregnanti fra Daikichi e Rin, quando la piccolina gli domanda se un giorno anche lui, come il nonno, morirà. La sensazione di smarrimento che provano i bambini dinanzi alla dipartita di un genitore è significativa del fatto che non serve essere adulti per provare il dolore nella sua massima espressione, ma a volte anche a sei anni si può essere capaci di comprendere che quel vuoto farà sempre parte di noi. «Finché Rin conserverà i ricordi del nonno, lui resterà qui dentro per sempre». È così che Daikichi cerca di consolare Rin, battendo dolcemente il pugno sul petto. Quante, tante volte avrete sentito ripetere questa frase, e io stessa l'ho ribadita infinitamente a chi è più piccolo di me, o a chi in quel momento aveva bisogno di quelle parole... Ogni volta che avrete visto qualcuno volare via, vi sarete ripetuti che sarebbe rimasto dentro di voi. Avrete battuto la mano sul cuore dicendo che era lì. Perché è normale cercare di trovare un posto a quelli che un posto nel mondo non ce l'hanno più. Nei ricordi, nella memoria resta impressa l'immagine delle persone che ci lasciano. Gli insegnamenti, il sorriso, il calore umano; ma pure il sopracciglio corrugato, le mani che non si alzano, gli occhi che non si aprono più. Dinanzi alla morte ogni uomo ritorna piccolo e perciò tra il dolore che prova un adulto e lo smarrimento di un bambino non c'è differenza.
In un dato momento del film, una collega di Daikichi, riferendosi ai bambini, afferma: «Non si deve giudicare un libro dalla copertina». Per il fatto che i bambini sono piccoli e ci mettono più tempo a capire determinati discorsi o situazioni, ci si pone nella posizione di superiorità di chi la sa lunga, ignorando che spesso è da chi è inferiore a noi che arrivano gli input per crescere. Nel suo percorso per divenire padre, Daikichi si riscopre a osservare le fragili manine di Rin che prepara gli onigiri, o della stessa che gli dice di prenderla per mano perché è pericoloso. Da lei impara alcuni teneri accorgimenti da dare a sua figlia. I bambini spesso comprendono molto di più di quanto un adulto vuole credere. Non sono stupidi e riescono a percepire quando un determinato pianto o un dato sfogo, spesso sbottato contro di loro, è causato da qualcosa di grave. Riescono a capire che al mondo non c'è solo la gioia, ma c'è anche la tristezza; non c'è solo il coraggio di venirsi incontro, ma anche la paura di stare vicini; non c'è solo l'amore, ma anche l'egoismo. Accade che su quelle spalle così deboli e minute poggi una realtà scomoda, che richiede la collaborazione fra bambini e genitori per essere risolta.
La recitazione è stata di buon livello. Matsuyama Ken'ichi se l'è cavata grandemente nei panni del padre single. Ogni volta che lo vedevo correre di qua e di là con Rin in braccio, mi veniva da sorridere per lo sforzo fisico che doveva fare! In passato l'ho visto interpretare ruoli diversi, da L di "Death Note" a Kato Masaru di "Gantz"; e sinceramente mi mancava il tassello del genitore dolce e apprensivo per completare il quadro delle sue capacità recitative. Inoltre credo abbia conferito una certa bellezza estetica al personaggio di Daikichi, che nel manga non ha. Anzi, il suo volto è piuttosto rude e imbruttito, mentre Matsuken ha i tratti dolci di un ragazzino imbellettato. Al contrario, sebbene non avesse compiuto nemmeno 10 anni, Ashida Mana ha saputo interpretare brillantemente la sua coetanea Rin, regalandole una maturità nelle espressioni che fa invidia ad attrici vissute. Buona anche la recitazione del resto del cast.
Usagi Drop si inserisce in un filone cinematografico già battuto da altri titoli, come "My Girl" o "Natsu no Koi wa Nijiiro ni Kagayaku". In Giappone sono molto apprezzati i film o i drama che narrano di genitori e figli; c'è una certa nostalgia e una dolcezza particolare nel rapporto tra un padre e la sua principessa, tra una madre e il suo piccolo eroe, e viceversa. Si possono trasmettere messaggi importanti attraverso i bambini che, con la loro purezza e quell'ingenuità legata alla mancata esperienza, con una visione del mondo non ancora corrotta, riescono a far sciogliere anche i cuori più gelidi. Come spesso accade in questo tipo di pellicole, ci sono dei topos che vengono ripresi: per esempio, vi ritroviamo il cliché del figlio con la febbre, oppure del bambino che scappa di casa, degli orfani emarginati dalla classe che non riescono a fare amicizia, dei parenti che non vogliono trascinarsi l'onta di un nato per sbaglio, ecc. Fortunatamente, la storia di Daikichi e Rin riesce a mantenersi in bilico sul confine tra il "già visto" e l'innovazione. Con estrema semplicità sa conferire nuova linfa e nuovi spunti di riflessione per i genitori single, per i giovani ragazzi che si avvicinano a diventare papà e mamme, per i nonni e parenti vari che soffrono nel sentire i pettegolezzi sulla famiglia... Questo è un tipo di film di cui non si può fare a meno. Sarà che la bravura dei piccoli attori protagonisti lascia fortemente di stucco; sarà che vedere volti famosi calarsi nei panni di padri in preda al panico per una figlia febbricitante o di madri sull'orlo del fallimento conquistano fino in fondo; sarà per l'attualità di storie come quella narrata da Usagi Drop, che fa venire voglia di dare un grosso abbraccio a tutti quei genitori che con tanto coraggio portano avanti la famiglia. Sarà per tutti questi motivi, e per tanti altri, che ne consiglio caldamente la visione. Dai bambini c'è sempre da imparare...
Usagi Drop inizia con il funerale del nonno del protagonista. Quasi a voler introdurre fin da subito uno dei temi portanti della storia: la morte intesa come perdita di una persona cara, come vuoto che alberga nel cuore di chi resta, come mancanza di un punto di riferimento... La morte è anche al centro di una delle chiacchierate più pregnanti fra Daikichi e Rin, quando la piccolina gli domanda se un giorno anche lui, come il nonno, morirà. La sensazione di smarrimento che provano i bambini dinanzi alla dipartita di un genitore è significativa del fatto che non serve essere adulti per provare il dolore nella sua massima espressione, ma a volte anche a sei anni si può essere capaci di comprendere che quel vuoto farà sempre parte di noi. «Finché Rin conserverà i ricordi del nonno, lui resterà qui dentro per sempre». È così che Daikichi cerca di consolare Rin, battendo dolcemente il pugno sul petto. Quante, tante volte avrete sentito ripetere questa frase, e io stessa l'ho ribadita infinitamente a chi è più piccolo di me, o a chi in quel momento aveva bisogno di quelle parole... Ogni volta che avrete visto qualcuno volare via, vi sarete ripetuti che sarebbe rimasto dentro di voi. Avrete battuto la mano sul cuore dicendo che era lì. Perché è normale cercare di trovare un posto a quelli che un posto nel mondo non ce l'hanno più. Nei ricordi, nella memoria resta impressa l'immagine delle persone che ci lasciano. Gli insegnamenti, il sorriso, il calore umano; ma pure il sopracciglio corrugato, le mani che non si alzano, gli occhi che non si aprono più. Dinanzi alla morte ogni uomo ritorna piccolo e perciò tra il dolore che prova un adulto e lo smarrimento di un bambino non c'è differenza.
In un dato momento del film, una collega di Daikichi, riferendosi ai bambini, afferma: «Non si deve giudicare un libro dalla copertina». Per il fatto che i bambini sono piccoli e ci mettono più tempo a capire determinati discorsi o situazioni, ci si pone nella posizione di superiorità di chi la sa lunga, ignorando che spesso è da chi è inferiore a noi che arrivano gli input per crescere. Nel suo percorso per divenire padre, Daikichi si riscopre a osservare le fragili manine di Rin che prepara gli onigiri, o della stessa che gli dice di prenderla per mano perché è pericoloso. Da lei impara alcuni teneri accorgimenti da dare a sua figlia. I bambini spesso comprendono molto di più di quanto un adulto vuole credere. Non sono stupidi e riescono a percepire quando un determinato pianto o un dato sfogo, spesso sbottato contro di loro, è causato da qualcosa di grave. Riescono a capire che al mondo non c'è solo la gioia, ma c'è anche la tristezza; non c'è solo il coraggio di venirsi incontro, ma anche la paura di stare vicini; non c'è solo l'amore, ma anche l'egoismo. Accade che su quelle spalle così deboli e minute poggi una realtà scomoda, che richiede la collaborazione fra bambini e genitori per essere risolta.
La recitazione è stata di buon livello. Matsuyama Ken'ichi se l'è cavata grandemente nei panni del padre single. Ogni volta che lo vedevo correre di qua e di là con Rin in braccio, mi veniva da sorridere per lo sforzo fisico che doveva fare! In passato l'ho visto interpretare ruoli diversi, da L di "Death Note" a Kato Masaru di "Gantz"; e sinceramente mi mancava il tassello del genitore dolce e apprensivo per completare il quadro delle sue capacità recitative. Inoltre credo abbia conferito una certa bellezza estetica al personaggio di Daikichi, che nel manga non ha. Anzi, il suo volto è piuttosto rude e imbruttito, mentre Matsuken ha i tratti dolci di un ragazzino imbellettato. Al contrario, sebbene non avesse compiuto nemmeno 10 anni, Ashida Mana ha saputo interpretare brillantemente la sua coetanea Rin, regalandole una maturità nelle espressioni che fa invidia ad attrici vissute. Buona anche la recitazione del resto del cast.
Usagi Drop si inserisce in un filone cinematografico già battuto da altri titoli, come "My Girl" o "Natsu no Koi wa Nijiiro ni Kagayaku". In Giappone sono molto apprezzati i film o i drama che narrano di genitori e figli; c'è una certa nostalgia e una dolcezza particolare nel rapporto tra un padre e la sua principessa, tra una madre e il suo piccolo eroe, e viceversa. Si possono trasmettere messaggi importanti attraverso i bambini che, con la loro purezza e quell'ingenuità legata alla mancata esperienza, con una visione del mondo non ancora corrotta, riescono a far sciogliere anche i cuori più gelidi. Come spesso accade in questo tipo di pellicole, ci sono dei topos che vengono ripresi: per esempio, vi ritroviamo il cliché del figlio con la febbre, oppure del bambino che scappa di casa, degli orfani emarginati dalla classe che non riescono a fare amicizia, dei parenti che non vogliono trascinarsi l'onta di un nato per sbaglio, ecc. Fortunatamente, la storia di Daikichi e Rin riesce a mantenersi in bilico sul confine tra il "già visto" e l'innovazione. Con estrema semplicità sa conferire nuova linfa e nuovi spunti di riflessione per i genitori single, per i giovani ragazzi che si avvicinano a diventare papà e mamme, per i nonni e parenti vari che soffrono nel sentire i pettegolezzi sulla famiglia... Questo è un tipo di film di cui non si può fare a meno. Sarà che la bravura dei piccoli attori protagonisti lascia fortemente di stucco; sarà che vedere volti famosi calarsi nei panni di padri in preda al panico per una figlia febbricitante o di madri sull'orlo del fallimento conquistano fino in fondo; sarà per l'attualità di storie come quella narrata da Usagi Drop, che fa venire voglia di dare un grosso abbraccio a tutti quei genitori che con tanto coraggio portano avanti la famiglia. Sarà per tutti questi motivi, e per tanti altri, che ne consiglio caldamente la visione. Dai bambini c'è sempre da imparare...