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Kasumi, una ragazzina ritrovatasi a dover gestire il negozio dei genitori e a convivere con un nonnino ormai rintronato, si rimbocca le maniche e manda avanti la propria vita animandola con la pittoresca band degli Akainu, che 'dirige' con ferma tenerezza. E all'improvviso si imbatte in un 'randagio', un uomo smarrito e in preda a un'amnesia che gli ha rubato il passato. Kasumi lo invita senza indugi a costruirsi un futuro. A "Pochi", il nomignolo da cagnolino con cui la ragazza ribattezza lo sconosciuto, è rimasto qualcosa a cui aggrapparsi: il canto. Yamashita sembra volerci dire che la voce è il corpo dell'anima: ecco perché chi canta può toccare l'anima con mano. E "Pochi"/Shigeo riesce a farlo con un'intensità che lascia esterrefatta Kasumi. La musica è davvero la linfa vitale che fluisce nelle corde di uno Shibutani convincentissimo sia nel cantato che nella recitazione. Se a Pochi manca il passato e Kasumi è ferma al giorno della morte del padre, entrambi possono ritrovare un modo di stare al mondo: il presente può essere stretto tra le dita di una mano, il passato e il futuro si possono custodire dentro una scatola. La memoria, il presente, la speranza: tutto può diventare musica. Se la voce è il primo modo di fare musica, il soffio dell'armonica è un prolungamento della voce di Shibutani, capace di assumere le tinte più varie, dalla forza emotiva di "Old Diary" fino alla intensa "Kioku". Una conferma graditissima la giovane Fumi Nikaido, attrice dalla forza delicata. Il film è un tributo ad Osaka fin dal titolo, e ci porta dritti al centro della palpitante umanità della metropoli del Kansai. Il messaggio della pellicola è un inno alla speranza: «Ame futte chi ga katamaru naraba» dice Kokoro Odoreba, uno dei brani che dolcemente trascinano il film... dopo la pioggia, la terra si compatta, i legami, dopo le difficoltà, si rafforzano.