Recensione
Shirobako
7.0/10
Recensione di Avventuriera
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Pensare agli anime, solitamente, porta in superficie tante opere differenti, ma che spesso sono legate da un filo comune: il fantastico, la possibilità di viaggiare in mondi incredibili e di poter vivere esperienze sperimentabili solo nel grande universo della fantasia. Persino serie animate legate ad ambienti più comuni portano sempre un tocco al di fuori della norma, che può derivare da caratterizzazioni sopra le righe o avvenimenti surreali che difficilmente si riscontrerebbero nella realtà quotidiana.
Il pubblico abituato alle storie eccezionali degli anime potrebbe lasciarsi stupire dalle prime puntate di "Shirobako", anime uscito lo scorso anno, le quali prospettano una trama semplice e profondamente legata alla vita di tutti i giorni: Aoi Miyamori, Ema Yasuhara, Midori Himai, Shizuka Sakaki e Misa Toudou fanno parte dello stesso club di animazione delle superiori e, una volta concluso il loro primo progetto amatoriale, suggellano la promessa di rifinire, quando avranno i mezzi e l'esperienza necessari, la loro opera e renderla un prodotto completo. La trama segue le vicende delle ragazze anni dopo, ognuna di loro è alle prese con diversi aspetti della creazione di un anime, in particolare la storia ruota attorno a Miyamori e al suo lavoro di assistente di produzione e poi di produzione esecutiva durante lo sviluppo di due anime, il primo originale e il secondo tratto da un manga ancora in prosecuzione.
"Shirobako" si prospetta come un lavoro molto vicino al metaracconto, un anime che si concentra sulla sua stessa creazione e, in effetti, è possibile riconoscere nei personaggi che compongono il cast, soprattutto quelli più anziani (il presidente o l'animatore anziano dello studio d'animazione), una sottospecie di funzione di mediazione fra gli spettatori e gli autori stessi di "Shirobako", sulle amarezze e le gioie indissolubili di un settore che richiede la creatività come qualità principale. La scelta di incentrare il delinearsi della storia attraverso gli occhi di Miyamori risulta una decisione intelligente, che permette di inquadrare ampiamente i vari aspetti dello sviluppo di una serie animata, focalizzandosi su ogni punto, anche se sempre con un occhio di riguardo all'animazione e al coordinamento fra assistenti di produzione e artisti che collaborano con la Musashino Animation (lo studio in cui si svolgono le vicende principali).
L'idea iniziale che l'anime cerchi un approccio il più possibile realista viene soddisfatta dalla cura con cui vengono spiegate le fasi di lavorazione e dalle relazioni fra i vari personaggi; queste ultime sono sceneggiate in modo fluido e sfaccettato: ogni personaggio ha la sua voce, il suo modo di esprimersi e di rapportarsi con gli altri, senza che si abbia l'impressione di assistere a dialoghi o situazioni fra lo stesso tipo di persona. Miyamori è dolce, combattiva, ma ancora inesperta, mentre Yano, sua senpai, è più sicura di sé e dei suoi mezzi e funge da figura di sorella maggiore per la povera Aoi. Tarou, d'altro canto, è un collega più pigro e svogliato, dalle mire decisamente al di sopra delle sue stesse possibilità. I personaggi, insomma, godono di inquadrature a tutto tondo, grazie ai dialoghi capaci di donare veridicità sia alle loro personalità sia alle situazioni leggere o complicate che siano.
E' forse il lato più comico e frivolo dell'opera a fornire un distacco netto dall'impressione minimalista: in un settore in cui l'inventiva è fondamentale per produrre opere capaci di differenziarsi dalla concorrenza e di trasmettere sensazioni variegate agli spettatori, sembra scontato che registi, animatori e persone adibite ad altre mansioni si presentino con caratteri infantili e quasi caricaturali. Tuttavia, soprattutto in certi episodi di "Shirobako", il desiderio di omaggiare altre opere o di fornire una visione piacevole e divertente agli spettatori stridono con quelle più concrete e realistiche. Basterebbe citare le corse sfrenate in macchina per raggiungere gli animatori o consegnare i nastri delle puntate, nonché il momento in cui il regista Kinoshita cerca di incontrare il mangaka di "Dai san hikou shoujo-tai" (Terza Squadriglia Femminile nell'adattamento di Yamato Animation). Anche l'utilizzo dei due pupazzi che servono per dar voce alle riflessioni di Miyamori e come ulteriore mediazione fra il pubblico e le parti più incentrate sugli aspetti tecnici inizieranno a donare un'impronta decisamente surreale a "Shirobako", soprattutto quando, verso il finale, risulterà piuttosto ambiguo il loro ruolo come semplici fantasticherie della protagonista.
Il comparto grafico della serie, comunque, risulta ben allineato con il contesto di normalità dell'ambiente di lavoro della Musashino Animation, tramite un character design che distingue i vari personaggi, ma senza che siano eccessivamente al di fuori dal comune; il fatto che le opere in lavorazione presso lo studio d'animazione siano incentrate su avventure fantastiche permette, inoltre, di godere di attimi di grande pregio a livello artistico, come gli scenari dipinti a mano di Terza Squadriglia Femminile o la cura per l'anatomia degli animali in Exodus!
In conclusione, "Shirobako" resta un lavoro interessante e in grado di trasmettere le fatiche e la bellezza di un mondo così conosciuto, però spesso in maniera poco approfondita, come l'animazione, facendoci assistere alla crescita di Miyamori e delle sue amiche fra i dubbi di fronte agli ostacoli e fra le soddisfazioni di un lavoro ben eseguito e creato con il cuore; funge da chiave per aprire le porte del dietro le quinte della realizzazione di un anime con una piacevolissima dose di allegria e serenità, senza tralasciare momenti di tensione o di difficoltà, seppure soffermandosi poco su questi ultimi. Fanno alzare un po' il sopracciglio quei momenti che si discostano troppo dalle ambientazioni quotidiane e le caratterizzazioni macchiettistiche degli editori dei manga.
L'elevata presenza di citazioni e omaggi concedono, comunque, fitte di ilarità e nostalgia che sembrano quasi voler trasmettere il seguente messaggio: ogni opera ha un'anima e questa è costituita dalla grande passione di chi le ha dato vita.
Sette per l'intelligenza e la cura nel narrare il lavoro dietro agli anime insieme a una sceneggiatura divertente e a personaggi molto credibili, ma tramite un punto di vista troppo roseo e a eccessi che fanno perdere realismo all'opera.
Il pubblico abituato alle storie eccezionali degli anime potrebbe lasciarsi stupire dalle prime puntate di "Shirobako", anime uscito lo scorso anno, le quali prospettano una trama semplice e profondamente legata alla vita di tutti i giorni: Aoi Miyamori, Ema Yasuhara, Midori Himai, Shizuka Sakaki e Misa Toudou fanno parte dello stesso club di animazione delle superiori e, una volta concluso il loro primo progetto amatoriale, suggellano la promessa di rifinire, quando avranno i mezzi e l'esperienza necessari, la loro opera e renderla un prodotto completo. La trama segue le vicende delle ragazze anni dopo, ognuna di loro è alle prese con diversi aspetti della creazione di un anime, in particolare la storia ruota attorno a Miyamori e al suo lavoro di assistente di produzione e poi di produzione esecutiva durante lo sviluppo di due anime, il primo originale e il secondo tratto da un manga ancora in prosecuzione.
"Shirobako" si prospetta come un lavoro molto vicino al metaracconto, un anime che si concentra sulla sua stessa creazione e, in effetti, è possibile riconoscere nei personaggi che compongono il cast, soprattutto quelli più anziani (il presidente o l'animatore anziano dello studio d'animazione), una sottospecie di funzione di mediazione fra gli spettatori e gli autori stessi di "Shirobako", sulle amarezze e le gioie indissolubili di un settore che richiede la creatività come qualità principale. La scelta di incentrare il delinearsi della storia attraverso gli occhi di Miyamori risulta una decisione intelligente, che permette di inquadrare ampiamente i vari aspetti dello sviluppo di una serie animata, focalizzandosi su ogni punto, anche se sempre con un occhio di riguardo all'animazione e al coordinamento fra assistenti di produzione e artisti che collaborano con la Musashino Animation (lo studio in cui si svolgono le vicende principali).
L'idea iniziale che l'anime cerchi un approccio il più possibile realista viene soddisfatta dalla cura con cui vengono spiegate le fasi di lavorazione e dalle relazioni fra i vari personaggi; queste ultime sono sceneggiate in modo fluido e sfaccettato: ogni personaggio ha la sua voce, il suo modo di esprimersi e di rapportarsi con gli altri, senza che si abbia l'impressione di assistere a dialoghi o situazioni fra lo stesso tipo di persona. Miyamori è dolce, combattiva, ma ancora inesperta, mentre Yano, sua senpai, è più sicura di sé e dei suoi mezzi e funge da figura di sorella maggiore per la povera Aoi. Tarou, d'altro canto, è un collega più pigro e svogliato, dalle mire decisamente al di sopra delle sue stesse possibilità. I personaggi, insomma, godono di inquadrature a tutto tondo, grazie ai dialoghi capaci di donare veridicità sia alle loro personalità sia alle situazioni leggere o complicate che siano.
E' forse il lato più comico e frivolo dell'opera a fornire un distacco netto dall'impressione minimalista: in un settore in cui l'inventiva è fondamentale per produrre opere capaci di differenziarsi dalla concorrenza e di trasmettere sensazioni variegate agli spettatori, sembra scontato che registi, animatori e persone adibite ad altre mansioni si presentino con caratteri infantili e quasi caricaturali. Tuttavia, soprattutto in certi episodi di "Shirobako", il desiderio di omaggiare altre opere o di fornire una visione piacevole e divertente agli spettatori stridono con quelle più concrete e realistiche. Basterebbe citare le corse sfrenate in macchina per raggiungere gli animatori o consegnare i nastri delle puntate, nonché il momento in cui il regista Kinoshita cerca di incontrare il mangaka di "Dai san hikou shoujo-tai" (Terza Squadriglia Femminile nell'adattamento di Yamato Animation). Anche l'utilizzo dei due pupazzi che servono per dar voce alle riflessioni di Miyamori e come ulteriore mediazione fra il pubblico e le parti più incentrate sugli aspetti tecnici inizieranno a donare un'impronta decisamente surreale a "Shirobako", soprattutto quando, verso il finale, risulterà piuttosto ambiguo il loro ruolo come semplici fantasticherie della protagonista.
Il comparto grafico della serie, comunque, risulta ben allineato con il contesto di normalità dell'ambiente di lavoro della Musashino Animation, tramite un character design che distingue i vari personaggi, ma senza che siano eccessivamente al di fuori dal comune; il fatto che le opere in lavorazione presso lo studio d'animazione siano incentrate su avventure fantastiche permette, inoltre, di godere di attimi di grande pregio a livello artistico, come gli scenari dipinti a mano di Terza Squadriglia Femminile o la cura per l'anatomia degli animali in Exodus!
In conclusione, "Shirobako" resta un lavoro interessante e in grado di trasmettere le fatiche e la bellezza di un mondo così conosciuto, però spesso in maniera poco approfondita, come l'animazione, facendoci assistere alla crescita di Miyamori e delle sue amiche fra i dubbi di fronte agli ostacoli e fra le soddisfazioni di un lavoro ben eseguito e creato con il cuore; funge da chiave per aprire le porte del dietro le quinte della realizzazione di un anime con una piacevolissima dose di allegria e serenità, senza tralasciare momenti di tensione o di difficoltà, seppure soffermandosi poco su questi ultimi. Fanno alzare un po' il sopracciglio quei momenti che si discostano troppo dalle ambientazioni quotidiane e le caratterizzazioni macchiettistiche degli editori dei manga.
L'elevata presenza di citazioni e omaggi concedono, comunque, fitte di ilarità e nostalgia che sembrano quasi voler trasmettere il seguente messaggio: ogni opera ha un'anima e questa è costituita dalla grande passione di chi le ha dato vita.
Sette per l'intelligenza e la cura nel narrare il lavoro dietro agli anime insieme a una sceneggiatura divertente e a personaggi molto credibili, ma tramite un punto di vista troppo roseo e a eccessi che fanno perdere realismo all'opera.