Recensione
Magi: The Labyrinth of Magic
4.5/10
Recensione di grandebonzo
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Belli i tempi in cui, addentando una girella, ammiravo estasiato le gesta di Goku e le mirabolanti avventure di Dai. Belli, sì, ma ormai sepolti tra le sabbie del tempo. Tuttavia, benché il nostalgico luccichio nei miei occhi sia un indizio rivelatore della mia età anagrafica, non esistono vincoli che mi impediscano di apprezzare tuttora le opere destinate a un pubblico di 'ragazzi'. Ragion per cui, frastornato dalla delirante acclamazione riservata a questo recente shonen, ho pianificato con cura i concomitanti giorni di rovente canicola: puntatone di "Magi", fetta di anguria, tifo indiavolato e... sapete voi cos'altro (a chi proprio non riesce a immaginarlo suggerisco di dare un'occhiata a "Il secondo tragico Fantozzi").
Avvincente l'incipit: un misterioso ragazzino, in realtà un potentissimo mago, si imbatte nell'apparentemente cinico Alibaba, con cui, al di là delle previsioni, stringe una salda amicizia che lo condurrà ad esplorare dungeon, mazzolare gente cattiva, conoscere persone e fare cose. Scopo di Aladdin, questo il nome del giovane protagonista, sembra essere quello di recuperare la testa dispersa chissà dove del suo djinn, un bestione blu acefalo evocato da un flauto; il dipanarsi dell'intreccio porterà altresì alla luce oscuri retroscena e pericolosi imprevisti che faranno prendere alle vicende una piega ben più articolata.
La prospettiva di interessanti sviluppi appare dunque concreta e allettante, sorretta oltretutto da una grafica sgargiante e da ambientazioni dal gusto orientaleggiante, dettagliate ed evocative. Moralmente in obbligo, decido di compiere il passo successivo: proseguo la visione, conscio che, a meno di cataclismi o gravi eventi sociopolitici, il mio personale bushido mi impone abitualmente di terminare le serie iniziate. Mai errore fu più grande: l'anabasi in questo tartaro di cliché e banalità è una tortura che non augurerei nemmeno al più puritano e integralista esperto di animazione.
È il cast a riservarci il primo colpo basso: eccezion fatta per i due protagonisti - benché il loro buonismo sia a volte così caramellato da risultare veritiero al pari dei miracoli di Medjugorie (Alibaba non riesce a liberarsi dall'aura da santarellino neppure nella sua forma 'corrotta'!) -, è costituito da una pletora di personaggi irritanti e sconclusionati. Alla coppia principale, infatti, si unisce ben presto Morgiana, guerriera capace di abbattere intere montagne a calci, che, invece di sottomettere il mondo con la forza bruta, si ritrova (alquanto sorprendentemente) in condizioni di schiavitù; a dispetto di comportamenti scostanti (al limite della casualità) tipici della schizofrenia, le sue doti marziali sono perlomeno utili a ribaltare situazioni in apparenza disperate - una dea ex machina, insomma -, alimentando nello spettatore quella rassicurante sensazione del tanto adesso vi spacca il deretano. Come non citare poi il cacofonico Sindobaddo e la sua cricca di coloriti, quanto inutili comprimari: lui e il suo presepe vivente saranno sempre pronti a sfoggiare i muscoli e il miglior profilo (seni prosperosi e ballonzolanti non mancano, tranquilli, non sobbalzate sulla sedia), dispensando contemporaneamente perle di saggezza e filosofiche riflessioni da Baci Perugina.
I villain si distinguono invece per i muscoli, il bel profilo e i seni ballonzolanti. Per carità, ci sono anche quelli brutti, ma non temete, faranno la fine che meritano i cattivi brutti.
Arrivare al venticinquesimo episodio è stato più arduo che ammonticchiare l'Ossa e il Pelio, un supplizio di proporzioni titaniche fatto di comparse che si sacrificano pro bono, combattimenti dall'esito scontato, spacconate da bulli di periferia, nonché un impressionante calo grafico, tale da rendere la parte finale dell'anime, tra imprecisioni nei disegni e povertà di animazioni, talmente imbarazzante da farmi arrossire al posto del supervisore agli scatti animati. A difesa di "Magi", devo però ammettere che ho trovato piuttosto coinvolgenti i flashback sul passato dei personaggi, e gradevoli le sigle di apertura e chiusura; realizzare un recap di dieci minuti unendo queste due sole componenti potrebbe essere un'idea interessante.
Alla fine ho raggiunto anch'io la mia Trapezunte e, come non era arduo vaticinare, nonostante si prospettassero chissà quali rivolgimenti di trama, non accade l'imponderabile, anzi, tutto finisce a tarallucci e vino.
Sarò forse partito con aspettative troppo alte - di sicuro non mi aspettavo un intrattenimento di così bassa lega -, tuttavia sono persuaso che neanche uno 'sbarbatello' possa trovare alcunché di emozionante o esaltante in questo anime. Non va dimenticato che è già disponibile la seconda stagione di "Magi", nonché una serie di stuzzicanti OAV incentrati sul nostro amato guascone Sindobaddo, ma credo che mi dedicherò ad attività più gratificanti, come la filatelia o la collezione di Barbie, e porgo lo stesso consiglio a chi si sia preso la briga di leggere questa recensione.
Doverosa infine la menzione alla gag delle entreneuse dall'aspetto rivoltante, riproposta ben due volte, con protagonista Alibaba: Alvaro Vitali ne sarebbe stato fiero.
Avvincente l'incipit: un misterioso ragazzino, in realtà un potentissimo mago, si imbatte nell'apparentemente cinico Alibaba, con cui, al di là delle previsioni, stringe una salda amicizia che lo condurrà ad esplorare dungeon, mazzolare gente cattiva, conoscere persone e fare cose. Scopo di Aladdin, questo il nome del giovane protagonista, sembra essere quello di recuperare la testa dispersa chissà dove del suo djinn, un bestione blu acefalo evocato da un flauto; il dipanarsi dell'intreccio porterà altresì alla luce oscuri retroscena e pericolosi imprevisti che faranno prendere alle vicende una piega ben più articolata.
La prospettiva di interessanti sviluppi appare dunque concreta e allettante, sorretta oltretutto da una grafica sgargiante e da ambientazioni dal gusto orientaleggiante, dettagliate ed evocative. Moralmente in obbligo, decido di compiere il passo successivo: proseguo la visione, conscio che, a meno di cataclismi o gravi eventi sociopolitici, il mio personale bushido mi impone abitualmente di terminare le serie iniziate. Mai errore fu più grande: l'anabasi in questo tartaro di cliché e banalità è una tortura che non augurerei nemmeno al più puritano e integralista esperto di animazione.
È il cast a riservarci il primo colpo basso: eccezion fatta per i due protagonisti - benché il loro buonismo sia a volte così caramellato da risultare veritiero al pari dei miracoli di Medjugorie (Alibaba non riesce a liberarsi dall'aura da santarellino neppure nella sua forma 'corrotta'!) -, è costituito da una pletora di personaggi irritanti e sconclusionati. Alla coppia principale, infatti, si unisce ben presto Morgiana, guerriera capace di abbattere intere montagne a calci, che, invece di sottomettere il mondo con la forza bruta, si ritrova (alquanto sorprendentemente) in condizioni di schiavitù; a dispetto di comportamenti scostanti (al limite della casualità) tipici della schizofrenia, le sue doti marziali sono perlomeno utili a ribaltare situazioni in apparenza disperate - una dea ex machina, insomma -, alimentando nello spettatore quella rassicurante sensazione del tanto adesso vi spacca il deretano. Come non citare poi il cacofonico Sindobaddo e la sua cricca di coloriti, quanto inutili comprimari: lui e il suo presepe vivente saranno sempre pronti a sfoggiare i muscoli e il miglior profilo (seni prosperosi e ballonzolanti non mancano, tranquilli, non sobbalzate sulla sedia), dispensando contemporaneamente perle di saggezza e filosofiche riflessioni da Baci Perugina.
I villain si distinguono invece per i muscoli, il bel profilo e i seni ballonzolanti. Per carità, ci sono anche quelli brutti, ma non temete, faranno la fine che meritano i cattivi brutti.
Arrivare al venticinquesimo episodio è stato più arduo che ammonticchiare l'Ossa e il Pelio, un supplizio di proporzioni titaniche fatto di comparse che si sacrificano pro bono, combattimenti dall'esito scontato, spacconate da bulli di periferia, nonché un impressionante calo grafico, tale da rendere la parte finale dell'anime, tra imprecisioni nei disegni e povertà di animazioni, talmente imbarazzante da farmi arrossire al posto del supervisore agli scatti animati. A difesa di "Magi", devo però ammettere che ho trovato piuttosto coinvolgenti i flashback sul passato dei personaggi, e gradevoli le sigle di apertura e chiusura; realizzare un recap di dieci minuti unendo queste due sole componenti potrebbe essere un'idea interessante.
Alla fine ho raggiunto anch'io la mia Trapezunte e, come non era arduo vaticinare, nonostante si prospettassero chissà quali rivolgimenti di trama, non accade l'imponderabile, anzi, tutto finisce a tarallucci e vino.
Sarò forse partito con aspettative troppo alte - di sicuro non mi aspettavo un intrattenimento di così bassa lega -, tuttavia sono persuaso che neanche uno 'sbarbatello' possa trovare alcunché di emozionante o esaltante in questo anime. Non va dimenticato che è già disponibile la seconda stagione di "Magi", nonché una serie di stuzzicanti OAV incentrati sul nostro amato guascone Sindobaddo, ma credo che mi dedicherò ad attività più gratificanti, come la filatelia o la collezione di Barbie, e porgo lo stesso consiglio a chi si sia preso la briga di leggere questa recensione.
Doverosa infine la menzione alla gag delle entreneuse dall'aspetto rivoltante, riproposta ben due volte, con protagonista Alibaba: Alvaro Vitali ne sarebbe stato fiero.