Recensione
Dolls
10.0/10
Recensione di AkiraSakura
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L'eterno vagare degli innamorati, che tentano di fuggire dal destino, legati l'un l'altro da una corda rossa. Camminano lentamente, con lo sguardo perso nel vuoto; per le strade, le ferrovie, i viali colmi di ciliegi in fiore; e la natura - che si manifesta in una poesia d'immagini, colori e suoni - sembra del tutto indifferente alle sorti dei suoi figli. Essi comunicano mediante sguardi fugaci: le parole sono inutili, generano soltanto incomprensione e dolore. L'unica vera realtà è quella del silenzio.
Con "Dolls", Takeshi Kitano giunge al punto di non ritorno della sua poetica: impossibile replicare un'opera di tale levatura, anche per il suo stesso creatore. Dalla critica al materialismo della civiltà contemporanea, sino ai toni da tragedia greca, in cui Eros e Thanatos si fondono in un ciclo che ingloba in sé il divenire delle cose, la commistione di suoni e immagini creata da Kitano e Hisaishi assume forme molteplici, come i suoi significati; si espande nel profondo, con sfumature sensuali e allo stesso tempo gelide, proprio come quelle della natura che intende contemplare.
L'opera si apre con una rappresentazione teatrale de "Bunraku Meido no Hikyaku" ("I Messi dell'Inferno") di Chikamatsu Monzaemon, un'opera risalente al diciassettesimo secolo: due amanti vivono un amore tragico, passionale ed osteggiato dalle circostanze esterne. Le due bambole del teatro Bunraku che li rappresentano, mosse da entità al di fuori della loro portata, ovvero i marionettisti, vengono sovrapposte ai due protagonisti del film, anch'essi burattini nelle mani di un qualcosa d'immenso ed imperscrutabile. L'amore appartenente al lontano passato diventa quindi quello del presente, ed il cerchio simbolico dell'immutabilità delle passioni viene chiuso; a prescindere dallo scorrere del fiume del tempo, l'uomo rimane sempre la stessa marionetta, e non vi è alcuna vera evoluzione, a parte quella della tecnica e della complessità della società - che tuttavia si rivela asettica, rigida, legata all'apparenza e ai formalismi.
Matsumoto è innamorato di Sawako, con la quale ha un rapporto meraviglioso, semplice e diretto; tuttavia, i suoi genitori lo convincono a sposare la figlia del datore di lavoro, per far sì che si assicuri un posto di rilievo nella società. La reazione di Sawako al tradimento è un tentato suicidio e una regressione mentale nell'infanzia; la ragazza viene distrutta dalle circostanze esterne, dacché non ha avuto il potere di contrastare dei meccanicismi al di fuori della sua portata, i quali l'hanno stritolata nella loro morsa. Venuto a conoscenza del fatto, Matsumoto prende coscienza del suo errore, e decide di abbandonare tutto - genitori, casa, matrimonio e lavoro - al fine d'intraprendere un vagabondaggio senza meta alcuna, assieme alla sua ex ragazza, ormai ridotta ad un fantasma dalla psicologia in frantumi.
Un vissuto boss della yakuza dall'aria triste ricorda i tempi in cui era ancora in grado di provare dell'amore; il suo pensiero corre all'indietro, nel passato, nel momento in cui aveva lasciato Hiro, la sua fedele e dolce ragazza, scrollandosela di dosso con una falsa promessa legata ad un improbabile futuro rincontro. Vecchio nel corpo e nello spirito, il suddetto decide di ritornare in quei luoghi, dopo innumerevoli anni, ricercando quell'idealità ormai corrosa dalla durezza della vita; di Sabato, lo stesso giorno in cui la sua metà gli portava il pranzo, per poterlo consumare assieme a lui. Ma questo innocente atto di fuga dagli schematismi del quotidiano si concluderà con una triste beffa del destino, anche se la purezza del ricordo, per alcuni brevi momenti, è stata recuperata, grazie ad un incontro struggente e straordinario, avvenuto nel crepuscolo della vita.
Haruna Yamaguchi è una idol di successo, amata ed apprezzata da tutti per la sua bellezza. Un giorno, un'incidente la sfigura, rendendola una fallita, un'ombra ai margini della società. Il suo più grande fan, il quale nutre nei suoi confronti una vera e propria ossessione, decide di togliersi la vista, spinto da un amore che diventa follia - e dal rifiuto di vedere la realtà delle cose. Haruna, la quale adesso rigetta il contatto con i suoi fans e con il mondo esterno, accetterà di vederlo una volta saputo ch'egli è diventato cieco: accetterà di vederlo proprio perché egli è impossibilitato a vederla. Lo prenderà per mano e s'intratterrà con lui nei campi in fiore, in un luogo incontaminato dal grigiore del quotidiano, sino alla metaforica apertura della scatola di Urashima Tarou, che si manifesterà tragicamente, duramente, mediante l'annullamento dell'essere.
Queste tre storie s'incroceranno tra loro nel corso del film; il denominatore comune alle suddette rappresentazioni, per quanto concerne la tematica dell'amore in sé stesso, è la dicotomia amore/morte nel suo senso più totalizzante: amare veramente è come morire, rinunciare completamente al proprio ego. Lasciare ogni cosa, identità compresa, perdendosi nell'altro. In questo processo, tuttavia, si esperiscono domini indescrivibili, irraggiungibili dal convenzionalismo e dal culto dell'apparenza. Si aprono le porte della visione totalizzante della natura in sé stessa, la cui unica melodia è il silenzio, che scandisce l'assenza di ogni forma. Le splendide composizioni di Hisaishi, questa volta rarefatte, imponenti, in grado di rimandare ad una contemplazione mistica dell'esistenza - "Pure White" -, sottolineano il concetto con innata grazia stilistica. L'amore è follia, e la più grande follia che l'uomo possa commettere è il distacco assoluto, il perdersi assieme all'altro in un luogo in cui non ci sono né angeli né demoni, in cui la quiete si fa turbolenta e gli opposti si uniscono in una meravigliosa e terribile danza, formando un'unità indivisibile in cui ogni cosa conosciuta perde di significato, lasciando spazio ad una dimensione fugace in cui, seppur per brevi istanti, ogni cosa è perfetta e bellissima, ma allo stesso tempo corrotta: la dualità diviene unità; un filo rosso lega ogni forma di vita alla Terra. La vita che viene tolta e successivamente ridata, le stagioni che scorrono limpide come le acque di un fiume, seguendo prestabiliti mutamenti in cui c'è ancora spazio per il vero amore - e la vera morte.
Con "Dolls", Takeshi Kitano giunge al punto di non ritorno della sua poetica: impossibile replicare un'opera di tale levatura, anche per il suo stesso creatore. Dalla critica al materialismo della civiltà contemporanea, sino ai toni da tragedia greca, in cui Eros e Thanatos si fondono in un ciclo che ingloba in sé il divenire delle cose, la commistione di suoni e immagini creata da Kitano e Hisaishi assume forme molteplici, come i suoi significati; si espande nel profondo, con sfumature sensuali e allo stesso tempo gelide, proprio come quelle della natura che intende contemplare.
L'opera si apre con una rappresentazione teatrale de "Bunraku Meido no Hikyaku" ("I Messi dell'Inferno") di Chikamatsu Monzaemon, un'opera risalente al diciassettesimo secolo: due amanti vivono un amore tragico, passionale ed osteggiato dalle circostanze esterne. Le due bambole del teatro Bunraku che li rappresentano, mosse da entità al di fuori della loro portata, ovvero i marionettisti, vengono sovrapposte ai due protagonisti del film, anch'essi burattini nelle mani di un qualcosa d'immenso ed imperscrutabile. L'amore appartenente al lontano passato diventa quindi quello del presente, ed il cerchio simbolico dell'immutabilità delle passioni viene chiuso; a prescindere dallo scorrere del fiume del tempo, l'uomo rimane sempre la stessa marionetta, e non vi è alcuna vera evoluzione, a parte quella della tecnica e della complessità della società - che tuttavia si rivela asettica, rigida, legata all'apparenza e ai formalismi.
Matsumoto è innamorato di Sawako, con la quale ha un rapporto meraviglioso, semplice e diretto; tuttavia, i suoi genitori lo convincono a sposare la figlia del datore di lavoro, per far sì che si assicuri un posto di rilievo nella società. La reazione di Sawako al tradimento è un tentato suicidio e una regressione mentale nell'infanzia; la ragazza viene distrutta dalle circostanze esterne, dacché non ha avuto il potere di contrastare dei meccanicismi al di fuori della sua portata, i quali l'hanno stritolata nella loro morsa. Venuto a conoscenza del fatto, Matsumoto prende coscienza del suo errore, e decide di abbandonare tutto - genitori, casa, matrimonio e lavoro - al fine d'intraprendere un vagabondaggio senza meta alcuna, assieme alla sua ex ragazza, ormai ridotta ad un fantasma dalla psicologia in frantumi.
Un vissuto boss della yakuza dall'aria triste ricorda i tempi in cui era ancora in grado di provare dell'amore; il suo pensiero corre all'indietro, nel passato, nel momento in cui aveva lasciato Hiro, la sua fedele e dolce ragazza, scrollandosela di dosso con una falsa promessa legata ad un improbabile futuro rincontro. Vecchio nel corpo e nello spirito, il suddetto decide di ritornare in quei luoghi, dopo innumerevoli anni, ricercando quell'idealità ormai corrosa dalla durezza della vita; di Sabato, lo stesso giorno in cui la sua metà gli portava il pranzo, per poterlo consumare assieme a lui. Ma questo innocente atto di fuga dagli schematismi del quotidiano si concluderà con una triste beffa del destino, anche se la purezza del ricordo, per alcuni brevi momenti, è stata recuperata, grazie ad un incontro struggente e straordinario, avvenuto nel crepuscolo della vita.
Haruna Yamaguchi è una idol di successo, amata ed apprezzata da tutti per la sua bellezza. Un giorno, un'incidente la sfigura, rendendola una fallita, un'ombra ai margini della società. Il suo più grande fan, il quale nutre nei suoi confronti una vera e propria ossessione, decide di togliersi la vista, spinto da un amore che diventa follia - e dal rifiuto di vedere la realtà delle cose. Haruna, la quale adesso rigetta il contatto con i suoi fans e con il mondo esterno, accetterà di vederlo una volta saputo ch'egli è diventato cieco: accetterà di vederlo proprio perché egli è impossibilitato a vederla. Lo prenderà per mano e s'intratterrà con lui nei campi in fiore, in un luogo incontaminato dal grigiore del quotidiano, sino alla metaforica apertura della scatola di Urashima Tarou, che si manifesterà tragicamente, duramente, mediante l'annullamento dell'essere.
Queste tre storie s'incroceranno tra loro nel corso del film; il denominatore comune alle suddette rappresentazioni, per quanto concerne la tematica dell'amore in sé stesso, è la dicotomia amore/morte nel suo senso più totalizzante: amare veramente è come morire, rinunciare completamente al proprio ego. Lasciare ogni cosa, identità compresa, perdendosi nell'altro. In questo processo, tuttavia, si esperiscono domini indescrivibili, irraggiungibili dal convenzionalismo e dal culto dell'apparenza. Si aprono le porte della visione totalizzante della natura in sé stessa, la cui unica melodia è il silenzio, che scandisce l'assenza di ogni forma. Le splendide composizioni di Hisaishi, questa volta rarefatte, imponenti, in grado di rimandare ad una contemplazione mistica dell'esistenza - "Pure White" -, sottolineano il concetto con innata grazia stilistica. L'amore è follia, e la più grande follia che l'uomo possa commettere è il distacco assoluto, il perdersi assieme all'altro in un luogo in cui non ci sono né angeli né demoni, in cui la quiete si fa turbolenta e gli opposti si uniscono in una meravigliosa e terribile danza, formando un'unità indivisibile in cui ogni cosa conosciuta perde di significato, lasciando spazio ad una dimensione fugace in cui, seppur per brevi istanti, ogni cosa è perfetta e bellissima, ma allo stesso tempo corrotta: la dualità diviene unità; un filo rosso lega ogni forma di vita alla Terra. La vita che viene tolta e successivamente ridata, le stagioni che scorrono limpide come le acque di un fiume, seguendo prestabiliti mutamenti in cui c'è ancora spazio per il vero amore - e la vera morte.