Recensione
La città incantata
9.0/10
Presentazione
"La città incantata" è un film d'animazione del 2001, prodotto dallo studio Ghibli, scritto e diretto da Miyazaki. É il film più famoso dello studio, il film che ha permesso a Miyazaki di sfondare anche in Occidente grazie all'Oscar vinto nel 2003 come miglior film d'animazione. Il film si basa sul libro di Sachiko "Il meraviglioso paese oltre la nebbia", liberamente adattato dal nostro caro regista.
Nel 1997 esce "Principessa mononoke" e Miyazaki annuncia il suo ritiro da regista: dichiarò infatti la sua volontà di dedicarsi ad altri ruoli all'interno dello studio e di far fare esperienza ai giovani registi dello studio. Ma il flop ai botteghini di "I miei vicini Yamada" del maestro Takahata e la morte prematura di Kondo, che avrebbe dovuto prendere l'eredità di Miyazaki, costrinsero Miyazaki a tornare in pista, fortemente influenzato dalla morte dell'amico. Durante l'estate Miyazaki era solito andare in vacanza in montagna con delle bambine di dieci anni e, leggendo dei manga shoujo che si erano dimenticate nella sua baita, si chiese se fossero realmente quelli i temi che interessassero a delle bambine di quest'età. Miya-sensei decise allora di creare "La città incantata", una storia dove la protagonista fosse una bambina qualunque, nella quale ogni ragazza avrebbe potuto impersonificarsi.
In questo commento non parlerò esclusivamente de "La città incantata", ma anche della produzione Ghibli in generale, in particolare nella parte dell'apparato tecnico.
Trama
Chihiro, una bambina di dieci anni, è la nostra protagonista. Mentre viaggia con i suoi genitori verso la sua nuova casa, suo padre sbaglia strada e trova uno strano tunnel. Incuriositi, decidono di esplorarlo, finendo catapultati in un mondo fantastico, dove la realtà si mischia con la magia. Chihiro finisce a lavorare in un villaggio termale, dove si ritroverà ad affrontare al contempo problemi comuni e non, il tutto raccontatoci con estrema semplicità, tanto che troveremo più volte gesti naturali e spontanei, che ci permettono di entrare nella storia ed empatizzare con i personaggi, gesti così comuni nelle produzioni Ghibli quanto rare in quelle occidentali.
"La città incantata" è al contempo una delle opere più semplici e complesse di Miyazaki, infatti riuscì a concentrare numerose tematiche in appena 120 minuti, rendendole interessanti e incredibilmente leggere. In questa maniera è riuscito a creare un vero e proprio film di formazione, nel quale non solo Chihiro crescerà, ma cresceremo anche noi, arricchendo di volta in volta la nostra interpretazione. A dieci anni probabilmente lo si guarderà nella sua forma più semplice e pura. Negli anni successivi cominceremo a scoprire sempre nuovi livelli di lettura che ci inviteranno a riflettere sulle diverse tematiche presentate, accompagnando così la nostra crescita.
Interpretazione
Primo tema affrontato nel film è l'ingordigia, rappresentata dai genitori di Chihiro, che vediamo ingozzarsi di cibo come dei maiali, tanto da diventare essi stessi dei maiali. Inoltre questo episodio ci introduce alla critica contro il tanto odiato capitalismo, critica che raggiunge il suo massimo nell'organizzazione delle terme. La strega Yubaba, proprietaria delle terme, rappresenta quell'élite che ha completo controllo del potere economico e politico. In questa dimensione lavorativa è la personificazione del capitalismo, legando indissolubilmente a sé ogni dipendente, togliendogli il nome e affibbiandogliene uno nuovo (duplice allegoria: eliminazione della precedente vita e identità, per una nuova vita, sottomessa a lei; massificazione, perdita della propria identità: non dovete essere come volete, dovete essere come voglio io élite). Al di sotto troviamo i clienti, rappresentanti dell'alta borghesia, servita e riverita. Ancora sotto troviamo i lavoratori delle terme. Loro sono gli operai, la classe che desidera ricchezza e condizioni più agiate (tant'è che quando arriverà il Senza Volto non esiteranno a "vendersi" a lui e al suo oro). In fondo alla gerarchia troviamo Kamaji e i suoi piccoli aiutanti, allegoria del popolo sfruttato, che vivono unicamente perché lavorano. Lavorano più duramente di tutti, più ore di tutti, lavorano così tanto che non possono nemmeno permettersi di pensare alla scalata sociale. Non a caso gli aiutanti sono così piccoli e numerosi (il popolo sfruttato è numeroso e insignificante rispetto all'élite al potere), senza considerare le numerose braccia di Kamaji e il fatto che dorma dove lavori (l'eccessivo carico lavorativo a cui è sottoposto). Altra tematica importante è l'avarizia, sempre collegata al capitalismo, che vediamo espressa grazie a Senza volto, che distribuendo oro cerca di rendere felici le altre persone, per conquistarne l'amicizia e la fiducia. Come già anticipato i lavoratori non esiteranno a seguire Senza volto, unicamente per la sua capacità di generare oro dal nulla, poiché è la loro condizione sociale a spingerli, per ricercare uno stile di vita più borghese. Ma tutto ciò è finzione, si basa sul nulla, su deboli valori materiali e temporanei (l'oro infatti svanisce dopo poco tempo). L'amicizia non si guadagna così, gliene dà prova la nostra Chihiro, che si dimostrerà disinteressata verso l'oro, perché lei non si è omologata. Nel suo percorso la vedremo guadagnare, solamente grazie al suo impegno e al suo duro lavoro, la fiducia degli altri lavoratori, che inizialmente l'avevano accolta malvolentieri. Ne "La città incantata" troviamo anche i tipici temi di Miyazaki: il volo, grazie ad Haku nella sua forma drago, l'ecologia, grazie allo spirito del fiume giunto alle terme per ripulirsi, e l'amore, trattato non solo nella forma classica tra un uomo e una donna ma in tutte le sue varie sfaccettature (tra Chihiro e Haku, tra Chihiro e i suoi genitori, tra Yubaba e suo figlio...). Una delle principali critiche che sento riguardo "La città incantata" è sul rapporto tra Chihiro e Haku, accusato di trattare in maniera banale la loro "storia d'amore". A mio parere non c'è un sentimento d'amore in senso stretto, ma più un forte legame d'amicizia - un amore Philos, non Eros, per intenderci -, di fiducia e di rispetto, un amore fraterno, come se Miyazaki volesse mostrare attraverso il loro legame il giusto rapporto tra uomo (Chihiro) e la natura (Haku, lo spirito del fiume).
Personaggi
I personaggi non sono nulla di eccezionale, in linea con il resto della produzione Ghibli. Può essere considerato sì un difetto, ma solo se non lo si considera una favola per bambini, cosa che invece è. Molto spesso sento muovere contro i film della Ghibli la critica che i personaggi sono piatti e semplici. Be', è vero. Ma non ci si può aspettare personaggi dalla personalità complessa ed estremamente sfaccettata in un film pensato in particolare per i bambini. Se le situazioni possono essere strutturate in modo tale da poter essere lette diversamente a seconda della propria maturità, così non si può fare per i personaggi di un film (un motivo tra i tanti è la mancanza di tempo materiale, non si riesce ad aggiungere anche questo aspetto, perché dopo un certo numero di minuti l'attenzione dello spettatore cala inevitabilmente). Troviamo tuttavia dei personaggi molto interessanti all'interno del film, come Senza volto. Senza volto rappresenta la società giapponese contemporanea. Rappresenta l'uomo contemporaneo. In una società capitalista come la nostra il denaro ha assunto un ruolo dominante, fondamentale, ogni persona ricerca il denaro. Ma è davvero il denaro la risposta a tutto? Il denaro rende realmente felici le persone? Senza volto è un personaggio veramente interessante, è oggetto di numerose interpretazioni. C'è chi vede in lui una madre, chi un vagabondo, chi una persona che non cerca altro che amici... Io penso che Senza volto non abbia una vera e propria interpretazione: come dice il suo nome, lui non ha un volto. Ognuno può vedere in lui cose differenti ma egualmente valide. Altro personaggio di cui voglio parlare, seppur brevemente, è la strega Yubaba. Yubaba e Zeniba, sua sorella gemella. Rappresentano la dicotomia dell'uomo, le contraddizioni che vivono in lui. Miyazaki vuole sottolineare come spesso noi ci comportiamo diversamente a seconda della situazione, in particolare nella dimensione domestica e lavorativa. Nella prima siamo spesso cordiali e gentili, mentre nella seconda ci trasformiamo e iniziamo la "guerra per la scalata sociale". Naturalmente questo è solo un esempio, si estende benissimo ad altre dimensioni e in direzione opposta (una persona che si mostra sempre ben disposta verso gli altri, ma che poi sfoga tutta la sua frustrazione nella propria famiglia, dando luogo a quegli scandali in cui i mariti picchiano mogli/figli).
Apparato tecnico
Per quanto riguarda l'apparato tecnico posso solo scrivere elogi: tipico chara design della Ghibli, semplice ma efficace, colori vivaci ma ben dosati, che esaltano i già buoni fondali presenti, animazioni fluidissime e regia spettacolare, che riesce a cogliere nel modo migliore ogni azione dei personaggi, musiche realizzate da Joe Hisaishi, compositore di fiducia dello Studio Ghibli, che ha realizzato per l'occasione oltre sessanta (!) minuti di OST.
Provo a spiegare il motivo di tutta questa qualità. Innanzitutto c'è una grande cura dei dettagli, nella loro semplicità i disegni si rivelano molto elaborati, distaccandosi da quelli occidentali - molto più minimalisti. Altra ragione è che i disegni sono quasi tutti realizzati a mano, alcuni vengono digitalizzati e completati al computer aggiungendo particolari effetti, ma protagonista assoluta del disegno è la mano - prima di "Principessa Mononoke" (1997) i film erano completamente realizzati a mano. Questo permette di avere molto più controllo del disegno, infatti non troveremo nessuna scena con dei personaggi che fanno "il nulla". Ogni personaggio fa qualcosa, passeggia, chiacchiera, chiama al cellulare, sono personaggi vivi, pur essendo comparse. Un paio di esempi inventati sul momento: quella signora sullo sfondo compare mentre telefona, dopo poco termina la chiamata e ripone il telefono nella borsa; quel ragazzo sta correndo e si ferma all'improvviso di fronte a una cioccolateria. Delle comparse dinamiche, vive, non statiche, non semplici manichini. Sembra una cosa stupida, ma è molto importante, perché aumenta l'immersione dello spettatore nella storia, la fa sembrare incredibilmente vera. Altra pratica che si è persa qui in Occidente, con mio gran dispiacere. Ultimo aspetto di cui voglio parlare è la cosiddetta "gratuitous motion", che aiuta, insieme alle comparse dinamiche, a rendere la storia incredibilmente vicina a noi. Gratuitous motion è un tecnicismo inventato dal critico cinematografico Rogert Ebert proprio per indicare questo aspetto tipico dei film di Miyazaki. Non conosco un modo di dire per esprimere il concetto in italiano, perciò proverò a spiegarvelo tramite una non elegante perifrasi: gratuitous motion è quel movimento inutile dei personaggi, che non porta a un progredire della trama, ma semplicemente a rendere vero il personaggio. Un'azione superflua ma reale, permettendo quei bellissimi momenti di silenzio tipici dei film Ghibli. In un'intervista a Miyazaki, Ebert gli ha chiesto proprio riguardo a questa gratuitous motion, che lui tanto ammira. Miya-sensei gli ha spiegato che in giapponese esiste proprio una parola per indicare questo concetto: "ma". Intraducibile sia in italiano che in inglese. Nel farlo ha perciò portato un esempio; dopo aver battuto le mani tre volte, disse: "Il tempo che separa ogni battito è il "ma". Se tu svolgi l'azione senza nessuna pausa, sarà tutto sempre frenetico. Se invece ti prendi una pausa, la tensione può crescere in dimensioni ancora maggiori. Se percepisci la tensione sempre alla stessa intensità, alla fine ti ci abituerai e non ci farai più caso. Le persone che creano film hanno paura del silenzio, perciò vogliono eliminarlo. Sono preoccupati che l'audience possa annoiarsi, che possa alzarsi e andarsi a comprare dei popcorn. Ma mantenere alta l'azione per tutto il film non garantisce che i ragazzi restino sempre attenti. Ciò che importa realmente sono le emozioni. Questo è quello che sto cercando di fare dagli anni '70 con i miei amici."
"La città incantata" è un film d'animazione del 2001, prodotto dallo studio Ghibli, scritto e diretto da Miyazaki. É il film più famoso dello studio, il film che ha permesso a Miyazaki di sfondare anche in Occidente grazie all'Oscar vinto nel 2003 come miglior film d'animazione. Il film si basa sul libro di Sachiko "Il meraviglioso paese oltre la nebbia", liberamente adattato dal nostro caro regista.
Nel 1997 esce "Principessa mononoke" e Miyazaki annuncia il suo ritiro da regista: dichiarò infatti la sua volontà di dedicarsi ad altri ruoli all'interno dello studio e di far fare esperienza ai giovani registi dello studio. Ma il flop ai botteghini di "I miei vicini Yamada" del maestro Takahata e la morte prematura di Kondo, che avrebbe dovuto prendere l'eredità di Miyazaki, costrinsero Miyazaki a tornare in pista, fortemente influenzato dalla morte dell'amico. Durante l'estate Miyazaki era solito andare in vacanza in montagna con delle bambine di dieci anni e, leggendo dei manga shoujo che si erano dimenticate nella sua baita, si chiese se fossero realmente quelli i temi che interessassero a delle bambine di quest'età. Miya-sensei decise allora di creare "La città incantata", una storia dove la protagonista fosse una bambina qualunque, nella quale ogni ragazza avrebbe potuto impersonificarsi.
In questo commento non parlerò esclusivamente de "La città incantata", ma anche della produzione Ghibli in generale, in particolare nella parte dell'apparato tecnico.
Trama
Chihiro, una bambina di dieci anni, è la nostra protagonista. Mentre viaggia con i suoi genitori verso la sua nuova casa, suo padre sbaglia strada e trova uno strano tunnel. Incuriositi, decidono di esplorarlo, finendo catapultati in un mondo fantastico, dove la realtà si mischia con la magia. Chihiro finisce a lavorare in un villaggio termale, dove si ritroverà ad affrontare al contempo problemi comuni e non, il tutto raccontatoci con estrema semplicità, tanto che troveremo più volte gesti naturali e spontanei, che ci permettono di entrare nella storia ed empatizzare con i personaggi, gesti così comuni nelle produzioni Ghibli quanto rare in quelle occidentali.
"La città incantata" è al contempo una delle opere più semplici e complesse di Miyazaki, infatti riuscì a concentrare numerose tematiche in appena 120 minuti, rendendole interessanti e incredibilmente leggere. In questa maniera è riuscito a creare un vero e proprio film di formazione, nel quale non solo Chihiro crescerà, ma cresceremo anche noi, arricchendo di volta in volta la nostra interpretazione. A dieci anni probabilmente lo si guarderà nella sua forma più semplice e pura. Negli anni successivi cominceremo a scoprire sempre nuovi livelli di lettura che ci inviteranno a riflettere sulle diverse tematiche presentate, accompagnando così la nostra crescita.
Interpretazione
Primo tema affrontato nel film è l'ingordigia, rappresentata dai genitori di Chihiro, che vediamo ingozzarsi di cibo come dei maiali, tanto da diventare essi stessi dei maiali. Inoltre questo episodio ci introduce alla critica contro il tanto odiato capitalismo, critica che raggiunge il suo massimo nell'organizzazione delle terme. La strega Yubaba, proprietaria delle terme, rappresenta quell'élite che ha completo controllo del potere economico e politico. In questa dimensione lavorativa è la personificazione del capitalismo, legando indissolubilmente a sé ogni dipendente, togliendogli il nome e affibbiandogliene uno nuovo (duplice allegoria: eliminazione della precedente vita e identità, per una nuova vita, sottomessa a lei; massificazione, perdita della propria identità: non dovete essere come volete, dovete essere come voglio io élite). Al di sotto troviamo i clienti, rappresentanti dell'alta borghesia, servita e riverita. Ancora sotto troviamo i lavoratori delle terme. Loro sono gli operai, la classe che desidera ricchezza e condizioni più agiate (tant'è che quando arriverà il Senza Volto non esiteranno a "vendersi" a lui e al suo oro). In fondo alla gerarchia troviamo Kamaji e i suoi piccoli aiutanti, allegoria del popolo sfruttato, che vivono unicamente perché lavorano. Lavorano più duramente di tutti, più ore di tutti, lavorano così tanto che non possono nemmeno permettersi di pensare alla scalata sociale. Non a caso gli aiutanti sono così piccoli e numerosi (il popolo sfruttato è numeroso e insignificante rispetto all'élite al potere), senza considerare le numerose braccia di Kamaji e il fatto che dorma dove lavori (l'eccessivo carico lavorativo a cui è sottoposto). Altra tematica importante è l'avarizia, sempre collegata al capitalismo, che vediamo espressa grazie a Senza volto, che distribuendo oro cerca di rendere felici le altre persone, per conquistarne l'amicizia e la fiducia. Come già anticipato i lavoratori non esiteranno a seguire Senza volto, unicamente per la sua capacità di generare oro dal nulla, poiché è la loro condizione sociale a spingerli, per ricercare uno stile di vita più borghese. Ma tutto ciò è finzione, si basa sul nulla, su deboli valori materiali e temporanei (l'oro infatti svanisce dopo poco tempo). L'amicizia non si guadagna così, gliene dà prova la nostra Chihiro, che si dimostrerà disinteressata verso l'oro, perché lei non si è omologata. Nel suo percorso la vedremo guadagnare, solamente grazie al suo impegno e al suo duro lavoro, la fiducia degli altri lavoratori, che inizialmente l'avevano accolta malvolentieri. Ne "La città incantata" troviamo anche i tipici temi di Miyazaki: il volo, grazie ad Haku nella sua forma drago, l'ecologia, grazie allo spirito del fiume giunto alle terme per ripulirsi, e l'amore, trattato non solo nella forma classica tra un uomo e una donna ma in tutte le sue varie sfaccettature (tra Chihiro e Haku, tra Chihiro e i suoi genitori, tra Yubaba e suo figlio...). Una delle principali critiche che sento riguardo "La città incantata" è sul rapporto tra Chihiro e Haku, accusato di trattare in maniera banale la loro "storia d'amore". A mio parere non c'è un sentimento d'amore in senso stretto, ma più un forte legame d'amicizia - un amore Philos, non Eros, per intenderci -, di fiducia e di rispetto, un amore fraterno, come se Miyazaki volesse mostrare attraverso il loro legame il giusto rapporto tra uomo (Chihiro) e la natura (Haku, lo spirito del fiume).
Personaggi
I personaggi non sono nulla di eccezionale, in linea con il resto della produzione Ghibli. Può essere considerato sì un difetto, ma solo se non lo si considera una favola per bambini, cosa che invece è. Molto spesso sento muovere contro i film della Ghibli la critica che i personaggi sono piatti e semplici. Be', è vero. Ma non ci si può aspettare personaggi dalla personalità complessa ed estremamente sfaccettata in un film pensato in particolare per i bambini. Se le situazioni possono essere strutturate in modo tale da poter essere lette diversamente a seconda della propria maturità, così non si può fare per i personaggi di un film (un motivo tra i tanti è la mancanza di tempo materiale, non si riesce ad aggiungere anche questo aspetto, perché dopo un certo numero di minuti l'attenzione dello spettatore cala inevitabilmente). Troviamo tuttavia dei personaggi molto interessanti all'interno del film, come Senza volto. Senza volto rappresenta la società giapponese contemporanea. Rappresenta l'uomo contemporaneo. In una società capitalista come la nostra il denaro ha assunto un ruolo dominante, fondamentale, ogni persona ricerca il denaro. Ma è davvero il denaro la risposta a tutto? Il denaro rende realmente felici le persone? Senza volto è un personaggio veramente interessante, è oggetto di numerose interpretazioni. C'è chi vede in lui una madre, chi un vagabondo, chi una persona che non cerca altro che amici... Io penso che Senza volto non abbia una vera e propria interpretazione: come dice il suo nome, lui non ha un volto. Ognuno può vedere in lui cose differenti ma egualmente valide. Altro personaggio di cui voglio parlare, seppur brevemente, è la strega Yubaba. Yubaba e Zeniba, sua sorella gemella. Rappresentano la dicotomia dell'uomo, le contraddizioni che vivono in lui. Miyazaki vuole sottolineare come spesso noi ci comportiamo diversamente a seconda della situazione, in particolare nella dimensione domestica e lavorativa. Nella prima siamo spesso cordiali e gentili, mentre nella seconda ci trasformiamo e iniziamo la "guerra per la scalata sociale". Naturalmente questo è solo un esempio, si estende benissimo ad altre dimensioni e in direzione opposta (una persona che si mostra sempre ben disposta verso gli altri, ma che poi sfoga tutta la sua frustrazione nella propria famiglia, dando luogo a quegli scandali in cui i mariti picchiano mogli/figli).
Apparato tecnico
Per quanto riguarda l'apparato tecnico posso solo scrivere elogi: tipico chara design della Ghibli, semplice ma efficace, colori vivaci ma ben dosati, che esaltano i già buoni fondali presenti, animazioni fluidissime e regia spettacolare, che riesce a cogliere nel modo migliore ogni azione dei personaggi, musiche realizzate da Joe Hisaishi, compositore di fiducia dello Studio Ghibli, che ha realizzato per l'occasione oltre sessanta (!) minuti di OST.
Provo a spiegare il motivo di tutta questa qualità. Innanzitutto c'è una grande cura dei dettagli, nella loro semplicità i disegni si rivelano molto elaborati, distaccandosi da quelli occidentali - molto più minimalisti. Altra ragione è che i disegni sono quasi tutti realizzati a mano, alcuni vengono digitalizzati e completati al computer aggiungendo particolari effetti, ma protagonista assoluta del disegno è la mano - prima di "Principessa Mononoke" (1997) i film erano completamente realizzati a mano. Questo permette di avere molto più controllo del disegno, infatti non troveremo nessuna scena con dei personaggi che fanno "il nulla". Ogni personaggio fa qualcosa, passeggia, chiacchiera, chiama al cellulare, sono personaggi vivi, pur essendo comparse. Un paio di esempi inventati sul momento: quella signora sullo sfondo compare mentre telefona, dopo poco termina la chiamata e ripone il telefono nella borsa; quel ragazzo sta correndo e si ferma all'improvviso di fronte a una cioccolateria. Delle comparse dinamiche, vive, non statiche, non semplici manichini. Sembra una cosa stupida, ma è molto importante, perché aumenta l'immersione dello spettatore nella storia, la fa sembrare incredibilmente vera. Altra pratica che si è persa qui in Occidente, con mio gran dispiacere. Ultimo aspetto di cui voglio parlare è la cosiddetta "gratuitous motion", che aiuta, insieme alle comparse dinamiche, a rendere la storia incredibilmente vicina a noi. Gratuitous motion è un tecnicismo inventato dal critico cinematografico Rogert Ebert proprio per indicare questo aspetto tipico dei film di Miyazaki. Non conosco un modo di dire per esprimere il concetto in italiano, perciò proverò a spiegarvelo tramite una non elegante perifrasi: gratuitous motion è quel movimento inutile dei personaggi, che non porta a un progredire della trama, ma semplicemente a rendere vero il personaggio. Un'azione superflua ma reale, permettendo quei bellissimi momenti di silenzio tipici dei film Ghibli. In un'intervista a Miyazaki, Ebert gli ha chiesto proprio riguardo a questa gratuitous motion, che lui tanto ammira. Miya-sensei gli ha spiegato che in giapponese esiste proprio una parola per indicare questo concetto: "ma". Intraducibile sia in italiano che in inglese. Nel farlo ha perciò portato un esempio; dopo aver battuto le mani tre volte, disse: "Il tempo che separa ogni battito è il "ma". Se tu svolgi l'azione senza nessuna pausa, sarà tutto sempre frenetico. Se invece ti prendi una pausa, la tensione può crescere in dimensioni ancora maggiori. Se percepisci la tensione sempre alla stessa intensità, alla fine ti ci abituerai e non ci farai più caso. Le persone che creano film hanno paura del silenzio, perciò vogliono eliminarlo. Sono preoccupati che l'audience possa annoiarsi, che possa alzarsi e andarsi a comprare dei popcorn. Ma mantenere alta l'azione per tutto il film non garantisce che i ragazzi restino sempre attenti. Ciò che importa realmente sono le emozioni. Questo è quello che sto cercando di fare dagli anni '70 con i miei amici."