Recensione
Recensione di Vagabond90
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All'inizio dell'800 in quel di Edo, già metropoli ma non ancora capitale, si dipanano le vite di Katsushika Hokusai e seguaci - Hokusai, per intenderci, il pittore di Ukiyo-e che deve la sua fama e notorietà in Occidente grazie alla "grande onda di Kanagawa", la prima di trentasei stampe che vanno sotto il nome di "Trentasei vedute del Monte Fuji". L'onda di Kanagawa al di fuori del Giappone è un simbolo talmente celebre, iconico ed emblematico, per cui molto spesso nell'immaginario collettivo di noi Occidentali la sua immagine si sovrappone e combacia bene all'idea che abbiamo del Giappone stesso. Ebbene, Hokusai ebbe proseliti non solo in patria, ma anche e soprattutto all'estero, dal momento che, grazie alla diffusione capillare di persone, merci e idee di una globalizzazione all'alba dei suoi giorni, ci è voluto poco perché le sue raffinate ed esotiche tecniche pittoriche rimanessero impresse ed entrassero tra le grazie dei pittori occidentali. La contaminazione, l'impressione e poi l'espressione sono cifre stilistiche importanti per un’arte che vuole scardinare l'accademismo classico imperante in Europa, e certe istanze stilistiche fanno presa facilmente tra i nuovi geni pittorici della fine dell’ '800: parliamo di Renoir, Monet, Gaugin, Macke, Van Gogh e chi più ne ha più ne metta. E sicuramente negli anni a venire, fino in epoca contemporanea, la fortuna delle opere di Hokusai non è mai venuta meno, passando per il periodo pop-art, fino ad arrivare all'affermazione proprio nei manga. Dunque, questo lungometraggio non è solo un omaggio, ma, se vogliamo, in parte anche una filiazione stessa proprio di quella grande onda di Kanagawa.
Ma il personaggio principale non è Hokusai, o meglio uno dei comprimari; qui la protagonista della storia, che spesso ci fa vivere il racconto in soggettiva, è la figlia Oei Katsushika, meno celebre ma dotata di un talento artistico che quasi eguaglia quello del padre. I due vivono assieme a un terzo scapestrato e scroccone seguace del maestro in una baracca popolare a Edo, letteralmente sommersi da disegni, principale ragione di vita. In una Edo sempre brulicante di vita dalla mattina tra le attività commerciali sino alla notte fonda nei quartieri del piacere, padre e figlia si distinguono per riservatezza e riserbo morale, seppure nelle loro pitture spesso e volentieri vengano dipinte passionali scene cariche di erotismo. Questi due personaggi non vogliono essere celebrati, decantati, bensì se ne racconta l'umanità silenziosa, paziente e perseverante di chi ha votato la sua vita all'arte e alla meticolosità di ogni piccolo dettaglio, ed è disposto al sacrificio personale e a nottate estenuanti di lavoro pur di raggiungere il risultato finale e soddisfare le svariate committenze dei signorotti locali. Perciò, il voluto mutismo di certe sequenze, che potrebbe sembrare un difetto dell'opera, in realtà è elemento aggiunto in quest'ottica.
Nel racconto non manca un pizzico di soprannaturale, che come leggenda popola le opere stesse di mano dei nostri artisti. Edo è sempre lo scenario di fondo sul cui supporto si svolge questa matassa, dove si scontrano o coesistono nella vita di tutti i giorni spiritualità e desideri carnali, realtà e mito.
I fondali costituiscono delle suggestioni perfettamente riuscite ed evocative delle architetture giapponesi di un tempo, ed è stato bello perdersi in quei luoghi così lontani ed esotici. Il character design, asciutto ed essenziale ma al tempo stesso caratteristico, può non essere gradito a tutti, ma dipinge i volti dei protagonisti con il giusto realismo. Le animazioni sono ottime. Se si può obiettare qualcosa all'opera, nonostante sia pieno il livello di coinvolgimento durante tutta la visione del film, è la mancanza di capillarità, dunque un trait d'union che congiunga le storie sparse in esso.
Ma il personaggio principale non è Hokusai, o meglio uno dei comprimari; qui la protagonista della storia, che spesso ci fa vivere il racconto in soggettiva, è la figlia Oei Katsushika, meno celebre ma dotata di un talento artistico che quasi eguaglia quello del padre. I due vivono assieme a un terzo scapestrato e scroccone seguace del maestro in una baracca popolare a Edo, letteralmente sommersi da disegni, principale ragione di vita. In una Edo sempre brulicante di vita dalla mattina tra le attività commerciali sino alla notte fonda nei quartieri del piacere, padre e figlia si distinguono per riservatezza e riserbo morale, seppure nelle loro pitture spesso e volentieri vengano dipinte passionali scene cariche di erotismo. Questi due personaggi non vogliono essere celebrati, decantati, bensì se ne racconta l'umanità silenziosa, paziente e perseverante di chi ha votato la sua vita all'arte e alla meticolosità di ogni piccolo dettaglio, ed è disposto al sacrificio personale e a nottate estenuanti di lavoro pur di raggiungere il risultato finale e soddisfare le svariate committenze dei signorotti locali. Perciò, il voluto mutismo di certe sequenze, che potrebbe sembrare un difetto dell'opera, in realtà è elemento aggiunto in quest'ottica.
Nel racconto non manca un pizzico di soprannaturale, che come leggenda popola le opere stesse di mano dei nostri artisti. Edo è sempre lo scenario di fondo sul cui supporto si svolge questa matassa, dove si scontrano o coesistono nella vita di tutti i giorni spiritualità e desideri carnali, realtà e mito.
I fondali costituiscono delle suggestioni perfettamente riuscite ed evocative delle architetture giapponesi di un tempo, ed è stato bello perdersi in quei luoghi così lontani ed esotici. Il character design, asciutto ed essenziale ma al tempo stesso caratteristico, può non essere gradito a tutti, ma dipinge i volti dei protagonisti con il giusto realismo. Le animazioni sono ottime. Se si può obiettare qualcosa all'opera, nonostante sia pieno il livello di coinvolgimento durante tutta la visione del film, è la mancanza di capillarità, dunque un trait d'union che congiunga le storie sparse in esso.