Recensione
La carrozza di Bloodharley
8.0/10
Se dovessi trovare un aggettivo che racchiudesse l'essenza de "La Carrozza di Bloodharley" sarebbe sicuramente "crudo". A livello psicologico e fisico è un volume autoconclusivo veramente pesante da poter digerire ed avere la coscienza a posto per le ore successive alla lettura.
D'altronde Hiroaki Samura ci ha già abituato a tematiche certamente non leggere nel corso della lavorazione de "L'Immortale", sua opera di lungo respiro.
A differenza di "Mugen no Junin" ("L'Immortale"), tuttavia, "Bloodharley no Basha" (questo il nome originale dell'opera) si discosta, oltre che per la disparità di lunghezza, anche come tematiche. Se in "Mugen no Junin" abbiamo personaggi che si muovono in un antico Giappone crudo e a tratti opprimente, ma anche con risvolti d'azione e momenti più delicati e leggeri, in "Bloodharley no Basha" si respira semplicemente l'odore della disperazione più cupa e profonda.
L'ambientazione è totalmente differente tra le due opere. Bloodharley è ambientato nell'Europa dei primi '900.
Una carrozza che preleva delle ragazze dai vari orfanotrofi rappresentando una speranza per le giovani orfane: salirci significa essere state adottate alla nobile e magnanima famiglia Bloodharley, ed entrare a pieno diritto nel mondo dell'Opera.
Ma ben presto la dolce e soffice speranza per le giovani orfane s'infrange sulla più dura della realtà. La carrozza di Bloodharley non porta la felicità, porta solo la disperazione, è un inganno nascosto sotto una visione di speranza, è una carrozza dritta verso l'inferno delle prigioni, dove le ragazze vengono letteralmente date in pasto ai detenuti.
Così, bugie su bugie, le ragazze si aggrappano a delle speranze inesistenti. Tutto è parte di un progetto più grande, una sorta di esperimento; i sogni delle giovani donne muoiono con loro, dritti all'inferno dove si sono risvegliate.
Questo è il tema principale della crudele "Bloodharley no Basa". Le storie si dipanano da punti di vista differenti: un'orfana prescelta, un secondino, due giovani legate come sorelle che ambiscono entrambe all'entrare nel mondo dei sogni di Bloodharley...
Il tratto grafico di Hiroaki Samura non si discosta da quello degli ultimi numeri di "Mugen no Junin". Si tratta di uno stile di disegno particolare, raramente riscontrabile in un mangaka nipponico, molto simile come "grezzosità" ad un Kentaro Miura dei tempi passati, a cavallo tra uno stile realistico ed uno ispirato ad un bilico tra matrici occidentali e giapponesi. Ed è appunto questa grezzosità il punto forte di Hiroaki Samura, in quanto rende tutto molto realistico e cruento.
Menzione particolare per la regia generale e la sequenza delle vignette. Il tutto fila molto liscio, segno che lo svolgimento dell'opera è stata pensata in modo responsabile e maturo.
Hiroaki Samura si riconferma un artista sempre più completo, riuscendo a spaziare da temi di non facile affronto psicologico (Bloodharley no Basha) a opere più goliardiche (West Tokyo Love Story) per passare a crudi e avvincenti romanzi d'azione in costume (Mugen no Junin). Si ha l'impressione che l'autore, in fondo, riesca a giostrare gli editori e il mondo che gli sta intorno, non il contrario: si ha la convinzione che sia un artista fortunato e pieno di passione, in grado di fare praticamente ciò che desidera (esempio: nelle note di Bloodharley egli stesso afferma di avere scritto questa storia "perché volevo disegnare carrozze"). Indubbiamente un autore di indubbio talento, a cui si possono muovere veramente poche critiche allo stile personale. Questo volume non fa eccezione. Si fa veramente fatica, per come è strutturata la storia, a trovare elementi oggettivi di critica in Bloodharley no Basha.
L'edizione J-Pop si presenta come sempre di ottima fattura, con una insolita sovracopertina ruvida (come se ci dicessero già da prima "questa storia non ha niente di liscio"); ottima la stampa e discreta la carta, anche se non è patinata come altri titoli, si tratta di un supporto di buona qualità.
In definitiva Bloodharley no Basha è una storia cruenta, uno schiaffo in faccia alle vite (e alle morti) dei personaggi. Una successione di bugie, illusioni spezzate nella maniera più cruenta possibile, dove non è sicuramente la morte il male maggiore. Un grezzo, rude e ruvido romanzo grafico ambientato agli inizi del secolo, non adatto a deboli di stomaco o a persone con mentalità poco adulta, in quanto le scene sono esplicite e prive di qualsiasi doppio senso ambiguo.
Per sua natura è una vicenda molto pesante, forse fin troppo, sia a livello psicologico che fisico. In fondo, il lento scorrere della ruota sulla strada selciata e il rumore pesante della Carrozza di Bloodharley, dà veramente l'impressione di una pesantezza spropositata e spaventosa, che neanche dovrebbe esistere in questo mondo.
D'altronde Hiroaki Samura ci ha già abituato a tematiche certamente non leggere nel corso della lavorazione de "L'Immortale", sua opera di lungo respiro.
A differenza di "Mugen no Junin" ("L'Immortale"), tuttavia, "Bloodharley no Basha" (questo il nome originale dell'opera) si discosta, oltre che per la disparità di lunghezza, anche come tematiche. Se in "Mugen no Junin" abbiamo personaggi che si muovono in un antico Giappone crudo e a tratti opprimente, ma anche con risvolti d'azione e momenti più delicati e leggeri, in "Bloodharley no Basha" si respira semplicemente l'odore della disperazione più cupa e profonda.
L'ambientazione è totalmente differente tra le due opere. Bloodharley è ambientato nell'Europa dei primi '900.
Una carrozza che preleva delle ragazze dai vari orfanotrofi rappresentando una speranza per le giovani orfane: salirci significa essere state adottate alla nobile e magnanima famiglia Bloodharley, ed entrare a pieno diritto nel mondo dell'Opera.
Ma ben presto la dolce e soffice speranza per le giovani orfane s'infrange sulla più dura della realtà. La carrozza di Bloodharley non porta la felicità, porta solo la disperazione, è un inganno nascosto sotto una visione di speranza, è una carrozza dritta verso l'inferno delle prigioni, dove le ragazze vengono letteralmente date in pasto ai detenuti.
Così, bugie su bugie, le ragazze si aggrappano a delle speranze inesistenti. Tutto è parte di un progetto più grande, una sorta di esperimento; i sogni delle giovani donne muoiono con loro, dritti all'inferno dove si sono risvegliate.
Questo è il tema principale della crudele "Bloodharley no Basa". Le storie si dipanano da punti di vista differenti: un'orfana prescelta, un secondino, due giovani legate come sorelle che ambiscono entrambe all'entrare nel mondo dei sogni di Bloodharley...
Il tratto grafico di Hiroaki Samura non si discosta da quello degli ultimi numeri di "Mugen no Junin". Si tratta di uno stile di disegno particolare, raramente riscontrabile in un mangaka nipponico, molto simile come "grezzosità" ad un Kentaro Miura dei tempi passati, a cavallo tra uno stile realistico ed uno ispirato ad un bilico tra matrici occidentali e giapponesi. Ed è appunto questa grezzosità il punto forte di Hiroaki Samura, in quanto rende tutto molto realistico e cruento.
Menzione particolare per la regia generale e la sequenza delle vignette. Il tutto fila molto liscio, segno che lo svolgimento dell'opera è stata pensata in modo responsabile e maturo.
Hiroaki Samura si riconferma un artista sempre più completo, riuscendo a spaziare da temi di non facile affronto psicologico (Bloodharley no Basha) a opere più goliardiche (West Tokyo Love Story) per passare a crudi e avvincenti romanzi d'azione in costume (Mugen no Junin). Si ha l'impressione che l'autore, in fondo, riesca a giostrare gli editori e il mondo che gli sta intorno, non il contrario: si ha la convinzione che sia un artista fortunato e pieno di passione, in grado di fare praticamente ciò che desidera (esempio: nelle note di Bloodharley egli stesso afferma di avere scritto questa storia "perché volevo disegnare carrozze"). Indubbiamente un autore di indubbio talento, a cui si possono muovere veramente poche critiche allo stile personale. Questo volume non fa eccezione. Si fa veramente fatica, per come è strutturata la storia, a trovare elementi oggettivi di critica in Bloodharley no Basha.
L'edizione J-Pop si presenta come sempre di ottima fattura, con una insolita sovracopertina ruvida (come se ci dicessero già da prima "questa storia non ha niente di liscio"); ottima la stampa e discreta la carta, anche se non è patinata come altri titoli, si tratta di un supporto di buona qualità.
In definitiva Bloodharley no Basha è una storia cruenta, uno schiaffo in faccia alle vite (e alle morti) dei personaggi. Una successione di bugie, illusioni spezzate nella maniera più cruenta possibile, dove non è sicuramente la morte il male maggiore. Un grezzo, rude e ruvido romanzo grafico ambientato agli inizi del secolo, non adatto a deboli di stomaco o a persone con mentalità poco adulta, in quanto le scene sono esplicite e prive di qualsiasi doppio senso ambiguo.
Per sua natura è una vicenda molto pesante, forse fin troppo, sia a livello psicologico che fisico. In fondo, il lento scorrere della ruota sulla strada selciata e il rumore pesante della Carrozza di Bloodharley, dà veramente l'impressione di una pesantezza spropositata e spaventosa, che neanche dovrebbe esistere in questo mondo.