Recensione
Hikaru no Go
10.0/10
Voglio andare controtendenza e mettere in chiaro che secondo me è la vera opera omnia di Takeshi Obata, non è Death Note come molti pensano.
Niente effetti speciali, niente supereroi, niente mosse segrete. Hikaru no Go è una storia costruita su dei ragazzi appassionati di Go, un gioco di ragionamento con pedine nere e bianche, come potrebbero essere gli scacchi o la dama da noi. La prima volta che mi hanno parlato di questo manga ho pensato fosse di una noia pazzesca; che interesse poteva avere una storia incentrata su un gioco da tavolo di riflessione come è il Go? Anche se non conoscevo affatto il gioco tanto amato nel sol levante, essendo grande estimatore degli scacchi, ho creduto che parallelamente mi avrebbe in ogni caso stuzzicato. Dopo aver imparato l’infarinatura delle regole base, scoprii che mio fratello aveva cominciato ad acquistare i manga di Hikaru no Go, così cominciai a leggerli. Ora, dopo aver acquistato tutti e 23 i numeri, posso tranquillamente affermare di aver vissuto un vero e proprio capolavoro, impeccabile sia dal punto di vista tecnico che narrativo, che mi ha preso fino all’ultima pagina.
E’ questa la storia di Hikaru, un ragazzino delle elementari che di tanto in tanto si cimenta a Go con suo nonno. Non è che il gioco lo attiri più di tanto, ma senza dubbio lo diverte. Un giorno, in compagnia della sua amichetta Akari, s’intrufola proprio nella soffitta del nonno e trova un goban (è questo il nome della scacchiera che si usa per giocare a Go) antichissimo, e macchiato da una sostanza scura, scarlatta. Ispezionandolo attentamente i due ragazzini scoprono che si tratta di sangue, ma il mistero non finisce qui: inavvertitamente Hikaru entra in contatto con uno spirito che infesta la casa, un fantasma, indissolubilmente legato alla macchia di sangue e al vecchio goban. Quando si ritroverà solo, la presenza tornerà a trovarlo e, dopo il terrore iniziale, il ragazzo, suo malgrado, farà la conoscenza di quella simpatica quanto singolare presenza: egli è lo spettro di Fujiwara no Sai, un leggendario, imbattibile e straordinario maestro di Go del periodo Heian (794-1185), tutt’altro che terrorizzante o pericoloso. Sai si dimostra tranquillo, affabile e addirittura simpatico, oltre a mostrare un grande interesse per Hikaru.
Quest’ultimo comprende da subito che è l’unico in grado di vedere Sai e una volta svanita la paura iniziale si abitua all’inusuale presenza fino a diventarne amico. Da qui si evolverà, nel corso dei numeri, un rapporto meraviglioso simile a quello fra padre e figlio, o forse più simile a quello che esiste fra fratello maggiore e fratello minore: Hikaru gli mostrerà come è cambiato il mondo negli ultimi mille anni e gli permetterà di riassaporare il gusto dimenticato di giocare a Go, e Sai, percepita la passione per il gioco da parte del ragazzino (e la sua possibile predisposizione) si impegnerà ad insegnarglielo nelle sue mille sfaccettature. Ma come è morto Sai? E perché è legato a quella macchia di sangue sul goban? Queste sono domande a cui Hikaru troverà le risposte imparando a conoscere, giorno dopo giorno, il suo nuovo, incredibile amico, venendo a conoscenza di una storia struggente e drammatica.
In un grande affresco contemporaneo strutturato magistralmente, prendono parte alle avventure di Hikaru altri personaggi di spicco nel mondo del Go, e la presenza di Sai fa si che il nostro piccolo protagonista si avvicini seriamente ad un mondo da lui fino a quel momento sconosciuto.
Così come Death Note, questo manga ha una veste grafica a dir poco eccezionale, la cura dei particolari e le espressioni dei protagonisti sono qualcosa di indescrivibile e gli sfondi sono realizzati con una minuzia impareggiabile. La storia non risulta mai banale, sempre interessante e i dialoghi non si dilungano troppo evitando di annoiare. Per come è stato ideato il manga, è addirittura possibile apprendere le nozioni base del gioco del Go, nonché imparare qualcosa anche dal punto di vista storico di un gioco che esiste da più di duemila anni: le quattro scuole storiche in Giappone, Honimbo, Inoue, Yasui e Hayashi, il talento odierno della Corea in questa disciplina, e tanto altro.
Ciò che colpisce sopra tutto però è la passione che Sai ha per il Go, qualcosa di calamitante e coinvolgente tanto da riuscire a commuovere il lettore in più di un’occasione, così come le emozioni che suscita l’intera storia. Assolutamente da leggere, per tutti.
Niente effetti speciali, niente supereroi, niente mosse segrete. Hikaru no Go è una storia costruita su dei ragazzi appassionati di Go, un gioco di ragionamento con pedine nere e bianche, come potrebbero essere gli scacchi o la dama da noi. La prima volta che mi hanno parlato di questo manga ho pensato fosse di una noia pazzesca; che interesse poteva avere una storia incentrata su un gioco da tavolo di riflessione come è il Go? Anche se non conoscevo affatto il gioco tanto amato nel sol levante, essendo grande estimatore degli scacchi, ho creduto che parallelamente mi avrebbe in ogni caso stuzzicato. Dopo aver imparato l’infarinatura delle regole base, scoprii che mio fratello aveva cominciato ad acquistare i manga di Hikaru no Go, così cominciai a leggerli. Ora, dopo aver acquistato tutti e 23 i numeri, posso tranquillamente affermare di aver vissuto un vero e proprio capolavoro, impeccabile sia dal punto di vista tecnico che narrativo, che mi ha preso fino all’ultima pagina.
E’ questa la storia di Hikaru, un ragazzino delle elementari che di tanto in tanto si cimenta a Go con suo nonno. Non è che il gioco lo attiri più di tanto, ma senza dubbio lo diverte. Un giorno, in compagnia della sua amichetta Akari, s’intrufola proprio nella soffitta del nonno e trova un goban (è questo il nome della scacchiera che si usa per giocare a Go) antichissimo, e macchiato da una sostanza scura, scarlatta. Ispezionandolo attentamente i due ragazzini scoprono che si tratta di sangue, ma il mistero non finisce qui: inavvertitamente Hikaru entra in contatto con uno spirito che infesta la casa, un fantasma, indissolubilmente legato alla macchia di sangue e al vecchio goban. Quando si ritroverà solo, la presenza tornerà a trovarlo e, dopo il terrore iniziale, il ragazzo, suo malgrado, farà la conoscenza di quella simpatica quanto singolare presenza: egli è lo spettro di Fujiwara no Sai, un leggendario, imbattibile e straordinario maestro di Go del periodo Heian (794-1185), tutt’altro che terrorizzante o pericoloso. Sai si dimostra tranquillo, affabile e addirittura simpatico, oltre a mostrare un grande interesse per Hikaru.
Quest’ultimo comprende da subito che è l’unico in grado di vedere Sai e una volta svanita la paura iniziale si abitua all’inusuale presenza fino a diventarne amico. Da qui si evolverà, nel corso dei numeri, un rapporto meraviglioso simile a quello fra padre e figlio, o forse più simile a quello che esiste fra fratello maggiore e fratello minore: Hikaru gli mostrerà come è cambiato il mondo negli ultimi mille anni e gli permetterà di riassaporare il gusto dimenticato di giocare a Go, e Sai, percepita la passione per il gioco da parte del ragazzino (e la sua possibile predisposizione) si impegnerà ad insegnarglielo nelle sue mille sfaccettature. Ma come è morto Sai? E perché è legato a quella macchia di sangue sul goban? Queste sono domande a cui Hikaru troverà le risposte imparando a conoscere, giorno dopo giorno, il suo nuovo, incredibile amico, venendo a conoscenza di una storia struggente e drammatica.
In un grande affresco contemporaneo strutturato magistralmente, prendono parte alle avventure di Hikaru altri personaggi di spicco nel mondo del Go, e la presenza di Sai fa si che il nostro piccolo protagonista si avvicini seriamente ad un mondo da lui fino a quel momento sconosciuto.
Così come Death Note, questo manga ha una veste grafica a dir poco eccezionale, la cura dei particolari e le espressioni dei protagonisti sono qualcosa di indescrivibile e gli sfondi sono realizzati con una minuzia impareggiabile. La storia non risulta mai banale, sempre interessante e i dialoghi non si dilungano troppo evitando di annoiare. Per come è stato ideato il manga, è addirittura possibile apprendere le nozioni base del gioco del Go, nonché imparare qualcosa anche dal punto di vista storico di un gioco che esiste da più di duemila anni: le quattro scuole storiche in Giappone, Honimbo, Inoue, Yasui e Hayashi, il talento odierno della Corea in questa disciplina, e tanto altro.
Ciò che colpisce sopra tutto però è la passione che Sai ha per il Go, qualcosa di calamitante e coinvolgente tanto da riuscire a commuovere il lettore in più di un’occasione, così come le emozioni che suscita l’intera storia. Assolutamente da leggere, per tutti.