Recensione
Romeo x Juliet
8.0/10
<i>"O Romeo, Romeo, perché sei tu Romeo? Rinnega tuo padre, ricusa il tuo nome o, se proprio non vuoi, giurami il tuo amore e io non sarò più una Capuleti".</i>
Queste le parole, destinate a divenire celebri, sgorgate dalle semplici e carezzevoli labbra di una fanciulla nel fiore dei suoi anni, Giulietta, all'atto di dichiarare il suo amore a Romeo, rampollo del nobile casato dei Montecchi, che la sta sta ascoltando a sua insaputa. Ma non dilunghiamoci eccessivamente sulla trama di questa commovente tragedia - per la cui stesura, con tutta probabilità, Shakespeare guardò a una ridente tradizione, il cui archetipo, senza continuità di soluzione, è da ricercarsi nella descrizione della drammatica vicenda d'amore di Piramo e Tisbe, illustrata da Ovidio nelle sue Metamorfosi - dacché, più o meno a grandi linee, è risaputa ai più, quantunque, magari, anche, o soprattutto, mediante rielaborazioni che ne stravolgono taluni elementi o addirittura tramite delle versioni rivalutate in chiave parodistica.
È in questa prospettiva che dobbiamo collocare pure Romeo x Juliet, sebbene, nel farlo, è necessario tener ben presente che questa serie non ha alcun carattere pretenzioso, ma che vuole anzi concedersi a noi come un'opera i cui soli esordi - intesi come spunti di fondo da cui esordire, per l'appunto, in modo innovativo - additano a quella, celeberrima, shakesperiana. Difatti, una volta proiettato il nostro sguardo sulla prima pagina del primo volumetto, ci ritroviamo violentemente catapultati a Neo Verona, una cittadina che ricorda quelle, tipiche, dell'età rinascimentale, che, come sappiamo più che bene, erano dominate da brutali lotte intestine, nonché da faide per il controllo del potere, intraprese dalle famiglie più prestigiose delle città stesse. Dunque, come dicevamo, ci ritroviamo fin da subito immersi, in medias res, in questa prospettiva, e spettatori quasi inconsapevoli di un atroce delitto, quello dei Signori di Neo Verona, i Capuleti, per mano dell'ambizioso Leonte Montecchi che da anni covava dentro di sé il desiderio di assurgere al potere incontrastato della città sterminando i suoi oppositori. Dal massacro riesce a sfuggire solo Giulietta, figlia minore dei Capuleti, grazie a un gruppo di affezionati e fedeli sostenitori dei Capuleti stessi.
Neo Verona. Quattordici anni dopo. Leonte Montecchi ha instaurato un regime dispotico e autoritario volto alla sopraffazione e all'assoggettamento totale dei più deboli logorati dalle sempre più gravose tasse imposte dal Gran Duca. Un'agile figura avvolta in una cappa color amaranto si dispone a difesa dei bisognosi: è il Turbine Rosso il quale, in realtà, non è altri che Giulietta che ora si fa chiamare Odin per sfuggire alle requisitorie ricerche intraprese da Montecchi per ritrovare l'unica sopravvissuta dei Capuleti. Ed è proprio durante uno di questi inseguimenti in cui Odin gioca al ladro che sfugge beffardamente alle guardie che si ha il suo primo, magico, ma anche inverosimile, incontro con Romeo, figlio di Leonte. In seguito si rincontreranno al Ballo della Rosa dove, questa volta, Giulietta indosserà un sontuoso abito femminile con cui catturerà l'attenzione di Romeo.
È ora interessante notare come l'amore che nasce fra i due giovani, descritto prevalentemente dall'accorato e più sensibile punto di vista di Giulietta, sia rappresentato da un fiore, l'Iris - in Greco antico "arcobaleno" - che, proprio per la sua semplicità, propugna probabilmente il perseguimento di una vita pura e limpida, lontano dagli affanni e dai travagli dell'urbe. A questo proposito è doveroso citare la parentesi bucolica che si attua allorché i due giovani sostano in un paesino sul limitare di Neo Verona. Ma l'idillio non può che essere effimero e fugace e pertanto necesse est che sia stroncato da un susseguirsi sempre più vorticoso di eventi - in cui solo per poco, ai due amanti, è concesso miracolosamente di riabbracciarsi - dilaniati dalle ricerche via via più furiose e ottuse della "sopravvissuta" sostenute dal Gran Duca che Romeo cerca, vanamente, di dissuadere, e dalle visioni a poco a poco più concrete che si materializzano dinanzi a un'attonita Giulietta che continua, comunque imperterrita, a lottare per ciò in cui crede. E infine il culmine: la catastrofe.
Passiamo ora al comparto grafico e propriamente tecnico dell'opera spendendo in merito giusto qualche parola. Ordunque, il tratto dell'autrice, COM, non è certo dei migliori, il che, forse, dalle cover dei due Tankoubon non si riesce a evincere ma che a una semplice scansione delle tavole si può indubbiamente notare. Le linee si distendono sulla carta ora morbide ora invece più rigide e spigolose, cosa, questa, che può suggerire un'idea di staticità anche a scene di intensa dinamicità - e ce ne sono diverse essendo questo un Manga caratterizzato da molti duelli e scontri fra le varie fazioni in lotta - . Le scene, infine, non son sempre strutturate logicamente venendosi a sovrapporre spesso l'una con l'altra e non riuscendo così a comprenderne fino in fondo il reale significato. In particolar modo, il secondo Tankoubon, soprattutto allorché si apre l'atto finale incentrato sul mondo di Escalus, presenta molti punti irrisolti e addirittura enigmatici. Tutto ciò si accompagna pure a dialoghi poco chiari e a discorsi di cui spesso non si riesce a risalire a chi li abbia pronunciati.
Passiamo in ultima analisi all'edizione italiana offertaci dalla JPop. Dunque, il formato e il prezzo - di 5,90 euro - è quello standard della casa editrice, per non parlare della struttura esterna e interna del singolo volumetto: sovraccoperta, prime pagine a colori in carta lucida, carta bianca e piuttosto spessa per quanto riguarda, invece, le tavole di per sé. Un'edizione di certo sopraffina, ma non per questo eccellente.
Un'opera dalle grandi potenzialità, indubbiamente, ma a cui non è possibile dare più di 8 per l'essenzialità grafica e la sconclusionatezza di certe parti.
Queste le parole, destinate a divenire celebri, sgorgate dalle semplici e carezzevoli labbra di una fanciulla nel fiore dei suoi anni, Giulietta, all'atto di dichiarare il suo amore a Romeo, rampollo del nobile casato dei Montecchi, che la sta sta ascoltando a sua insaputa. Ma non dilunghiamoci eccessivamente sulla trama di questa commovente tragedia - per la cui stesura, con tutta probabilità, Shakespeare guardò a una ridente tradizione, il cui archetipo, senza continuità di soluzione, è da ricercarsi nella descrizione della drammatica vicenda d'amore di Piramo e Tisbe, illustrata da Ovidio nelle sue Metamorfosi - dacché, più o meno a grandi linee, è risaputa ai più, quantunque, magari, anche, o soprattutto, mediante rielaborazioni che ne stravolgono taluni elementi o addirittura tramite delle versioni rivalutate in chiave parodistica.
È in questa prospettiva che dobbiamo collocare pure Romeo x Juliet, sebbene, nel farlo, è necessario tener ben presente che questa serie non ha alcun carattere pretenzioso, ma che vuole anzi concedersi a noi come un'opera i cui soli esordi - intesi come spunti di fondo da cui esordire, per l'appunto, in modo innovativo - additano a quella, celeberrima, shakesperiana. Difatti, una volta proiettato il nostro sguardo sulla prima pagina del primo volumetto, ci ritroviamo violentemente catapultati a Neo Verona, una cittadina che ricorda quelle, tipiche, dell'età rinascimentale, che, come sappiamo più che bene, erano dominate da brutali lotte intestine, nonché da faide per il controllo del potere, intraprese dalle famiglie più prestigiose delle città stesse. Dunque, come dicevamo, ci ritroviamo fin da subito immersi, in medias res, in questa prospettiva, e spettatori quasi inconsapevoli di un atroce delitto, quello dei Signori di Neo Verona, i Capuleti, per mano dell'ambizioso Leonte Montecchi che da anni covava dentro di sé il desiderio di assurgere al potere incontrastato della città sterminando i suoi oppositori. Dal massacro riesce a sfuggire solo Giulietta, figlia minore dei Capuleti, grazie a un gruppo di affezionati e fedeli sostenitori dei Capuleti stessi.
Neo Verona. Quattordici anni dopo. Leonte Montecchi ha instaurato un regime dispotico e autoritario volto alla sopraffazione e all'assoggettamento totale dei più deboli logorati dalle sempre più gravose tasse imposte dal Gran Duca. Un'agile figura avvolta in una cappa color amaranto si dispone a difesa dei bisognosi: è il Turbine Rosso il quale, in realtà, non è altri che Giulietta che ora si fa chiamare Odin per sfuggire alle requisitorie ricerche intraprese da Montecchi per ritrovare l'unica sopravvissuta dei Capuleti. Ed è proprio durante uno di questi inseguimenti in cui Odin gioca al ladro che sfugge beffardamente alle guardie che si ha il suo primo, magico, ma anche inverosimile, incontro con Romeo, figlio di Leonte. In seguito si rincontreranno al Ballo della Rosa dove, questa volta, Giulietta indosserà un sontuoso abito femminile con cui catturerà l'attenzione di Romeo.
È ora interessante notare come l'amore che nasce fra i due giovani, descritto prevalentemente dall'accorato e più sensibile punto di vista di Giulietta, sia rappresentato da un fiore, l'Iris - in Greco antico "arcobaleno" - che, proprio per la sua semplicità, propugna probabilmente il perseguimento di una vita pura e limpida, lontano dagli affanni e dai travagli dell'urbe. A questo proposito è doveroso citare la parentesi bucolica che si attua allorché i due giovani sostano in un paesino sul limitare di Neo Verona. Ma l'idillio non può che essere effimero e fugace e pertanto necesse est che sia stroncato da un susseguirsi sempre più vorticoso di eventi - in cui solo per poco, ai due amanti, è concesso miracolosamente di riabbracciarsi - dilaniati dalle ricerche via via più furiose e ottuse della "sopravvissuta" sostenute dal Gran Duca che Romeo cerca, vanamente, di dissuadere, e dalle visioni a poco a poco più concrete che si materializzano dinanzi a un'attonita Giulietta che continua, comunque imperterrita, a lottare per ciò in cui crede. E infine il culmine: la catastrofe.
Passiamo ora al comparto grafico e propriamente tecnico dell'opera spendendo in merito giusto qualche parola. Ordunque, il tratto dell'autrice, COM, non è certo dei migliori, il che, forse, dalle cover dei due Tankoubon non si riesce a evincere ma che a una semplice scansione delle tavole si può indubbiamente notare. Le linee si distendono sulla carta ora morbide ora invece più rigide e spigolose, cosa, questa, che può suggerire un'idea di staticità anche a scene di intensa dinamicità - e ce ne sono diverse essendo questo un Manga caratterizzato da molti duelli e scontri fra le varie fazioni in lotta - . Le scene, infine, non son sempre strutturate logicamente venendosi a sovrapporre spesso l'una con l'altra e non riuscendo così a comprenderne fino in fondo il reale significato. In particolar modo, il secondo Tankoubon, soprattutto allorché si apre l'atto finale incentrato sul mondo di Escalus, presenta molti punti irrisolti e addirittura enigmatici. Tutto ciò si accompagna pure a dialoghi poco chiari e a discorsi di cui spesso non si riesce a risalire a chi li abbia pronunciati.
Passiamo in ultima analisi all'edizione italiana offertaci dalla JPop. Dunque, il formato e il prezzo - di 5,90 euro - è quello standard della casa editrice, per non parlare della struttura esterna e interna del singolo volumetto: sovraccoperta, prime pagine a colori in carta lucida, carta bianca e piuttosto spessa per quanto riguarda, invece, le tavole di per sé. Un'edizione di certo sopraffina, ma non per questo eccellente.
Un'opera dalle grandi potenzialità, indubbiamente, ma a cui non è possibile dare più di 8 per l'essenzialità grafica e la sconclusionatezza di certe parti.