Recensione
Maison Ikkoku
8.0/10
Mi ricordo, ormai più di un anno fa feci carte false per accaparrarmi questo manga in blocco con tutti i suoi 27 volumetti editi da Star Comics. Con l'anime praticamente ci sono cresciuto, mi piaceva molto l'intrigo che la Takahashi aveva creato e tutti i malintesi interni tra i vari personaggi, anche se, a volte, alcuni personaggi risultavano fastidiosi proprio come lo erano per Godai, quindi era come sentire sulla propria pelle la fastidiosità che fa da padrone un po' in tutta la storia.
Veniamo alla trama. La storia narra di un condominio (Ikkoku-kan) nella città di Tokyo nei primi anni '80 e dei suoi inquilini, più o meno tutti bizzarri. Un ragazzo di nome Yusaku Godai è un Ronin, ed è l'inquilino più bistrattato di tutti, e forse anche il più normale. La storia si apre con lui che vuole trasferirsi da un'altra parte vista l'incompatibilità con gli altri inquilini del condominio. Ma proprio quando sta per andarsene arriva la nuova amministratrice del condominio, Kyoko Otonashi, e Godai decide all'istante di rimanere poiché si è innamorato perdutamente di lei. Ma la nuova amministratrice non è una ragazza normale e Godai se ne accorgerà molto presto.
Da qui in poi è tutto un gioco di doppi sensi, incomprensioni e in più un pizzico di pazzia di tutti gli inquilini, che renderanno impossibile la vita di Godai e di chiunque vanga a “contatto” con loro.
I principali sono: la signora Hanae Ichinose, classica donnina impicciona; la libertina Akemi Roppongi, una ragazza squattrinata (come tutti del resto) quasi sempre ubriaca e svestita; infine, il misterioso Yotsuya, un guardone, scroccone, mangione di cui si sa poco o nulla, forse il personaggio più irritante di questa strampalata storia. Una menzione speciale va a Mitaka, un giovane insegnante di tennis ricco e bello che concorrerà con Godai alla mano dell'amministratrice Otonashi, con un unico problema, cioè una vera e propria fobia verso i cani, e purtroppo Soichiro, cane di Kyoko, si affeziona subito al povero Mitaka. Chi avrà la meglio, Mitaka o Godai?
La mangaka gioca moltissimo anche con l'entrata di altri personaggi e sempre più con situazioni imbarazzanti, ma ci fa scorgere uno spaccato del Giappone anni '80 in maniera fantastica. Usanze, cibo, miti, folclore e soprattutto il rispetto, da come viene trattato un lutto, ai dialoghi molto rispettosi (a parte per Yotsuya e compagnia bella) con tono quasi sempre formale (Godai e Kyoko si danno del lei praticamente per tutto il manga) e il modo di ragionare giapponese, forse più legato ai tempi passati. Una grande atmosfera che cattura il lettore e lo porta a camminare per le vie di una Tokyo anni '80 insieme allo squattrinato Godai e le sue disavventure. Alle volte può risultare pesante la formalità che questo manga ci propone, tipo l'innamoramento, corteggiamento poi presentazione ai familiari e proposta di matrimonio, con alle spalle un lavoro serio e ben retribuito preferibilmente in una grande ditta, ma è proprio una cultura diversa dalla nostra, e potrei dire per certi versi anche affascinante.
Maison Ikkoku va letto, e consiglio la lettura a tutti, molto divertente e anche per chi, invece, ama solo il Giappone, per ammirare lo spaccato di vita che la Takahashi ci offre.
Il tratto è scarno per i primi volumi, andando decisamente a migliorare dopo qualche numero fino a diventare il tratto classico e personale della Takahashi. Basti vedere i cambiamenti nel disegno in un personaggio cardine come Kyoko. Dentro questo manga ci troverete anche tanta dolcezza e insicurezza, temi molto attuali come il lavoro, la disoccupazione, lo studio e la crisi, anche se sono passati 20 anni dalla sua pubblicazione. L'edizione è la classica di quei tempi per la Star Comics, secondo me meriterebbe una riedizione un po' più di lusso, chissà, la speranza è l'ultima a morire.
Come in tutte le opere della Takahashi che ho letto, la trama c'è e non c'è, molte sono storie auto-conclusive o avventure che trovano sempre un finale seguendo la trama molto da lontano, a me questo non piace tanto, ma è questione di gusti.
Il mio voto 8 (bello pieno), fino a 3 numeri dalla fine era un 7 pieno, ma gli ultimi tre numeri mi sono piaciuti tanto, perché sia nella narrazione sia nella trama in sé si percepisce un cambiamento e un cambio di rotta che a me personalmente è piaciuto, poi, ripeto è un titolo che ha fatto storia e merita di essere letto.
Veniamo alla trama. La storia narra di un condominio (Ikkoku-kan) nella città di Tokyo nei primi anni '80 e dei suoi inquilini, più o meno tutti bizzarri. Un ragazzo di nome Yusaku Godai è un Ronin, ed è l'inquilino più bistrattato di tutti, e forse anche il più normale. La storia si apre con lui che vuole trasferirsi da un'altra parte vista l'incompatibilità con gli altri inquilini del condominio. Ma proprio quando sta per andarsene arriva la nuova amministratrice del condominio, Kyoko Otonashi, e Godai decide all'istante di rimanere poiché si è innamorato perdutamente di lei. Ma la nuova amministratrice non è una ragazza normale e Godai se ne accorgerà molto presto.
Da qui in poi è tutto un gioco di doppi sensi, incomprensioni e in più un pizzico di pazzia di tutti gli inquilini, che renderanno impossibile la vita di Godai e di chiunque vanga a “contatto” con loro.
I principali sono: la signora Hanae Ichinose, classica donnina impicciona; la libertina Akemi Roppongi, una ragazza squattrinata (come tutti del resto) quasi sempre ubriaca e svestita; infine, il misterioso Yotsuya, un guardone, scroccone, mangione di cui si sa poco o nulla, forse il personaggio più irritante di questa strampalata storia. Una menzione speciale va a Mitaka, un giovane insegnante di tennis ricco e bello che concorrerà con Godai alla mano dell'amministratrice Otonashi, con un unico problema, cioè una vera e propria fobia verso i cani, e purtroppo Soichiro, cane di Kyoko, si affeziona subito al povero Mitaka. Chi avrà la meglio, Mitaka o Godai?
La mangaka gioca moltissimo anche con l'entrata di altri personaggi e sempre più con situazioni imbarazzanti, ma ci fa scorgere uno spaccato del Giappone anni '80 in maniera fantastica. Usanze, cibo, miti, folclore e soprattutto il rispetto, da come viene trattato un lutto, ai dialoghi molto rispettosi (a parte per Yotsuya e compagnia bella) con tono quasi sempre formale (Godai e Kyoko si danno del lei praticamente per tutto il manga) e il modo di ragionare giapponese, forse più legato ai tempi passati. Una grande atmosfera che cattura il lettore e lo porta a camminare per le vie di una Tokyo anni '80 insieme allo squattrinato Godai e le sue disavventure. Alle volte può risultare pesante la formalità che questo manga ci propone, tipo l'innamoramento, corteggiamento poi presentazione ai familiari e proposta di matrimonio, con alle spalle un lavoro serio e ben retribuito preferibilmente in una grande ditta, ma è proprio una cultura diversa dalla nostra, e potrei dire per certi versi anche affascinante.
Maison Ikkoku va letto, e consiglio la lettura a tutti, molto divertente e anche per chi, invece, ama solo il Giappone, per ammirare lo spaccato di vita che la Takahashi ci offre.
Il tratto è scarno per i primi volumi, andando decisamente a migliorare dopo qualche numero fino a diventare il tratto classico e personale della Takahashi. Basti vedere i cambiamenti nel disegno in un personaggio cardine come Kyoko. Dentro questo manga ci troverete anche tanta dolcezza e insicurezza, temi molto attuali come il lavoro, la disoccupazione, lo studio e la crisi, anche se sono passati 20 anni dalla sua pubblicazione. L'edizione è la classica di quei tempi per la Star Comics, secondo me meriterebbe una riedizione un po' più di lusso, chissà, la speranza è l'ultima a morire.
Come in tutte le opere della Takahashi che ho letto, la trama c'è e non c'è, molte sono storie auto-conclusive o avventure che trovano sempre un finale seguendo la trama molto da lontano, a me questo non piace tanto, ma è questione di gusti.
Il mio voto 8 (bello pieno), fino a 3 numeri dalla fine era un 7 pieno, ma gli ultimi tre numeri mi sono piaciuti tanto, perché sia nella narrazione sia nella trama in sé si percepisce un cambiamento e un cambio di rotta che a me personalmente è piaciuto, poi, ripeto è un titolo che ha fatto storia e merita di essere letto.