Recensione
20th Century Boys
10.0/10
Un gruppo di ragazzini cresciuti nella disillusione, una setta misteriosa capitanata da un carismatico leader, un'incombente minaccia apocalittica. Con questi pochi elementi Naoki Urasawa imbastisce una delle epopee più avvincenti della storia del manga moderno: fin dalle prime battute è infatti impossibile non rimanere totalmente incollati alle pagine, grazie all'impostazione quasi cinematografica della narrazione (tutta giocata sui flashback relativi al passato dei protagonisti e agli indizi che questi raccolgono sui fatti che li vedono coinvolti in qualche modo nel presente) e alla caratterizzazione dei personaggi, pressoché sublime: ogni comprimario viene tratteggiato con rara profondità e sensibilità, grazie anche ai flashback di cui sopra.
Ma nonostante l'assetto fantascientifico quello di Urasawa è anche, in fondo, un sincero e malinconico inno all'infanzia, ai sogni e alle speranze di ognuno, un lucidissimo affresco corale nel quale - per mille ragioni diverse - tutti quanti i lettori possono in qualche modo rivedere sé stessi e i vari aspetti della propria crescita personale. Purtroppo il ritmo cala vertiginosamente nella seconda parte (dal 15esimo volume, a spanne), forse un po' stiracchiata e decisamente non intensa come la prima, e l'accumulo di domande che l'autore pone in principio non sempre trova concreta risposta nel proseguo della vicenda. Ma non si può davvero pretendere di più da quello che risulta come un vero e proprio saggio sul racconto per immagini. Probabilmente uno dei manga più completi mai realizzati.
Ma nonostante l'assetto fantascientifico quello di Urasawa è anche, in fondo, un sincero e malinconico inno all'infanzia, ai sogni e alle speranze di ognuno, un lucidissimo affresco corale nel quale - per mille ragioni diverse - tutti quanti i lettori possono in qualche modo rivedere sé stessi e i vari aspetti della propria crescita personale. Purtroppo il ritmo cala vertiginosamente nella seconda parte (dal 15esimo volume, a spanne), forse un po' stiracchiata e decisamente non intensa come la prima, e l'accumulo di domande che l'autore pone in principio non sempre trova concreta risposta nel proseguo della vicenda. Ma non si può davvero pretendere di più da quello che risulta come un vero e proprio saggio sul racconto per immagini. Probabilmente uno dei manga più completi mai realizzati.