Recensione
Soul Eater
9.0/10
Nel mondo degli appassionati di manga risuona un bizzarro mantra: "più una serie vende, più fa schifo". Naturalmente, anche Soul Eater, che recentemente in fatto di vendite riesce perfino a superare i ben più navigati Naruto e Bleach, viene investito da un'ondata di critiche che bollano la serie con il marchio d'infamia per eccellenza: "c-o-m-m-e-r-c-i-a-l-e".
Se dovessi dare un titolo a questa recensione, sicuramente sarebbe qualcosa del tipo "apologia di Soul Eater", poiché, a mio parere, SE è sicuramente uno degli shounen più interessanti degli ultimi tempi, e ritengo mio dovere, come fan di quest'opera, tentare di difendere il buon nome di Ohkubo, autore della serie, e del manga in sé.
Cominciamo con il punto di forza per eccellenza di SE: i personaggi.
Il primo volume è uno scoppiettare di seni, gambe e natiche di belle donne. Ohkubo non bada a spese: qualunque tipo di ragazza vi piaccia, ne troverete sicuramente un esempio. Per le femminucce, invece, pronto un armamentario completo di baldi giovincelli, dal fighetto all’elegante, dallo schizofrenico al fisicato. Sennonché, impossibile non rendersi conto, fin dalle prime pagine, quale feroce satira anti-shounen si venga a costruire: i personaggi si esprimono mediante slogan, si muovono, agiscono, pensano esattamente come ci si aspetta. Dal classico shonen d’azione, quindi, ci si ritrova in una parodia crudele e divertentissima... che alla lunga stufa, sono d’accordo.
Se nei primi volumi si ride e basta, con l’entrata in scena dei cattivi la questione comincia a farsi più seria: e se lo schizofrenico fosse seriamente pazzo? E se l’arrogante cronico nascondesse un insopprimibile desiderio di rivalsa? E se la pazzia entrasse in gioco?
Con la comparsa del Kishin, i personaggi tirano fuori la loro anima, sepolta dietro gli stereotipi. La cosiddetta “pazzia” comincia ad irradiarsi per il mondo di SE, intaccando le menti dei soggetti più deboli e risvegliando gli istinti sopiti. Anche i nostri sono costretti ad affrontare le loro paure e i loro incubi nascosti: la storia subisce un rovesciamento, e le allegre botte da orbi della prima parte assumono una sfumatura più oscura. Pur non abbandonando lo humour nero che lo caratterizza, la violenza che sempre era stata presente nelle pagine diventa più radicale e più pesante, inframmezzata da esaltanti scontri psicologici che, grazie al disegno visionario e falsamente bambinesco dell’autore, inquietano l’animo del lettore che, dalle spensierate scazzottate, si trova catapultato nelle contorsioni delle anime intricate dei vari personaggi. A ciò si aggiungono ombre e sospetti, cade ogni sicurezza e non sembra più possibile fidarsi dell’altro.
Il tutto viene reso con uno stile, comune a dialoghi e disegni, che ho definito visionario: linee morbide, elementi visivi stuzzicanti, dialoghi veloci e linguaggio immediato, che rendono accattivante la prima lettura, diventano poi elemento di contrasto che contribuisce a creare quella sensazione di straniamento che rendono il tutto un mix tra l’allucinato e il claunesco.
Insomma, non fermatevi ai primi numeri, e date a SE una chance: si rivelerà un manga tortuoso e sorprendente, infantile e crudele a un tempo, capace di essere serio senza annoiare e di divertire senza scadere.
Si meriterebbe un 8, ma non posso evitare di dargli un 9, premiando l’originalità di Okhubo che dopo 12 volumi non smette di stupirmi. Consigliato agli amanti degli shounen che cercano un “qualcosa in più”e a chi si lascia affascinare dalle atmosfere stile Burton.
Se dovessi dare un titolo a questa recensione, sicuramente sarebbe qualcosa del tipo "apologia di Soul Eater", poiché, a mio parere, SE è sicuramente uno degli shounen più interessanti degli ultimi tempi, e ritengo mio dovere, come fan di quest'opera, tentare di difendere il buon nome di Ohkubo, autore della serie, e del manga in sé.
Cominciamo con il punto di forza per eccellenza di SE: i personaggi.
Il primo volume è uno scoppiettare di seni, gambe e natiche di belle donne. Ohkubo non bada a spese: qualunque tipo di ragazza vi piaccia, ne troverete sicuramente un esempio. Per le femminucce, invece, pronto un armamentario completo di baldi giovincelli, dal fighetto all’elegante, dallo schizofrenico al fisicato. Sennonché, impossibile non rendersi conto, fin dalle prime pagine, quale feroce satira anti-shounen si venga a costruire: i personaggi si esprimono mediante slogan, si muovono, agiscono, pensano esattamente come ci si aspetta. Dal classico shonen d’azione, quindi, ci si ritrova in una parodia crudele e divertentissima... che alla lunga stufa, sono d’accordo.
Se nei primi volumi si ride e basta, con l’entrata in scena dei cattivi la questione comincia a farsi più seria: e se lo schizofrenico fosse seriamente pazzo? E se l’arrogante cronico nascondesse un insopprimibile desiderio di rivalsa? E se la pazzia entrasse in gioco?
Con la comparsa del Kishin, i personaggi tirano fuori la loro anima, sepolta dietro gli stereotipi. La cosiddetta “pazzia” comincia ad irradiarsi per il mondo di SE, intaccando le menti dei soggetti più deboli e risvegliando gli istinti sopiti. Anche i nostri sono costretti ad affrontare le loro paure e i loro incubi nascosti: la storia subisce un rovesciamento, e le allegre botte da orbi della prima parte assumono una sfumatura più oscura. Pur non abbandonando lo humour nero che lo caratterizza, la violenza che sempre era stata presente nelle pagine diventa più radicale e più pesante, inframmezzata da esaltanti scontri psicologici che, grazie al disegno visionario e falsamente bambinesco dell’autore, inquietano l’animo del lettore che, dalle spensierate scazzottate, si trova catapultato nelle contorsioni delle anime intricate dei vari personaggi. A ciò si aggiungono ombre e sospetti, cade ogni sicurezza e non sembra più possibile fidarsi dell’altro.
Il tutto viene reso con uno stile, comune a dialoghi e disegni, che ho definito visionario: linee morbide, elementi visivi stuzzicanti, dialoghi veloci e linguaggio immediato, che rendono accattivante la prima lettura, diventano poi elemento di contrasto che contribuisce a creare quella sensazione di straniamento che rendono il tutto un mix tra l’allucinato e il claunesco.
Insomma, non fermatevi ai primi numeri, e date a SE una chance: si rivelerà un manga tortuoso e sorprendente, infantile e crudele a un tempo, capace di essere serio senza annoiare e di divertire senza scadere.
Si meriterebbe un 8, ma non posso evitare di dargli un 9, premiando l’originalità di Okhubo che dopo 12 volumi non smette di stupirmi. Consigliato agli amanti degli shounen che cercano un “qualcosa in più”e a chi si lascia affascinare dalle atmosfere stile Burton.