Recensione
Touch
10.0/10
<b>[Attenzione, questa recensione contiene spoiler.]</b>
È come essere innamorati; per te quella persona è speciale con tutti i suoi pregi e difetti, punto e basta. E così è per me con Mitsuru Adachi e le sue opere, per cui questa recensione è (un po') di parte, ovviamente.
Touch è indubbiamente, per me, il capolavoro di Adachi, e dei manga e Tacchan ne è il suo degno e fantastico protagonista. Rimasi folgorata dall'anime all'età di 8/9 anni e da lì in poi è sempre rimasto nel mio cuore. Ho dovuto aspettare anni e anni e anni per sapere chi fosse l'autore e ancora di più per leggere finalmente il manga, ma quella storia la ricordavo perfettamente, così come le emozioni che mi aveva trasmesso. Indelebili.
Il protagonista è Tatsuya Uesugi, ragazzo apatico, svogliato, distratto, apparentemente senza sogni da voler realizzare, che passa le sue giornate a bighellonare senza meta. Nessuno fa affidamento su di lui o lo considera capace di qualcosa. È continuamente paragonato al fratello gemello Kazuya, brillante, bravo in tutto, buono con tutti, promessa del baseball e da tutti considerato come il fidanzato di Minami, vicina di casa e amica d'infanzia di entrambi i gemelli e di cui entrambi sono segretamente innamorati.
Lei, Minami, è anch’essa una ragazza perfetta in ogni cosa, ed è innamorata di Tatsuya, proprio di quel ragazzo invece imperfetto e fannullone che nessuno prende sul serio, ma del quale lei conosce le magnifiche qualità nascoste e le sue potenzialità, che lo porterebbero a superare Kazuya, se solo si impegnasse. Ma vuoi per timidezza, vuoi per delicatezza nei confronti di Kazuya, vuoi perché nessuno ci crederebbe mai (anche lo stesso Tatsuya!) , questi suoi sentimenti restano segreti.
Questo trio con le sue intricate relazioni, con i suoi silenzi, con il suo detto e non detto, gli sguardi, i sogni, i sentimenti, resterà il punto focale e di riferimento di tutta la storia anche dopo quel tragico evento che, in una mattina d’estate, si porterà via la vita di Kazuya Uesugi, la promessa del baseball che resterà per sempre solo come tale. Evento che cambierà totalmente il percorso dell’esistenza degli altri due ragazzi, che si troveranno spiazzati, abbandonati e costretti ad affrontare il così pesante fardello della sua morte.
Da qui comincia la trasformazione, o per meglio dire la rivelazione delle qualità di Tatsuya che egli non avrà più paura a far emergere al fine di realizzare il nobile sogno di Kazuya e di Minami: andare al Koshien. Questo Tatsuya è un Tatsuya diverso, determinato, deciso, che ce la mette tutta, finalmente con un sogno da realizzare e presto rivalutato anche dagli altri, da chi non l’aveva mai apprezzato e capito; eppure non potrà più essere un ragazzo spensierato e felice perché il peso, il dolore della perdita del fratello, di aver preso il suo posto nella vita lo accompagneranno per sempre.
Lo stesso fardello incombe sul rapporto tra Minami e Tatsuya, lo blocca, lo frena: i loro sentimenti restano inespressi perché ferire un morto è peggio ancora che ferire un vivo.
Tatsuya, in questo suo percorso di crescita personale, si renderà conto delle sue potenzialità, del suo poter essere bravo a scuola, del suo essere addirittura più portato del fratello per il baseball, di essere un campione. Cosa più importante di non essere un inetto e di essere degno di Minami alla quale, dopo tanti pensieri e tormenti interiori, finalmente svelerà il suo amore perché troppo forte per essere ancora nascosto. Entrambi si renderanno conto che nessuno dei due è capace di vivere senza l’altro.
E così infine Tacchan riuscirà anche ad arrivare al fatidico Koshien, quasi trasfigurato e intriso dello spirito di Kazuya, e coronare il suo sogno rimasto sospeso. Solo allora sarà finalmente libero di essere com’è: una versione migliore ma pur sempre del se stesso iniziale e non una copia del gemello.
In questa storia di formazione vari personaggi faranno la loro parte: dagli amici (Harada, Koutaro in primis), ai rivali (Nitta), ai nemici (l’allenatore Kashiwaba) e tutti loro andranno a comporre un mosaico complesso, avvincente e vitale in cui si muove il nostro protagonista e contribuiranno all’evolversi della vicenda, come accade nella vita del resto.
Perché questo è in fondo Touch: uno spaccato di vita narrato con poesia e maestria, con le sue stagioni che si susseguono, con le sue gioie, i suoi dolori, i sacrifici per poter ottenere qualcosa; le insicurezze, i sentimenti difficili da rivelare, gli sguardi che valgono più di mille parole; le tragedie che possono sconvolgerti da attimo all’altro e quei momenti in cui invece veramente ti senti vincitore sul monte di lancio in uno stadio: finalmente il numero uno.
Analizzando quest’opera da un punto di vista tecnico, lo stile è quello minimalista di Adachi, il che per i suoi detrattori costituisce il suo punto debole. Non per me, ovvio: i disegni sono semplici e si perfezionano con lo scorrere dell’opera. Le tavole sono pulite, chiare, non “baroccheggianti” e la lettura scorre quindi facile e veloce. Il maestro quando vuole, poi, utilizza la sua perizia tecnica nel disegno: pensiamo alla partite di baseball, orchestrate, inoltre, a livello registico, magnificamente, tanto da tenerti incollato alle pagine; ai fondali curatissimi, ai particolari sull’ambiente circostante. Inoltre, nessuno è più bravo di lui a trasmettere emozioni senza parole ma solo con l’atmosfera che riesce a creare, con la sua immancabile ironia, con le pause in cui volge lo sguardo alla natura, incurante delle umane vicende. I protagonisti, a livello grafico, si somigliano tra le varie opere, è indiscutibile, ma sarà perché a me piace quel tratto caratteristico, sarà perché penso voglia rappresentare il giapponese “medio”, sarà perché quello che conta è la storia e le emozioni, sarà perché riesce comunque a dare ad ognuno di loro un’anima diversa al di là dell’apparenza, una profondità psicologica notevole, per me sono volti e figure da apprezzare e amare e a cui sono affezionata. Un suo tratto distintivo che mi smuove il cuore.
Del resto penso che Adachi abbia una sua filosofia di vita ben chiara che traspare in ogni sua opera, dallo stile grafico, alle battute dei personaggi, alle trame e di questa lui si fa portatore, sempre. Va capita e più che altro “sentita” dentro, solo allora Touch varrà un dieci, o molto di più.
È come essere innamorati; per te quella persona è speciale con tutti i suoi pregi e difetti, punto e basta. E così è per me con Mitsuru Adachi e le sue opere, per cui questa recensione è (un po') di parte, ovviamente.
Touch è indubbiamente, per me, il capolavoro di Adachi, e dei manga e Tacchan ne è il suo degno e fantastico protagonista. Rimasi folgorata dall'anime all'età di 8/9 anni e da lì in poi è sempre rimasto nel mio cuore. Ho dovuto aspettare anni e anni e anni per sapere chi fosse l'autore e ancora di più per leggere finalmente il manga, ma quella storia la ricordavo perfettamente, così come le emozioni che mi aveva trasmesso. Indelebili.
Il protagonista è Tatsuya Uesugi, ragazzo apatico, svogliato, distratto, apparentemente senza sogni da voler realizzare, che passa le sue giornate a bighellonare senza meta. Nessuno fa affidamento su di lui o lo considera capace di qualcosa. È continuamente paragonato al fratello gemello Kazuya, brillante, bravo in tutto, buono con tutti, promessa del baseball e da tutti considerato come il fidanzato di Minami, vicina di casa e amica d'infanzia di entrambi i gemelli e di cui entrambi sono segretamente innamorati.
Lei, Minami, è anch’essa una ragazza perfetta in ogni cosa, ed è innamorata di Tatsuya, proprio di quel ragazzo invece imperfetto e fannullone che nessuno prende sul serio, ma del quale lei conosce le magnifiche qualità nascoste e le sue potenzialità, che lo porterebbero a superare Kazuya, se solo si impegnasse. Ma vuoi per timidezza, vuoi per delicatezza nei confronti di Kazuya, vuoi perché nessuno ci crederebbe mai (anche lo stesso Tatsuya!) , questi suoi sentimenti restano segreti.
Questo trio con le sue intricate relazioni, con i suoi silenzi, con il suo detto e non detto, gli sguardi, i sogni, i sentimenti, resterà il punto focale e di riferimento di tutta la storia anche dopo quel tragico evento che, in una mattina d’estate, si porterà via la vita di Kazuya Uesugi, la promessa del baseball che resterà per sempre solo come tale. Evento che cambierà totalmente il percorso dell’esistenza degli altri due ragazzi, che si troveranno spiazzati, abbandonati e costretti ad affrontare il così pesante fardello della sua morte.
Da qui comincia la trasformazione, o per meglio dire la rivelazione delle qualità di Tatsuya che egli non avrà più paura a far emergere al fine di realizzare il nobile sogno di Kazuya e di Minami: andare al Koshien. Questo Tatsuya è un Tatsuya diverso, determinato, deciso, che ce la mette tutta, finalmente con un sogno da realizzare e presto rivalutato anche dagli altri, da chi non l’aveva mai apprezzato e capito; eppure non potrà più essere un ragazzo spensierato e felice perché il peso, il dolore della perdita del fratello, di aver preso il suo posto nella vita lo accompagneranno per sempre.
Lo stesso fardello incombe sul rapporto tra Minami e Tatsuya, lo blocca, lo frena: i loro sentimenti restano inespressi perché ferire un morto è peggio ancora che ferire un vivo.
Tatsuya, in questo suo percorso di crescita personale, si renderà conto delle sue potenzialità, del suo poter essere bravo a scuola, del suo essere addirittura più portato del fratello per il baseball, di essere un campione. Cosa più importante di non essere un inetto e di essere degno di Minami alla quale, dopo tanti pensieri e tormenti interiori, finalmente svelerà il suo amore perché troppo forte per essere ancora nascosto. Entrambi si renderanno conto che nessuno dei due è capace di vivere senza l’altro.
E così infine Tacchan riuscirà anche ad arrivare al fatidico Koshien, quasi trasfigurato e intriso dello spirito di Kazuya, e coronare il suo sogno rimasto sospeso. Solo allora sarà finalmente libero di essere com’è: una versione migliore ma pur sempre del se stesso iniziale e non una copia del gemello.
In questa storia di formazione vari personaggi faranno la loro parte: dagli amici (Harada, Koutaro in primis), ai rivali (Nitta), ai nemici (l’allenatore Kashiwaba) e tutti loro andranno a comporre un mosaico complesso, avvincente e vitale in cui si muove il nostro protagonista e contribuiranno all’evolversi della vicenda, come accade nella vita del resto.
Perché questo è in fondo Touch: uno spaccato di vita narrato con poesia e maestria, con le sue stagioni che si susseguono, con le sue gioie, i suoi dolori, i sacrifici per poter ottenere qualcosa; le insicurezze, i sentimenti difficili da rivelare, gli sguardi che valgono più di mille parole; le tragedie che possono sconvolgerti da attimo all’altro e quei momenti in cui invece veramente ti senti vincitore sul monte di lancio in uno stadio: finalmente il numero uno.
Analizzando quest’opera da un punto di vista tecnico, lo stile è quello minimalista di Adachi, il che per i suoi detrattori costituisce il suo punto debole. Non per me, ovvio: i disegni sono semplici e si perfezionano con lo scorrere dell’opera. Le tavole sono pulite, chiare, non “baroccheggianti” e la lettura scorre quindi facile e veloce. Il maestro quando vuole, poi, utilizza la sua perizia tecnica nel disegno: pensiamo alla partite di baseball, orchestrate, inoltre, a livello registico, magnificamente, tanto da tenerti incollato alle pagine; ai fondali curatissimi, ai particolari sull’ambiente circostante. Inoltre, nessuno è più bravo di lui a trasmettere emozioni senza parole ma solo con l’atmosfera che riesce a creare, con la sua immancabile ironia, con le pause in cui volge lo sguardo alla natura, incurante delle umane vicende. I protagonisti, a livello grafico, si somigliano tra le varie opere, è indiscutibile, ma sarà perché a me piace quel tratto caratteristico, sarà perché penso voglia rappresentare il giapponese “medio”, sarà perché quello che conta è la storia e le emozioni, sarà perché riesce comunque a dare ad ognuno di loro un’anima diversa al di là dell’apparenza, una profondità psicologica notevole, per me sono volti e figure da apprezzare e amare e a cui sono affezionata. Un suo tratto distintivo che mi smuove il cuore.
Del resto penso che Adachi abbia una sua filosofia di vita ben chiara che traspare in ogni sua opera, dallo stile grafico, alle battute dei personaggi, alle trame e di questa lui si fa portatore, sempre. Va capita e più che altro “sentita” dentro, solo allora Touch varrà un dieci, o molto di più.