Recensione
Monster
8.0/10
Ad essere del tutto sincero mi risulta alquanto difficile recensire Monster, non tanto perché non abbia un'idea ben precisa a riguardo, bensì perché prima di leggerlo mi aspettavo un "qualcosa" e il fumetto mi ha dato tutt'altro. Il fatto è che questo "altro" è comunque un "qualcosa" di molto positivo sebbene non proprio ciò per cui, spesso, questo titolo viene esaltato e apprezzato.
Monster gode di una incredibile popolarità come opera sul genere giallo-poliziesco, ma a mio avviso tale veste gli sta piuttosto strettina, anzi, scomoda. Personalmente trovo che la giusta prospettiva con cui guardare a questo fumetto sia quella di un manga psicologico con delle venature tipiche di un racconto del mistero e della fiaba, e non un giallo che si basi su una ferrea logica.
Ma esaminiamo più a fondo la questione "Monster" andando a partire da ciò che più comunemente suscita venerazione: la storia. Questa non è veramente complessa (come potrebbe esserlo ad esempio quella di un'opera di Shirow), ma semplicemente molto ben organizzata e sfaccettata, ricca di innumerevoli particolari, di personaggi e di avvenimenti incastrati con abilità. I tempi per le rivelazioni e colpi di scena sono ponderati e ottimamente gestiti; si distribuiscono ed alternano in modo efficace anche i momenti in cui incalza una narrazione rapida e quelli di distensione. Il "problema", tuttavia, è che questa enorme macchina narrativa, sebbene riesca a tenere una notevole coerenza, procede fin troppo spesso per coincidenze e forzature spazio-temporali non indifferenti, per fare un esempio: in ogni città in cui un personaggio arriva questi magicamente incontra un personaggio chiave che gli permetterà di percorrere la retta via, o rimane coinvolto in determinate esperienze che si ricollegano alla storia principale e che guardacaso spesso poi si rivelano importanti per far emergere un ulteriore tassello di questo elefantiaco puzzle. Ogni progresso verso la conclusione è un passo guidato dalla mano del destino, e Dio più che giocare a dadi sembra usare righello e squadretta. Di certo questo non è un buon presupposto per un giallo investigativo, specialmente per come si palesa tale caratteristica nel finale dove, per un miracolo incredibile, tutti i personaggi si riuniranno "casualmente" nello stesso posto e nello stesso giorno, sfidando ogni legge probabilistica e ogni possibile verosimiglianza. Un altro elemento che a mio avviso stona se si guarda a Monster nell'ottica del giallo sono le numerose e corpose storie parallele, le quali non fanno altro che allungare e complicare una matassa di avvenimenti davvero mastodontica. Impossibile non riconoscere l'abilità dell'autore nell'intrecciare tutti questi fili paralleli senza troppe contraddizioni e riuscendo a mantenere una coerenza di fondo, ma il continuo distogliere l'attenzione dalla storia principale risulta a mio avviso controproducente. Un altro appunto che mi sento di fare riguarda proprio una peculiarità di Urasawa: il mondo che lui costruisce gira del tutto, e solamente, attorno ai suoi personaggi, ma questo (e anche gli altri già citati) in realtà è un ottimo aspetto se vogliamo considerare Monster come dovrebbe essere considerato, dicevamo prima, da un punto di vista psicologico.
L'elemento maggiormente affascinante dell'intero fumetto sta proprio nei suoi personaggi, mediante l'inserimento di continue deviazioni Urasawa è in grado di delinearne con estrema accuratezza la caratterizzazione, riesce nella titanica impresa di rendere interessanti quasi tutte le figure che fanno la loro comparsa nella storia, anche quelle secondarie la cui scena è poi destinata a venire velocemente esautorata da quella dei primari e comprimari senza per questo però esserne sminuita o banalizzata. Molti avranno un'evoluzione notevole, come lo stesso Tenma o anche Eva e l'ispettore Lunge, matureranno come persone in seguito alle continue vicende che turberanno le loro esistenze e che li porteranno inevitabilmente a compiere scelte, mettendo in crisi il loro senso di giustizia e convinzioni, e appunto sulla scelta e sulle possibilità gioca l'intero fumetto. Il viaggio nell'animo umano in cui ci porta Monster è incredibile e le varie riflessioni che vengono sparpagliate per l'intero intreccio tra cui, ricordiamolo, le bellissime favole di Franz Bonaparta, si riconducono fondamentalmente all'introspezione e al considerare il "mostro" che ognuno di noi può diventare, uno spietato scontro tra io e super io, moralità e amoralità, ma anche un conflitto tra idealismo e materialismo: donde viene la certezza di una mia decisione o convinzione? Cosa giustifica una scelta? Cosa la rende più giusta di un'altra? Anche quella che apparentemente si rivela l'unica via sensata da percorrere, perseguendo i più condivisibili ed innocenti ideali, potrebbe portare a conseguenze disastrose di cui ci si può rendere conto solo ex-post, ed intanto il destino ci sorride sempre, malizioso, nella sua crudeltà, quasi a volerci schernire. Il personaggio di Johan è l'elemento disturbatore, una sorta di anticristo, il portatore del male e del risentimento, il conturbante araldo del dubbio e delle alternative, più un simbolo che un vero e proprio personaggio, ma egli è genialmente quel motore immobile che non compare mai e di cui si arriva persino a dubitarne l'esistenza, ma a cui tutto tende, l'epicentro di tutte le azioni e motivazioni dei personaggi, loro ultima meta, li induce ad un continuo inseguimento che permette alla fine di capire il loro vero ed ultimo nemico: loro stessi.
Non era Johan a muovere tutti, ma erano tutti a muoversi per Johan, le loro azioni erano dettate dalla loro volontà di inseguire tale mostro e chimera, una loro responsabilità, mentre coloro che dovevano affrontare fin dal principio erano le loro paure, errori e false sicurezze. Lo capisce Tenma, costretto a misurasi con il suo idealismo e saldo intento a fermare Johan per riparare alla sua scelta e ledere il suo rimorso (era stato veramente giusto salvarlo?), lo capisce Nina che, trovandosi a rivangare il passato scopre di possedere memorie che non avrebbe mai voluto riportare a galla, così come loro anche gli altri personaggi si misurano con il caso di Johan per in realtà ritrovare, alla fine, loro stessi, anche Lunge, Grimmer, ma anche l'avvocato e il giovane ispettore di polizia. Peccato per il finale, a mio avviso se si fosse optato per un regime meno lieto sarebbe scaturito di certo qualcosa di meno banale, ma non posso affermare di non averlo apprezzato. Per me è un 8 pieno.
Monster gode di una incredibile popolarità come opera sul genere giallo-poliziesco, ma a mio avviso tale veste gli sta piuttosto strettina, anzi, scomoda. Personalmente trovo che la giusta prospettiva con cui guardare a questo fumetto sia quella di un manga psicologico con delle venature tipiche di un racconto del mistero e della fiaba, e non un giallo che si basi su una ferrea logica.
Ma esaminiamo più a fondo la questione "Monster" andando a partire da ciò che più comunemente suscita venerazione: la storia. Questa non è veramente complessa (come potrebbe esserlo ad esempio quella di un'opera di Shirow), ma semplicemente molto ben organizzata e sfaccettata, ricca di innumerevoli particolari, di personaggi e di avvenimenti incastrati con abilità. I tempi per le rivelazioni e colpi di scena sono ponderati e ottimamente gestiti; si distribuiscono ed alternano in modo efficace anche i momenti in cui incalza una narrazione rapida e quelli di distensione. Il "problema", tuttavia, è che questa enorme macchina narrativa, sebbene riesca a tenere una notevole coerenza, procede fin troppo spesso per coincidenze e forzature spazio-temporali non indifferenti, per fare un esempio: in ogni città in cui un personaggio arriva questi magicamente incontra un personaggio chiave che gli permetterà di percorrere la retta via, o rimane coinvolto in determinate esperienze che si ricollegano alla storia principale e che guardacaso spesso poi si rivelano importanti per far emergere un ulteriore tassello di questo elefantiaco puzzle. Ogni progresso verso la conclusione è un passo guidato dalla mano del destino, e Dio più che giocare a dadi sembra usare righello e squadretta. Di certo questo non è un buon presupposto per un giallo investigativo, specialmente per come si palesa tale caratteristica nel finale dove, per un miracolo incredibile, tutti i personaggi si riuniranno "casualmente" nello stesso posto e nello stesso giorno, sfidando ogni legge probabilistica e ogni possibile verosimiglianza. Un altro elemento che a mio avviso stona se si guarda a Monster nell'ottica del giallo sono le numerose e corpose storie parallele, le quali non fanno altro che allungare e complicare una matassa di avvenimenti davvero mastodontica. Impossibile non riconoscere l'abilità dell'autore nell'intrecciare tutti questi fili paralleli senza troppe contraddizioni e riuscendo a mantenere una coerenza di fondo, ma il continuo distogliere l'attenzione dalla storia principale risulta a mio avviso controproducente. Un altro appunto che mi sento di fare riguarda proprio una peculiarità di Urasawa: il mondo che lui costruisce gira del tutto, e solamente, attorno ai suoi personaggi, ma questo (e anche gli altri già citati) in realtà è un ottimo aspetto se vogliamo considerare Monster come dovrebbe essere considerato, dicevamo prima, da un punto di vista psicologico.
L'elemento maggiormente affascinante dell'intero fumetto sta proprio nei suoi personaggi, mediante l'inserimento di continue deviazioni Urasawa è in grado di delinearne con estrema accuratezza la caratterizzazione, riesce nella titanica impresa di rendere interessanti quasi tutte le figure che fanno la loro comparsa nella storia, anche quelle secondarie la cui scena è poi destinata a venire velocemente esautorata da quella dei primari e comprimari senza per questo però esserne sminuita o banalizzata. Molti avranno un'evoluzione notevole, come lo stesso Tenma o anche Eva e l'ispettore Lunge, matureranno come persone in seguito alle continue vicende che turberanno le loro esistenze e che li porteranno inevitabilmente a compiere scelte, mettendo in crisi il loro senso di giustizia e convinzioni, e appunto sulla scelta e sulle possibilità gioca l'intero fumetto. Il viaggio nell'animo umano in cui ci porta Monster è incredibile e le varie riflessioni che vengono sparpagliate per l'intero intreccio tra cui, ricordiamolo, le bellissime favole di Franz Bonaparta, si riconducono fondamentalmente all'introspezione e al considerare il "mostro" che ognuno di noi può diventare, uno spietato scontro tra io e super io, moralità e amoralità, ma anche un conflitto tra idealismo e materialismo: donde viene la certezza di una mia decisione o convinzione? Cosa giustifica una scelta? Cosa la rende più giusta di un'altra? Anche quella che apparentemente si rivela l'unica via sensata da percorrere, perseguendo i più condivisibili ed innocenti ideali, potrebbe portare a conseguenze disastrose di cui ci si può rendere conto solo ex-post, ed intanto il destino ci sorride sempre, malizioso, nella sua crudeltà, quasi a volerci schernire. Il personaggio di Johan è l'elemento disturbatore, una sorta di anticristo, il portatore del male e del risentimento, il conturbante araldo del dubbio e delle alternative, più un simbolo che un vero e proprio personaggio, ma egli è genialmente quel motore immobile che non compare mai e di cui si arriva persino a dubitarne l'esistenza, ma a cui tutto tende, l'epicentro di tutte le azioni e motivazioni dei personaggi, loro ultima meta, li induce ad un continuo inseguimento che permette alla fine di capire il loro vero ed ultimo nemico: loro stessi.
Non era Johan a muovere tutti, ma erano tutti a muoversi per Johan, le loro azioni erano dettate dalla loro volontà di inseguire tale mostro e chimera, una loro responsabilità, mentre coloro che dovevano affrontare fin dal principio erano le loro paure, errori e false sicurezze. Lo capisce Tenma, costretto a misurasi con il suo idealismo e saldo intento a fermare Johan per riparare alla sua scelta e ledere il suo rimorso (era stato veramente giusto salvarlo?), lo capisce Nina che, trovandosi a rivangare il passato scopre di possedere memorie che non avrebbe mai voluto riportare a galla, così come loro anche gli altri personaggi si misurano con il caso di Johan per in realtà ritrovare, alla fine, loro stessi, anche Lunge, Grimmer, ma anche l'avvocato e il giovane ispettore di polizia. Peccato per il finale, a mio avviso se si fosse optato per un regime meno lieto sarebbe scaturito di certo qualcosa di meno banale, ma non posso affermare di non averlo apprezzato. Per me è un 8 pieno.