Recensione
Benkei a New York
10.0/10
Recensione di rossocenere
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Una collaborazione feroce e graffiante tra Jinpachi Mori e Jiro Taniguchi che pretende di narrare le silenziose ed invisibili storie di Benkei, in una presumibile America anni 70, appunto a New York.
Si parte a bruciapelo, già inseriti nella vita dell'uomo senza spiegazione alcuna; Benkei è un mercenario che uccide tra moralità e denaro, che naviga tra mafia e lussuria, e del suo passato ne rimane solo l'ombra che si riflette nelle sue azioni: nient'altro.
Camminando con lui per il Central Park o sotto l'Empire State Building, vediamo un mondo dietro la canna di una pistola, accedendo agli angoli più sfaldati e più reali della loro -anzi, meglio della nostra- società.
La caratterizzazione del personaggio protagonista è, probabilmente, il gioiello di questo volume unico di 218 pagine edito in Italia Star Comics. Il suo credo, i suoi dogmi, si sviluppano su un'ironia buffa e paradossale: egli ama farsi giustizia da sé, ma allo stesso tempo è un professionista dell'omicidio su commissione.
Il manga, diviso in 7 storie a sé stanti ma cronologicamente lineari, non è solo emblema di quanto sia sporco il mondo, e di quanto siano divertenti e sciocche le persone che lo popolano, ma si fa spazio anche tra arte e cultura riempiendosi di citazioni e nozioni di storia e pittura; esempio ne sono i riferimenti alla guerra mondiale o l'Urlo di Munch.
Tecnicamente, l'edizione è semplice e comune: i disegni ad un primo sguardo appaiono piacevoli, tuttavia non particolarmente curati o non caratterizzati da uno stile unico; proseguendo la lettura, si viene a realizzare quanto sia invece azzeccato questo tratto netto che si accosta quasi ai fumetti -appunto- americani.
Tra vicende d'amore, parole soffocate nella gola e rimorsi dal passato, l'altro elemento particolarmente spiazzante (ovviamente, in positivo) dell'opera è la capacità di raccontare. Ogni filone narrativo, a dispetto del numero modesto di pagine, si colora d'intrecci muti che spesso si risolvono con immagini cariche di metafore, ironia e che lasciano quel sapore amaro in bocca che ci è tanto familiare.
In conclusione, il motivo per cui non dimenticherò questo volume - oltre a tutti quelli già dichiarati appena sopra - è anche lo stesso per cui sono rimasto emotivamente colpito nel profondo: l'espressione di Benkei. Quest'uomo così misterioso, vissuto, sulla cinquantina, che sembra saperne a valanghe sulla vita, ma che parla solo quando ce n'è davvero bisogno, ha il volto segnato dalla mestizia. Un volto che spaventa, che lascia presagire i confronti che ha avuto nel suo passato e che ha, ancora, col suo stesso passato.
Vuoto, e forte della propria condizione, Benkei adesso uccide.
E se volete sapere come, vi consiglio di andare in fumetteria e cercare il suo Volume, poiché al posto vostro io sarei proprio curioso.
Dopotutto 3,10 € spesi per un grande senso d'amarezza a fine lettura non sono affatto spesi male.
Si parte a bruciapelo, già inseriti nella vita dell'uomo senza spiegazione alcuna; Benkei è un mercenario che uccide tra moralità e denaro, che naviga tra mafia e lussuria, e del suo passato ne rimane solo l'ombra che si riflette nelle sue azioni: nient'altro.
Camminando con lui per il Central Park o sotto l'Empire State Building, vediamo un mondo dietro la canna di una pistola, accedendo agli angoli più sfaldati e più reali della loro -anzi, meglio della nostra- società.
La caratterizzazione del personaggio protagonista è, probabilmente, il gioiello di questo volume unico di 218 pagine edito in Italia Star Comics. Il suo credo, i suoi dogmi, si sviluppano su un'ironia buffa e paradossale: egli ama farsi giustizia da sé, ma allo stesso tempo è un professionista dell'omicidio su commissione.
Il manga, diviso in 7 storie a sé stanti ma cronologicamente lineari, non è solo emblema di quanto sia sporco il mondo, e di quanto siano divertenti e sciocche le persone che lo popolano, ma si fa spazio anche tra arte e cultura riempiendosi di citazioni e nozioni di storia e pittura; esempio ne sono i riferimenti alla guerra mondiale o l'Urlo di Munch.
Tecnicamente, l'edizione è semplice e comune: i disegni ad un primo sguardo appaiono piacevoli, tuttavia non particolarmente curati o non caratterizzati da uno stile unico; proseguendo la lettura, si viene a realizzare quanto sia invece azzeccato questo tratto netto che si accosta quasi ai fumetti -appunto- americani.
Tra vicende d'amore, parole soffocate nella gola e rimorsi dal passato, l'altro elemento particolarmente spiazzante (ovviamente, in positivo) dell'opera è la capacità di raccontare. Ogni filone narrativo, a dispetto del numero modesto di pagine, si colora d'intrecci muti che spesso si risolvono con immagini cariche di metafore, ironia e che lasciano quel sapore amaro in bocca che ci è tanto familiare.
In conclusione, il motivo per cui non dimenticherò questo volume - oltre a tutti quelli già dichiarati appena sopra - è anche lo stesso per cui sono rimasto emotivamente colpito nel profondo: l'espressione di Benkei. Quest'uomo così misterioso, vissuto, sulla cinquantina, che sembra saperne a valanghe sulla vita, ma che parla solo quando ce n'è davvero bisogno, ha il volto segnato dalla mestizia. Un volto che spaventa, che lascia presagire i confronti che ha avuto nel suo passato e che ha, ancora, col suo stesso passato.
Vuoto, e forte della propria condizione, Benkei adesso uccide.
E se volete sapere come, vi consiglio di andare in fumetteria e cercare il suo Volume, poiché al posto vostro io sarei proprio curioso.
Dopotutto 3,10 € spesi per un grande senso d'amarezza a fine lettura non sono affatto spesi male.