Recensione
Gangsta.
7.0/10
Lo dissi una volta, e lo ripeto qui: se c'è una cosa che odio, quando mi ritrovo tra le mani un manga, è il non essere informato in precedenza riguardo i suoi contenuti. Non fraintendete: non si tratta degli elementi da pubblico adulto, quindi né dei vari riferimenti sessuali - che sono solo di contorno - né tantomeno della violenza e del sangue - che comunque sono in quantità modesta, in confronto a opere come "Gantz" o "Kenshin". Quello che nessun sito, né articolo informativo, né altro si dà la pena di dirvi riguardo questo manga sono i numerosi elementi fantascientifico/soprannaturali/urban fantasy. Davvero, non ho potuto non schiaffeggiarmi il volto, coprendo per vergogna la mia espressione (tradotto: *facepalm*), davanti allo spettacolo di gente che salta da un tetto ad un altro con un doppio carpiato all'indietro, colpi a mani nude che sfondano muri di cemento armato e tizi che riescono a fare strage di una banda munita di fucili M4 utilizzando unicamente un paio di lame Kukri. Insomma, in poche parole mi aspettavo qualcosa di simile a "Black Lagoon", da questo manga, e invece mi sono ritrovato davanti un pasticcio di termini specifici ("Twilight", che designa delle persone con capacità sovraumane in perfetto stile Capitan America; "Ergastolo", città-gulag immaginaria teatro di tutte le vicende, e questi sono solo un paio di esempi), senza alcuna pretesa di realismo né di verosimiglianza. Di solito mi trasformo in un roditore e abbandono la lettura in casi come questo, ma "Gangsta." è stato capace di intrattenermi in maniera così spregiudicata e "trash" che ne è valsa la pena, di aver continuato a leggere. Il ben assortito trio di protagonisti, i combattimenti pazzi, il ritmo volgare e divertente, e le ambientazioni, monotone ma molto curate ed appropriate, mi hanno convinto abbastanza da alzare il voto al di là della mediocrità. Le debolezze di quest'opera sono parecchie, ma chiunque si lascia un po' coinvolgere sarà in grado di perdonarle.
"Gangsta." narra - un applauso per la fantasia, prego - la storia di un paio di gangster a ore, iniziando dal momento in cui si inserisce, nella loro vita, una prostituta da loro salvata, che da quel momento in poi svolgerà il ruolo di domestica, segretaria e centro di forza del cliché "vorrei ma non posso" di cui nessun manga sembra in grado di fare a meno. Il posto dove vivono Worick (il biondo con la benda), Nicolas (il cane bastonato sordo, con la katana e i capelli neri) e Alex (la gnocca nippobrasiliana) è la classica città senza legge, dove a farla da padrone sono una manciata di famiglie criminali, e la polizia è solo una forza alle volte corrotta, alle volte neutra. E' molto carino lo sviluppo, poiché verrà spiegata la vera ragion d'essere di una città del genere, e verranno spiegate anche le origini dei protagonisti, anche se con un'ottima scusa per non farlo qualora non fosse utile ai fini del momento. Come ho già detto, il posto in prima fila viene riservato alle sequenze d'azione, quasi sanguinolente coreografie, che costituiscono il punto di forza del manga nonostante il tratto soprannaturale cui ho accennato prima, che le rende un po' stravaganti. A seguire, ci sono i vari tormenti dei protagonisti, visioni allucinatorie che definiscono molto del loro carattere, e a noialtri lettori lasciano una succulenta sensazione di tensione. Infine, una buona menzione va fatta dei dialoghi, interessanti e arricchiti dal fatto che uno dei protagonisti è privo dell'udito, e quindi costretto a comunicare tramite gesti e indicazioni. I personaggi sono tutti validi, a modo loro, e l'impostazione della storia li fa apparire tutti come importanti e irrinunciabili, animati dallo stesso spirito "trash" che fa da pietra angolare al manga.
Alcuni particolari fanno però storcere il naso. Ho già citato le deformazioni causate dall'elemento soprannaturale della storia, ma c'è da considerare anche un problema di riferimenti: certo, il manga non porta con sé nulla di particolarmente originale, ma alcuni elementi citativi in particolare ti fanno desiderare lo stesso di avere l'autore Kosuke davanti, per prenderlo a testate sul naso. Le Tre Leggi di Isaac Asimov? Ma stiamo scherzando? Che bisogno c'era di rubare così spudoratamente da un autore il cui genere non c'entra un accidentaccio con la vicenda di "Gangsta."? E se leggerete il manga, capirete di che parlo.
I disegni sono un altro forte del manga: elaborati e stilisticamente innovativi, vanno spalla a spalla con un design dei personaggi buono ma non sempre esaltante. Il palcoscenico, la città di Ergastolo, è sempre lo stesso, ma si tratta di un mondo a parte cui Kosuke riesce a dare carattere dipingendolo come un posto crudele e arido, dove solo i veri duri possono sopravvivere senza piegare la testa. L'impatto visivo è potente, forse più potente di molte altre opere che pure hanno riscosso maggior successo.
E' un vero peccato che un elemento così stupido, la categorizzazione dell'opera, debba andare ad incidere sulla valutazione, ma non posso farci nulla: personalmente, lo trovo un segno di sciatteria, un dare per scontato che tutti i lettori sappiano apprezzare i castelli in aria inventati dall'autore. Io cercavo qualche bella storia criminale, e invece mi sono ritrovato di fronte questo pastrocchio inverosimile che ribadiamolo, non mi ha deluso, ma comunque mi ha fatto fare la figura del fessacchiotto. Un Seinen d'azione al cento per cento, divertente e fracassone: questo è "Gangsta.", e se la descrizione corrisponde ai vostri gusti, vi consiglio caldamente di leggerlo.
"Gangsta." narra - un applauso per la fantasia, prego - la storia di un paio di gangster a ore, iniziando dal momento in cui si inserisce, nella loro vita, una prostituta da loro salvata, che da quel momento in poi svolgerà il ruolo di domestica, segretaria e centro di forza del cliché "vorrei ma non posso" di cui nessun manga sembra in grado di fare a meno. Il posto dove vivono Worick (il biondo con la benda), Nicolas (il cane bastonato sordo, con la katana e i capelli neri) e Alex (la gnocca nippobrasiliana) è la classica città senza legge, dove a farla da padrone sono una manciata di famiglie criminali, e la polizia è solo una forza alle volte corrotta, alle volte neutra. E' molto carino lo sviluppo, poiché verrà spiegata la vera ragion d'essere di una città del genere, e verranno spiegate anche le origini dei protagonisti, anche se con un'ottima scusa per non farlo qualora non fosse utile ai fini del momento. Come ho già detto, il posto in prima fila viene riservato alle sequenze d'azione, quasi sanguinolente coreografie, che costituiscono il punto di forza del manga nonostante il tratto soprannaturale cui ho accennato prima, che le rende un po' stravaganti. A seguire, ci sono i vari tormenti dei protagonisti, visioni allucinatorie che definiscono molto del loro carattere, e a noialtri lettori lasciano una succulenta sensazione di tensione. Infine, una buona menzione va fatta dei dialoghi, interessanti e arricchiti dal fatto che uno dei protagonisti è privo dell'udito, e quindi costretto a comunicare tramite gesti e indicazioni. I personaggi sono tutti validi, a modo loro, e l'impostazione della storia li fa apparire tutti come importanti e irrinunciabili, animati dallo stesso spirito "trash" che fa da pietra angolare al manga.
Alcuni particolari fanno però storcere il naso. Ho già citato le deformazioni causate dall'elemento soprannaturale della storia, ma c'è da considerare anche un problema di riferimenti: certo, il manga non porta con sé nulla di particolarmente originale, ma alcuni elementi citativi in particolare ti fanno desiderare lo stesso di avere l'autore Kosuke davanti, per prenderlo a testate sul naso. Le Tre Leggi di Isaac Asimov? Ma stiamo scherzando? Che bisogno c'era di rubare così spudoratamente da un autore il cui genere non c'entra un accidentaccio con la vicenda di "Gangsta."? E se leggerete il manga, capirete di che parlo.
I disegni sono un altro forte del manga: elaborati e stilisticamente innovativi, vanno spalla a spalla con un design dei personaggi buono ma non sempre esaltante. Il palcoscenico, la città di Ergastolo, è sempre lo stesso, ma si tratta di un mondo a parte cui Kosuke riesce a dare carattere dipingendolo come un posto crudele e arido, dove solo i veri duri possono sopravvivere senza piegare la testa. L'impatto visivo è potente, forse più potente di molte altre opere che pure hanno riscosso maggior successo.
E' un vero peccato che un elemento così stupido, la categorizzazione dell'opera, debba andare ad incidere sulla valutazione, ma non posso farci nulla: personalmente, lo trovo un segno di sciatteria, un dare per scontato che tutti i lettori sappiano apprezzare i castelli in aria inventati dall'autore. Io cercavo qualche bella storia criminale, e invece mi sono ritrovato di fronte questo pastrocchio inverosimile che ribadiamolo, non mi ha deluso, ma comunque mi ha fatto fare la figura del fessacchiotto. Un Seinen d'azione al cento per cento, divertente e fracassone: questo è "Gangsta.", e se la descrizione corrisponde ai vostri gusti, vi consiglio caldamente di leggerlo.