Recensione
Sket Dance
2.0/10
I manga a episodi non sono il mio genere preferito, ma questo non vuol dire che non mi piacciano per niente. Se un gag-manga a episodi ha determinate caratteristiche può essere un ottima lettura. Io però credo che Sket Dance queste caratteristiche non le abbia. In particolare ciò che secondo me gli manca quasi completamente sono delle buone battute. Da un manga comico mi aspetto battute originali ed esilaranti, invece in Sket Dance sono tutte più o meno uguali: i due protagonisti dicono o fanno qualcosa di stupido e la protagonista li rimprovera (dicendo sempre più o meno le stesse cose). È vero che alcune scene sono da sbellicarsi, ma sono troppo poche per salvare tutte le altre, che ti lasciano deluso perché volevi ridere ma non ci sei riuscito.
Tra una pessima battuta e l'altra, la trama di Sket Dance non avanza in nessun modo. Solo perché è un manga a episodi non significa che tutto debba restare completamente invariato e che la situazione alla fine di ogni episodio debba essere uguale a com'era all'inizio (Ranma 1/2 e Yankee-kun to Megane-chan ne sono la prova). Da un manga sfornato da Jump mi aspettavo una trama più coinvolgente, invece qui potresti smettere di leggere in qualunque momento e non verrebbe mai da chiederti "Chissà cosa succede dopo?"
Gli unici episodi che "mandano avanti" la trama sono i flash-back in cui viene mostrato il passato dei protagonisti. Sono gli unici episodi seri, che non contengono battute a raffica, e a parer mio sono anche i peggiori, perché essendo stati pensati appunto come episodi seri e a volte anche drammatici dovrebbero essere plausibili, ma non lo sono affatto. Non sono realistici: sono assurdi e insensati esattamente come quelli comici. Ma se in un capitolo comico non mi aspetto altro se non situazioni surreali, una situazione poco plausibile in un capitolo triste crea un attrito e un'interferenza che mi rendono difficile impersonarmi nel protagonista ed essere triste per lui.
Senza contare che identificarsi con uno qualunque dei protagonisti è pressoché impossibile, dal momento che hanno lo stesso spessore della carta su cui sono disegnati. Sono stereotipati a livelli estremi: il protagonista idiota e incapace, l'otaku asociale, la teppistella buona e incompresa, la racchia che se si trucca diventa bellissima, l'aspirante mangaka con la testa fra le nuvole, il bacchettone antipatico che vuole far chiudere il club... Tanto che sembra di avere a che fare solo con un branco di inetti senza alcuna caratterizzazione dove ciascuno fa semplicemente ciò che è più conveniente in quel momento per mandare avanti la trama.
Alla fine le uniche cose che mi hanno convinta a leggere questo manga fino all'ottavo numero (ma che non sono bastate a farmelo continuare) sono le poche battute decenti e i disegni abbastanza buoni: Shinohara ha un modo di disegnare molto nitido e pulito, e se la cava molto bene anche con le illustrazioni di copertina e all'inizio dei capitoli. Ma non penso che questo sia sufficiente ad assegnargli un voto più alto di due.
Tra una pessima battuta e l'altra, la trama di Sket Dance non avanza in nessun modo. Solo perché è un manga a episodi non significa che tutto debba restare completamente invariato e che la situazione alla fine di ogni episodio debba essere uguale a com'era all'inizio (Ranma 1/2 e Yankee-kun to Megane-chan ne sono la prova). Da un manga sfornato da Jump mi aspettavo una trama più coinvolgente, invece qui potresti smettere di leggere in qualunque momento e non verrebbe mai da chiederti "Chissà cosa succede dopo?"
Gli unici episodi che "mandano avanti" la trama sono i flash-back in cui viene mostrato il passato dei protagonisti. Sono gli unici episodi seri, che non contengono battute a raffica, e a parer mio sono anche i peggiori, perché essendo stati pensati appunto come episodi seri e a volte anche drammatici dovrebbero essere plausibili, ma non lo sono affatto. Non sono realistici: sono assurdi e insensati esattamente come quelli comici. Ma se in un capitolo comico non mi aspetto altro se non situazioni surreali, una situazione poco plausibile in un capitolo triste crea un attrito e un'interferenza che mi rendono difficile impersonarmi nel protagonista ed essere triste per lui.
Senza contare che identificarsi con uno qualunque dei protagonisti è pressoché impossibile, dal momento che hanno lo stesso spessore della carta su cui sono disegnati. Sono stereotipati a livelli estremi: il protagonista idiota e incapace, l'otaku asociale, la teppistella buona e incompresa, la racchia che se si trucca diventa bellissima, l'aspirante mangaka con la testa fra le nuvole, il bacchettone antipatico che vuole far chiudere il club... Tanto che sembra di avere a che fare solo con un branco di inetti senza alcuna caratterizzazione dove ciascuno fa semplicemente ciò che è più conveniente in quel momento per mandare avanti la trama.
Alla fine le uniche cose che mi hanno convinta a leggere questo manga fino all'ottavo numero (ma che non sono bastate a farmelo continuare) sono le poche battute decenti e i disegni abbastanza buoni: Shinohara ha un modo di disegnare molto nitido e pulito, e se la cava molto bene anche con le illustrazioni di copertina e all'inizio dei capitoli. Ma non penso che questo sia sufficiente ad assegnargli un voto più alto di due.