Recensione
City Hunter
8.0/10
Recensione di Kabutomaru
-
Solitamente, dopo aver realizzato un successo commerciale, un autore nel successivo lavoro tenta di replicare lo schema dell'opera precedente, sperando di replicare anche le vendite fatte in precedenza, a discapito della qualità artistica del prodotto. Tsukasa Hojo decide di usare in "City Hunter" sempre un protagonista che agisce nell'illegalità, ma conferendo all'opera una trama e una seriosità troppo marcata, in netto contrasto con la leggerezza di Cat's Eye, tanto da dover cambiare il tono dell'opera quasi immediatamente. Il manga è stato recentemente ripubblicato da Planet Manga in una riedizione dal grande formato, che consta di 32 volumi, muniti di sovra-copertina e pagine a colori.
La storia è molto semplice: Ryo Saeba alias "City Hunter", è uno sweeper professionista che, insieme al suo collega Makimura, svolge ogni genere di lavoro sporco e per contattarlo basta scrivere sul tabellone degli annunci di Shinjuku la sigla "XYZ". Un giorno, però, nel corso delle loro indagini Ryo finisce con l'intralciare i piani di un organizzazione potente come la Union Teope, la quale ammazza brutalmente il collega di Ryo. Da quel momento lo sweeper, coadiuvato dalla nuova partner Kaori, sorella del suo defunto collega, giurerà vendetta contro l'organizzazione.
Si può pensare che rispetto a "Cat's Eye" stavolta Hojo abbia deciso di inserire una trama portante forte; niente di più sbagliato visto l'autore metterà in disparte la trama principale per un bel pezzo, riprendendola solo verso i volumi finali, a favore di una miriade di casi auto-conclusivi dove Ryo e Kaori dovranno risolvere il problema presentato dal cliente, quasi sempre una donna super figa con cui Ryo ci proverà, beccandosi però tante martellate da Kaori.
Nonostante la ripetitività di fondo dovuta al numero spropositato di casi, dato dal fatto che "City Hunter" doveva essere allungato il più possibile, sono pochissimi quelli mal riusciti poiché ogni caso presenta dei risvolti emotivi totalmente differenti da quelli precedenti e l'autore, sfruttando il fatto che l'opera da un cupo noir è divenuta un manga demenziale, ci presenta situazioni e addirittura alcune volte casi surreali, senza che lo spettatore resti minimamente interdetto, poiché il genere demenziale ti consente di piegare l'opera alle esigenze più disparate.
Il marchio di fabbrica dell'opera sono sicuramente le numerose gag presenti nella storia, infatti Hojo dovrà ben presto abbandonare il tono serioso, poiché la pubblicazione del manga rischiava di essere interrotta, decidendo di puntare il tutto su tante gag. Nonostante questo cambiamento repentino che gli preclude lo status di capolavoro, ma gli assicura il favore del pubblico, il valore del fumetto non viene intaccato di molto. L'autore sceglie di scartare la solita comicità spontanea e cafona tipica delle produzioni della Takahashi, la quale faceva ben poco ridere, per puntare ad una comicità più costruita e raffinata dove lo spettatore è sempre pronto a trasformare il suo sorriso in una fragorosa risata, poiché Hojo sa bene che per far ridere deve preparare il lettore alla risata, costruendo bene la messa in scena dove accadrà la situazione comica. E' innegabile dire che si ride abbastanza, anche perché l'autore riesce ad azzeccare sempre i tempi della battuta, che per un manga demenziale è cosa fondamentale.
Per quanto concerne i personaggi, l'autore sceglie di abbandonare la coralità poco riuscita presente in "Cat's Eye", per concentrarsi su pochi personaggi, ma buoni. Il protagonista "Ryo Saeba" è il mattatore dell'opera, serio solo all'apparenza, ma quando vede una donna non può fare a meno di sfogare tutta la sua virilità, causando una marea di situazioni assurde. Accanto a lui c'è Kaori, la quale è il personaggio che sicuramente presenta dei risvolti più interessanti e un evoluzione psicologica interessante rispetto ad un Ryo che finisce con il restare sempre uguale a sé stesso. Buono il cast dei personaggi secondari, capace di lasciare il segno anche se non compaiono molte volte nella storia, come l'amico/rivale Umibozu, la bella poliziotta Saeko e il grande Mick Angel, vero e proprio mattatore nella parte finale della storia.
I disegni, rispetto all'opera precedente, sono nettamente migliorati. Solitamente il tratto di un autore nei volumi iniziali si dimostra acerbo per poi migliorare con il progredire della storia, invece in "City Hunter" sin dalle pagine iniziali l'autore mostra il suo enorme talento grafico. Hojo riesce costruire alla perfezione un'atmosfera noir, rappresentando nelle sua tavole una Tokyo di fine anni '80 in tutte le sua sfaccettature, passando dai tranquilli quartieri residenziali, a palazzi vetrati che si estendono per decine di metri in altezza, sino a giungere al quartiere a luci rosse di Shinjuku, che di notte si anima con persone di ogni estrazione sociale.
Nonostante Hojo si opponga strenuamente all'occidentalizzazione dei manga, il suo tratto nel raffigurare i personaggi ha ben poco del classico stile orientale, virando decisivamente per una rappresentazione tendente al foto-realismo dei personaggi, anche se naturalmente non abbandonerà mai i simpatici deformed, dei quali si avvale per raffigurare i personaggi in modo caricaturale e grottesco.
Concludendo possiamo dire che "City Hunter" è l'esempio più evocativo di come un manga a fine anni '80 potesse ambire a vette elevatissime nonostante non nasconda per niente la sua natura commerciale e di mero intrattenimento. Si ha enorme dispiacere che l'autore non abbia avuto totale libertà creativa sull'opera, dovendo cambiare subito il registro verso il demenziale sempre più puro, rinnegando le atmosfere cupe dei primi volumi.
L'enorme quantità di casi fine a sé stessi e un finale che seppur concettualmente chiuda le vicende si dimostra sin troppo aperto, sono pecche che non si possono non sottolineare, ma alla fine non pregiudicano lo stato di cult, assolutamente meritato, rispetto ai tanti sopravvalutati shonen degli anni'80. In sostanza, se volete un poliziesco/noir, disegnato divinamente ma con atmosfere per niente pesanti, "City Hunter" è sicuramente un'opera che conquisterà ogni amante del buon fumetto.
La storia è molto semplice: Ryo Saeba alias "City Hunter", è uno sweeper professionista che, insieme al suo collega Makimura, svolge ogni genere di lavoro sporco e per contattarlo basta scrivere sul tabellone degli annunci di Shinjuku la sigla "XYZ". Un giorno, però, nel corso delle loro indagini Ryo finisce con l'intralciare i piani di un organizzazione potente come la Union Teope, la quale ammazza brutalmente il collega di Ryo. Da quel momento lo sweeper, coadiuvato dalla nuova partner Kaori, sorella del suo defunto collega, giurerà vendetta contro l'organizzazione.
Si può pensare che rispetto a "Cat's Eye" stavolta Hojo abbia deciso di inserire una trama portante forte; niente di più sbagliato visto l'autore metterà in disparte la trama principale per un bel pezzo, riprendendola solo verso i volumi finali, a favore di una miriade di casi auto-conclusivi dove Ryo e Kaori dovranno risolvere il problema presentato dal cliente, quasi sempre una donna super figa con cui Ryo ci proverà, beccandosi però tante martellate da Kaori.
Nonostante la ripetitività di fondo dovuta al numero spropositato di casi, dato dal fatto che "City Hunter" doveva essere allungato il più possibile, sono pochissimi quelli mal riusciti poiché ogni caso presenta dei risvolti emotivi totalmente differenti da quelli precedenti e l'autore, sfruttando il fatto che l'opera da un cupo noir è divenuta un manga demenziale, ci presenta situazioni e addirittura alcune volte casi surreali, senza che lo spettatore resti minimamente interdetto, poiché il genere demenziale ti consente di piegare l'opera alle esigenze più disparate.
Il marchio di fabbrica dell'opera sono sicuramente le numerose gag presenti nella storia, infatti Hojo dovrà ben presto abbandonare il tono serioso, poiché la pubblicazione del manga rischiava di essere interrotta, decidendo di puntare il tutto su tante gag. Nonostante questo cambiamento repentino che gli preclude lo status di capolavoro, ma gli assicura il favore del pubblico, il valore del fumetto non viene intaccato di molto. L'autore sceglie di scartare la solita comicità spontanea e cafona tipica delle produzioni della Takahashi, la quale faceva ben poco ridere, per puntare ad una comicità più costruita e raffinata dove lo spettatore è sempre pronto a trasformare il suo sorriso in una fragorosa risata, poiché Hojo sa bene che per far ridere deve preparare il lettore alla risata, costruendo bene la messa in scena dove accadrà la situazione comica. E' innegabile dire che si ride abbastanza, anche perché l'autore riesce ad azzeccare sempre i tempi della battuta, che per un manga demenziale è cosa fondamentale.
Per quanto concerne i personaggi, l'autore sceglie di abbandonare la coralità poco riuscita presente in "Cat's Eye", per concentrarsi su pochi personaggi, ma buoni. Il protagonista "Ryo Saeba" è il mattatore dell'opera, serio solo all'apparenza, ma quando vede una donna non può fare a meno di sfogare tutta la sua virilità, causando una marea di situazioni assurde. Accanto a lui c'è Kaori, la quale è il personaggio che sicuramente presenta dei risvolti più interessanti e un evoluzione psicologica interessante rispetto ad un Ryo che finisce con il restare sempre uguale a sé stesso. Buono il cast dei personaggi secondari, capace di lasciare il segno anche se non compaiono molte volte nella storia, come l'amico/rivale Umibozu, la bella poliziotta Saeko e il grande Mick Angel, vero e proprio mattatore nella parte finale della storia.
I disegni, rispetto all'opera precedente, sono nettamente migliorati. Solitamente il tratto di un autore nei volumi iniziali si dimostra acerbo per poi migliorare con il progredire della storia, invece in "City Hunter" sin dalle pagine iniziali l'autore mostra il suo enorme talento grafico. Hojo riesce costruire alla perfezione un'atmosfera noir, rappresentando nelle sua tavole una Tokyo di fine anni '80 in tutte le sua sfaccettature, passando dai tranquilli quartieri residenziali, a palazzi vetrati che si estendono per decine di metri in altezza, sino a giungere al quartiere a luci rosse di Shinjuku, che di notte si anima con persone di ogni estrazione sociale.
Nonostante Hojo si opponga strenuamente all'occidentalizzazione dei manga, il suo tratto nel raffigurare i personaggi ha ben poco del classico stile orientale, virando decisivamente per una rappresentazione tendente al foto-realismo dei personaggi, anche se naturalmente non abbandonerà mai i simpatici deformed, dei quali si avvale per raffigurare i personaggi in modo caricaturale e grottesco.
Concludendo possiamo dire che "City Hunter" è l'esempio più evocativo di come un manga a fine anni '80 potesse ambire a vette elevatissime nonostante non nasconda per niente la sua natura commerciale e di mero intrattenimento. Si ha enorme dispiacere che l'autore non abbia avuto totale libertà creativa sull'opera, dovendo cambiare subito il registro verso il demenziale sempre più puro, rinnegando le atmosfere cupe dei primi volumi.
L'enorme quantità di casi fine a sé stessi e un finale che seppur concettualmente chiuda le vicende si dimostra sin troppo aperto, sono pecche che non si possono non sottolineare, ma alla fine non pregiudicano lo stato di cult, assolutamente meritato, rispetto ai tanti sopravvalutati shonen degli anni'80. In sostanza, se volete un poliziesco/noir, disegnato divinamente ma con atmosfere per niente pesanti, "City Hunter" è sicuramente un'opera che conquisterà ogni amante del buon fumetto.