Recensione
Kenshin, Samurai Vagabondo
9.0/10
Recensione di zettaiLara
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Probabilmente non esiste altro manga che mi abbia fatto innamorare a prima vista come questo. Quando ho avuto tra le mani il primo volume, non sono stata in grado di staccare gli occhi dalle pagine, una dietro l'altra, sino a quando non sono giunta alla quarta di copertina. E' la storia - ancorché rivisitata in chiave shonen - di uno dei passaggi storici più critici di tutto il Giappone, se non il più traumatico in assoluto. In Europa i cambiamenti epocali erano da sempre all'ordine del giorno, ma dopo aver affrontato secoli e secoli di furiose battaglie per terre e per mari, e avvicendamenti di re e regine per la conquista del potere, si stagliava l'incombere di un'inarrestabile rivoluzione industriale, già in atto. Nel mentre, il Giappone arrivava sostanzialmente incolume a tutto questo. E ignavo, perché chiuso alle influenze esterne da altrettante ere.
E poi, in un soffio, tutto cambia e la nave nera dell'Europa è ancorata al porto, in evidente attesa: come non soccombere alla prepotenza dell'Occidente?
Il manga si avvia dieci anni dopo la restaurazione Meiji, nel 1878, quando tutto sembra lentamente ma inesorabilmente convogliare verso l'Illuminazione portata dall'Occidente.
Rurouni Kenshin è un viaggio nel tempo che Nobuhiro Watsuki è stato abile a saper rendere all'interno dell'apparente semplicità di uno shounen rivolto ad adolescenti ma accessibile anche a un pubblico più adulto. Non si pone quindi l'utopistico obiettivo di assurgere a manuale storico sui fatti accaduti, e tuttavia è capace di far riflettere, rabbrividire e sorridere. Ci si può concentrare puramente sul lato avventuroso della storia, oppure lo si può leggere con sguardo più critico, coadiuvati in tal senso dall'ampio apparato di note e focus che l'autore stesso inserisce a fine capitolo, in merito alla creazione e alla contestualizzazione dei suoi personaggi assieme a figure realmente esistite. Oppure, molto più semplicemente, ci si può lasciare trasportare da questo malinconico sfondo storico e dai suoi carismatici protagonisti, grazie anche al dipanarsi di eventi via via più incalzanti e ad una resa lentamente più introspettiva, drammatica e romantica.
Kenshin è un incrociare di lame, di valori perduti e ritrovati o impossibili da lasciarsi del tutto alle spalle, di forti legami sorti ove un tempo sarebbero stati impensabili ed, infine, di scelte ambiziose o controcorrenti. Si narra al contempo il punto di vista dei vincitori e dei vinti, senza lasciare indietro quello della gente comune che nulla ha potuto chiedersi o sperare, se non adeguarsi alle scelte politiche imposte dai vertici del comando.
Forse anche in questo molteplice profilo giace la magia della spada a lama invertita del protagonista simbolo della storia assieme alla cicatrice a forma di croce: qualcosa che è, e al tempo stesso non è. Qualcosa che resta, e qualcosa che nasce. Un'opera così ben meriterebbe di essere rispolverata, magari per tramite della bellissima riedizione in Kanzenban recentemente proposta in patria.
E poi, in un soffio, tutto cambia e la nave nera dell'Europa è ancorata al porto, in evidente attesa: come non soccombere alla prepotenza dell'Occidente?
Il manga si avvia dieci anni dopo la restaurazione Meiji, nel 1878, quando tutto sembra lentamente ma inesorabilmente convogliare verso l'Illuminazione portata dall'Occidente.
Rurouni Kenshin è un viaggio nel tempo che Nobuhiro Watsuki è stato abile a saper rendere all'interno dell'apparente semplicità di uno shounen rivolto ad adolescenti ma accessibile anche a un pubblico più adulto. Non si pone quindi l'utopistico obiettivo di assurgere a manuale storico sui fatti accaduti, e tuttavia è capace di far riflettere, rabbrividire e sorridere. Ci si può concentrare puramente sul lato avventuroso della storia, oppure lo si può leggere con sguardo più critico, coadiuvati in tal senso dall'ampio apparato di note e focus che l'autore stesso inserisce a fine capitolo, in merito alla creazione e alla contestualizzazione dei suoi personaggi assieme a figure realmente esistite. Oppure, molto più semplicemente, ci si può lasciare trasportare da questo malinconico sfondo storico e dai suoi carismatici protagonisti, grazie anche al dipanarsi di eventi via via più incalzanti e ad una resa lentamente più introspettiva, drammatica e romantica.
Kenshin è un incrociare di lame, di valori perduti e ritrovati o impossibili da lasciarsi del tutto alle spalle, di forti legami sorti ove un tempo sarebbero stati impensabili ed, infine, di scelte ambiziose o controcorrenti. Si narra al contempo il punto di vista dei vincitori e dei vinti, senza lasciare indietro quello della gente comune che nulla ha potuto chiedersi o sperare, se non adeguarsi alle scelte politiche imposte dai vertici del comando.
Forse anche in questo molteplice profilo giace la magia della spada a lama invertita del protagonista simbolo della storia assieme alla cicatrice a forma di croce: qualcosa che è, e al tempo stesso non è. Qualcosa che resta, e qualcosa che nasce. Un'opera così ben meriterebbe di essere rispolverata, magari per tramite della bellissima riedizione in Kanzenban recentemente proposta in patria.