Recensione
Ten Count
4.0/10
Recensione di SahelMelis
-
Banalissimo.
Una delusione cocente.
Come ha potuto Rihito Takarai, l'autrice del brillante Hana no Miyako De, ridursi ad un'opera stereotipata come Ten Count... e per giunta riscuotere maggior successo?
Ho notato che nessuno ha recensito questo manga e quindi ho deciso di farlo io. Partiamo dalla trama: Shirotani, ragazzo riservato e maniaco della pulizia, soffre di misofobia, ossia il timore di sporcarsi - la classica malattia condivisa da tutti gli hikikomori, per intenderci - e viene seguito gratis da un interessatissimo e per nulla interessante psicoterapeuta, Kurose. Ovviamente i due si innamoreranno e esprimeranno tutti nei migliori topoi dei peggiori manga yaoi: vi basterà vedere la copertina per capire tutto.
Shirotani, che è il più basso e "quindi" il passivo della coppia, rifiuta a voce le avances ma non manca di arrossire anziché combattere ogni volta che Kurose si prende troppe libertà con lui; si lascia manipolare come preferisce e finisce cotto a puntino di lui, pur negandolo fino alla morte. Come ogni uke che si rispetti risponde con un "No!" preventivo ad ogni tocco, si taglia i capelli perché piacciono al suo seme (e il seme giustifica la cosa come "Perché così sembri più piccolo", inquietante) e soprattutto alla sua età non sa ancora che cosa sia la sodomia e, mostrando la purezza degna di ogni uke che si rispetti, lo chiede al suo seme che subito gli fa una dimostrazione pratica.
Quanto a Kurose, lui è il classico seme spacciato per romantico e paziente ma in realtà manipolatore (come lo chiamereste uno che al "Non toccarmi!" se ne infischia e continua a toccarti ovunque ripetendo come un mantra "Eppure so che ti piace... il tuo corpo risponde bene..." finché non se ne convince l'altro?), che decide di fare una terapia shock al suo gratuito paziente.
Ho interrotto la lettura al secondo volume, quando le lacrime agli occhi e l'arrossire eccessivo del protagonista arrivano a praticamente cancellargli la faccia. Ovviamente solo lui, perché l'altro è un seme, quindi è un "vero uomo", e i seme non arrossiscono mai. Non ho parole.
Ho messo quattro come voto solo per il comparto grafico perché pur sempre gradevole anche se decisamente inferiore rispetto a quello di Hana no Miyako De (perché qui compaiono volti allungati e deformi, profili tutti sproporzionati e un'anatomia contorsionista decisamente bizzarra) ma che pure perpetra i soliti cliché: il passivo è il più basso della coppia, il passivo arrossisce e lacrima abbondantemente, il passivo che ogni capitolo sembra ringiovanire e diventare più efebico ed innocente, il passivo che ogni capitolo diventa sempre più basso, l'attivo non sorride mai o se sorride lo fa con pazienza e senza allegria, l'attivo ha sempre mani enormi e da pianista, l'attivo non arrossisce... ecc. potrei continuare all'infinito.
Se amate questo genere di cliché, allora adorerete il manga; se invece siete stufi di vedervi propinata sempre la stessa roba con così poca fantasia seguite il mio consiglio e lasciate perdere questo manga. È banale: non trovo altre parole per descriverlo.
Una delusione cocente.
Come ha potuto Rihito Takarai, l'autrice del brillante Hana no Miyako De, ridursi ad un'opera stereotipata come Ten Count... e per giunta riscuotere maggior successo?
Ho notato che nessuno ha recensito questo manga e quindi ho deciso di farlo io. Partiamo dalla trama: Shirotani, ragazzo riservato e maniaco della pulizia, soffre di misofobia, ossia il timore di sporcarsi - la classica malattia condivisa da tutti gli hikikomori, per intenderci - e viene seguito gratis da un interessatissimo e per nulla interessante psicoterapeuta, Kurose. Ovviamente i due si innamoreranno e esprimeranno tutti nei migliori topoi dei peggiori manga yaoi: vi basterà vedere la copertina per capire tutto.
Shirotani, che è il più basso e "quindi" il passivo della coppia, rifiuta a voce le avances ma non manca di arrossire anziché combattere ogni volta che Kurose si prende troppe libertà con lui; si lascia manipolare come preferisce e finisce cotto a puntino di lui, pur negandolo fino alla morte. Come ogni uke che si rispetti risponde con un "No!" preventivo ad ogni tocco, si taglia i capelli perché piacciono al suo seme (e il seme giustifica la cosa come "Perché così sembri più piccolo", inquietante) e soprattutto alla sua età non sa ancora che cosa sia la sodomia e, mostrando la purezza degna di ogni uke che si rispetti, lo chiede al suo seme che subito gli fa una dimostrazione pratica.
Quanto a Kurose, lui è il classico seme spacciato per romantico e paziente ma in realtà manipolatore (come lo chiamereste uno che al "Non toccarmi!" se ne infischia e continua a toccarti ovunque ripetendo come un mantra "Eppure so che ti piace... il tuo corpo risponde bene..." finché non se ne convince l'altro?), che decide di fare una terapia shock al suo gratuito paziente.
Ho interrotto la lettura al secondo volume, quando le lacrime agli occhi e l'arrossire eccessivo del protagonista arrivano a praticamente cancellargli la faccia. Ovviamente solo lui, perché l'altro è un seme, quindi è un "vero uomo", e i seme non arrossiscono mai. Non ho parole.
Ho messo quattro come voto solo per il comparto grafico perché pur sempre gradevole anche se decisamente inferiore rispetto a quello di Hana no Miyako De (perché qui compaiono volti allungati e deformi, profili tutti sproporzionati e un'anatomia contorsionista decisamente bizzarra) ma che pure perpetra i soliti cliché: il passivo è il più basso della coppia, il passivo arrossisce e lacrima abbondantemente, il passivo che ogni capitolo sembra ringiovanire e diventare più efebico ed innocente, il passivo che ogni capitolo diventa sempre più basso, l'attivo non sorride mai o se sorride lo fa con pazienza e senza allegria, l'attivo ha sempre mani enormi e da pianista, l'attivo non arrossisce... ecc. potrei continuare all'infinito.
Se amate questo genere di cliché, allora adorerete il manga; se invece siete stufi di vedervi propinata sempre la stessa roba con così poca fantasia seguite il mio consiglio e lasciate perdere questo manga. È banale: non trovo altre parole per descriverlo.