Recensione
Sanctuary
9.0/10
Recensione di dawnraptor
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Un sogno, generato da un incubo: questo è, in estrema sintesi, Sanctuary. Una visione.
Due bambini riescono ad emergere dall'inferno della guerra civile in Cambogia, dove hanno visto e patito ogni genere di violenze e soprusi e tornano in Giappone. Ma il Giappone che trovano ha gli occhi spenti, sopravvive senza capire cosa significhi vivere. E' un paese governato da ricchi corrotti, dove i giovani si uniformano in attesa di invecchiare perché, anche volendo ribellarsi, vengono subito fagocitati. E i due sopravvissuti, forti del rapporto costruito negli anni del terrore, decidono di cambiare questo status quo: prenderanno il potere e ridaranno vita agli occhi dei giovani giapponesi.
Così, con una partita di sasso-carta-forbici, la stessa che ha determinato tutte le decisioni prese in passato, i due si spartiscono i ruoli: Hojo lascia la scuola e diventa uno yakuza, Asami sarà un politico. Difficile dire chi ce l'avrà più dura, ma dovranno agire di concerto, pur se mantenendosi alla lontana, per ottenere i loro scopi, e gli sforzi e i successi di uno saranno messi al servizio dell'altro, e viceversa, per spingersi a vicenda verso l'obbiettivo.
Ottime intenzioni, pur se semplicistiche: rendere ai giapponesi la voglia di vivere e il senso della loro vita, riavvicinandoli alla politica e all'idea del diritto-dovere della decisione. Ma la strada per l'inferno è lastricata di buone intenzioni e ben presto diventa difficile capire chi siano i buoni e chi i cattivi, ammesso che i buoni esistano. Dobbiamo confidare che le buone intenzioni rendano almeno più accettabili certe compagnie e certi metodi.
In prima battuta ad attrarre verso questo manga sono i disegni: splendidi. A partire dagli sfondi - ci sono dei fondali definibili tranquillamente come opere d'arte - fino ai primi piani perfetti e coinvolgenti, è un trionfo del disegno artistico. Il tratto è ovviamente datato, stiamo parlando di un'opera dei primi anni 90, ma ci si cala subito in questo mondo un po' retro.
Soprattutto, già dalle prime pagine, si viene invischiati nelle trame complesse e coinvolgenti di questa splendida storia. Le battaglie di Asami e dei suoi alleati per sconfiggere i vecchi rospi della politica (ok, rospo l'ho inventato io, ma date un'occhiata a Isaoka e ditemi un po') danno un'idea delle sporche trame della politica, che non si fatica a credere verosimili, se non vere. Parimenti, le lotte di Hojo per salire la gerarchia nelle organizzazioni yakuza che controllano il Giappone non cessano di essere sanguinosamente avvincenti. Curioso, come molti personaggi della politica o comunque importanti abbiano un fisico piuttosto carente, ai limiti della deformità.
In queste vicende, i due personaggi principali ed una corposa galleria di comprimari sono descritti nelle loro molle e passioni, approfondendone i risvolti caratteriali e le loro motivazioni: amicizia, lealtà, orgoglio, onore, ma anche senso del dovere, esagerata opinione di sé e l'aggrapparsi ad uno status quo che pare essere l'unico conosciuto e in grado di garantire la sicurezza contro la paura del futuro.
Mai un momento di noia, mai un attimo di stanchezza: la vicenda, coi suoi continui intrecci e colpi di scena, tiene il lettore saldamente avvinto fino alle ultime pagine, di sapore malinconicamente dolceamaro. La corsa contro il tempo dei due protagonisti è un collante potente che impedisce di alzare i quarti posteriori dalla sedia.
Giustizia vuole che si parli anche dei lati negativi dell'opera, e ce ne sono. In primo luogo, il ruolo riservato alle donne è deprimente: secondo la filosofia di quest'opera, la stragrande maggioranza serve ad una cosa sola, alternativamente per soldi o dietro coercizione. La stessa Kyoko, vicecapo della polizia di Roppongi che segue l'usta di Hojo, non troverà di meglio da fare che innamorarsi di lui e perdere ogni e qualsivoglia significato all'interno del manga, se non quello di fornire una pseudo love story, come ogni storia pare debba avere.
Non si può fare a meno di parlare di alcuni artifici, dolorosamente necessari per spingere la trama sulla retta via. Uno per tutti: l'intervento di alcune personalità americane lascia francamente di stucco, per le personalità stesse e per come vengono gestite.
La stessa visione, l'obbiettivo che Hojo e Asami si prefiggono, è decisamente utopistica e semplicistica. Gli ultimi capitoli dell'opera portano ad una risoluzione auspicabile ma… improbabile. Nulla ci vieta, però, di sognare. Senza dimenticare, comunque, che è pressoché impossibile arrivare in cima alla montagna senza sporcarsi le mani.
Per questi motivi, e solo per questi motivi, ai miei occhi non si raggiunge il massimo dei voti.
Terminerò avvisando che si tratta di un'opera a tratti molto cruda, con diverse scene molto sanguinolente e altre al limite del pornografico, con l'aggravante della violenza.
Consigliato: maggiorenni, in primis. Amanti delle storie yakuza e degli intrighi politici, che non si lascino spaventare da un po' di sangue e qualche testa mozzata.
Due bambini riescono ad emergere dall'inferno della guerra civile in Cambogia, dove hanno visto e patito ogni genere di violenze e soprusi e tornano in Giappone. Ma il Giappone che trovano ha gli occhi spenti, sopravvive senza capire cosa significhi vivere. E' un paese governato da ricchi corrotti, dove i giovani si uniformano in attesa di invecchiare perché, anche volendo ribellarsi, vengono subito fagocitati. E i due sopravvissuti, forti del rapporto costruito negli anni del terrore, decidono di cambiare questo status quo: prenderanno il potere e ridaranno vita agli occhi dei giovani giapponesi.
Così, con una partita di sasso-carta-forbici, la stessa che ha determinato tutte le decisioni prese in passato, i due si spartiscono i ruoli: Hojo lascia la scuola e diventa uno yakuza, Asami sarà un politico. Difficile dire chi ce l'avrà più dura, ma dovranno agire di concerto, pur se mantenendosi alla lontana, per ottenere i loro scopi, e gli sforzi e i successi di uno saranno messi al servizio dell'altro, e viceversa, per spingersi a vicenda verso l'obbiettivo.
Ottime intenzioni, pur se semplicistiche: rendere ai giapponesi la voglia di vivere e il senso della loro vita, riavvicinandoli alla politica e all'idea del diritto-dovere della decisione. Ma la strada per l'inferno è lastricata di buone intenzioni e ben presto diventa difficile capire chi siano i buoni e chi i cattivi, ammesso che i buoni esistano. Dobbiamo confidare che le buone intenzioni rendano almeno più accettabili certe compagnie e certi metodi.
In prima battuta ad attrarre verso questo manga sono i disegni: splendidi. A partire dagli sfondi - ci sono dei fondali definibili tranquillamente come opere d'arte - fino ai primi piani perfetti e coinvolgenti, è un trionfo del disegno artistico. Il tratto è ovviamente datato, stiamo parlando di un'opera dei primi anni 90, ma ci si cala subito in questo mondo un po' retro.
Soprattutto, già dalle prime pagine, si viene invischiati nelle trame complesse e coinvolgenti di questa splendida storia. Le battaglie di Asami e dei suoi alleati per sconfiggere i vecchi rospi della politica (ok, rospo l'ho inventato io, ma date un'occhiata a Isaoka e ditemi un po') danno un'idea delle sporche trame della politica, che non si fatica a credere verosimili, se non vere. Parimenti, le lotte di Hojo per salire la gerarchia nelle organizzazioni yakuza che controllano il Giappone non cessano di essere sanguinosamente avvincenti. Curioso, come molti personaggi della politica o comunque importanti abbiano un fisico piuttosto carente, ai limiti della deformità.
In queste vicende, i due personaggi principali ed una corposa galleria di comprimari sono descritti nelle loro molle e passioni, approfondendone i risvolti caratteriali e le loro motivazioni: amicizia, lealtà, orgoglio, onore, ma anche senso del dovere, esagerata opinione di sé e l'aggrapparsi ad uno status quo che pare essere l'unico conosciuto e in grado di garantire la sicurezza contro la paura del futuro.
Mai un momento di noia, mai un attimo di stanchezza: la vicenda, coi suoi continui intrecci e colpi di scena, tiene il lettore saldamente avvinto fino alle ultime pagine, di sapore malinconicamente dolceamaro. La corsa contro il tempo dei due protagonisti è un collante potente che impedisce di alzare i quarti posteriori dalla sedia.
Giustizia vuole che si parli anche dei lati negativi dell'opera, e ce ne sono. In primo luogo, il ruolo riservato alle donne è deprimente: secondo la filosofia di quest'opera, la stragrande maggioranza serve ad una cosa sola, alternativamente per soldi o dietro coercizione. La stessa Kyoko, vicecapo della polizia di Roppongi che segue l'usta di Hojo, non troverà di meglio da fare che innamorarsi di lui e perdere ogni e qualsivoglia significato all'interno del manga, se non quello di fornire una pseudo love story, come ogni storia pare debba avere.
Non si può fare a meno di parlare di alcuni artifici, dolorosamente necessari per spingere la trama sulla retta via. Uno per tutti: l'intervento di alcune personalità americane lascia francamente di stucco, per le personalità stesse e per come vengono gestite.
La stessa visione, l'obbiettivo che Hojo e Asami si prefiggono, è decisamente utopistica e semplicistica. Gli ultimi capitoli dell'opera portano ad una risoluzione auspicabile ma… improbabile. Nulla ci vieta, però, di sognare. Senza dimenticare, comunque, che è pressoché impossibile arrivare in cima alla montagna senza sporcarsi le mani.
Per questi motivi, e solo per questi motivi, ai miei occhi non si raggiunge il massimo dei voti.
Terminerò avvisando che si tratta di un'opera a tratti molto cruda, con diverse scene molto sanguinolente e altre al limite del pornografico, con l'aggravante della violenza.
Consigliato: maggiorenni, in primis. Amanti delle storie yakuza e degli intrighi politici, che non si lascino spaventare da un po' di sangue e qualche testa mozzata.