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7.0/10
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<b>Attenzione, spoiler</b>

Non credo di esagerare dicendo che molti di noi appassionati di anime, manga, videogames, action figures, cosplay, sushi e quant'altro ci ricordi la splendida terra del Sol Levante, abbiamo sognato di visitare almeno una volta questo paese intriso di storia, cultura, feste, religioni che spesso nella nostra mente ha assunto connotati quasi onirici, adornato qua e là da una buona dose di aspettative e fantasie.
Il Giappone, indubbiamente tappa obbligatoria di chiunque ami viaggiare, le persone, l'arricchire la propria mente, e meta dei sogni di tanti appassionati come me, presenta anche un lato che molti non conoscono, scomodo da trattare.
Con la sua industrializzazione, ricchezza, bellezza, enorme patrimonio culturale, eleganze e tradizioni, questo paese è anche caratterizzato da uno stile di vita frenetico, da una mentalità che non lascia troppo spazio al fallimento, dal bullismo nelle scuole, dal disagio giovanile e tante altre piccole grandi cose, che sommate tra loro gli valgono il tristissimo primato di paese industrializzato col più alto tasso di suicidi al mondo. Non c'è quindi da stupirsi più di tanto se proprio in anime e manga, nati in una società che non ha mai condannato moralmente il gesto estremo, vediamo spesso persone ricorrere al suicidio in caso di perdita di lavoro, incapacità di reggere lo stress e tanti altri motivi. Suicide Club, manga scritto e disegnato da Usamaru Furuya e tratto dal film del 2002 Suicide Circle, facente parte di una trilogia sull'alienazione della società giapponese, tratta proprio di questo argomento, senza sconti o risparmi nella brutalità delle scene.
Il lettore viene ammonito fin da subito, quando ad introdurre l'opera vi è una scena difficile da dimenticare: diverse decine di studentesse, sorridenti e serene, si prendono per mano sotto lo sguardo stupito dei passanti... per gettarsi con estrema naturalezza contro un treno. Tra i cadaveri straziati solo una ragazza si alza, mostrandosi miracolosamente illesa. Il suo nome è Saya Kohta. Minuta, estremamente graziosa, dannata; la ragazza è destinata a far parlare presto di sé. Testimone della sua vita che va lentamente alla rovina, costellata da continui episodi di prostituzione, aborti, foto scandalose vendute per pochi soldi fino al tentativo di suicidio è la giudiziosa amica di una vita, la compagna di classe Kyoko. Ella capisce che qualcosa di oscuro e diabolico inizia a prendere possesso della mente di Saya, una mente che aveva iniziato a vacillare quando l'altra, dopo essersi allontanata dall'amica per pochi mesi a causa di una torbida relazione amorosa, la ritrova parte di uno strano club a cui capo vi è una certa Mitsuko, ragazza dall'aspetto quasi ripugnante ma con un fedele esercito di giovani pronte a seguirle e a farle offerte in denaro per dimostrarle amore e fedeltà. La stessa Mitsuko che spingerà tutte le studentesse a lanciarsi contro al treno. Ma chi si cela veramente dietro questo nome? Perché all'improvviso tutte le ragazze venerano Saya come una sorta di divinità? Qual è l'origine della nuova luce che si riflette nei suoi occhi? E perché, anche lei, ora dice di chiamarsi Mitsuko? Sono tante le domande che assillano la mente di Kyoko, che vorrebbe sinceramente aiutare l'amica. Ed ecco che si fa avanti il terzo, particolare, protagonista di questa storia: il professor Takeuchi, uomo dall'aspetto strambo, che passa quasi tutto il suo tempo libero davanti al pc a spulciare in un sito di voci di corridoio e che vive in una casa misera ed incasinata. Sembra avere la risposta a molte domande ed è proprio in lui che Kyoko troverà un inaspettato amico e confidente.
"Mitsuko" sembra essere una catena maledetta. Nessuno sa quando nacque esattamente la prima Mitsuko, ma ad ogni suicidio di gruppo vi è una superstite la quale, nolente o volente, sembra destinata a perdere il senno e diventare la nuova Mitsuko. Anche la mente di Saya ormai è malata. Quando scopre i due insieme, terrorizzata e arrabbiata da quel tradimento che esiste solo nella sua testa, convinta che di nuovo l'amica l'abbia lasciata per un uomo, giura vendetta ai due, e il professore morirà.
In un finale che lascia aperti molti, forse troppi interrogativi. Una nuova Mitsuko sarà a capo di un altro terribile episodio di suicidio di massa. Ma Kyoko, nuova scontata superstite, sembra differente. Che sia finalmente la fine del terribile Club dei Suicidi? Un finale aperto, libero a varie interpretazioni.
Furuya è un nome conosciuto agli amanti del genere, mentre devo ammettere che questa è per me la prima volta che mi cimento a leggere un suo manga, e l'impressione è stata molto positiva.
Un tratto elegante e raffinato, che esalta la bellezza dei lineamenti asiatici o ne condanna le forme, ed una rappresentazione della morte che deforma senza pietà gli stessi volti aggraziati che vedevamo sorridere nella pagina precedente. Tavole ricche, dove le espressioni e le parole hanno lo stesso valore e la stessa carica emotiva si susseguono, lasciando al lettore la scelta di soffermarsi a pensare o procedere oltre con la lettura. Personaggi complessi, articolati, mostrati nella loro dolcezza e fragilità, senza mai dimenticarne i lati oscuri e crudeli. Una protagonista inquietante, a volte addirittura fastidiosa, devastata interiormente e la cui forte disperazione interiore ci sembra palpabile, difficile da sopportare. Sono molti i punti di forza di Suicide Club, un manga forte, non per tutti, che offre notevoli spunti di riflessione. Un manga dunque la cui lettura è difficile da consigliare, da assaporare con calma ed attenzione, pronti a ricevere una doccia di emozioni sgradevoli ma contrastanti.
Eppure il mio voto non va oltre il sette.
Non ho ancora visto Suicide Circle, il film che ha permesso la realizzazione di questo manga, ma considerando l'importanza e la delicatezza di questa problematica, che miete sempre troppe vittime in particolare nel Sol Levante, mi sarei aspettata un altro tipo di suicidio. La fine della vita a cui ambiscono Saya e il suo club ha più un connotato buddista, dove la morte è il passaggio da una forma di esistenza all'altra. La ricerca di una vita migliore, di spogliarsi del proprio sé per incontrare di nuovo, chi siamo veramente, abbracciare quell'Io perduto di vista e che rende quel dolore incomprensibile a chi non ha mai sofferto fino a d arrivare a toccare il fondo.
Forse perché non sono giapponese, e qua mi scontro coi limiti della mia ignoranza, ma speravo di imbattermi in un suicidio basato su un mal di vivere più concreto, un'interessante panoramica sul disagio giovanile nipponico, mentre il suicidio di Furuya è più simile, con le sue esasperazioni e colpi di scena arricchiti qua e là con un tocco di paranormale, a quello riscontrabile in un film horror.
Non è questo però il motivo che mi ha spinto a non dare un bell'otto a quest'opera, ma l'introduzione, alla metà della storia, di vari enigmi di notevole interesse come la scoperta da parte del professore di un gruppo di discussione dove sembrano partecipare solo le ragazze già defunte o come sia possibile che ad ogni suicidio di massa sopravviva sempre una ragazza la quale diventerà inevitabilmente la nuova Mitsuko, che sono destinati a restare senza una spiegazione. Problema che riscontro anche nel finale. Premettendo che io adoro i finali aperti, dove la fantasia del lettore è l'unico giudice, qua la scarsità di elementi presenta lacune tali che è difficile farsi una vera idea di come le cose siano andate a finire.
Suggestivo e lodevole comunque l'ultimo suicidio.
Ultima piccola pecca è il prezzo. Bella la sovraccopertina ma 7,50 euro per 164 pagine mi sembrano un po' eccessivi. L'edizione italiana è comunque opera della Goen e come tale, di qualità. Peccato che manchi un commento iniziale di Paolo Gattone, molto bravo a riassumere in poche righe il significato delle storie che presenta.
Ancora una volta, Suicide Club non è una manga per tutti. Fa riflettere, si legge tutto sommato piuttosto velocemente e tratta di un argomento molto delicato, tuttavia mi sento di consigliarlo maggiormente a chi cerca una lettura horror, anziché una storia drammatica.