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Jun Mochizuki riprende e reinterpreta il mondo fantasmatico-allucinatorio di Lewis Carroll, creando un universo dalle scenografie vittoriane a cui si accosta una dimensione onirica, oscura, grottesca; una sorta di costrutto astratto alimentato da memorie, sogni e incubi, speranze ed angosce. Pandora Hearts è un manga che sviluppa la narrazione su due fronti. Il primo elabora una trama che percorre a ritroso i misteriosi accadimenti che è costretto a subire il protagonista - Oz Vessalius - attraverso la ricerca di ricordi perduti di più personaggi, quelli che più sono vicini a lui, che si prodigano a proteggerlo ed a preservare lo status quo nel mondo a cui appartengono. Il secondo tenta un processo analitico distante dalla trama principale, definito attraverso indizi che si raccolgono lungo tutto l'arco narrativo del fumetto e che operano perlopiù nella dimensione oscura che è collegata all'universo in cui i personaggi indagano: Abyss, descritta come una matrice che prescinde da tempo e spazio, da schemi razionali e razionalizzabili, un piano appartenente all'inconscio di una volontà suprema anonima bramata da chiunque sia riuscito a riconoscerne l'esistenza.

E' uno Shounen atipico Pandora Hearts, tanto dinamico nella credibile ed utile evoluzione e maturazione dei personaggi principali (tanti adolescenti o giovani), quanto astruso nelle ricerche che compiono gli stessi al fine di trovare il bandolo della matassa che causa in loro al medesimo tempo frustrazione, curiosità e timore. La notevole catena di interrogativi che la trama pone rispetto al passato di diversi personaggi, rispetto alla volontà di Abyss e rispetto ad Abyss stessa l'ho trovata non sempre strutturata in maniera continuativa. Mancano anelli. Pertanto, la sceneggiatura talvolta si perde, lasciando in sospeso situazioni o personaggi per molti numeri per poi riprenderli verso la conclusione e giustificare avvenimenti o azioni piuttosto frettolosamente [es. il padre di Oz ma non solo]. Dunque, a parte qualche punto instabile a livello di scrittura, sia trama che caratterizzazione dei personaggi sono tuttavia estese ed approfondite con risolutezza e con grande passione, soprattutto quando ad interagire sono più personaggi maschili - rappresentati tutti con lineamenti che traspaiono grazia ed una certa classe; decisamente "effemminati" o infantili [entrambe le caratteristiche si riscontrano anche nei comportamenti di alcuni di essi] - o quando ad interagire sono personaggi femminili con personaggi maschili: le donne di Jun Mochizuki sono tutte personalità forti, sensibili ed autoritarie, magnanime o spietate a seconda delle occasioni [e gli uomini li tengono, in un modo o nell'altro, sempre in pugno!].

Disegno: niente da dire rispetto alla qualità grafica del manga. Oggettivamente un ottimo lavoro stilistico. Tuttavia, se devo guardare attraverso il mio gusto personale, ho trovato in generale il tratto di Jun Mochizuki sempre troppo pulito. Soprattutto nelle sequenze dove si presentano circostanze dai toni cupi e macabri - e tali contesti sono numerosi in tutta l'opera - , il disegno non risalta mai la brutalità dell'azione o del personaggio in questione, non mi ha mai agitato o fatto provare ribrezzo come, ad esempio, sono riusciti a fare Hirohiko Araki, Go Nagai, Kentaro Miura, Charlie Adlard, Dave McKean, Chuck Hogan o Alex Maleev attraverso le impostazioni delle loro tavole ed il loro stile di disegno.
Ma ripeto: questo è puramente un fatto di gusto personale.