Recensione
«Senza sacrificio l'uomo non può ottenere nulla. Per ottenere qualcosa è necessario dare in cambio qualcos'altro che abbia il medesimo valore». Così recitava "il principio dello scambio equivalente" in "Fullmetal Alchemist". Una legge valida a maggior ragione se, come accade al protagonista di Sekai kara neko ga kieta nara (世界から猫が消えたなら), vuoi ottenere un giorno di vita in più. Devi essere disposto a sacrificare qualcosa a cui tieni veramente, o qualcuno, per poter ricevere indietro ciò che c'è di più prezioso nella vita di un essere umano: il tempo.
Protagonista di questa pellicola diretta da Akira Nagai è un postino, che resterà senza nome per tutta la durata del film. Il giovane uomo conduce una vita normale nella città portuale di Hakodate, nell'estremo sud dell'Hokkaidō; gli piace il cinema, curare il suo gatto e vivere serenamente la quotidianità. Un bel giorno ha un incidente e scopre di essere affetto da un male inguaribile; non gli rimane molto da vivere e quel poco che resta non sa nemmeno come trascorrerlo. La notizia della sua imminente morte è piombata a ciel sereno, trovandolo fortemente impreparato. L'incontro con quello che si autodefinisce un akuma (悪魔), ossia un demone, gli offrirà l'occasione, in punto di morte, per dare il giusto valore a ciò che è davvero importante nella vita.
Attore protagonista di questo dramma esistenziale è Satō Takeru, il quale interpreta due ruoli opposti: da un lato un giovane postino dimesso, che conduce una vita ordinaria, un po' timido, metodico, l'emblema della normalità; dall'altra un diavolo spocchioso, egoista, che sa come anteporre i suoi desideri a quelli del prossimo. Dunque, un personaggio che parla sottovoce e un demone che parla con sicurezza. Nonostante i ruoli antitetici, Satō Takeru riesce a essere convincente e puntuale nell'interpretazione di entrambi, al punto che sembrano esserci due attori diversi sulla scena. D'altra parte stiamo pur sempre parlando di uno dei migliori haiyuu (俳優, attore) giapponesi in circolazione al momento! La verità della sua recitazione arriva direttamente al cuore! Se penso ai tempi in cui vestiva i panni di Kento Shibata in Mei-chan no shitsuji, il drama con cui l'ho conosciuto, non riesco a credere al miglioramento che ha avuto, diventando un attore che trasmette un sentimento grave con naturalezza.
Ottima prova anche quella dei comprimari. Toccante e intensa l'interpretazione di Aoi Miyazaki, che già avevo visto indossare i panni di Hachi nel live action di "Nana", ma che stavolta mi convince ancor di più in quelli dell'ex-fidanzata del protagonista. Altrettanto commovente quella di Mieko Harada, che presta il volto alla madre del protagonista, figura che mi ha richiamato alla mente tante immagini legate alla mia mamma, avendo vissuto un'esperienza simile a quella mostrata dal film. Dolcissima anche l'interpretazione di Gaku Hamada, il buffo Ieyasu Tokugawa di "Nobunaga Concerto", che stavolta si cimenta nel ruolo del migliore amico.
Basato sul romanzo del produttore Genki Kawamura, già noto per aver collaborato con Mamoru Hosoda e Makoto Shinkai, Sekai kara neko ga kieta nara è un classico film drammatico, che si va a inserire in un filone già battuto in passato dalla cinematografia giapponese, con opere come "Myu no an'yo papa ni ageru" o "Sukoshi wa, ongaeshi ga dekitakana" –solo per citarne un paio–, e che ha commosso per la semplicità estrema con cui affronta argomenti delicati. Ritroviamo, quindi, un protagonista malato, una di quelle persone di cui oggigiorno il mondo è pieno, e che ognuno di noi ha incontrato almeno una volta nella vita. Illuminante, in questo senso, è il fatto che il protagonista della storia non abbia un nome, quasi come a voler dire che ognuno di noi potrebbe ritrovarsi nella medesima situazione un giorno. Tuttavia, la morte è rappresentata come qualcosa che non toglie il piacere di vivere, anzi permette di godere del tempo che rimane, meglio di chi resta al mondo.
Il film inizia con la frase che gli dà il titolo, ossia «Se i gatti sparissero da questo mondo, cosa cambierebbe?», e poi continua con «Se io sparissi da questo mondo, chi sarà triste per me?». Chi è che non si è mai posto domande del genere? Ultimamente a me capita spesso di pensare alla morte. Sarà che sempre più di frequente in televisione mostrano il decesso improvviso di persone per mano di terroristi, calamità naturali, e quant'altro; sta di fatto che è normale arrivare a pensare che viviamo in un tempo in cui non è concesso programmare a lungo termine, ma che va vissuto giorno per giorno, perché il domani non è detto che arriverà. Se da una parte questa verità fa comprendere il valore del presente, dall'altro è angosciante vivere con la consapevolezza che un attimo prima si è vivi, quello dopo invece sotto il terreno. Cambia l'intera prospettiva con la quale si guarda alle cose della quotidianità, stessa sensazione di smarrimento che si prova dinanzi alla morte di una persona cara. Ma con la sua storia Kawamura suggerisce che andare avanti nel buio è difficile, ma con un cuore grato è sicuramente più semplice.
Dunque, Sekai kara neko ga kieta nara spinge lo spettatore alla riflessione. Spesso capita che la vita ci passi davanti, senza che noi l'apprezziamo adeguatamente, perché troppo presi dall'orgoglio, o impigriti dalla ciclicità con cui il presente si mostra, travolti dalla fretta di far entrare tutto in una giornata di 24 ore. Quanto può essere importante una semplice telefonata, o vedersi con uno dei propri affetti per un caffè, andare al cinema insieme a un amico, trascorrere il tempo facendo qualcosa che lo valorizzi... Dal momento che tutto può finire da un giorno all'altro, non bisogna sprecare nemmeno un secondo e dire ciò che va detto, e fare ciò che va fatto. Soprattutto dare un peso alle cose e un senso al dono che abbiamo ricevuto alla nascita. Sulla soglia della morte si ritorna con la mente al passato, a coloro che per primi hanno sorriso al nostro neonato viso. In Sekai kara neko ga kieta nara i gatti diventano il simbolo di un legame familiare, perché spesso sono proprio gli animali a tenere unito un nucleo che si sta sfaldando. A me è successo lo stesso con il mio cagnolino, e mai dimenticherò il giorno in cui mia madre lo comprò dicendo a me e ai miei fratelli che quel batuffolo nero e marrone avrebbe tenuto compagnia da ora in avanti alla nostra famiglia, già conscia che lei non avrebbe potuto farlo.
Le persone che mi conoscono sanno che sono una persona particolarmente sensibile. Quando poi diversi elementi in una storia richiamano il mio vissuto (e qui ce n'erano tanti!), non riesco a non lasciarmi andare al pianto. E quante lacrime ho versato con questo film solo il cielo lo sa! Se al tutto aggiungiamo che gli attori sono stati bravissimi e sono riusciti a trasmettere un'emozione per quella che è, senza forzarla o caricarla, il mio giudizio non può che essere più che positivo. In Sekai kara neko ga kieta nara tutto ha funzionato, dalla sceneggiatura, all'interpretazione, all'ambientazione evocativa nella città di Hakodate, piena di salite e discese, quasi metafora della vita, che sembra essere rimasta un po' bloccata nel tempo in una regione, l'Hokkaidō, che conserva ancora molto del passato Sol Levante. Anche la colonna sonora ha avuto il suo perché, difficilmente dimenticherò le melodie che accompagnavano i sorrisi e le lacrime di Satō Takeru. Le parole cantate da Haruhi nella canzone di chiusura "Hizumi", poi, sembravano essere state scritte da me, tanto mi ci sono rispecchiata dentro.
«Se io dovessi morire, ci sarà qualcuno che piangerà per me? Oppure il mondo andrà avanti come se nulla fosse mai accaduto?»
Il cuore del film è in questa battuta, pronunciata in uno scenario suggestivo, quello delle cascate di Buenos Aires, in Argentina, meta di un viaggio che il protagonista e la sua ragazza hanno fatto insieme. Sekai kara neko ga kieta nara mostra l'altra faccia di questo mondo crudele, quella delle meraviglie che lo costellano. Dopo la visione, io sicuramente potrei rispondere che non andrò avanti come se nulla fosse successo, perché qualcosa in me si è rimessa a posto. E almeno per una sera, nonostante l'onnipresente stato depressivo in cui mi ritrovo, ho riscoperto la bellezza di essere viva.
Protagonista di questa pellicola diretta da Akira Nagai è un postino, che resterà senza nome per tutta la durata del film. Il giovane uomo conduce una vita normale nella città portuale di Hakodate, nell'estremo sud dell'Hokkaidō; gli piace il cinema, curare il suo gatto e vivere serenamente la quotidianità. Un bel giorno ha un incidente e scopre di essere affetto da un male inguaribile; non gli rimane molto da vivere e quel poco che resta non sa nemmeno come trascorrerlo. La notizia della sua imminente morte è piombata a ciel sereno, trovandolo fortemente impreparato. L'incontro con quello che si autodefinisce un akuma (悪魔), ossia un demone, gli offrirà l'occasione, in punto di morte, per dare il giusto valore a ciò che è davvero importante nella vita.
Attore protagonista di questo dramma esistenziale è Satō Takeru, il quale interpreta due ruoli opposti: da un lato un giovane postino dimesso, che conduce una vita ordinaria, un po' timido, metodico, l'emblema della normalità; dall'altra un diavolo spocchioso, egoista, che sa come anteporre i suoi desideri a quelli del prossimo. Dunque, un personaggio che parla sottovoce e un demone che parla con sicurezza. Nonostante i ruoli antitetici, Satō Takeru riesce a essere convincente e puntuale nell'interpretazione di entrambi, al punto che sembrano esserci due attori diversi sulla scena. D'altra parte stiamo pur sempre parlando di uno dei migliori haiyuu (俳優, attore) giapponesi in circolazione al momento! La verità della sua recitazione arriva direttamente al cuore! Se penso ai tempi in cui vestiva i panni di Kento Shibata in Mei-chan no shitsuji, il drama con cui l'ho conosciuto, non riesco a credere al miglioramento che ha avuto, diventando un attore che trasmette un sentimento grave con naturalezza.
Ottima prova anche quella dei comprimari. Toccante e intensa l'interpretazione di Aoi Miyazaki, che già avevo visto indossare i panni di Hachi nel live action di "Nana", ma che stavolta mi convince ancor di più in quelli dell'ex-fidanzata del protagonista. Altrettanto commovente quella di Mieko Harada, che presta il volto alla madre del protagonista, figura che mi ha richiamato alla mente tante immagini legate alla mia mamma, avendo vissuto un'esperienza simile a quella mostrata dal film. Dolcissima anche l'interpretazione di Gaku Hamada, il buffo Ieyasu Tokugawa di "Nobunaga Concerto", che stavolta si cimenta nel ruolo del migliore amico.
Basato sul romanzo del produttore Genki Kawamura, già noto per aver collaborato con Mamoru Hosoda e Makoto Shinkai, Sekai kara neko ga kieta nara è un classico film drammatico, che si va a inserire in un filone già battuto in passato dalla cinematografia giapponese, con opere come "Myu no an'yo papa ni ageru" o "Sukoshi wa, ongaeshi ga dekitakana" –solo per citarne un paio–, e che ha commosso per la semplicità estrema con cui affronta argomenti delicati. Ritroviamo, quindi, un protagonista malato, una di quelle persone di cui oggigiorno il mondo è pieno, e che ognuno di noi ha incontrato almeno una volta nella vita. Illuminante, in questo senso, è il fatto che il protagonista della storia non abbia un nome, quasi come a voler dire che ognuno di noi potrebbe ritrovarsi nella medesima situazione un giorno. Tuttavia, la morte è rappresentata come qualcosa che non toglie il piacere di vivere, anzi permette di godere del tempo che rimane, meglio di chi resta al mondo.
Il film inizia con la frase che gli dà il titolo, ossia «Se i gatti sparissero da questo mondo, cosa cambierebbe?», e poi continua con «Se io sparissi da questo mondo, chi sarà triste per me?». Chi è che non si è mai posto domande del genere? Ultimamente a me capita spesso di pensare alla morte. Sarà che sempre più di frequente in televisione mostrano il decesso improvviso di persone per mano di terroristi, calamità naturali, e quant'altro; sta di fatto che è normale arrivare a pensare che viviamo in un tempo in cui non è concesso programmare a lungo termine, ma che va vissuto giorno per giorno, perché il domani non è detto che arriverà. Se da una parte questa verità fa comprendere il valore del presente, dall'altro è angosciante vivere con la consapevolezza che un attimo prima si è vivi, quello dopo invece sotto il terreno. Cambia l'intera prospettiva con la quale si guarda alle cose della quotidianità, stessa sensazione di smarrimento che si prova dinanzi alla morte di una persona cara. Ma con la sua storia Kawamura suggerisce che andare avanti nel buio è difficile, ma con un cuore grato è sicuramente più semplice.
Dunque, Sekai kara neko ga kieta nara spinge lo spettatore alla riflessione. Spesso capita che la vita ci passi davanti, senza che noi l'apprezziamo adeguatamente, perché troppo presi dall'orgoglio, o impigriti dalla ciclicità con cui il presente si mostra, travolti dalla fretta di far entrare tutto in una giornata di 24 ore. Quanto può essere importante una semplice telefonata, o vedersi con uno dei propri affetti per un caffè, andare al cinema insieme a un amico, trascorrere il tempo facendo qualcosa che lo valorizzi... Dal momento che tutto può finire da un giorno all'altro, non bisogna sprecare nemmeno un secondo e dire ciò che va detto, e fare ciò che va fatto. Soprattutto dare un peso alle cose e un senso al dono che abbiamo ricevuto alla nascita. Sulla soglia della morte si ritorna con la mente al passato, a coloro che per primi hanno sorriso al nostro neonato viso. In Sekai kara neko ga kieta nara i gatti diventano il simbolo di un legame familiare, perché spesso sono proprio gli animali a tenere unito un nucleo che si sta sfaldando. A me è successo lo stesso con il mio cagnolino, e mai dimenticherò il giorno in cui mia madre lo comprò dicendo a me e ai miei fratelli che quel batuffolo nero e marrone avrebbe tenuto compagnia da ora in avanti alla nostra famiglia, già conscia che lei non avrebbe potuto farlo.
Le persone che mi conoscono sanno che sono una persona particolarmente sensibile. Quando poi diversi elementi in una storia richiamano il mio vissuto (e qui ce n'erano tanti!), non riesco a non lasciarmi andare al pianto. E quante lacrime ho versato con questo film solo il cielo lo sa! Se al tutto aggiungiamo che gli attori sono stati bravissimi e sono riusciti a trasmettere un'emozione per quella che è, senza forzarla o caricarla, il mio giudizio non può che essere più che positivo. In Sekai kara neko ga kieta nara tutto ha funzionato, dalla sceneggiatura, all'interpretazione, all'ambientazione evocativa nella città di Hakodate, piena di salite e discese, quasi metafora della vita, che sembra essere rimasta un po' bloccata nel tempo in una regione, l'Hokkaidō, che conserva ancora molto del passato Sol Levante. Anche la colonna sonora ha avuto il suo perché, difficilmente dimenticherò le melodie che accompagnavano i sorrisi e le lacrime di Satō Takeru. Le parole cantate da Haruhi nella canzone di chiusura "Hizumi", poi, sembravano essere state scritte da me, tanto mi ci sono rispecchiata dentro.
«Se io dovessi morire, ci sarà qualcuno che piangerà per me? Oppure il mondo andrà avanti come se nulla fosse mai accaduto?»
Il cuore del film è in questa battuta, pronunciata in uno scenario suggestivo, quello delle cascate di Buenos Aires, in Argentina, meta di un viaggio che il protagonista e la sua ragazza hanno fatto insieme. Sekai kara neko ga kieta nara mostra l'altra faccia di questo mondo crudele, quella delle meraviglie che lo costellano. Dopo la visione, io sicuramente potrei rispondere che non andrò avanti come se nulla fosse successo, perché qualcosa in me si è rimessa a posto. E almeno per una sera, nonostante l'onnipresente stato depressivo in cui mi ritrovo, ho riscoperto la bellezza di essere viva.