Recensione
Molto spesso, nelle raccolte di corti d'animazione, l'attenzione dello spettatore è rivolta principalmente allo strabiliante comparto tecnico, visto che quasi mai quest'ultimo è al servizio di una buona storia (ma questo, molto probabilmente, potrebbe essere un mio problema: insomma, è davvero possibile sviluppare una trama degna di questa definizione in massimo venti minuti?). "Manie-Manie" non fa eccezione, e una volta che si è venuto a patti con questa considerazione, ci si può tranquillamente godere lo spettacolo (certamente non per tutti), e nel caso è possibile trovarsi dinanzi a un appagante intrattenimento per il nostro intelletto, in cui ognuno di noi può trarre le proprie considerazioni.
Questo film, però, è risultato funzionare meglio rispetto ad altre pellicole appartenenti allo stesso genere cinematografico, come "Robot Carnival", principalmente per due motivi. Prima di tutto, la qualità dei cortometraggi si mantiene sempre su di un buon livello, contrariamente al sopracitato titolo di stile robotico, nel quale la maggior parte dei corti era evitabile, mentre erano davvero pochi quelli realmente meritevoli (sicuramente quello commovente e intenso di Umetsu e quello diretto da quel gran affabulatore visivo e uditivo che è Koji Morimoto sono ascrivibili a questa lista). Infine il tutto dura unicamente cinquanta minuti: questa è un'ottima scelta, visto che permette di cogliere l'attenzione dello spettatore quando è al suo massimo e non è ancora sfociata nel tedio.
Ma bando alle ciance, vediamo quali sono i corti che compongono questa raccolta.
Il primo è "Labyrinth" di Rintaro. L'episodio apre e chiude il film ed è sicuramente quello più sperimentale ed ermetico. Perfettamente conscio del sostanzioso budget a disposizione, Rintaro lo utilizza per dare vita al suo personale parco giochi, in cui si susseguono giochi di specchi, di luci e di forme, dando vita a uno spettacolo altamente suggestivo. Risulta l'episodio più riuscito anche dal punto di vista registico, visto che utilizza numerosi espedienti registici per avvicinare la visione spettacolare e surreale dello spettatore a quello della giovanissima protagonista. Se non avete intenzione di guardare tutto il film, guardate almeno questo.
Segue "L'uomo che correva", diretto da Yoshiaki Kawajiri. Nonostante sia uno dei miei registi d'animazione preferiti, questo risulta l'episodio meno riuscito. Il cortometraggio risulta un'accoppiata non molto riuscita tra "Rollerball", "Scanners" e un film di Roger Corman. Dal punto di vista registico, l'episodio risulta poco ispirato, Kawajiri usa spesso le stesse inquadrature e, in alcuni casi, ricicla anche i cut, ma questo non vuol dire che il corto non sia meritevole di visione. Questo grazie a un ottimo montaggio, che trae il massimo da ogni scena e in molti casi le prolunga per infastidire i sensi dello spettatore, riuscendoci pienamente; poi Kawajiri imposta e mantiene per tutta la durata una atmosfera molto tesa e inquietante, e l'unione di questi due fattori crea alcune scene memorabili per il loro effetto disturbante. E' il caso della scena in cui il protagonista viene presentato con i muscoli tesi allo spasimo e con un urlo soffocato in gola dallo sforzo. Infine il finale altamente esplosivo (in tutti i sensi) non si dimentica, grazie anche all'ottima colonna sonora. Probabilmente è quello che risente maggiormente della sua natura di corto, dal momento che avrebbe funzionato molto meglio come lungometraggio, così da poter approfondire alcune interessantissime caratteristiche presenti nel corto.
Giungiamo quindi all'ultimo corto, "Interrompere i lavori!" di Katsuhiro Otomo, che risulta parecchio piacevole, poiché presenta alcune caratteristiche tipiche del regista (e quindi questo corto sarà particolarmente apprezzato da chi ha adorato i lavori precedenti e successivi a questo del regista): il totale affidamento alle macchine che provoca solo distruzione, maniacale attenzione per i particolari e per i movimenti dei personaggi, e regia da kolossal (ovvero improntata a rendere ben chiaro lo splendore visivo del tutto).
In conclusione, il film è particolarmente consigliato a chiunque sia in cerca di qualcosa di anomalo e intrigante, oltre che ai completisti dei registi che hanno partecipato a questa raccolta di cortometraggi.
Questo film, però, è risultato funzionare meglio rispetto ad altre pellicole appartenenti allo stesso genere cinematografico, come "Robot Carnival", principalmente per due motivi. Prima di tutto, la qualità dei cortometraggi si mantiene sempre su di un buon livello, contrariamente al sopracitato titolo di stile robotico, nel quale la maggior parte dei corti era evitabile, mentre erano davvero pochi quelli realmente meritevoli (sicuramente quello commovente e intenso di Umetsu e quello diretto da quel gran affabulatore visivo e uditivo che è Koji Morimoto sono ascrivibili a questa lista). Infine il tutto dura unicamente cinquanta minuti: questa è un'ottima scelta, visto che permette di cogliere l'attenzione dello spettatore quando è al suo massimo e non è ancora sfociata nel tedio.
Ma bando alle ciance, vediamo quali sono i corti che compongono questa raccolta.
Il primo è "Labyrinth" di Rintaro. L'episodio apre e chiude il film ed è sicuramente quello più sperimentale ed ermetico. Perfettamente conscio del sostanzioso budget a disposizione, Rintaro lo utilizza per dare vita al suo personale parco giochi, in cui si susseguono giochi di specchi, di luci e di forme, dando vita a uno spettacolo altamente suggestivo. Risulta l'episodio più riuscito anche dal punto di vista registico, visto che utilizza numerosi espedienti registici per avvicinare la visione spettacolare e surreale dello spettatore a quello della giovanissima protagonista. Se non avete intenzione di guardare tutto il film, guardate almeno questo.
Segue "L'uomo che correva", diretto da Yoshiaki Kawajiri. Nonostante sia uno dei miei registi d'animazione preferiti, questo risulta l'episodio meno riuscito. Il cortometraggio risulta un'accoppiata non molto riuscita tra "Rollerball", "Scanners" e un film di Roger Corman. Dal punto di vista registico, l'episodio risulta poco ispirato, Kawajiri usa spesso le stesse inquadrature e, in alcuni casi, ricicla anche i cut, ma questo non vuol dire che il corto non sia meritevole di visione. Questo grazie a un ottimo montaggio, che trae il massimo da ogni scena e in molti casi le prolunga per infastidire i sensi dello spettatore, riuscendoci pienamente; poi Kawajiri imposta e mantiene per tutta la durata una atmosfera molto tesa e inquietante, e l'unione di questi due fattori crea alcune scene memorabili per il loro effetto disturbante. E' il caso della scena in cui il protagonista viene presentato con i muscoli tesi allo spasimo e con un urlo soffocato in gola dallo sforzo. Infine il finale altamente esplosivo (in tutti i sensi) non si dimentica, grazie anche all'ottima colonna sonora. Probabilmente è quello che risente maggiormente della sua natura di corto, dal momento che avrebbe funzionato molto meglio come lungometraggio, così da poter approfondire alcune interessantissime caratteristiche presenti nel corto.
Giungiamo quindi all'ultimo corto, "Interrompere i lavori!" di Katsuhiro Otomo, che risulta parecchio piacevole, poiché presenta alcune caratteristiche tipiche del regista (e quindi questo corto sarà particolarmente apprezzato da chi ha adorato i lavori precedenti e successivi a questo del regista): il totale affidamento alle macchine che provoca solo distruzione, maniacale attenzione per i particolari e per i movimenti dei personaggi, e regia da kolossal (ovvero improntata a rendere ben chiaro lo splendore visivo del tutto).
In conclusione, il film è particolarmente consigliato a chiunque sia in cerca di qualcosa di anomalo e intrigante, oltre che ai completisti dei registi che hanno partecipato a questa raccolta di cortometraggi.