Recensione
Recensione di Vorse Raider
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Noritaka Surawara è il tipico stereotipato ragazzo sfigato giapponese in cui tutto si concentra contro di lui (bruttezza, sfortuna, capacità di attirare le calamità, bullizzazione da parte dei compagni di classe).
Per fare colpo sulla sua bella vicina di banco che odia i deboli, s'iscrive allo scalcinato club di Muay thai della scuola, club gestito da un bizzarro vecchietto (che poi verrà rilevato essere una leggenda vivente) ed avente come unico altro allievo un ragazzo thailandese venuto in Giappone per scambi culturali.
Sotto la guida del maestro che lo sottoporrà a bizzarri ma efficaci allenamenti, il povero sfigato di turno diventerà un campione dei combattimenti sconfiggendo via via avversari sempre più forti.
La trama purtroppo soffre dell'eccessiva ripetitività tipica degli spokon, difetto a cui l'autore ovvia solo in parte rendendo sempre più avvincenti i combattimenti ed inserendo dettagliate spiegazioni sull'effetto delle tecniche portate dal protagonista illustrando al lettore anche alcuni principi medico/scientifico/religiosi tipici della cultura nipponica.
Il tratto forzatamente caricaturale dell'autore è piacevole da vedere e rispecchia a pieno tutti i canoni di uno sport da combattimento (avversari grandi e grossi, belle donne, espressioni stoiche del protagonista).
Ben inserite le citazioni anche se, logicamente, quasi tutte comprensibili solo al popolo autoctono e/o a chi in quegli anni (80/90) seguiva le performance degli atleti giapponesi nelle varie discipline da combattimento.
La gran pecca dell'opera è però l'assenza di un vero finale oltreché la via via più pesante mancanza di mordente e di idee da parte dell'autore che nell'ultima saga fa combattere la sua creatura contro caricature di personaggi famosi (Michael Jackson, Mr. Crocodile Dundee, etc etc) probabilmente sperando così di ottenere chissà quale visibilità.
Punto a sfavore è altre-sì l'assenza di un vero finale ed il fatto che dopo un po' l'opera non fa' più ridere (grave mancanza per una parodia).
Per fare colpo sulla sua bella vicina di banco che odia i deboli, s'iscrive allo scalcinato club di Muay thai della scuola, club gestito da un bizzarro vecchietto (che poi verrà rilevato essere una leggenda vivente) ed avente come unico altro allievo un ragazzo thailandese venuto in Giappone per scambi culturali.
Sotto la guida del maestro che lo sottoporrà a bizzarri ma efficaci allenamenti, il povero sfigato di turno diventerà un campione dei combattimenti sconfiggendo via via avversari sempre più forti.
La trama purtroppo soffre dell'eccessiva ripetitività tipica degli spokon, difetto a cui l'autore ovvia solo in parte rendendo sempre più avvincenti i combattimenti ed inserendo dettagliate spiegazioni sull'effetto delle tecniche portate dal protagonista illustrando al lettore anche alcuni principi medico/scientifico/religiosi tipici della cultura nipponica.
Il tratto forzatamente caricaturale dell'autore è piacevole da vedere e rispecchia a pieno tutti i canoni di uno sport da combattimento (avversari grandi e grossi, belle donne, espressioni stoiche del protagonista).
Ben inserite le citazioni anche se, logicamente, quasi tutte comprensibili solo al popolo autoctono e/o a chi in quegli anni (80/90) seguiva le performance degli atleti giapponesi nelle varie discipline da combattimento.
La gran pecca dell'opera è però l'assenza di un vero finale oltreché la via via più pesante mancanza di mordente e di idee da parte dell'autore che nell'ultima saga fa combattere la sua creatura contro caricature di personaggi famosi (Michael Jackson, Mr. Crocodile Dundee, etc etc) probabilmente sperando così di ottenere chissà quale visibilità.
Punto a sfavore è altre-sì l'assenza di un vero finale ed il fatto che dopo un po' l'opera non fa' più ridere (grave mancanza per una parodia).