Recensione
Vanilla Fiction
8.5/10
Recensione di npepataecozz
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Pur non essendo in possesso di dati certi, la sensazione che questo "Vanilla Fiction" non abbia goduto di grande considerazione presso il pubblico italiano mi sembra una cosa abbastanza evidente. In apparenza si tratta di un titolo che già di suo sembra offrire ben poco ad un lettore esperto; e a renderlo ancora meno appetibile si sono aggiunti anche dei tempi di pubblicazione che io considero davvero assurdi. Io posso capire che ci sia questa moda della "contemporaneità col Giappone" e la cosa, in fondo, piace anche a me; ma bisogna anche tener conto che se un manga in Giappone viene proposto a "capitoli" su una rivista, per avere l'intero prodotto a disposizione in Italia poi occorrerà molto tempo. E distribuire solo tre volumetti all'anno (con attese anche di otto mesi) è davvero troppo poco per la proverbiale pazienza italica, soprattutto se si pensa che stiamo parlando di un lavoro non esattamente pubblicizzatissimo. A mio avviso sarebbe stato meglio aspettare un altro po' prima di proporlo e garantire tempi di pubblicazione più umani; forse così avrebbe avuto un pubblico maggiore e, in tutta onestà, se lo sarebbe pure meritato perché quella raccontata da "Vanilla Fiction" è davvero un gran bella storia.
"Vanilla fiction" racconta le disavventure di Shinobu Satou, un famoso scrittore giapponese, che resta coinvolto suo malgrado in un drammatico gioco di sopravvivenza: Dio, infatti, ha stabilito che se non mangerà assieme alla piccola Eri Makino dei biscotti sull'isola di Hajiro il mondo finirà. Sembra tutto molto semplice, ma così non è: un'altra persona, infatti, ha avuto un incarico diverso la cui realizzazione porterà allo stesso risultato, la salvezza del mondo. Ma se per evitare l'apocalisse le possibilità sono due, la possibilità di sopravvivere per i due "prescelti" resta una sola: portare a termine la loro missione. Se sarà l'altro a completarla la punizione per il "perdente" sarà la morte.
Se come incipit quello di "Vanilla Fiction" vi è sembrato poco attraente non posso darvi torto; in realtà pure io dopo la lettura dei primi volumetti ho avuto qualche dubbio sulla bontà complessiva dell'opera. L'idea che suscitava era che, seppur con le varianti del caso, si trattasse di una di quelle storie tutto splatter e niente arrosto che ormai si trovano un po' ovunque; ma fortunatamente l'abito non sempre fa il monaco.
Una delle qualità che amo di più in una storia è la coerenza, sia in termini di trama che in termini di evoluzione dei personaggi: in genere sono molto severo verso quei titoli che si "dimenticano" parti della storia (ed è anche per questo che preferisco leggere/guardare manga/anime non troppo lunghi in quanto, a mio avviso, questa eventualità è direttamente proporzionale alla lunghezza dell'opera) o che propongono un percorso di crescita irrazionale della natura dei vari personaggi.
Per questo motivo il merito maggiore che attribuisco a "Vanilla Fiction" in relazione al suo contenuto è proprio quello di aver sempre mantenuto la sua compattezza narrativa: la storia sembra quasi essere stata scritta tutta d'un fiato (e chissà magari è davvero così) per evitare improvvisi e deleteri cambi di rotta.
Ma se la coerenza della trama è quasi un minimo sindacale per un manga di solo otto volumi (anche se, ad onor del vero, le dimensioni di ognuno di questi è sempre molto corposa e comunque più grande rispetto alla media), non si può sempre sperare nello stesso automatismo anche in relazione alla crescita dei personaggi. Ma è proprio in questo, invece, che "Vanilla Fiction" eccelle: la caratterizzazione dei suoi personaggi è davvero superba, si vede benissimo che nulla è stato lasciato al caso. E così uno stesso personaggio, non importa se si tratta del protagonista, del cattivo di turno o di uno degli altri "attori" presenti nell'opera, riesce a far crescere in chi lo guarda sentimenti che si evolvono e che possono passare da un iniziale disprezzo alla comprensione, per poi tornare all'antipatia ed arrivare ad una inaspettata simpatia senza che la cosa appaia contraddittoria; e questo perché il modo in cui tutto questo avviene è perfettamente naturale. Ogni persona ha dei lati buoni e dei lati cattivi ed il modo in cui questi si manifestano fanno nascere, in chi li osserva, sentimenti contrastanti ma non per questo improbabili: Megumi Osuga (l'autrice) lo sa e con "Vanilla Fiction" vuole gioca proprio con la complessità insita in ogni persona per dimostrare che anche nelle zone più scure può esistere una componente più chiara e viceversa. E la cosa funziona, altroché se funziona.
I disegni non sono molto complessi, specie se si tiene conto della componente splatter, ma per me questo non è un difetto: meglio semplice ma efficace che elaborato ed incomprensibile.
Se avete in programma di comprare in blocco un manga non troppo lungo e non sapete cosa scegliere, se il genere è di vostro gradimento (in realtà basterebbe anche che non vi faccia proprio schifo) "Vanilla Fiction" è il titolo che state cercando. Anche se non ha goduto di grandissima considerazione, infatti, a mio avviso è uno dei manga migliori usciti negli ultimi anni.
"Vanilla fiction" racconta le disavventure di Shinobu Satou, un famoso scrittore giapponese, che resta coinvolto suo malgrado in un drammatico gioco di sopravvivenza: Dio, infatti, ha stabilito che se non mangerà assieme alla piccola Eri Makino dei biscotti sull'isola di Hajiro il mondo finirà. Sembra tutto molto semplice, ma così non è: un'altra persona, infatti, ha avuto un incarico diverso la cui realizzazione porterà allo stesso risultato, la salvezza del mondo. Ma se per evitare l'apocalisse le possibilità sono due, la possibilità di sopravvivere per i due "prescelti" resta una sola: portare a termine la loro missione. Se sarà l'altro a completarla la punizione per il "perdente" sarà la morte.
Se come incipit quello di "Vanilla Fiction" vi è sembrato poco attraente non posso darvi torto; in realtà pure io dopo la lettura dei primi volumetti ho avuto qualche dubbio sulla bontà complessiva dell'opera. L'idea che suscitava era che, seppur con le varianti del caso, si trattasse di una di quelle storie tutto splatter e niente arrosto che ormai si trovano un po' ovunque; ma fortunatamente l'abito non sempre fa il monaco.
Una delle qualità che amo di più in una storia è la coerenza, sia in termini di trama che in termini di evoluzione dei personaggi: in genere sono molto severo verso quei titoli che si "dimenticano" parti della storia (ed è anche per questo che preferisco leggere/guardare manga/anime non troppo lunghi in quanto, a mio avviso, questa eventualità è direttamente proporzionale alla lunghezza dell'opera) o che propongono un percorso di crescita irrazionale della natura dei vari personaggi.
Per questo motivo il merito maggiore che attribuisco a "Vanilla Fiction" in relazione al suo contenuto è proprio quello di aver sempre mantenuto la sua compattezza narrativa: la storia sembra quasi essere stata scritta tutta d'un fiato (e chissà magari è davvero così) per evitare improvvisi e deleteri cambi di rotta.
Ma se la coerenza della trama è quasi un minimo sindacale per un manga di solo otto volumi (anche se, ad onor del vero, le dimensioni di ognuno di questi è sempre molto corposa e comunque più grande rispetto alla media), non si può sempre sperare nello stesso automatismo anche in relazione alla crescita dei personaggi. Ma è proprio in questo, invece, che "Vanilla Fiction" eccelle: la caratterizzazione dei suoi personaggi è davvero superba, si vede benissimo che nulla è stato lasciato al caso. E così uno stesso personaggio, non importa se si tratta del protagonista, del cattivo di turno o di uno degli altri "attori" presenti nell'opera, riesce a far crescere in chi lo guarda sentimenti che si evolvono e che possono passare da un iniziale disprezzo alla comprensione, per poi tornare all'antipatia ed arrivare ad una inaspettata simpatia senza che la cosa appaia contraddittoria; e questo perché il modo in cui tutto questo avviene è perfettamente naturale. Ogni persona ha dei lati buoni e dei lati cattivi ed il modo in cui questi si manifestano fanno nascere, in chi li osserva, sentimenti contrastanti ma non per questo improbabili: Megumi Osuga (l'autrice) lo sa e con "Vanilla Fiction" vuole gioca proprio con la complessità insita in ogni persona per dimostrare che anche nelle zone più scure può esistere una componente più chiara e viceversa. E la cosa funziona, altroché se funziona.
I disegni non sono molto complessi, specie se si tiene conto della componente splatter, ma per me questo non è un difetto: meglio semplice ma efficace che elaborato ed incomprensibile.
Se avete in programma di comprare in blocco un manga non troppo lungo e non sapete cosa scegliere, se il genere è di vostro gradimento (in realtà basterebbe anche che non vi faccia proprio schifo) "Vanilla Fiction" è il titolo che state cercando. Anche se non ha goduto di grandissima considerazione, infatti, a mio avviso è uno dei manga migliori usciti negli ultimi anni.