Recensione
"Shigatsu wa kimi no uso" ("La tua bugia ad aprile", da qui in poi userò per comodità il titolo con cui è noto in Italia, "Bugie d'aprile"), manga firmato da Naoshi Arakawa per la casa editrice Kodansha dal 2011 al 2015 e pubblicato in Italia da Star Comics, è senza dubbio uno dei più grandi e recenti successi che il Giappone ci abbia regalato.
La trasposizione in una serie a cartoni animati di 22 episodi, trasmessa fra l'autunno 2014 e la primavera 2015, ha dato a questo titolo una grandissima notorietà e siamo rimasti tutti piacevolmente incantati dalla storia d'amore tra il giovane e tormentato pianista Kousei e l'allegra e solare violinista Kaori. Una storia molto adolescenziale e molto romantica, che ha giocato più volte con i nostri sentimenti facendoci sorridere, piangere, commuovere, disperare, innamorare.
Era solo questione di tempo, visto il successo della serie e la propensione dei Giapponesi a realizzare film tratti da manga, specie se l'argomento è sentimentale/drammatico come in questo caso, perciò anche "Bugie d'aprile" ha avuto il suo adattamento in un film live action per il grande schermo, uscito nelle sale giapponesi nell'autunno del 2016.
Super-pubblicizzato con tantissimi trailer durante tutta l'estate, ha ottenuto un buon successo, nonostante si sia scontrato con l'altrettanto drammatico "La forma della voce", uscito nello stesso periodo, e con il gigante "Your Name", che ha monopolizzato i cinema e le radio per mesi.
Il film riesce bene a rendere le atmosfere della serie originale e tutti i suoi elementi chiave: l'incontro tra i due protagonisti sotto bellissimi petali di ciliegio in fiore; i traumi passati di Kousei che vengono pian piano superati grazie all' "invadenza" di Kaori che lo costringe a rimettere mano al pianoforte per accompagnare il suo violino; il poligono sentimentale che mette in gioco anche gli amici d'infanzia di Kousei, e così via, fino all'ormai iconico finale.
Nell'arco di due ore, il lungometraggio riesce a coprire la storia sino alla fine, e la trama risulta più snella, concisa e piacevole da seguire rispetto alla serie animata. Vengono tagliati molti dei ripetitivi e ammorbanti flashback e monologhi dove il protagonista rievocava i suoi traumi infantili, che risultavano un po' pesanti e deprimenti nella serie tv, ed eliminati completamente alcuni personaggi tutto sommato sacrificabili, come i pianisti rivali di Kousei e la ragazzina a cui quest'ultimo si trova a dare lezioni.
Il risultato, tutto sommato, non cambia: "Bugie d'aprile" continua ad emozionare con la sua storia drammatica eppure speranzosa, romantica e commovente.
C'è molto Giappone, in "Bugie d'aprile", e vederlo in questa veste "dal vivo" risulta ancora più coinvolgente. Gironzolando per le strade e le scuole giapponesi intorno ad aprile potresti trovare gli stessi ciliegi in fiore e gli stessi, identici studenti: tanti giovani Kousei che non hanno fiducia in se stessi, non sanno cosa fare, vorrebbero una scossa, un po' di colore, una vivace e allegra Kaori che li faccia sorridere. Che magari è lì, sta camminando e ridendo con le amiche sullo stesso marciapiede, e il giovane Kousei potrebbe farla entrare nella sua vita con un solo cenno della mano, ma è troppo introverso e non lo farà mai...
L'ottima resa dei sentimenti, sia pure romanzata e costruita ad hoc per il pubblico adolescenziale, era uno dei punti di forza della storia originale, e avere dei personaggi "in carne ed ossa", che si muovono in scenari reali, aumenta di molto l'identificazione e il coinvolgimento.
Non era, del resto, granché difficile trasporre in un film una storia come questa, che, pur essendo romanzata ed eccessivamente drammatica in molti punti, non contiene elementi sovrannaturali ed ha un forte legame con la realtà degli adolescenti giapponesi. Non stupisce, quindi, la buona riuscita del film, che ripropone i personaggi con molta efficacia.
Suzu Hirose ("Chihayafuru") è una Kaori perfetta. Molto naturale, allegra, con un sorriso davvero contagioso. Angelo ultraterreno se filtrato dagli occhi di Kousei, ma anche ragazza molto umana, fragile, con le sue debolezze, i suoi capricci, i suoi traumi che si sforza di superare senza mai rinunciare al sorriso. Forse Kaori, bellissima idealizzazione della ragazza che tutti noi vorremmo, sorridente, al nostro fianco, non esiste davvero nel mondo reale. O forse sì, e non solo perché sono riusciti a renderla perfettamente reale in questo film, ma perché, chissà, ognuna delle sorridenti studentesse che camminano sotto i ciliegi in fiore nasconde dentro di sé una Kaori, basta solo che trovi un Kousei che la faccia riaffiorare...
Meno convincente, purtroppo, la resa di Kousei. Il personaggio animato era una sorta di Shinji Ikari sempre super-depresso, ma Kento Yamazaki ("Wolf girl & Black Prince") non riesce a renderne la serietà nel modo giusto, avendo invece una perenne espressione da pesce lesso caduto dal pero, rendendo il personaggio un po' troppo goffo e allampanato rispetto all'originale. I commenti ilari sulla sua faccia, tuttavia, non minano troppo il coinvolgimento dello spettatore, che riesce ugualmente ad empatizzare con Kousei e i suoi sentimenti.
I personaggi ci sono, la storia c'è, l'aprile giapponese c'è. Manca, inevitabilmente, una cosa che aveva contribuito al successo del cartone animato: la colonna sonora, con i suoi brani-chiave ripetuti ad ogni passo più importante ed emotivamente intenso della storia. Manca l'iconica sigla dei Goose House, hit suonatissima dalle radio giapponesi tra il 2014 e il 2015, che oggi, a qualche anno di distanza, non si può non ascoltare senza emozionarsi al ricordo del pianista depresso e della violinista allegra che ci avevano ricordato quanto sia bello amare colpendoci con stilettate al cuore.
"Last Scene" degli Ikimono Gakari, la canzone dei titoli di coda, si è dimostrata una hit altrettanto efficace: suonatissima in tutti i trailer del film, programmata dalle radio per diversi mesi e cantatissima dai Giapponesi che vanno apposta al cinema a vedere i film tristi perché cercano canzoni tristi da imparare e rifare al karaoke.
Fa il suo dovere di ballad struggente e amplificatore delle lacrime degli spettatori sul finale della vicenda (del resto, da una canzone che inizia con "Non riesco a fermare le lacrime...", che ti aspetti?), ma, pur essendo un bel brano, non ha nulla di diverso dai molteplici brani simili che affollano le radio giapponesi e gli mancano l'allegria e il coinvolgimento di "Hikaru nara", che - fun fact - è anche più divertente da cantare, essendo un duetto tra i due sessi.
Il film di "Bugie d'aprile" rende bene le atmosfere della serie, sia pure con qualche piccola mancanza di poco conto.
Chi ha nel cuore la vicenda di Kousei e Kaori può tranquillamente buttarvisi a pesce: piangerà ancora, garantito, e probabilmente ne apprezzerà la narrazione meno pesante e dispersiva. Chi, invece, non conosce "Bugie d'aprile" e non vuole guardare una serie a puntate o leggere un manga può ugualmente visionare il film senza perdersi troppo.
E' il classico lungometraggio alla giapponese, che carica moltissimo sui sentimenti in maniera molto ruffiana per portare facilmente lo spettatore alle lacrime e lasciarlo con un sorriso dolceamaro all'uscita dalle sale, ma ogni tanto non c'è nulla di male a lasciarsi andare alle emozioni, no?
La trasposizione in una serie a cartoni animati di 22 episodi, trasmessa fra l'autunno 2014 e la primavera 2015, ha dato a questo titolo una grandissima notorietà e siamo rimasti tutti piacevolmente incantati dalla storia d'amore tra il giovane e tormentato pianista Kousei e l'allegra e solare violinista Kaori. Una storia molto adolescenziale e molto romantica, che ha giocato più volte con i nostri sentimenti facendoci sorridere, piangere, commuovere, disperare, innamorare.
Era solo questione di tempo, visto il successo della serie e la propensione dei Giapponesi a realizzare film tratti da manga, specie se l'argomento è sentimentale/drammatico come in questo caso, perciò anche "Bugie d'aprile" ha avuto il suo adattamento in un film live action per il grande schermo, uscito nelle sale giapponesi nell'autunno del 2016.
Super-pubblicizzato con tantissimi trailer durante tutta l'estate, ha ottenuto un buon successo, nonostante si sia scontrato con l'altrettanto drammatico "La forma della voce", uscito nello stesso periodo, e con il gigante "Your Name", che ha monopolizzato i cinema e le radio per mesi.
Il film riesce bene a rendere le atmosfere della serie originale e tutti i suoi elementi chiave: l'incontro tra i due protagonisti sotto bellissimi petali di ciliegio in fiore; i traumi passati di Kousei che vengono pian piano superati grazie all' "invadenza" di Kaori che lo costringe a rimettere mano al pianoforte per accompagnare il suo violino; il poligono sentimentale che mette in gioco anche gli amici d'infanzia di Kousei, e così via, fino all'ormai iconico finale.
Nell'arco di due ore, il lungometraggio riesce a coprire la storia sino alla fine, e la trama risulta più snella, concisa e piacevole da seguire rispetto alla serie animata. Vengono tagliati molti dei ripetitivi e ammorbanti flashback e monologhi dove il protagonista rievocava i suoi traumi infantili, che risultavano un po' pesanti e deprimenti nella serie tv, ed eliminati completamente alcuni personaggi tutto sommato sacrificabili, come i pianisti rivali di Kousei e la ragazzina a cui quest'ultimo si trova a dare lezioni.
Il risultato, tutto sommato, non cambia: "Bugie d'aprile" continua ad emozionare con la sua storia drammatica eppure speranzosa, romantica e commovente.
C'è molto Giappone, in "Bugie d'aprile", e vederlo in questa veste "dal vivo" risulta ancora più coinvolgente. Gironzolando per le strade e le scuole giapponesi intorno ad aprile potresti trovare gli stessi ciliegi in fiore e gli stessi, identici studenti: tanti giovani Kousei che non hanno fiducia in se stessi, non sanno cosa fare, vorrebbero una scossa, un po' di colore, una vivace e allegra Kaori che li faccia sorridere. Che magari è lì, sta camminando e ridendo con le amiche sullo stesso marciapiede, e il giovane Kousei potrebbe farla entrare nella sua vita con un solo cenno della mano, ma è troppo introverso e non lo farà mai...
L'ottima resa dei sentimenti, sia pure romanzata e costruita ad hoc per il pubblico adolescenziale, era uno dei punti di forza della storia originale, e avere dei personaggi "in carne ed ossa", che si muovono in scenari reali, aumenta di molto l'identificazione e il coinvolgimento.
Non era, del resto, granché difficile trasporre in un film una storia come questa, che, pur essendo romanzata ed eccessivamente drammatica in molti punti, non contiene elementi sovrannaturali ed ha un forte legame con la realtà degli adolescenti giapponesi. Non stupisce, quindi, la buona riuscita del film, che ripropone i personaggi con molta efficacia.
Suzu Hirose ("Chihayafuru") è una Kaori perfetta. Molto naturale, allegra, con un sorriso davvero contagioso. Angelo ultraterreno se filtrato dagli occhi di Kousei, ma anche ragazza molto umana, fragile, con le sue debolezze, i suoi capricci, i suoi traumi che si sforza di superare senza mai rinunciare al sorriso. Forse Kaori, bellissima idealizzazione della ragazza che tutti noi vorremmo, sorridente, al nostro fianco, non esiste davvero nel mondo reale. O forse sì, e non solo perché sono riusciti a renderla perfettamente reale in questo film, ma perché, chissà, ognuna delle sorridenti studentesse che camminano sotto i ciliegi in fiore nasconde dentro di sé una Kaori, basta solo che trovi un Kousei che la faccia riaffiorare...
Meno convincente, purtroppo, la resa di Kousei. Il personaggio animato era una sorta di Shinji Ikari sempre super-depresso, ma Kento Yamazaki ("Wolf girl & Black Prince") non riesce a renderne la serietà nel modo giusto, avendo invece una perenne espressione da pesce lesso caduto dal pero, rendendo il personaggio un po' troppo goffo e allampanato rispetto all'originale. I commenti ilari sulla sua faccia, tuttavia, non minano troppo il coinvolgimento dello spettatore, che riesce ugualmente ad empatizzare con Kousei e i suoi sentimenti.
I personaggi ci sono, la storia c'è, l'aprile giapponese c'è. Manca, inevitabilmente, una cosa che aveva contribuito al successo del cartone animato: la colonna sonora, con i suoi brani-chiave ripetuti ad ogni passo più importante ed emotivamente intenso della storia. Manca l'iconica sigla dei Goose House, hit suonatissima dalle radio giapponesi tra il 2014 e il 2015, che oggi, a qualche anno di distanza, non si può non ascoltare senza emozionarsi al ricordo del pianista depresso e della violinista allegra che ci avevano ricordato quanto sia bello amare colpendoci con stilettate al cuore.
"Last Scene" degli Ikimono Gakari, la canzone dei titoli di coda, si è dimostrata una hit altrettanto efficace: suonatissima in tutti i trailer del film, programmata dalle radio per diversi mesi e cantatissima dai Giapponesi che vanno apposta al cinema a vedere i film tristi perché cercano canzoni tristi da imparare e rifare al karaoke.
Fa il suo dovere di ballad struggente e amplificatore delle lacrime degli spettatori sul finale della vicenda (del resto, da una canzone che inizia con "Non riesco a fermare le lacrime...", che ti aspetti?), ma, pur essendo un bel brano, non ha nulla di diverso dai molteplici brani simili che affollano le radio giapponesi e gli mancano l'allegria e il coinvolgimento di "Hikaru nara", che - fun fact - è anche più divertente da cantare, essendo un duetto tra i due sessi.
Il film di "Bugie d'aprile" rende bene le atmosfere della serie, sia pure con qualche piccola mancanza di poco conto.
Chi ha nel cuore la vicenda di Kousei e Kaori può tranquillamente buttarvisi a pesce: piangerà ancora, garantito, e probabilmente ne apprezzerà la narrazione meno pesante e dispersiva. Chi, invece, non conosce "Bugie d'aprile" e non vuole guardare una serie a puntate o leggere un manga può ugualmente visionare il film senza perdersi troppo.
E' il classico lungometraggio alla giapponese, che carica moltissimo sui sentimenti in maniera molto ruffiana per portare facilmente lo spettatore alle lacrime e lasciarlo con un sorriso dolceamaro all'uscita dalle sale, ma ogni tanto non c'è nulla di male a lasciarsi andare alle emozioni, no?