Recensione
Garden
8.5/10
Recensione di Pan Daemonium
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"Garden" (aprile 2000) è la prima vera raccolta di storie fumettistiche di Furuya, che prima di questo momento aveva pubblicato in volume solamente sketch ironici e sperimentali a quattro o a nove cornici. Le storie qui presentate sono state proposte al pubblico in un periodo che va dal dicembre 1996 al gennaio 2000 tramite riviste underground giapponesi quali Comic Cue, Manga Erotics e Garo.
Per quanto il titolo tragga origine dalla prima novella, in cui l'autore ha potuto dimostrare i suoi numerosi anni di studio dell'arte occidentale, mostrandoci un nuovo Bosch interpretato secondo i suoi canoni psicologici, non tutto il volume è incentrato sul tema boschiano. L'arte non scompare, di certo, tanto che la tecnica dei trittici di Francis Bacon ricompare nel sesto capitolo, uno dei primi disegnati da Furuya, ma di basso impatto.
Ci sono delle ricorrenze, già viste in Short Cuts e Palepoli, quali il sanguinolento, il blasfemo (particolarmente ironico nei confronti del Cristo, sempre forse per il fatto di aver studiato per una larga fetta della sua vita opere sacre cristiane che lo rappresentano in chiave martirologica; in tal mondo Furuya opera una trasvalutazione ironica), la sessualità adolescenziale. Non a caso la storia che ha avuto più risonanza è "Emi-chan", l'ultima, la più lunga, che rappresenta un po' una summa di tutto ciò.
Emi-chan è molto sperimentale, anche nell'impostazione delle cornici. L'Artista ha giudicato ciò frutto della sua inesperienza e quindi non voluto, ma io ci ho trovato qualcosa di peculiare nella sua frenesia. Una storia violentissima e maniacale, in cui un assassino, archetipo del male nel mondo, cade in una spirale di orrore sadistico nei confronti di una decina di bambine. Nel mentre la spirale omicida si espande le cornici si moltiplicano, si frammentano, iniziano ad espandersi esse stesse dando un senso di vertigine, grazie anche al fatto di essere completamente disegnate a mano. La storia assurge presto ad intento soteriologico e anti-umano, fungendo da rinascita della nostra stirpe e ricollegandosi alla prima, a "Garden", tramite l'idea del fiore come latore del bello e del buono, ma tendenzialmente dileggiato e poi distrutto dal resto del creato.
Non tutte le storie sono belle e affascinanti, ma una buona maggioranza lo è. Persino la quinta, una specie di miscuglio fra il tema alchemico e le richieste in vite umane di Minosse, per quanto più lenta e meno sperimentale, ha un non so che di poetico e di fanciullesco.
Garden è, perciò, un'opera straordinaria e impareggiabile del primo Furuya.
Per quanto il titolo tragga origine dalla prima novella, in cui l'autore ha potuto dimostrare i suoi numerosi anni di studio dell'arte occidentale, mostrandoci un nuovo Bosch interpretato secondo i suoi canoni psicologici, non tutto il volume è incentrato sul tema boschiano. L'arte non scompare, di certo, tanto che la tecnica dei trittici di Francis Bacon ricompare nel sesto capitolo, uno dei primi disegnati da Furuya, ma di basso impatto.
Ci sono delle ricorrenze, già viste in Short Cuts e Palepoli, quali il sanguinolento, il blasfemo (particolarmente ironico nei confronti del Cristo, sempre forse per il fatto di aver studiato per una larga fetta della sua vita opere sacre cristiane che lo rappresentano in chiave martirologica; in tal mondo Furuya opera una trasvalutazione ironica), la sessualità adolescenziale. Non a caso la storia che ha avuto più risonanza è "Emi-chan", l'ultima, la più lunga, che rappresenta un po' una summa di tutto ciò.
Emi-chan è molto sperimentale, anche nell'impostazione delle cornici. L'Artista ha giudicato ciò frutto della sua inesperienza e quindi non voluto, ma io ci ho trovato qualcosa di peculiare nella sua frenesia. Una storia violentissima e maniacale, in cui un assassino, archetipo del male nel mondo, cade in una spirale di orrore sadistico nei confronti di una decina di bambine. Nel mentre la spirale omicida si espande le cornici si moltiplicano, si frammentano, iniziano ad espandersi esse stesse dando un senso di vertigine, grazie anche al fatto di essere completamente disegnate a mano. La storia assurge presto ad intento soteriologico e anti-umano, fungendo da rinascita della nostra stirpe e ricollegandosi alla prima, a "Garden", tramite l'idea del fiore come latore del bello e del buono, ma tendenzialmente dileggiato e poi distrutto dal resto del creato.
Non tutte le storie sono belle e affascinanti, ma una buona maggioranza lo è. Persino la quinta, una specie di miscuglio fra il tema alchemico e le richieste in vite umane di Minosse, per quanto più lenta e meno sperimentale, ha un non so che di poetico e di fanciullesco.
Garden è, perciò, un'opera straordinaria e impareggiabile del primo Furuya.