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4.0/10
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Terminano esattamente dopo quindici anni di serializzazione - coincidenze? - le avventure dello shinigami dai capelli arancioni, una delle icone dei battle shonen moderni. Ha appassionato tantissimi fan, ma li ha anche disaffezzionati. Ha vinto il premio Shogakukan e ha venduto milioni di copie in tutto il mondo, e probabilmente continuerà a farlo. Ha fatto parte della mia adolescenza sull'onda del suo successo, fino ad arrivare a quello della sua disfatta.
Dopo 74 volumi e 686 capitoli, Tite Kubo decide di appoggiare la penna sul tavolo e di chiudere i battenti.

Forse gli è stato ordinato dai piani alti o lo ha voluto lui stesso, oppure il pubblico non ne poteva più. Sta di fatto che durante il suo percorso Bleach ha regalato grandi emozioni, sia positive che negative.
Inizialmente aveva creato una brutta copia di Yu Yu Hakusho e dovettero cancellarlo. Una lettera da parte di Toriyama lo spronò a creare il Bleach che conosciamo. Il nome del titolo è un omaggio all'album dei Nirvana, ma anche all'obbiettivo di “sbiancare” o “purificare” le anime maligne, il lavoro degli Shinigami, e un rimando al titolo “WHITE” che originariamente doveva avere.

Tite Kubo realizza in totale quattro archi narrativi: con il primo lo porta all'apice del successo; col secondo lo mantiene; con il terzo crolla; con il quarto cade per terra esanime.
Se dovessi fare un'analogia, Bleach è come un calciatore giovane di un talento incredibile che col tempo scema fino a diventare irriconoscibile.
La lunghezza non gioca certo a suo favore e non c'era assolutamente bisogno di raggiungere un tale numero. Sicuramente il successo lo ha stravolto e lo ha portato a continuare con risultati orribili, fino a diventare una copia sbiadita di ciò che era. Questa involuzione è notevole sul lungo periodo, facendogli perdere quello smalto che agli albori lo aveva portato sul podio dei migliori shonen in circolazione.

La saga della Soul Society è il punto più alto che abbia raggiunto in tutti i suoi anni di carriera e che disgraziatamente non recupererà mai. Toglietevi la speranza che ciò possa accadere.
I primi venti volumi sono i migliori in assoluto. L'infiltrazione nella Soul Society per liberare una sua compagna dà inizio a una guerra serrata contro i tredici capitani, più i loro luogotenenti. Man mano che i conflitti si fanno più aspri e intensi, Tite Kubo mostra di sapere gestire molteplici personaggi e di creare lotte ad alto tasso di adrenalina. L'idea dei poteri poi, è davvero geniale. Scoprire il nome della propria Zanpakuto e di un ulteriore sprigionamento di potenza, il Bankai, permette di ribaltare scontri che all'apparenza sembravano conclusi e di stuzzicare la fantasia del lettore nello scoprire cosa possa tirare fuori dal cilindro.

Con la saga degli Arrancar, nonostante utilizzi lo stesso escamotage, amplia la mole di personaggi sfornando ottime controparti come gli Espada, ed espande la natura degli Hollow e delle varie trasformazioni, oltre ad approfondire il mondo che li circonda. Tuttavia ci impiega ben ventotto volumi per poter mettere fine a questo arco, portando quasi allo sfinimento il lettore, posticipando così sempre di più la sua fine. Questo errore gli costerà caro perché da qui in poi non si riprenderà più, toccando il fondo con le restanti saghe del Fullbringer e dei Quincy.

La saga del Fullbringer penso sia la più inutile in termini narrativi e ha il solo scopo di allungare il brodo, includendo antagonisti noiosi e superficiali. La sua esistenza è il pretesto che serve a smettere di seguire il manga. I poteri del Fullbringer e dei Quincy sono fuori scala e appaiono poco convincenti, ci fanno domandare occasionalmente da dove tirasse fuori certe idee. Gli scontri perdono di mordente diventando frivoli, non sono più impressionanti come una volta, perde la spavalderia e aggiunge spiegazioni durante i combattimenti che non fanno altro che afflosciare il tono della disputa. Inoltre i personaggi sono troppi e chiaramente non riesce più a gestirli. Butta fuori personaggi dai nomi discutibili e dimenticabili nel giro di una pagina morendo poi in quella dopo, non si fa prendere più sul serio. Recupera quelli vecchi per strizzare l'occhiolino ai fan, ma praticamente fungono da comparse e sono poco rilevanti ai fini della storia. La velocità degli eventi prende una piega bizzarra, ha un passo frettoloso che coinvolge poco il lettore nelle vicende e si brucia velocemente nelle azioni dei protagonisti per cercare di dare a tutti il proprio spazio. Sembrava non vedesse l'ora di concludere la sua opera, e a rimetterci infatti è il finale. Un finale sbrigativo alla Naruto che non c'entra nulla e non trasmette niente al lettore che si è sorbito tutti questi capitoli negli anni. Un lasso temporale assurdo che tralascia la maggior parte dei personaggi nell'oblio.

Per chi non lo sapesse, Tite Kubo ha continuato la serie grazie a una lettera di un bambino malato terminale che lo ringraziava di aver creato Bleach e che con esso si è goduto i suoi ultimi istanti di vita grazie ad esso e, nel tempo, il povero sensei si ammalava facilmente trovandosi in condizioni pessime durante la serializzazione.

In conclusione, Bleach parte col botto spegnendosi lentamente e malamente. E' evidente che la sua debolezza è insita nella lunghezza e non ha aiutato di certo aspettare le uscite bimestrali/trimestrali che ti facevano dimenticare quello che avevi letto precedentemente, soprattutto nelle battute finali del manga. Recuperandolo in toto e leggendolo sequenzialmente senza pause, invece, potrebbe valerne la pena perché sono volumi che finisci in trenta-quaranta minuti e si potrebbe apprezzare più tranquillamente la velocità degli eventi. Di quest'opera rimarrà solo il rammarico di aver buttato via un potenziale simile.