Recensione
Confessions
10.0/10
Sconvolgente e terribile, così definirei questo film di Tetsuya Nakashima giunto in Italia molto tempo dopo la sua uscita nei cinema orientali. Ovviamente non parlo in senso negativo, Nakashima ha saputo trasporre perfettamente su pellicola il bellissimo romanzo di Kanae Minato, giunto anche da noi nel 2011, ma non si può non restare scioccati di fronte a questa storia, anche perché inizialmente non è quello che sembra: una professoressa che l'ultimo giorno di scuola fa il suo discorso di commiato alla sua classe, i ragazzi che fanno di tutto tranne che ascoltarla, una scena banale, che potrebbe essere tranquillamente tratta da un qualsiasi manga o anime scolastico come tanti, che mostra una professoressa non troppo simpatica che annuncia il suo ritiro dall'insegnamento entro la fine del mese, con immediate manifestazioni di gioia immensa... Tutto cambia però appena lei spiega il motivo del suo ritiro, ed annuncia la sua intenzione di vendicarsi dei due assassini della sua figlioletta di 5 anni, anch'essi presenti, ed inizia l'incubo...
Una storia di vendetta dunque, ma non solo: oltre al dramma di una donna piena di rancore dopo essere rimasta sola dopo aver perso la figlia ed anche l'uomo che amava (strappatole da una tremenda malattia), ci mostra il punto di vista dei due carnefici della piccola Manami, il cui tremendo gesto viene in qualche modo motivato, anche se mai potrà essere giustificato; ma ci mostra anche i mali che possono annidarsi fra gli adolescenti, in particolare in Giappone ma anche altrove.
La scuola giapponese non è esattamente com'è descritta nei classici manga scolastici, questo è il succo di un articolo recentemente pubblicato in questo sito, e questa affermazione è più che mai confermata da Nakashima, che anche se in maniera esasperata mostra problematiche reali, che interessano davvero gli adolescenti giapponesi, troppo abbandonati a se stessi dai genitori, troppo presi dalla frenetica vita di tutti i giorni (oltre che, a volte, da se stessi) per badare adeguatamente a loro. Da un lato si percepisce quanto sia importante, per questi ragazzi, essere accettati, far parte del gruppo, comportandosi tutti allo stesso modo (per cui se il più carismatico decide che qualcuno va isolato e bullizzato gli altri lo seguono come pecore); dall'altro in una società in cui si impone a chi vi appartiene di conformarsi alle leggi, alle usanze, anche al modo di pensare, si rischia di restare troppo anonimi, sconosciuti, e così chi sente questo desiderio di farsi notare, di ricordare ai propri familiari e/o al mondo la propria esistenza, può arrivare anche a gesti estremi.
Talvolta tutto ciò diventa inaccettabile, e da qui il fenomeno, anch'esso sempre più diffuso anche da noi, dell'hikikomori, l'adolescente che per sfuggire a questa società si rinchiude in casa non potendo accettare una realtà che non sia quella virtuale...
Dall'annuncio della vendetta della professoressa Moriguchi, dal suo discorso che dovrebbe entrare di diritto fra le scene migliori della storia del cinema, il film è un crescendo continuo di tensione, tiene sempre alta l'attenzione del telespettatore grazie ai dettagli della vicenda snocciolati pian piano, talvolta in maniera apparentemente confusa, che sarà solo alla fine del tutto (o quasi) chiara. Resto sempre sorpresa per come i registi giapponesi riescano sempre a realizzare tali prodotti, mostrando pochissime scene di sangue (come in questo caso) o talvolta non mostrandone affatto. Essi non si accontentano di sconvolgere, spaventare il pubblico in maniera tanto semplicistica come fanno troppo spesso gli occidentali mostrando efferati delitti e sangue: piuttosto che lo splatter puro preferiscono mostrare l'orrore più grande, quello che potrebbe annidarsi in ciascuno di noi, ed è probabilmente per questo che riescono anche a spaventare di più, soprattutto quando gli attori sono così bravi. La Moriguchi, così fredda ed inespressiva nella spiegazione delle sue intenzioni agli ignari ragazzini, era assolutamente agghiacciante, ed anche i comprimari hanno svolto bene il loro ruolo.
Nakashima ha poi saputo realizzare un film ad elevato impatto visivo con vari espedienti, come il cielo sempre cupo e variegato dalle nuvole, o con pioggia o neve, alcune scene al rallentatore realizzate per aumentare il senso di angoscia, alcune scene puramente simboliche ed evocative, come la farfalla bianca nella mano del ragazzino, che almeno io ho interpretato come sinistro presagio di morte, al pari dell'ombra della farfalla che viene inquadrata in primo piano sulla finestra della stanza di Maria Teresa che si congeda dalla figlia Antonietta nella seconda puntata di Lady Oscar, appunto come presagio del terribile destino a cui andrà incontro la regina di Francia.
Qual è il senso della vita? Le vite hanno tutte lo stesso valore? Sono domande a cui dà una sua risposta lo studente che ha scritto un tema su quest'argomento, premiato ed acclamato davanti agli altri studenti; ma il regista sa bene che in realtà una risposta semplice ed univoca non esiste e perciò lascia tutto alla libera interpretazione, concludendo questo film così complesso con un finale geniale ed inaspettato che pare adattarsi a varie chiavi di lettura, anche alla luce dell'altrettanto brillante romanzo della Minato.
Un altro elemento di rilievo, ultimo ma non per importanza, la musica, in particolare il tema principale del film, Last flowers, dei Radiohead, che si associa perfettamente al contesto.
Insomma, un film non per tutti, perché giustamente vietato ai minori di 14 anni, ma assolutamente consigliato!
Una storia di vendetta dunque, ma non solo: oltre al dramma di una donna piena di rancore dopo essere rimasta sola dopo aver perso la figlia ed anche l'uomo che amava (strappatole da una tremenda malattia), ci mostra il punto di vista dei due carnefici della piccola Manami, il cui tremendo gesto viene in qualche modo motivato, anche se mai potrà essere giustificato; ma ci mostra anche i mali che possono annidarsi fra gli adolescenti, in particolare in Giappone ma anche altrove.
La scuola giapponese non è esattamente com'è descritta nei classici manga scolastici, questo è il succo di un articolo recentemente pubblicato in questo sito, e questa affermazione è più che mai confermata da Nakashima, che anche se in maniera esasperata mostra problematiche reali, che interessano davvero gli adolescenti giapponesi, troppo abbandonati a se stessi dai genitori, troppo presi dalla frenetica vita di tutti i giorni (oltre che, a volte, da se stessi) per badare adeguatamente a loro. Da un lato si percepisce quanto sia importante, per questi ragazzi, essere accettati, far parte del gruppo, comportandosi tutti allo stesso modo (per cui se il più carismatico decide che qualcuno va isolato e bullizzato gli altri lo seguono come pecore); dall'altro in una società in cui si impone a chi vi appartiene di conformarsi alle leggi, alle usanze, anche al modo di pensare, si rischia di restare troppo anonimi, sconosciuti, e così chi sente questo desiderio di farsi notare, di ricordare ai propri familiari e/o al mondo la propria esistenza, può arrivare anche a gesti estremi.
Talvolta tutto ciò diventa inaccettabile, e da qui il fenomeno, anch'esso sempre più diffuso anche da noi, dell'hikikomori, l'adolescente che per sfuggire a questa società si rinchiude in casa non potendo accettare una realtà che non sia quella virtuale...
Dall'annuncio della vendetta della professoressa Moriguchi, dal suo discorso che dovrebbe entrare di diritto fra le scene migliori della storia del cinema, il film è un crescendo continuo di tensione, tiene sempre alta l'attenzione del telespettatore grazie ai dettagli della vicenda snocciolati pian piano, talvolta in maniera apparentemente confusa, che sarà solo alla fine del tutto (o quasi) chiara. Resto sempre sorpresa per come i registi giapponesi riescano sempre a realizzare tali prodotti, mostrando pochissime scene di sangue (come in questo caso) o talvolta non mostrandone affatto. Essi non si accontentano di sconvolgere, spaventare il pubblico in maniera tanto semplicistica come fanno troppo spesso gli occidentali mostrando efferati delitti e sangue: piuttosto che lo splatter puro preferiscono mostrare l'orrore più grande, quello che potrebbe annidarsi in ciascuno di noi, ed è probabilmente per questo che riescono anche a spaventare di più, soprattutto quando gli attori sono così bravi. La Moriguchi, così fredda ed inespressiva nella spiegazione delle sue intenzioni agli ignari ragazzini, era assolutamente agghiacciante, ed anche i comprimari hanno svolto bene il loro ruolo.
Nakashima ha poi saputo realizzare un film ad elevato impatto visivo con vari espedienti, come il cielo sempre cupo e variegato dalle nuvole, o con pioggia o neve, alcune scene al rallentatore realizzate per aumentare il senso di angoscia, alcune scene puramente simboliche ed evocative, come la farfalla bianca nella mano del ragazzino, che almeno io ho interpretato come sinistro presagio di morte, al pari dell'ombra della farfalla che viene inquadrata in primo piano sulla finestra della stanza di Maria Teresa che si congeda dalla figlia Antonietta nella seconda puntata di Lady Oscar, appunto come presagio del terribile destino a cui andrà incontro la regina di Francia.
Qual è il senso della vita? Le vite hanno tutte lo stesso valore? Sono domande a cui dà una sua risposta lo studente che ha scritto un tema su quest'argomento, premiato ed acclamato davanti agli altri studenti; ma il regista sa bene che in realtà una risposta semplice ed univoca non esiste e perciò lascia tutto alla libera interpretazione, concludendo questo film così complesso con un finale geniale ed inaspettato che pare adattarsi a varie chiavi di lettura, anche alla luce dell'altrettanto brillante romanzo della Minato.
Un altro elemento di rilievo, ultimo ma non per importanza, la musica, in particolare il tema principale del film, Last flowers, dei Radiohead, che si associa perfettamente al contesto.
Insomma, un film non per tutti, perché giustamente vietato ai minori di 14 anni, ma assolutamente consigliato!