Recensione
Air Gear
8.0/10
Niente da fare, Oh!Great non so proprio se amarlo o odiarlo.
E’ un autore che non posso fare a meno di stimare visto l’estro e il virtuosismo spropositati che lo caratterizzano, ma allo stesso tempo lo ritengo vittima della sua genialità.
Probabilmente tutti abbiamo avuto modo di apprezzarlo innanzitutto con “Inferno e Paradiso”, manga in cui lo si è visto maturare in maniera mostruosa, in un crescendo di virtuosismi grafici, ma anche di altrettanti inciampi narrativi. E questo è un esempio lampante del suo modo di essere mangaka; infatti l’autore stesso ammise, ad esempio, di aver dovuto ridisegnare ed aggiungere svariate tavole in un determinato capitolo di Inferno e Paradiso (dalla pubblicazione su rivista a quella su volume) per mettere una pezza alle tante incongruenze nella storia che si erano poi generate nel frattempo col procedere della pubblicazione su rivista. Questo a causa del suo vizio di procedere improvvisando o, ancor peggio, facendosi prendere la mano dal suo estro.
In Air Gear tale problema è meno evidente, nel senso che la storia ogni tanto pare sì prendere delle svolte che fanno alzare il sopracciglio, proponendo dei colpi di scena che suonano improvvisati lì sul momento; ma è anche palese come molte cose siano state studiate dall’inizio, ed anzi è bello notare come avvenimenti apparentemente irrilevanti raccontati nei primi capitoli, si rivelino più avanti di capitale importanza. Quindi c’è una struttura di fondo che pare avere una certa solidità, ma la cosa non evita alla storia di perdersi da un certo punto in poi.
Sin dall’inizio Air Gear è un manga che ha la sua forza in elementi che personalmente ricordo di aver trovato e apprezzato in maniera così forte e marcata solo in Slam Dunk. E’ un manga che può fregiarsi di personaggi davvero grandiosi, dalla personalità vivida, che soprattutto danno vita a delle gags che a me han fatto spanciare genuinamente dalle risate come mi è capitato raramente. E ci riesce facendo leva su una marea di passaggi spassosi, di dialoghi e citazioni al mondo di anime, manga, videogame, wrestling e la cultura pop/otaku in genere. Allo stesso tempo sa essere davvero galvanizzante e coinvolgente con le sue sfide, i suoi colpi di scena o gli exploit che definire figherrimi sarebbe riduttivo. Terminare certi volumi di Air Gear mi ha lasciato davvero un sorriso ebete stampato in faccia e una spropositata voglia di leggere il successivo.
Il problema è che tutto ciò si viene a perdere gradualmente, più o meno da metà serie, e cioè dall’inizio del torneo. Fin qui la storia resta più o meno coi piedi per terra, ma poi vola via in groppa alle AirTrek di Ikki verso il cielo, allontanandosi sempre più e perdendosi dietro le nuvole.
Questo principio è lampante anche/soprattutto nei combattimenti: se dapprincipio l’autore ci mette un fondo di fisica nelle tecniche speciali esibite (che risultano sempre ovviamente esageratissime e inverosimili, ma diciamo che tutto sommato son giustificabili e coerenti nell’economia generale dell’opera), da un certo punto le cose sfuggono di mano e pare quasi di assistere a dei combattimenti alla DragonBall Z, con tecniche in grado di distruggere il pianeta intero.
Nei volumi finali infatti non potevo fare a meno di ripetermi “ma questo una volta non era un manga di teppisti che si sfidavano su pattini a rotelle? T_T ”.
Riguardo l’aspetto grafico, come già accennato, Oh! Great è un mostro. Davvero, quanti altri fumettisti sono capaci di realizzare tavole dinamiche e complesse come le sue? Che abbiano uno stile potenzialmente simile al suo mi vengono in mente subito (per citare due nomi noti) Takeshi Obata e Yūsuke Murata, ma lui sa eccellere e trascendere i limiti della tavola come pochissimi altri, esibendosi in un tripudio di prospettive estremizzate, curve, ingranaggi e marchingegni inverosimili spaccamascella. Qui però c’è paradossalmente anche il suo grosso difetto: “esagerando” l’autore ottiene puntualmente un effetto controproducente. Infatti la lettura si incasina e, cosa più grave, dopo un po’ si prova solo assuefazione. Così come avviene parallelamente nelle sue trame, strapiene di colpi di scena che col tempo non stupiscono più.
Ciò che invece non mi ha mai creato assuefazione, son le fanciulle sinuose create da Oh!Great: vestite, semi(s)vestite, formose, piatte, sfacciate, imbarazzate, toste, fragili, argute, ambiziose, inquadrate da ogni angolazione… semplicemente grandiose in ogni tavola singola vignetta.
Concludendo, Air Gear è nel bene e nel male un’opera al 100% fedele all’indole del suo autore, vittima paradossalmente dei suoi pregi. Un esempio lampante della locuzione “il troppo stroppia”.
Detto ciò, non posso fare a meno di provare una certa affezione per questo manga (da qui il voto alto che gli assegno, nonostante le critiche che gli muovo), soprattutto per i suoi primi 15/20 volumi che ritengo eccezionali. Per i successivi, un massiccio snellimento contenutistico, avrebbe solo giovato. Ma tant’è.
Davvero un gran peccato.
E’ un autore che non posso fare a meno di stimare visto l’estro e il virtuosismo spropositati che lo caratterizzano, ma allo stesso tempo lo ritengo vittima della sua genialità.
Probabilmente tutti abbiamo avuto modo di apprezzarlo innanzitutto con “Inferno e Paradiso”, manga in cui lo si è visto maturare in maniera mostruosa, in un crescendo di virtuosismi grafici, ma anche di altrettanti inciampi narrativi. E questo è un esempio lampante del suo modo di essere mangaka; infatti l’autore stesso ammise, ad esempio, di aver dovuto ridisegnare ed aggiungere svariate tavole in un determinato capitolo di Inferno e Paradiso (dalla pubblicazione su rivista a quella su volume) per mettere una pezza alle tante incongruenze nella storia che si erano poi generate nel frattempo col procedere della pubblicazione su rivista. Questo a causa del suo vizio di procedere improvvisando o, ancor peggio, facendosi prendere la mano dal suo estro.
In Air Gear tale problema è meno evidente, nel senso che la storia ogni tanto pare sì prendere delle svolte che fanno alzare il sopracciglio, proponendo dei colpi di scena che suonano improvvisati lì sul momento; ma è anche palese come molte cose siano state studiate dall’inizio, ed anzi è bello notare come avvenimenti apparentemente irrilevanti raccontati nei primi capitoli, si rivelino più avanti di capitale importanza. Quindi c’è una struttura di fondo che pare avere una certa solidità, ma la cosa non evita alla storia di perdersi da un certo punto in poi.
Sin dall’inizio Air Gear è un manga che ha la sua forza in elementi che personalmente ricordo di aver trovato e apprezzato in maniera così forte e marcata solo in Slam Dunk. E’ un manga che può fregiarsi di personaggi davvero grandiosi, dalla personalità vivida, che soprattutto danno vita a delle gags che a me han fatto spanciare genuinamente dalle risate come mi è capitato raramente. E ci riesce facendo leva su una marea di passaggi spassosi, di dialoghi e citazioni al mondo di anime, manga, videogame, wrestling e la cultura pop/otaku in genere. Allo stesso tempo sa essere davvero galvanizzante e coinvolgente con le sue sfide, i suoi colpi di scena o gli exploit che definire figherrimi sarebbe riduttivo. Terminare certi volumi di Air Gear mi ha lasciato davvero un sorriso ebete stampato in faccia e una spropositata voglia di leggere il successivo.
Il problema è che tutto ciò si viene a perdere gradualmente, più o meno da metà serie, e cioè dall’inizio del torneo. Fin qui la storia resta più o meno coi piedi per terra, ma poi vola via in groppa alle AirTrek di Ikki verso il cielo, allontanandosi sempre più e perdendosi dietro le nuvole.
Questo principio è lampante anche/soprattutto nei combattimenti: se dapprincipio l’autore ci mette un fondo di fisica nelle tecniche speciali esibite (che risultano sempre ovviamente esageratissime e inverosimili, ma diciamo che tutto sommato son giustificabili e coerenti nell’economia generale dell’opera), da un certo punto le cose sfuggono di mano e pare quasi di assistere a dei combattimenti alla DragonBall Z, con tecniche in grado di distruggere il pianeta intero.
Nei volumi finali infatti non potevo fare a meno di ripetermi “ma questo una volta non era un manga di teppisti che si sfidavano su pattini a rotelle? T_T ”.
Riguardo l’aspetto grafico, come già accennato, Oh! Great è un mostro. Davvero, quanti altri fumettisti sono capaci di realizzare tavole dinamiche e complesse come le sue? Che abbiano uno stile potenzialmente simile al suo mi vengono in mente subito (per citare due nomi noti) Takeshi Obata e Yūsuke Murata, ma lui sa eccellere e trascendere i limiti della tavola come pochissimi altri, esibendosi in un tripudio di prospettive estremizzate, curve, ingranaggi e marchingegni inverosimili spaccamascella. Qui però c’è paradossalmente anche il suo grosso difetto: “esagerando” l’autore ottiene puntualmente un effetto controproducente. Infatti la lettura si incasina e, cosa più grave, dopo un po’ si prova solo assuefazione. Così come avviene parallelamente nelle sue trame, strapiene di colpi di scena che col tempo non stupiscono più.
Ciò che invece non mi ha mai creato assuefazione, son le fanciulle sinuose create da Oh!Great: vestite, semi(s)vestite, formose, piatte, sfacciate, imbarazzate, toste, fragili, argute, ambiziose, inquadrate da ogni angolazione… semplicemente grandiose in ogni tavola singola vignetta.
Concludendo, Air Gear è nel bene e nel male un’opera al 100% fedele all’indole del suo autore, vittima paradossalmente dei suoi pregi. Un esempio lampante della locuzione “il troppo stroppia”.
Detto ciò, non posso fare a meno di provare una certa affezione per questo manga (da qui il voto alto che gli assegno, nonostante le critiche che gli muovo), soprattutto per i suoi primi 15/20 volumi che ritengo eccezionali. Per i successivi, un massiccio snellimento contenutistico, avrebbe solo giovato. Ma tant’è.
Davvero un gran peccato.