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10.0/10
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Nel lontano 2003 al Far East Film Festival fui rapito dal film "Ping Pong" diretto da Fumihiko Sori, che scopersi essere tratto da un celebre, ma da noi inedito, manga.

Bene: finalmente, dopo 15 anni, ho potuto leggere l'opera originale di Taiyo Matsumoto. Scritto nel 1996, la sua controparte cinematografica arrivava dopo sette anni. Oggi ho potuto leggerlo a più di ventanni dalla sua prima pubblicazione in Giappone.

Ma come è vero che per un'opera d'Arte con la a maiuscola, il tempo non passa.

Il tratto di Matsumoto è un tratto personale, autoriale, che non è paragonabile a nessuna tendenza estetica, motivo per cui, è il lettore che deve andare incontro alla sua Arte, il contrario di un tratto preconfezionato accattivante, che ricerano le opere più commerciali. L'aggettivo "sporco" è quello che più calza ai fumetti di Taiyo Matsumoto. Oppure dovrei dire "grezzo". I lineamenti dei personaggi sono per certi versi incredibilmente realistici, per quanto riguarda le fisionomie, ma, come in un film animato con la tecnica del rotoscoping (vedi "Waking Life" e "A Scanner Darkly" di Richard Linklater), ogni cosa e persona ha una sua vita espressa in un tratto costantemente onirico, anche grazie a delle inquadrature ardite, volte ad esprimere gli stati d'animo. In questo senso Ping Pong è opera ancora all'avanguardia. In certi momenti mi veniva di associare a Taiyo Matsumoto al cinema di registi come Stanley Kubrick e Lynch.
Le sue vignette mostrano una capacità inusuale a far calare il lettore nella vicenda, nell'opera d'Arte stessa, azzerando spazio e tempo, trascendendo nell'Arte la materia stessa, il volume che si ha fra le mani.

E questo grazie anche ad una storia, lineare, in fin dei conti. Ma è una storia di personaggi che hanno un'anima e un cuore, tanto che dall'inizio, sin dalle primissime pagine, ci rendiamo conto di stare davanti a due anime e del loro percorso di crescita in quel viaggio misterioso che è la vita.

E non si tratta soltanto dei due protagonisti "Smile" e "Peko", che bucano ogni pagina, e direttamente parlano nel nostro cuore. Ogni personaggio di "Ping Pong" ha la profondità d'animo di un personaggio di un romanzo russo o tedesco. Mi spiego... Nessuno qui è una macchietta nel senso caricaturale o comico che si può associare ad un manga. Ogni comportamento umano risulta pieno di sfumature, tanto che ogni personaggio ha sempre qualcosa di inafferrabile, poichè, continuamente, instancabilmente è alla costante ricerca di qualcosa. Ognuno a modo suo.

Parlare di Ping Pong, scrivere ora di Ping Pong, mi fa venire i brividi. Per farvi capire perchè ho deciso di mettergli 10. Ammetto che, a volte, esagero e metto 10, questo numero che rappresenta il massimo, anche a opere che, sono consapevole, hanno almeno uno o due difetti. Ma su Ping Pong non so davvero cos'altro dire se non che... Nonostante un manga, per sua natura, non ha la musica di sottofondo, perchè empiricamente non può averla. Beh, io sono un musicista e, leggendo Ping Pong, trovavo fosse estremamente musicale, come sentissi la sua musica sfogliandolo... Una musica invisibile, fra le pagine e me (e l'eco del cuore del suo autore).