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C'è una questione irrisolta nei dibattiti sui processi storici. Un dilemma che impegna le competenze e le convinzioni personali sul divenire dell'Umanità.
I grandi uomini fanno la Storia o è quest'ultima a fare gli uomini grandi?
Leggendo il manga "Ad Astra" di Mihachi Kagano si è quasi tentati di dichiarare chiuso il discorso. Perché la sua opera è totalmente dominata da due figure che da sole fanno una storia e La Storia.

Siamo nel III secolo a.C., al tempo in cui Roma e Cartagine si contendono il dominio sul Mediterraneo. Dopo un primo sfavorevole conflitto un uomo a Cartagine fa giurare a suo figlio, un bambino, che dedicherà il resto della sua vita alla rovina di Roma. Quel fanciullo ha degli occhi inquietanti e si erge su diplomatici e dignitari come un dio ruggente e famelico. Quello non è un bambino comune perché il suo nome è Annibale.
Vent'anni dopo il fanciullo è un uomo pronto a mantenere la sua promessa. La sua forza è inarrestabile, le sue capacità belliche sovrumane. L'uomo diventa mito, e quel mito il peggiore incubo di Roma. Disastri e disfatte si susseguono per l'Urbe la cui caduta sembra ormai inevitabile. La vendetta è quasi compiuta, l'uomo compie il fato.
Eppure lentamente il gioco sembra mutare. Le sorti del conflitto non appaiono più tanto chiare e "il fulmine" sembra perdere sempre più velocità e potenza. Sorgono nuovi nemici insospettabili, strategie attendiste ma logoranti, giochi di potere e sotterfugi che strisciano sotto le grandi imprese, rimescolando le carte. La partita non è finita e lentamente, dietro le ombre della disfatta, silente ma inesorabile si muove una figura all'apparenza innocua. Un ragazzo segue Annibale passo passo. È sempre con lui. Lo osserva, lo studia, lo ammira, ma non è un amico. Quel ragazzo ha uno sguardo penetrante quanto quello dell'eroe cartaginese e spiega sempre più le sue ali come un'aquila che esce dal nido. Quello non è un ragazzo comune perché il suo nome è Scipione.

Se si vuole credere che la Storia faccia gli uomini grandi ci si dovrà per forza confrontare con figure come Annibale e Scipione l'Africano.
Mihachi Kagano confeziona un manga storico che non si limita a tradurre in fumetto la Seconda Guerra Punica col puntiglio della storiografia. Se è evidente che l'autore parte dalla premessa di solide basi documentarie, citando espressamente fonti come Polibio o Tito Livio tra i riferimenti, è anche chiaro l'intento di non limitarsi ad una pedissequa traduzione a vignette degli eventi storici.
Kagano condisce il tutto con la sua personale interpretazione che, lungi dallo stravolgere le vicende che tutti abbiamo appreso a scuola, rilegge i dettagli secondo un'ottica meno seriosa e più partecipativa, condizione necessaria alla scorrevolezza della narrativa per immagini. Tale scelta è evidente soprattutto nella resa degli aspetti caratteriali dei personaggi che sono tradotti in un senso forse un po' stereotipato e senza troppe sfumature ma comunque preciso e netto.
La forza principale della trama infatti converge molto sui protagonisti, che godono di attenzioni e zoomate da star del cinema, concentrando i riflettori sul peso storico e personalistico degli attori in scena.
Ma non sono secondarie nemmeno le vicende belliche che si possono considerare anch'esse dei veri protagonisti. Gli aspetti tattici, le operazioni e le strategie, in fede alla coerenza documentale, sono dettagliati ed esposti con la stessa acribia di un volume dedicato alle grandi imprese militari del passato, con mappe e schemi riassuntivi che riportano lo svolgersi dei piani di battaglia come nelle ricostruzioni virtuali o nei diorama dedicati a specifici eventi bellici. L'idea sembra essere quella di riproporre uno stile a metà fra la didattica e il puro intrattenimento tipico delle espressioni videoludiche di strategia militare.

Il risultato è quindi una strana fusione tra lo storicismo (che tende ad estraniare il lettore in favore di una prospettiva zenitale e macrostorica) e una totale immersione nel contesto e nel cuore delle vicende specifiche secondo le percezioni dei protagonisti. I due grandi leader militari sono i veri narratori, soprattutto Scipione.

Tramite i suoi occhi assistiamo alla crescita personale e politica di un gigante che visse il cursus honorum in uno dei periodi più convulsi e drammatici della penisola italiana. Ma anche alle brillanti e folgoranti imprese di uno di quei miti (come Napoleone o Gengis Khan) liricamente tramandati come "mostri", tanto per la misura delle loro abilità quanto per l'odio degli avversari.
Non si può fare a meno di rimanere schiacciati dalla preponderante superiorità di menti così vicine al topos oltreumano. E tale caratteristica oscilla spesso tra la devastante concretezza di Canne e la metaforica predestinazione divina, al punto che i due eroi principali risultano concorrenti non solo nella scalata verso la gloria ma anche nella sfera della semantica cosmocratica.
Annibale e Scipione furono infatti i primi architetti del loro mito propagandistico, inserito nella più vasta tradizione della Imitatio Alexandri. Il Macedone era il modello, l'archetipo di un vertice che aspira a sormontare l'Ecumene.
Viene così a delinearsi un confronto che va ben oltre l'esito della guerra annibalica. La vera contesa è per la genesi dell'imperialismo ultimo, prototipo di tutte le forme di universalismo nei millenni a venire.
In questo si traduce la sintesi formale e simbolica nella citazione del titolo dell'opera, che riconduce alla meta di un'apoteosi presso le stelle, nell'empireo, lì dove solo i grandi possono arrivare.
E i due strateghi sono speculari in questo gioco: inarrivabili e magnetici, sibillini quanto glaciali.

Il mangaka sottolinea il carisma abbagliante e la vis inarrestabile dei due campioni anche e soprattutto delineandoli in confronto con tutti i comprimari dell'epico conflitto.
Sia giganti come Marcello o Fabio Massimo sia "spalle" come Gaio Lelio o i fratelli di Annibale, tutti nelle loro peculiarità, grandezze e debolezze, sono il supporto ideale che marca ancora di più la distanza tra i mortali e gli dèi.
Ma allo stesso tempo l'autore lascia qualche spazio anche ai minori o ad altri grandi dell'epoca, giocando con le ipotesi e le interpretazioni, aggiungendo delle storie extra alla fine di alcuni volumi. Così se nel volume III facciamo un tuffo nell'infanzia di Scipione (scoprendo supposte predisposizioni da enfant prodige), nel volume VII fa una breve comparsa anche Catone il Censore (acerrimo nemico del grande generale) del quale apprendiamo l'origine del risentimento personale verso il trionfatore di Zama in un retroscena inventato per l'occasione.
Se la fedeltà alle fonti è per lo più rigorosa, Kagano non si lascia infatti sfuggire l'opportunità di usare anche un po' la fantasia, senza nemmeno stravolgere gli aspetti più scenografici ed epici del conflitto fra Roma e Cartagine.

Interessanti in tal senso i capitoli dedicati al celebre assedio di Siracusa e al mito di Archimede, con le sue leggendarie invenzioni e macchine da guerra che hanno stimolato per secoli la fantasia dei posteri.

La strada percorsa è quella della tradizione che rispetta tutti i canoni classici dello scontro mortale, anche i più allegorici. L'epos si nutre così di tutti quei dettagli ormai proverbiali che hanno fatto sognare generazioni di alunni e studiosi. La traversata delle Alpi con gli elefanti, gli specchi ustori, le manovre di accerchiamento, gli scontri tete à tete, ... c'è tutto quello che ci si aspetta dalla vulgata.

Il narratore riesce così ad essere allo stesso tempo fedele al mito ma senza rinunciare alle sue istanze autoriali, e compensando anche alle carenze del disegno.
Questo in effetti all'inizio parte in maniera fresca e brillante con un tratto frenetico e chiaroscuri suggestivi (che suggeriscono un piacevole senso di arcaismo), ma poi si fa via via più geometrico e statico, assumendo alla fine quasi un design che volume dopo volume ricorda la grafica di un videogame. Questo dettaglio finisce col guastare un po' la resa scenica nel suo insieme, risultando castigata da un rigidismo che scade in eccessi schematici e di approssimazione. Gli sfondi e le azioni in particolare sembrano a lungo andare il risultato di una grafica computerizzata che stride malamente con il senso dinamico delle vicende e gli accenti scenografici da kolossal hollywoodiano. Anche le ricostruzioni dei centri urbani, delle architetture e dei paesaggi sembrano sempre limitati da una impostazione superficiale e sbrigativa.
I piani spaziali sono totalmente geometrizzati, senza sfumature o cura dei dettagli, creando così degli ambienti che ricordano dei finti fondali o dei diorama da luna park.
Per paradosso quindi, se la resa narrativa è indirizzata su un formalismo e un rigore tendenti al realismo, l'appeal estetico ricorda invece le ingenuità del genere peplum. Una curiosa caduta di stile che però è mitigata da un valido tono teatrale che pervade tutta l'opera grazie allo statuario protagonismo dei personaggi.

Quando si parla di fumetto storico il pensiero corre subito alle produzioni occidentali, soprattutto quelle d'oltralpe. Ma il manga si è ormai inserito a pieno titolo anche in questo filone, spaziando ampiamente dalla storia giapponese a quella occidentale, dall'epoca dei samurai alle epopee della Storia Antica.
"Ad Astra" è un manga ben costruito e fruibile, ricco di dettagli e schematismi tattici che possono risultare avvincenti anche a chi non ama le trame di ambientazione bellica, o magari può fungere da introduzione ad uno studio più approfondito della Storia. Quella che ci regala avventure salgariane e scontri epici non meno dei generi favolistici o dei romanzi d'appendice.

Questo perché in fondo c'è sempre un po' di leggenda e di mito anche negli aspetti meno fastosi del passato. Quelli che sono rimasti in una nota a margine di una cronaca, e che magari diventano lo spunto per poemi e mitologie, per guerre nei cieli e viaggi ermetici in terre esotiche nascoste nelle pieghe della fantasia. Storia e mito non sono mai troppo lontani perché il soggetto è sempre lo stesso: l'Uomo nelle sue limitazioni e nelle sue grandezze. Le stesse che lo spingono a spogliarsi della carnalità e ad andare oltre, verso le terre dell'eternità. Verso le stelle.